MAE esecutivo greco da rigettare se le informazioni non appaiono sufficientemente aggiornate, né individualizzate, riferendosi ad "ogni estradando che si trova nel territorio nazionale di qualsiasi Stato membro dell'Unione Europea", e risultano peraltro smentite dal contenuto dell'ultimo Rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d'Europa (CPT) del 2 settembre 2022, ove si fa riferimento al fatto che le condizioni di detenzione nel Paese richiedente debbono ancora definirsi, nella maggior parte dei casi, non rispettose dei diritti umani dei detenuti e integranti, dunque, un trattamento inumano e degradante.
Corte di Cassazione
Sez. VI penale Num. 1317 Anno 2023
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: DE AMICIS GAETANO
Data Udienza: 12/01/2023 – deposito 16.1.2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da DS, nato il ** in **
avverso la sentenza del 28/10/2022 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del Consigliere, Gaetano De Amicis;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale Vincenzo Senatore, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, Avv. Nicola Canestrini, che ha chiesto l'accoglimento dei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28 ottobre 2022 la Corte di appello di Brescia ha disposto la consegna di SD, cittadino olandese e polacco, all'Autorità giudiziaria della Repubblica Ellenica, in relazione ad un mandato di arresto europeo emesso in data ** 2020 per l'esecuzione della condanna alla pena di anni sei, mesi sei di reclusione ed euro ventimila di multa, irrogatagli dalla Corte di appello di Felonia di Tracia con sentenza definitiva n. **/2019 per i reati di riciclaggio di un'autovettura di provenienza furtiva e uso di documenti falsi.
La richiamata decisione ha subordinato la consegna alla duplice condizione che la persona richiesta non venga sottoposta a procedimento penale, né privata della libertà personale, per un fatto anteriore e diverso da quello per il quale è stata concessa, salve le eccezioni previste dall'art. 26, comma 2, legge 22 aprile
2005, n. 69, e che, senza l'assenso della Corte d'appello, non sia consegnata ad un altro Stato membro in esecuzione di un m.a.e. emesso per un reato anteriore alla consegna, né estradata verso uno Stato terzo in difetto dell'assenso all'estradizione successiva, accordato a norma delle convenzioni internazionali in
vigore e dell'art. 711 cod. proc. pen.
2. Avverso la richiamata decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore, deducendo con un primo motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'omesso accertamento della effettiva presenza del ricorrente sul territorio italiano, con la conseguente impossibilità di eseguire la consegna a causa della sua irreperibilità.
Si assume, al riguardo, che, in analogia con quanto affermato dalla Suprema Corte di cassazione in tema di estradizione (Sez. 6, n. 44465 del 11/12/2001, Dumitran; Sez. 6, n. 2470 del 14/07/1999, Michalos ed altre), la presenza fisica dell'estradando sul territorio italiano costituisce un presupposto necessario per
l'affermazione della competenza dell'autorità giudiziaria italiana, laddove l'incertezza in ordine alla presenza del ricorrente sul territorio imporrebbe all'Autorità procedente di disporre ulteriori ricerche e, in caso di mancato ritrovamento, di pronunciare sentenza di non luogo a provvedere.
La Corte distrettuale, di contro, ha ritenuto di procedere, pur avendo accertato la irreperibilità del consegnando sul territorio italiano.
2.1. Con un secondo motivo si deduce il vizio della violazione di legge riguardo alla mancata conoscenza del processo e della conseguente decisione di condanna assunta dall'Autorità giudiziaria della Repubblica Ellenica, non essendo stato il ricorrente personalmente informato del luogo e della data di celebrazione del
relativo giudizio.
2.2. Con un terzo motivo si censura la violazione di legge ex artt. 2 legge 22 aprile 2005, n. 69 e 3 CEDU, in merito al rischio che il ricorrente subisca trattamenti disumani e degradanti negli istituti penitenziari dello Stato richiedente, in considerazione del loro stato di sovraffollamento, delle condizioni igieniche inadeguate e dei frequenti episodi di violenza, secondo quanto attestato, anche da
ultimo, in un rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa (CPT) in data 2 settembre 2022 e in talune decisioni emesse dalla Corte EDU (quali, ad es., Corte EDU Kargakis c. Grecia 14 gennaio 2021, n. 27025/13).
Si assume, sotto tale profilo, l'insufficienza e la genericità delle informazioni supplementari fornite dalle Autorità elleniche in risposta alla richiesta a tal riguardo formulata dalla Corte distrettuale.
2.3. Con un quarto motivo, infine, si formula una nuova istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea in relazione all'art. 5 della decisione quadro 2002/584/GAI e all'art. 18-bis legge cit., per contrasto •con il principio della libera circolazione sul territorio dell'Unione e con quello di non discriminazione fra i cittadini dell'Unione di cui agli artt. 21 e 18 TFUE.
Le richiamate disposizioni normative, ad avviso del ricorrente, non tengono conto dei casi in cui il consegnando venga raggiunto da un mandato europeo di arresto in uno Stato diverso da quello di cittadinanza, ovvero da quello in cui mantiene il suo principale centro di interessi, e non consentono, dunque, allo Stato di esecuzione di rifiutarne la consegna, con il conseguente rischio che, una volta disposta ed eseguita la consegna per l'assenza di collegamenti funzionali con lo Stato di esecuzione, egli chieda allo Stato di emissione di poter eseguire la pena nel proprio Stato di cittadinanza.
3. Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 9 dicembre 2022 il Procuratore generale ha illustrato le sue conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.
4. Con memoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 4 gennaio 2023 il difensore, Avv. Nicola Canestrini, ha svolto una serie di argomentazioni in replica alle considerazioni oggetto della requisitoria del Procuratore generale ed ha illustrato le sue conclusioni, partitamente richiamando i motivi del ricorso ed insistendo per il loro accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto entro i limiti e per gli effetti qui di seguito esposti e precisati.
2. Infondato deve ritenersi il primo motivo, ove si consideri che, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, formatasi nella materia estradizionale, ma applicabile, per analogia ex art. 39, comma 1, legge 22 aprile 2005, n. 69, anche in relazione alla nuova procedura di consegna basata sul mandato di arresto europeo, la presenza nel territorio italiano della persona di cui è richiesta l'estradizione costituisce il presupposto della domanda di consegna
dello Stato estero, sicché, qualora vi sia certezza che l'estradando se ne è allontanato, la decisione sulla estradibilità non può essere resa e va dichiarato il non luogo a provvedere (Sez. 6, n. 8601 del 08/02/2022, Doring Falkenberg Re, Rv. 282912).
Perché il procedimento di consegna risulti privo del suo oggetto tipico è dunque necessaria la certezza che la persona richiesta in consegna si sia allontanata dal territorio italiano.
Non è infatti di ostacolo ad una decisione favorevole di estradabilità la circostanza che l'estradando si sia reso latitante nel corso del procedimento, laddove non vi sia la prova che egli non si trovi più nel territorio italiano (ex multis v. Sez. 6, n. 20133 del 30/01/2004, Udovicich, Rv. 229306; Sez. 6, n. 30726 del 24/06/2016, Governo degli Emirati Arabi Uniti, Rv. 267682).
Nel caso in esame, come chiarito dalla Corte di appello nel menzionare la nota in data 25 ottobre 2022 della Questura di Brescia (ove si dà atto della evasione dagli arresti domiciliari e dell'attuale irreperibilità del ricorrente nel territorio bresciano), la persona richiesta in consegna non risulta affatto essere fuoriuscita clandestinamente dallo Stato, essendosi solo resa irreperibile, sicché, sino a quando non sarà provato che essa non si trovi più nel territorio della Repubblica, gli organi a ciò preposti saranno tenuti a ricercarla e, in caso di esito positivo delle loro ricerche, a catturarla ai fini della consegna (cfr. Sez. 6, n. 20133 del 30/01/2004, Udovicich, cit.).
3. Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo di doglianza, atteso che, in tema di mandato di arresto europeo esecutivo, in forza degli artt. 6, comma 1 - bis, lett. d), e 18- ter della legge 22 aprile 2005, n. 69, la natura contumaciale del giudizio svoltosi nello Stato emittente non costituisce causa di possibile rifiuto della consegna laddove l'ordinamento di tale Stato estero consenta alla persona
condannata "in absentia" di chiedere, una volta venuta a conoscenza della relativa decisione, un nuovo processo che permetta di riesaminare il merito della causa e condurre, anche a mezzo dell'allegazione di nuove prove, alla riforma della
condanna in sua presenza (Sez. 6, n. 23253 del 13/06/2022, Ouled, Rv. 283320).
Nel recepire il disposto di cui all'art. 4 - bis, par. 1, lett. d), della decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, l'art. 6, comma 1 - bis, lett. d), legge cit. contempla l'ipotesi, configurabile nel caso in esame, in cui «... l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione
e sarà espressamente informato sia del diritto di ottenere un nuovo processo o di proporre impugnazione per un giudizio di appello, al quale abbia diritto di partecipare e che consenta il riesame nel merito, nonché, anche a mezzo dell'allegazione di nuove prove, la possibilità di una riforma di detta decisione, sia dei termini entro i quali egli potrà richiedere un nuovo processo o proporre impugnazione per un giudizio di appello.».
Al riguardo va richiamato quanto osservato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea sin dalla sentenza della Grande Sezione del 23 febbraio 2013, Melloni, C-399/11, che al par. 52 ha affermato quanto segue: «L'art. 4-bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 stabilisce, dunque, alle lettere a) e b), i presupposti in presenza dei quali si ritiene che l'interessato abbia rinunciato volontariamente e in modo inequivocabile a comparire nel processo a suo carico,
con la conseguenza che l'esecuzione del mandato d'arresto europeo ai fini dell'applicazione della pena alla persona condannata in absentia non può essere subordinata alla condizione che essa possa beneficiare di un nuovo processo alla sua presenza nello Stato membro emittente. Ciò vale vuoi, come stabilisce il paragrafo 1, lettera a), quando l'interessato non è comparso personalmente al
processo nonostante fosse stato citato personalmente o informato ufficialmente della data e del luogo fissati per questo, vuoi, come stabilisce lo stesso paragrafo, lettera b), quando, essendo al corrente della data fissata, egli ha scelto di essere rappresentato da un difensore anziché di comparire personalmente.
Quanto al suddetto paragrafo 1, lettere c) e d), esso enuncia i casi in cui l'autorità giudiziaria dell'esecuzione è tenuta ad eseguire il mandato d'arresto europeo nonostante l'interessato abbia diritto a un nuovo processo, in quanto il suddetto mandato d'arresto indica o che l'interessato non ha chiesto di beneficiare di un nuovo processo, oppure che sarà espressamente informato del suo diritto a un nuovo processo».
Nel richiamare quanto espressamente specificato nel contenuto del mandato di arresto europeo emesso a fini esecutivi dalle competenti Autorità elleniche, la sentenza impugnata ha dato atto che l'ordinamento dello Stato emittente consente la possibilità di revisione del processo in caso di condanna in absentia, in tal guisa
uniformandosi alla costante giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 7275 del 23/02/2021, Delic, Rv. 280842; Sez. 6, n. 25303 del 21/06/2012, Mitrea, Rv. 252724), secondo cui sussistono le condizioni per la consegna di una persona condannata in "absentia" qualora l'interessato abbia volontariamente rinunciato alla partecipazione, ex art. 4-bis, par. 1, lett. a) e b) della decisione quadro 2002/584/GAI, ovvero nel caso in cui l'interessato abbia rinunciato a chiedere un
nuovo giudizio, ex art. 4-bis, par. 1, lett. c), o laddove sia previsto che egli sia espressamente informato del diritto ad essere nuovamente giudicato ex art. 4-bis, par. 1, lett. d).
Soluzione, quella ora indicata, che questa Suprema Corte ha da tempo individuato anche in tema di estradizione esecutiva, affermando il principio secondo cui sussistono le condizioni per l'accoglimento dell'istanza relativa ad una persona condannata in contumacia quando l'ordinamento dello Stato richiedente
consente al condannato in absentia di chiedere la rinnovazione del giudizio (ex multis v. Sez. 6, n. 19226 del 30/03/2017, Locorotondo, Rv. 269833; Sez. 6, n. 43542 del 09/10/2012, Neagu, Rv. 253821).
Corretta, pertanto, deve ritenersi la soluzione al riguardo adottata dalla Corte di merito, anche alla luce della successiva elaborazione giurisprudenziale della Corte di Lussemburgo, secondo cui l'autorità giudiziaria dell'esecuzione è tenuta a procedere all'esecuzione di un mandato d'arresto europeo, nonostante l'assenza dell'interessato al processo terminato con la decisione, in presenza di una delle
circostanze previste dall'articolo 4-bis, par. 1, lett. a), b), c) o d), della decisione quadro 2002/584/GAI cit. (Corte giust. UE, 10 agosto 2017, Tupikas, C-270/17 PPU, punto 55; Corte giust. UE, 17 dicembre 2020, TR, C-416/20 PPU, punti 37- 42).
4. Fondato, di contro, deve ritenersi il terzo motivo di ricorso, in
considerazione della inadeguata spiegazione offerta riguardo alla necessaria esigenza di verifica della idoneità delle informazioni supplementari trasmesse dallo Stato di emissione in merito al prospettato rischio di violazione del divieto di trattamenti disumani e degradanti in ragione delle condizioni di sovraffollamento
negli istituti penitenziari dello Stato richiedente, a fronte dei numerosi, specifici e recenti elementi sintomatici al riguardo prospettati dalla difesa del ricorrente (in termini, per un caso analogo, v. Sez. 6, n. 44015 del 16 novembre 2022,P**).
La sentenza impugnata, infatti, nel richiamare le informazioni ricevute dalle Autorità elleniche a seguito della dettagliata richiesta formulata dalla Corte distrettuale in data 20 luglio 2022, ha fatto riferimento ad una nota del Segretariato generale per la Politica anticrimine del 22 agosto 2022, nella quale si assicura che, in caso di consegna, le condizioni di detenzione saranno rispettose dei criteri dettati dalla giurisprudenza della Corte EDU: nota, questa, il cui
contenuto rinvia, sotto tale profilo, sia ad un precedente documento del Segretariato Generale per la Politica anticrimine del 9 novembre 2021 (riguardante la possibilità di garantire, in linea generale, la fruizione di uno spazio vivibile di tre metri quadrati nei diversi centri di reclusione del Paese richiedente), sia ad una successiva nota, in data 19 agosto 2022, del Direttore dell'istituto di detenzione
di Komotini, esplicativa delle condizioni previste all'interno di tale struttura, ove la persona richiesta potrebbe essere sottoposta a detenzione in caso di consegna.
Deve tuttavia rilevarsi, al riguardo: a) che le richiamate informazioni del 9 novembre 2021 non appaiono sufficientemente aggiornate, né individualizzate, riferendosi ad "ogni estradando che si trova nel territorio nazionale di qualsiasi Stato membro dell'Unione Europea", e risultano peraltro smentite dal contenuto dell'ultimo Rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d'Europa (CPT) del 2 settembre 2022, ove si fa riferimento al fatto che le condizioni di detenzione nel Paese richiedente debbono ancora definirsi, nella maggior parte dei casi, non rispettose dei diritti umani dei detenuti e integranti, dunque, un trattamento inumano e degradante; b) che nella stessa nota del 19 agosto 2022, testé menzionata, si fa espressamente riferimento alla circostanza che le celle dell'istituto di detenzione di Komotini sono sovraffollate e non garantiscono uno spazio di 3 metri quadrati per ciascun detenuto, poiché lo stabilimento presenta una capienza massima di 162 detenuti, ma attualmente vi sono ristrette 313 persone, con una media di 300 detenuti.
Ora, a fronte delle specifiche censure al riguardo formulate dalla difesa e della argomentata allegazione - in particolare, sulla base del Rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa del 2 settembre 2022 e della richiamata pronuncia resa dalla Corte EDU nel caso Kargakis c. Grecia - dell'esistenza di un rischio reale di trattamenti inumani e degradanti negli istituti
penitenziari dello Stato emittente, in violazione del principio stabilito dall'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la decisione impugnata si è limitata a recepire le generiche informazioni rese dall'Autorità richiedente, motivando in modo meramente apparente su un punto decisivo ai fini dell'accoglimento della richiesta di consegna formulata dall'Autorità giudiziaria
estera, nonostante le specifiche integrazioni richiestele con la richiamata ordinanza interlocutoria del 20 luglio 2022.
Al riguardo, invero, le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Sez. U, n. 6551 del 24/072020, Ministero della Giustizia, Rv. 280433) hanno chiarito che nella valutazione dello spazio individuale minimo di tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall'art. 3 CEDU, così come interpretato
dalla giurisprudenza della Corte EDU, si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento nella cella, sicchè vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano, ad esempio, i letti a castello.
Si è altresì affermato che i cd. fattori compensativi, costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell'art. 3 cit. derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati, mentre, nel caso di disponibilità di uno spazio individuale compreso fra i tre e i quattro
metri quadrati, i predetti fattori compensativi concorrono, unitamente ad altri di arattere negativo, alla valutazione unitaria delle condizioni complessive di detenzione.
Nel caso in esame, dunque, la Corte distrettuale non ha fatto corretta
applicazione dei principi indicati, essendosi limitata ad affermare genericamente che le persone detenute in esecuzione di un mandato di arresto europeo sono soggette ad un regime speciale, volto ad assicurare il rispetto degli standards comunitari, senza tuttavia accertare i criteri adottati ai fini del computo dello spazio in concreto riservato al ricorrente, il numero dei detenuti per ciascuna cella,
il regime di detenzione al quale egli sarebbe sottoposto (ad esempio, aperto o semi-aperto), gli orari per lo svolgimento delle attività all'esterno delle celle, il periodo di detenzione da trascorrere in siffatto regime (secondo i criteri enunciati dalla Corte EDU, Grande Camera, 20 ottobre 2016, Mursic c. Croazia, n. 7334/13), la cui entità, peraltro, nella specie non risulta essere di breve durata.
Per accertare l'effettiva sussistenza di un pericolo di trattamento inumano e degradante, ostativo alla consegna del detenuto all'autorità dello Stato membro di emissione occorre, di contro, l'acquisizione, da parte dell'Autorità giudiziaria richiesta, di informazioni "individualizzate" sul regime di detenzione (Sez. 6, n.
26383 del 05/06/2018, Chira, Rv. 273803), specie nell'ipotesi in cui il
consegnando abbia allegato elementi oggettivi, precisi ed aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente (Sez. 6, n. 10822 del 16/03/2021, Istrate, Rv. 280852).
Giova infine richiamare il principio secondo cui, in tema di mandato di arresto europeo "esecutivo", nella valutazione del trattamento che sarà riservato al consegnando, i fattori compensativi - costituiti, congiuntamente, dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività - possono permettere di superare la presunzione di violazione dell'art. 3 della CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati, solo nel caso in cui il detenuto sia sottoposto al cd. regime "semiaperto" e non anche nel caso in cui il detenuto sia sottoposto al cd. regime "chiuso" (Sez. 2, n. 27661 del 13/07/2021, Zlotea, Rv. 281554).
5. L'accoglimento del su indicato motivo di ricorso determina l'assorbimento, allo stato, delle ulteriori censure proposte dal ricorrente.
6. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, s'impone l'annullamento con rinvio della decisione impugnata, affinché la Corte distrettuale in dispositivo indicata elimini i vizi rilevati, uniformandosi ai principi in questa Sede stabiliti.
La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge
n. 69 del 2005.
Così deciso il 12 gennaio 2023