In tema di fungibilità della pena, in tanto è possibile computare la detenzione patita in uno Stato straniero, in quanto essa sia relativa ad un fatto-reato per cui si è proceduto in Italia.
Nei casi di trasferimento temporaneo a fini di indagine o di prova la detenzione patita all'estero ha come unico titolo giustificativo quello emesso dall'autorità italiana, sicché l'equiparazione di quel periodo a quello di esecuzione o espiazione in Italia è logica e naturale conseguenza dell'esistenza di un unico titolo: nei casi di trasferimento temporaneo in esecuzione di un mandato di arresto europeo il periodo di detenzione all'estero trova causa nell'esistenza di un titolo di restrizione interno adottato dall'autorità estera e sulla cui base è stato poi emesso il mandato di arresto.
Corte di Cassazione
Penale Sent. Sez. 1 Num. 41659 Anno 2019
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIARelatore: SANTALUCIA GIUSEPPE
udienza 30/09/2019 dep. 10/10/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ARG nato a B (BULGARIA) il 17/01/1971 avverso l'ordinanza del 15/01/2019 del GIP TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPF SANTALUCIA; lette le conclusioni del PG (..)
Ritenuto in fatto
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta di AR, diretta a far dichiarare la nullità del provvedimento di esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica di Milano il 20 settembre 2018, e, conseguentemente, ad escludere dal computo della pena complessiva il periodo di restrizione di anni due e giorni diciannove di reclusione trascorso in Romania.
2. Il richiedente ha a tal fine fatto presente che il trasferimento temporaneo in Romania è stato disposto ed eseguito senza che lui sia mai stato scarcerato per l'autorità giudiziaria italiana e senza sospensione dell'esecuzione della pena inflitta in Italia.
3. Il Giudice per le indagini preliminari ha premesso che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, la Corte di appello della stessa città ha disposto, con ordinanza del 31 gennaio 2014, il trasferimento temporaneo del richiedente, eseguito il 20 febbraio successivo, in favore dell'autorità giudiziaria rumena che aveva emesso il 5 febbraio 2013, quando questi era in stato di detenzione cautelare in Italia per il fatto per il quale è poi intervenuta condanna, mandato di arresto europeo, e ciò in vista dell'audizione presso l'Alta Corte di cassazione e Giustizia; ed ha contestualmente stabilito che, dopo l'espletamento di tale attività, fosse ricondotto in Itala.
3.1. Così è stato, e il 10 marzo 2016 il richiedente è stato ritradotto presso la Casa circondariale di Voghera. La vicenda trova regolazione nell'art. 24 della legge sul mandato di arresto europeo che disciplina la consegna, sia temporanea che definitiva, fatta non già per l'esecuzione di un'attività rogatoriale passiva, ipotesi questa diversa e disciplinata dall'art. 726-quater cod. proc. pen., ma per la sottoposizione a un distinto procedimento penale pendente nello Stato estero che ha emesso il mandato di arresto. Atanasov Radoslav Georgiev, infatti, è stato trasferito in Romania per essere sottoposto al relativo procedimento penale per traffico di sostanze stupefacenti, e lì è rimasto per più di due anni, termine ampio evidentemente incompatibile con un trasferimento temporaneo disposto ai soli fini di indagine come previsto dall'art. 726-quater cod. proc. pen. In tale arco temporale la carcerazione in corso in Italia si è interrotta e Atanasov Radoslav Georgiev è stato ristretto in Romania in esecuzione di altro diverso titolo esecutivo estero.
4. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di ARG, che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. La Corte di appello di Milano ha disposto il trasferimento temporaneo in Romania per l'audizione presso l'Alta Corte di cassazione, senza nulla dire in ordine all'interruzione dell'espiazione della pena italiana relativa alla sentenza n. 2376 del 2013.
Deve allora ritenersi che essa sia proseguita, secondo quanto previsto dall'art. 297, comma 5, cod. proc. pen., secondo cui le pene sono espiate parallelamente o, se v'è incompatibilità, che la misura cautelare decorra dalla cessazione dell'espiazione della pena definitiva. Va evidenziato che il ricorrente era detenuto, al momento del trasferimento temporaneo, soltanto per la giustizia italiana, in quanto, a norma dell'art. 24 I. n. 69 del 2005, qualora venga disposta la consegna a soddisfatta giustizia italiana la misura cautelare applicata per il MAE deve ritenersi sospesa o revocata.
Peraltro, l'interruzione della espiazione della pena non può essere disposta a posteriori, con comunicazione successiva assunta al di fuori del contraddittorio tra le parti.
Nel caso in esame, infine, può trovare applicazione la norma di cui all'art. 726-quater cod. proc. pen., secondo cui la detenzione ai di fuori del territorio nazionale di considera ad ogni effetto come sofferta in Italia, senza esclusione dell'ipotesi di trasferimento temporaneo di soggetto detenuto in misura cautelare anche in forza di MAE passivo.
5. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
2. Il giudice dell'esecuzione ha ben spiegato, con l'impugnata ordinanza, che ARG fu temporaneamente trasferito in Romania in esecuzione del mandato di arresto emesso il 5 febbraio 2013 dal Tribunale di Bucarest, dopo che la Corte di appello di Milano aveva deciso di differire la consegna temporanea, richiesta dall'autorità giudiziaria rumena, all'esito della definizione del procedimento pendente innanzi all'autorità italiana.
La consegna temporanea è stata così disposta ed eseguita in applicazione dell'art. 24, comma 2, I. n. 69 del 2005, a norma del quale, nell'ambito del rinvio della consegna - per soddisfare esigenze di giustizia interna - in esecuzione del mandato di arresto europeo, può essere disposto "il trasferimento temporaneo della persona richiesta in consegna alle condizioni concordate".
3. La disposizione sul trasferimento temporaneo in esecuzione di un mandato di arresto nulla dice sulla necessità di imputare la detenzione al di fuori del territorio nazionale alla esecuzione o espiazione in forza del titolo cautelare o esecutivo emesso dall'autorità italiana, secondo quanto invece prescritto dall'art. 726-quater, comma 6, cod. proc. pen. per i casi di trasferimento temporaneo a fini di indagine, o dall'art. 16 d. Igs. n. 108 del 2017, in tema di ordine di indagine europeo, che impone, per il caso di trasferimento temporaneo di persona detenuta o internata ai fini del compimento all'estero di un atto di indagine o di prova, che il periodo di detenzione trascorso all'estero sia computato a ogni effetto nella durata della custodia cautelare o nel periodo di espiazione di pena.
3.1. La ragione della diversità di disciplina è abbastanza agevole da definire: mentre nei casi di trasferimento temporaneo a fini di indagine o di prova la detenzione patita all'estero ha come unico titolo giustificativo quello emesso dall'autorità italiana, sicché l'equiparazione di quel periodo a quello di esecuzione o espiazione in Italia è logica e naturale conseguenza dell'esistenza di un unico titolo, nei casi di trasferimento temporaneo in esecuzione di un mandato di arresto europeo il periodo di detenzione all'estero trova causa nell'esistenza di un titolo di restrizione interno adottato dall'autorità estera e sulla cui base è stato poi emesso il mandato di arresto.
4. La piena autonomia del titolo estero, emesso per un reato rispetto al quale non v'è giurisdizione italiana e comunque non ha proceduto l'autorità italiana, ben spiega l'impossibilità di considerare nel periodo di espiazione del titolo emesso in Italia il periodo trascorso in detenzione all'estero in forza del trasferimento temporaneo conseguente all'esecuzione di un mandato di arresto europeo.
Il principio di diritto ora espresso è in linea con quanto affermato da Sez. 1, n. 31422 del 11/05/2006, Moffa, Rv. 234791, secondo cui "in tema di fungibilità della pena, in tanto è possibile computare la detenzione patita in uno Stato straniero, in quanto essa sia relativa ad un fatto-reato per cui si è proceduto in Italia".
Coerentemente a quanto ora statuito si è del resto più volte chiarito che "in tema di mandato di arresto europeo, il periodo di tempo intercorrente tra la decisione dello Stato richiesto di dar corso al m.a.e. italiano e l'effettiva consegna del soggetto sottoposto a misura cautelare, non può essere computato ai fini della decorrenza del termine, massimo o di fase, della custodia cautelare in Italia, se la persona da consegnare sia rimasta in stato di custodia all'estero per effetto di altro e diverso titolo cautelare o detentivo ivi emesso" - Sez. 6, n. 6943 del 13/12/2018, dep. 2019, Ferreri, Rv. 275139; Sez. 6, n. 36677 del 07/05/2015, Sansone, Rv. 264580; Sez. 3, n. 9203 del 18/12/2012, dep. 2013, Dines e altro, Rv. 254513; Sez. 4, n. 24583 del 15/04/2010, Rabbah, Rv. 247815 -.
5. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2019