La legge stabilisce che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dimostri l'esistenza "al di là di ogni ragionevole dubbio"; e che per contro non è nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili ma non probabili: un corretto accertamento medico-legale, pertanto, potrebbe pervenire a negare l'esistenza d'un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall'esito positivo (come nel caso d'una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell'infortunio per come emersa dall'istruttoria); così come, all'opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l'esistenza d'un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell'art. 2729 c.c., dell'esistenza del danno e della sua genesi causale.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Sentenza 28 novembre 2019, n. 31072
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SESTINI Danilo - Presidente -Dott. OLIVIERI Stefano - Consigliere -Dott. ROSSETTI Marco - rel. Consigliere -Dott. VALLE Cristiano - Consigliere -Dott. DELL’UTRI Marco - Consigliere -ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12798-2018 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZZA MEROLLI 2, presso lo studio dell'avvocato MR **- ricorrente –
Contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANTA TERESA 23, presso lo studio dell'avvocato ST, **
- controricorrente –
e contro A.M.;- intimato –
avverso la sentenza n. 20951/2017 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il 26/10/2017;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/09/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato BM udito l'Avvocato CA per delega;
Svolgimento del processo
1. Nel 2014 B.M. convenne dinanzi al Giudice di pace di Bologna A.M. e il suo assicuratore della r.c.a. (la società UnipolSai s.p.a.), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale. Domandò il risarcimento del danno permanente alla salute, del danno morale e del danno consistito nelle spese di assistenza legale stragiudiziale. L'assicuratore si costituì eccependo che il danno permanente alla salute derivato dal sinistro non era risarcibile, giusta la previsione dell'art. 139 cod. ass., perchè non suscettibile di accertamento strumentale.2. Con sentenza 1.12.2015 n. 2461 il Giudice di pace rigettò la domanda.La sentenza venne appellata da B.M..Il Tribunale di Bologna con sentenza 26.10.2017 n. 20951 rigettò il gravame.
Ritenne il Tribunale che:
-) l'art. 139 cod. ass. dovesse interpretarsi nel senso che il danno biologico permanente di lieve entità non sia risarcibile, se non dimostrato strumentalmente;
-) tale interpretazione della norma è imposta dalla giurisprudenza costituzionale;
-) non potesse perciò condividersi il diverso orientamento espresso da questa Corte con la sentenza 18773/16, in quanto "del tutto incoerente ed avulso" dalla giurisprudenza costituzionale;
-) l'attore non aveva non solo provato, ma neanche allegato la sussistenza di un pregiudizio morale, il quale comunque non poteva ritenersi sussistente a fronte di un danno biologico solo temporaneo;
-) non era risarcibile alcun danno patrimoniale da spese per l'assistenza stragiudiziale: sia perchè la c.d. "agenzia di infortunistica" cui la vittima si era rivolta prima dell'introduzione della lite risultava avere svolto la propria attività nei confronti della società Fondiaria s.p.a., assicuratore del responsabile, e non nei confronti della società UnipolSai, assicuratore della vittima; sia perchè le relative spese dovevano ritenersi superflue, dal momento che il danneggiato avrebbe potuto rivolgersi per avere assistenza al proprio assicuratore, ex art. 149 cod. ass.; sia perchè non vi era comunque la prova di avere effettivamente sostenuto la spesa di cui si chiedeva il Risarcimento.
4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da B.M. con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria.Ha resistito con controricorso, anch'esso illustrato da memoria, la società UnipolSai.
Motivi della decisione
1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso.
1.1. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, perchè pongono questioni strettamente intrecciate.
Con tutti e due i suddetti motivi il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 139 cod. ass. e del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 32, commi 3-ter e 3-quater.Sostiene - in sintesi - che tali norme non hanno affatto subordinato il risarcimento del danno alla persona con esiti micropermanenti alla esistenza d'un accertamento strumentale, ma solo alla possibilità di un accertamento obiettivo, quale che sia il modo con cui questo avvenga. e poichè nel caso di specie i postumi permanenti ad lui sofferti erano comunque obiettivabili, anche in assenza di un riscontro diagnostico strumentale, il Tribunale non avrebbe potuto rigettare la sua domanda.1.2. Le censure sopra riassunte sono fondate.
Questa Corte si è già ripetutamente occupata del senso da attribuire al D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3-ter, con le sentenze pronunciate da Sez. 3 -, Sentenza n. 18773 del 26/09/2016, Rv. 642106 - 02; Sez. 3 -, Sentenza n. 1272 del 19/01/2018, Rv. 647581 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 5820 del 28/02/2019, Rv. 652843 - 01; Sez. 3 -, Ordinanza n. 11218 del 24/04/2019, Rv. 653593 - 01.
Nelle decisioni appena ricordate questa Corte ha stabilito che il D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 ter e (finchè sia stato applicabile) comma 3 quater, non è nè una norma che pone limiti ai mezzi di prova (essa non impedisce, dunque, di dimostrare l'esistenza d'un danno alla salute con fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali); nè una norma che pone limiti alla risarcibilità del danno (essa non impone, dunque, di lasciare senza ristoro i danni che non attingessero una soglia minima di gravità).
L'art. 32 D.L. cit. è semplicemente una norma che ribadisce un principio già insito nel sistema, e cioè che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dimostri l'esistenza "al di là di ogni ragionevole dubbio"; e che per contro non è nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili ma non probabili. Questa conclusione è imposta dall'interpretazione letterale e da quella finalistica.
1.2.1. Dal punto di vista letterale, la legge definisce "danno biologico" soltanto quello "suscettibile di accertamento medico legale" (così il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, artt. 138 e 139 ma anche il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13 nonchè, in precedenza, l'abrogato L. 5 marzo 2001, n. 57, art. 5)."Accertare" deriva etimologicamente dal latino medioevale ad-certare, deverbativo di cerrus: esso esprime il concetto di "certificare", cioè rendere sicuro, riconoscere per vero, verificare.
Definire pertanto la categoria del danno biologico come quello "suscettibile di accertamento medico legale" vuol dire che per predicarsi l'esistenza stessa (e non la mera risarcibilità) di tale pregiudizio occorre che esso sia dimostrabile non già sulla base di mere intuizioni, illazioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia accertativa medico-legale.
Ma la corretta criteriologia accertativa medico-legale non si limita ovviamente a considerare solo la storia clinica documentata della vittima. Essa ricorre altresì all'analisi della vis lesiva, all'analisi della sintomatologia, all'esame obiettivo, alla statistica clinica.
Un corretto accertamento medico-legale, pertanto, potrebbe pervenire a negare l'esistenza d'un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall'esito positivo (come nel caso d'una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell'infortunio per come emersa dall'istruttoria); così come, all'opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l'esistenza d'un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell'art. 2729 c.c., dell'esistenza del danno e della sua genesi causale.
1.2.2. Dal punto di vista finalistico, v'è poi da rilevare che il D.L. n. 1 del 2012 è stato adottato al dichiarato di scopo di rilanciare l'economia, favorire la concorrenza, incentivare sia i consumi che il risparmio (così la relazione illustrativa).In quest'ottica, il legislatore ritenne imprescindibile il contrasto delle truffe assicurative, e massimamente di quelle legate alla sinistrosità stradale, al fine di ridurre i costi degli indennizzi e, di conseguenza, favorire l'abbassamento dei premi (un chiaro indice di questo intento è dato proprio dal successivo D.L. n. 1 del 2012, art. 33 che ha inasprito le sanzioni per le false attestazioni di invalidità derivanti dai sinistri stradali).Se dunque scopo del D.L. n. 1 del 2012 fu (anche) quello di favorire l'abbassamento dei premi assicurativi nel settore dell'assicurazione r.c. auto, è coerente con tale fine interpretare l'art. 32 D.L. cit. nel senso che esso abbia inteso contrastare non solo le truffe assicurative, ma anche la semplice negligenza colposa, la benevola tolleranza o il superficiale lassismo nell'accertamento dei microdanni.
Anche tali condotte, infatti, a livello macroeconomico non sono meno perniciose delle truffe assicurative, dal momento che identico ne è l'effetto, e fors'anche maggiore, ove si ammetta che il numero degli inetti ecceda quello dei disonesti.
1.3. Alla luce dei rilievi che precedono deve darsi in questa sede continuità ai precedenti di questa Corte sopra ricordati, ribadendo che:
(a) l'art. 32 D.L. cit. non è una norma di tipo precettivo, ma una di quelle norme che la dottrina definisce "norme in senso lato" (cioè prive di comandi o divieti, ma funzionalmente connesse a comandi o divieti contenuti in altre norme);(b) tale norma va intesa nel senso che l'accertamento del danno alla persona non può che avvenire coi criteri medico-legali fissati da una secolare tradizione: e dunque l'esame obiettivo (criterio visivo); l'esame clinico; gli esami strumentali;(c) tali criteri sono fungibili ed alternativi tra loro, e non già cumulativi.
Il D.L. n. 1 del 2012, art. 32, commi 3 ter e 3 quater in definitiva, non fa altro che ribadire un principio immanente nell'ordinamento: quello secondo cui l'accertamento dei microdanni alla salute causati da sinistri stradali debba avvenire con l'applicazione rigorosa dei criteri insegnati dalla medicina legale.
1.4. Resta solo da aggiungere come siano irrilevanti, ai fini del presente ricorso, le decisioni della Corte costituzionale richiamate dal Tribunale (p. 5-6 della sentenza) ed invocate dalla società controricorrente (pp. 2-3 della memoria ex art. 378 c.p.c.).
1.4.1. Per quanto attiene al decisum di Corte Cost. 16.10.2014 n. 235, in quel caso la Consulta era chiamata a stabilire se fosse conforme a Costituzione l'art. 139 cod. ass., nella parte in cui fissava un tetto massimo al risarcimento del danno alla salute.Una questione, dunque, del tutto diversa da quella oggi in esame.In quella sentenza la Corte costituzionale si è occupata delle modifiche introdotte dal D.L. n. 1 del 2012 al solo fine di stabilire se esse giustificassero o meno la restituzione degli atti al giudice rimettente, senza nulla statuire - ovviamente, trattandosi di questione non richiesta - al riguardo.
1.4.2. Per quanto attiene al decisum di Corte Cost. (ord.) 26.11.2015 n. 242, rispetto al quale il Tribunale ha ritenuto "del tutto incoerente ed avulsa" la giurisprudenza di questa Corte, deve rilevarsi che la lettura che di tale decisione ha dato il Tribunale di Bologna ne trascura gli effettivi contenuti, e prima ancora - quel che è più grave prescinde da alcuni noti e istituzionali principi relativi ai presupposti, alla natura ed agli effetti del c.d. giudicato costituzionale.
1.4.3. Sotto il primo aspetto, giova ricordare che Corte Cost. 242/15, cit., era chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3-ter, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24 e 32 Cost..La Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione, sul presupposto che non fosse irragionevole "la limitazione imposta al(l)'accertamento" del danno alla salute con postumi permanenti.La Corte costituzionale, dunque, ha dato per implicito che la norma ponesse limiti all'accertamento del danno, non alla sua risarcibilità, il che è l'esatto contrario di quanto ritenuto dal Tribunale felsineo con la sentenza qui impugnata.
Inoltre la Consulta ha ravvisato la ratio della norma oggetto del giudizio nell'esigenza di evitare il "rischio di estensione (del risarcimento) a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati": rischio che ovviamente resta scongiurato, anche se il D.L. n. 1 del 2012 non fosse mai esistito, dal principio generale per cui nessun fatto dannoso potrà mai ritenersi accertato in giudizio, se la sua esistenza sia rimasta allo stato di ipotesi. Sicchè l'interpretazione qui ribadita della suddetta norma non si pone affatto in contrasto con il suddetto passaggio motivazionale.
1.4.4. In secondo luogo, ed è quel che più rileva, l'invocazione da parte del Tribunale (e della società controricorrente) del "precedente" rappresentato da Corte Cost. 242/15 non appare coerente con le regole che presiedono all'ambito ed agli effetti dello scrutinio di costituzionalità delle norme da parte del Giudice delle leggi, regole alla luce delle quali soltanto va apprezzata l'esistenza d'un "giudicato costituzionale".Orbene, è sin troppo noto che il sindacato della Corte costituzionale ha ad oggetto la norma per come viene interpretata e "consegnata" alla Consulta dal giudice rimettente. L'interpretazione della norma oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, infatti, è appannaggio compito di questi, e non del giudice delle leggi. Tanto è vero che la Consulta ha ripetutamente dichiarato inammissibili le questioni con cui le si chiedeva di chiarire quale fosse l'esatta interpretazione d'una norma (ex multis, Corte Cost. 21.7.1988 n. 848); mentre ha ritenuto possibile procedere all'interpretazione della norma oggetto del giudizio in un solo caso: quando per tal via sia possibile adeguarla ai parametri costituzionali, dai quali altrimenti si discosterebbe (c.d. "interpretazione costituzionalmente orientata": ex multis, da ultimo, Corte Cost. 12.1.2018 n. 3).
Ebbene, nel caso deciso da Corte Cost. 242/15 il giudice rimettente aveva dubitato della legittimità costituzionale dell'art. 139 cod. ass. (come modificato dal D.L. n. 1 del 2012), con riferimento agli artt. 3, 24 e 32 Cost., sul presupposto che tale norma, ammettendo la vittima a provare l'esistenza del danno solo ed unicamente attraverso esami diagnostici strumentali, "vanificasse di fatto" il diritto al risarcimento del danno alla salute.Solo con riferimento a tale presupposto interpretativo adottato dal giudice rimettente, pertanto, va valutata la portata di Corte Cost. 242/15: una decisione, dunque, con la quale la Consulta doveva soltanto stabilire se fosse conforme a Costituzione una interpretazione quella interpretazione della norma adottata dal giudice rimettente.
La Corte costituzionale ha escluso che quella rigorosa interpretazione contrastasse col dettato costituzionale: ma poichè tale decisione non fu nè cassatoria, nè interpretativa di rigetto, nè additiva, essa non ha affatto introdotto nell'ordinamento una norma per l'avanti inesistente, ponendosi quale fonte di diritto, nè ha escluso interpretazioni dell'art. 139 cod. ass. diverse da quelle adottate dal giudice rimettente.Se, dunque, nell'ordinanza sopra ricordata la Corte costituzionale ha escluso che contrastasse con la Costituzione la rigorosa interpretazione adottata dal giudice rimettente, ciò non vuol dire - coerentemente con i principi del giudizio di costituzionalità - che ne siano impossibili diverse interpretazioni.
1.4.3. Del tutto irrilevante ai nostri fini, infine, appare il decisum di Corte Cost. 18.4.2019 n. 98. Sia perchè quella decisione non aveva ad oggetto la norma di cui si discorre nel presente giudizio; sia perchè la distinzione ivi richiamata, obiter dictum, tra danni alla persona di "incerta accertabilità" e danni alla persona di obiettiva accertabilità non è affatto una prerogativa dei danni alla persona: in universo iure civili, infatti, non esiste alcun danno suscettibile di essere risarcito, nonostante la sua "incerta accertabilità".Non esistono, dunque, danni obiettivi e risarcibili, e danni non obiettivi e quindi non risarcibili. Un danno alla salute, come qualsiasi altro pregiudizio patrimoniale o non, se non è obiettivamente accertabile non esiste come categoria giuridica, prima ancora che fattuale. Ma l'obiettività dell'accertamento, per tutte le ragioni sopra esposte, non s'arresta sulla soglia della mancanza di prove documentali.
1.5. Ai criteri sopra indicati non si è attenuta la sentenza impugnata.
Il Tribunale infatti, non ha - come pure sarebbe stato suo potere ritenuto indimostrata la sussistenza di postumi permanenti sulla persona dell'attore, oppure ritenuto non condivisibile le conclusioni del consulente circa l'esistenza di quei postumi. Ha, al contrario, ritenuto di dovere condividere una consulenza tecnica nella quale si affermava che esistevano effettivamente postumi permanenti, ma che la sussistenza di essi era frutto non già di un accertamento strumentale, ma di una "mera valutazione clinica" (così la sentenza, p. 8, terzo capoverso).
Tale valutazione ha dunque effettivamente violato l'art. 138 cod. ass., perchè ha escluso la risarcibilità d'un danno "suscettibile di accertamento medico legale", sol perchè quell'accertamento era stato compiuto senza l'ausilio di indagini strumentali. Ma, per quanto detto, non l'assenza di riscontri diagnostici strumentali impedisce il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, ma piuttosto l'assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purchè in quest'ultimo caso munito dei requisiti di cui all'art. 2729 c.c..
Resta solo da aggiungere come le deduzioni svolte a tale ultimo riguardo dalla società controricorrente, e ribadite nella memoria ex art. 378 c.p.c. (p, 4, terzo capoverso), secondo cui il Tribunale avrebbe rigettato la domanda perchè l'esistenza di postumi permanenti sarebbe stata sfornita d'una prova "scientificamente e giuridicamente documentata" non sono condivisibili, e paiono travisare il decisum della sentenza impugnata, per come è stato espresso dal giudicante: questi, infatti, a p. 6 della propria sentenza ha espressamente dichiarato "irrisarcibili" i danni alla salute non accertabili strumentalmente; ribadito (p. 7) che "la risarcibilità del danno permanente da microlesioni è condizionata dall'accertamento strumentale di detto danno"; e concluso (p. 8) che nel caso di specie il consulente medico legale aveva ammesso l'esistenza di postumi, benchè all'esito di una "valutazione meramente clinica".Dunque struttura e sintassi della sentenza felsinea impediscono di ritenere che il Tribunale abbia inteso rigettare la domanda di risarcimento del danno alla salute non solo perchè non provata strumentalmente, ma perchè non provata tout court.
3. Il terzo motivo di ricorso.
3.1. Col terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1225, 2056 e 2059 c.c..
Lamenta che erroneamente il Tribunale avrebbe rigettato la sua domanda di ristoro del danno morale.3.2. Il motivo è inammissibile, per estraneità alla ratio decidendi: il Tribunale, infatti, ha rigettato la relativa domanda non solo per difetto di prova, ma anche per difetto di allegazione, e tale seconda ratio decidendi non è stata censurata in questa sede.4. Il quarto motivo di ricorso.4.1. Col quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 254 del 2006, art. 9.Deduce che erroneamente il Tribunale ha rigettato la sua domanda di risarcimento del danno consistito nelle spese sostenute per l'assistenza stragiudiziale. Sostiene che la complessità del caso e la renitenza dell'assicuratore ad adempiere la propria obbligazione rendevano necessaria tale attività, e dunque non superflua la relativa spesa.4.2. Il motivo è inammissibile, per due indipendenti ragioni.In primo luogo è inammissibile perchè censura un apprezzamento di merito (quale è lo stabilire se una certa spesa di cui si chiede il rimborso sia stata utilmente od inutilmente sostenuta); in secondo luogo è inammissibile perchè il rigetto della domanda di danno qui in esame venne motivato dal Tribunale con due ragioni: da un lato, la superfluità delle spese; dall'altro, l'insufficienza della prova dell'effettivo esborso sostenuto. E poichè tale seconda ratio decidendi non è stata impugnata, ed è di per sè idonea a sorreggere la decisione, diviene irrilevante accertare la fondatezza del motivo in esame.
5. Le spese.
5.1. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:(-) accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibili i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Bologna, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte
di cassazione, il 30 settembre 2019.Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019