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MAE e tutela della salute (Cass. 1827/11)

21 gennaio 2011, Cassazione penale

Nel valutare la esecuzione di un mandato di arresto europeo, i gravi motivi di salute della persona richiesta non costituiscono motivo di rifiuto della decisione di consegna, se non nell'estremo caso - certamente non ipotizzarle nei confronti di un paese civile, come quello tedesco, rispettoso dei diritti umani fondamentali, compreso il diritto alla salute invocato dal ricorrente - in cui vi sia "un serio pericolo che la persona ricercata venga sottoposta a... trattamenti inumani".

Piuttosto, la L. 22 aprile 2005, n. 69 tutela il fondamentale diritto alla salute del consegnando nella fase dell'esecuzione della decisione di consegna, prevedendo all'art. 23 che il Presidente della Corte di appello (o il magistrato da lui delegato) sospenda l'esecuzione della consegna quando "i motivi umanitari o gravi ragioni... (facciano)., ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute della persona". Pertanto, sarà nella fase esecutiva, che si apre con la presente decisione, che l'interessato potrà far valere davanti alla competente autorità giudiziaria le ragioni che possono giustificare la detta sospensione.

(si veda peraltro la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Milano)

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(ud. 19/01/2011) 21-01-2011, n. 1827

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Presidente

Dott. MILO Nicola - Consigliere

Dott. FAZIO Anna Maria - Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.R.V., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza e l'ordinanza del 10/12/2010 della Corte di appello di Firenze;

visti gli atti, i provvedimenti denunziati e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. D'Ambrosio Vito, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio limitatamente all'accertamento dello stato di salute ed il rigetto per il resto.

Udito il difensore avv. SG.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 10 dicembre 2010, la Corte di appello di Firenze, a seguito di mandato di arresto europeoemesso dall'autorità giudiziaria tedesca, disponeva la consegna di S.R. V. per il suo perseguimento penale per il reato di truffa continuata.

In particolare, il predetto era ricercato per aver commesso varie truffe consistite nell'acquistare beni ed utilizzare servizi senza pagare il dovuto corrispettivo.

Con ordinanza in pari data, la medesima Corte di appello respingeva l'istanza dell'arrestato di revoca delle misure cautelari dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di espatrio.

2. Avverso entrambi i suddetti provvedimenti, propone con distinti atti ricorso per Cassazione il difensore dello S..

Avverso la sentenza che ha deciso la consegna, ha articolato quattro motivi di ricorso e segnatamente:

- la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, artt. 2 e 12 e omessa motivazione su un punto decisivo, poichè la Corte di merito non ha affrontato l'eccezione difensiva eccepita dalla difesa. In particolare, era stato dedotto che, all'atto dell'arresto, lo S. non era stato assistito da un interprete e, avendo una conoscenza elementare della lingua italiana (come provato dal fatto che in sede di udienza di convalida era stato assistito da un interprete di lingua inglese), non era stato in condizione di comprendere le ragioni dell'arresto, posto che la polizia giudiziaria gli aveva consegnato il m.a.e. solo in lingua italiana e tedesca, idioma quest'ultimo non compreso dal predetto.

- la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, artt. 11 e 13 e omessa motivazione su un punto decisivo, poichè la sentenza non ha rilevato la nullità della convalida dell'arresto, per decorso dei termini perentori prescritti;

- la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 6, comma 1, lett. f), e omessa motivazione su un punto decisivo, poichè la Corte di merito nulla ha detto relativamente alla mancanza del requisito della indicazione della pena minima, richiesto da tale norma, requisito rilevante nella fattispecie in esame dove si tratta di persona incensurata perseguita per una presunta truffa di soli Euro novemila;

- mancanza e manifesta illogicità della motivazione, perchè la sentenza impugnata non ha preso in esame lo stato di salute dell'arrestato, nonostante le produzioni difensive sul punto.

Le doglianze avanzate avverso l'ordinanza si incentrano invece sul difetto di motivazione, non avendo la Corte di merito esplicitato gli elementi da cui desumere il pericolo di allontanamento clandestino della persona richiesta in consegna.

Motivi della decisione

1. Entrambi i ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.

2. Quanto alla decisione sulla consegna, del tutto prive di pregio sono le doglianze relative alle dedotte nullità afferenti la procedura dell'arresto e della relativa convalida.

Le eventuali nullità indicate dal ricorrente potevano infatti incidere sulla legittimità della procedura di convalida e delle misure cautelari contestualmente disposte - e dovevano essere pertanto denunciate con specifico ricorso ex art. 719 c.p.p., come prescritto dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 9, u.c., - ma non su quella della decisione di consegna. Infatti, le vicende cautelari sono soltanto un'eventualità e non certo il presupposto necessario del procedimento di consegna.

Relativamente alla mancata traduzione in lingua inglese del m.a.e., può solo aggiungersi - anche a voler tacere della capacità dimostrata dal consegnando di comprendere la lingua italiana - che nella procedura di consegna lo S. alle udienze del 2 novembre 2010 e del 10 dicembre 2010 è stato sempre assistito da un interprete di lingua inglese ed è stato posto pertanto nella condizione di esercitare pienamente i diritti di difesa. Come ha ripetutamente affermato la Corte europea dei diritti dell'uomo, l'art. 6, par. 3, CEDU richiede che la persona, che non comprenda o non si esprima nella lingua usata nel processo, sia assistita da un interprete, ma non che sia effettuata la traduzione scritta di ogni documento della procedura (tra le tante, Corte EDU, 24/02/2005, Husain c. Italia; 11/01/2011, Hacioglu c. Romania).

Conseguentemente, non ha fondamento la censura sul vizio di motivazione su un punto decisivo.

3. Parimenti infondata è la doglianza relativa alla violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 6, comma 1, lett. f),.

Tale disposizione prevede che il m.a.e. debba contenere la "pena minima e massima stabilita dalla legge dello Stato di emissione".

Peraltro, la L. 22 aprile 2005, n. 69, non contempla l'omessa indicazione di questa informazione tra i casi di rifiuto (Sez. 6, n. 40614 del 21/11/2006, dep. 12/12/2006, Arturi, non mas. sul punto; Sez. 6, n. 9202 del 28/02/2007, dep. 02/03/2007, Pascetta, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 41726 del 17/11/2010, dep. 25/11/2010, Radu, non mass.).

Quel che rileva per la verifica di legittimità della consegna è che il fatto per il quale sia chiesta la consegna sia punito dalla legge dello Stato di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale della durata massima "non inferiore a dodici mesi" (L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 7, comma 3).

Venendo al caso in esame, contrariamente a quando dedotto nel ricorso, il m.a.e. conteneva le informazioni di cui all'art. 6 cit., in quanto era indicata la pena minima e massima prevista dal codice penale tedesco per il reato di truffa e l'autorità giudiziaria di emissione aveva allegato anche gli articoli di legge dai quali era possibile ricavare tale informazione (pena "fino ad anni 5 di reclusione" per ogni episodio, nella specie quindi fino al massimo di 15 anni di reclusione per il concorso dei reati). La Corte di appello ha inoltre correttamente verificato il rispetto dei limiti edittali imposti dall'art. 7, comma 3, cit.

4. Quanto al mancato esame della documentazione allegata dalla difesa sullo stato di salute del consegnando, vi è da premettere che la stessa risulta prodotta a sostegno della richiesta di revoca delle misure cautelari, formulata all'udienza del 10 dicembre 2010 e alla quale la Corte ha risposto con l'ordinanza contestualmente emessa alla decisione sulla consegna, oggetto anch'essa del presente ricorso.

In ogni caso, va osservato che i gravi motivi di salute della persona richiesta non costituiscono motivo di rifiuto della decisione di consegna (cfr. art. 18), se non nell'estremo caso - certamente non ipotizzarle nei confronti di un paese civile, come quello tedesco, rispettoso dei diritti umani fondamentali, compreso il diritto alla salute invocato dal ricorrente - in cui vi sia "un serio pericolo che la persona ricercata venga sottoposta a... trattamenti inumani".

Piuttosto, la L. 22 aprile 2005, n. 69 tutela il fondamentale diritto alla salute del consegnando nella fase dell'esecuzione della decisione di consegna, prevedendo all'art. 23 che il Presidente della Corte di appello (o il magistrato da lui delegato) sospenda l'esecuzione della consegna quando "i motivi umanitari o gravi ragioni... (facciano)., ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute della persona". Pertanto, sarà nella fase esecutiva, che si apre con la presente decisione, che l'interessato potrà far valere davanti alla competente autorità giudiziaria le ragioni che possono giustificare la detta sospensione.

5. Venendo alle doglianze avanzate avverso l'ordinanza che ha rigettato l'istanza di revoca delle misure cautelari applicate al consegnando, anch'esse risultano infondate, ai limiti dell'inammissibilità, posto che una identica istanza, fondata sulle medesime ragioni (stato di salute dello S., in relazione a patologie curabili solo negli Usa, come attestato dal prof. P.) era stata rigettata dalla Corte di appello in data 17 novembre 2010. E' principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, una volta formatosi il giudicato cautelare, solo la sopravvenienza di "fatti nuovi" può giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e rendere possibile la revoca o la modifica della misura applicata. Le ordinanze in materia cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno infatti efficacia preclusiva "endoprocessuale" riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, con la conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 10/04/2007, Librato, Rv. 235908).

6. Conclusivamente, per le ragioni esposte, entrambi i ricorsi devono essere rigettati e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Manda alla Cancelleria per la comunicazione di cui alla L. 22 aprile 2005, 69, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011