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La sospensione condizionale della pena

3 agosto 2020, Nicola Canestrini

 La sospensione condizionale della pena viene decisa dal giudice in caso di condanne brevi e sempre che non sussista il pericolo di commissione di altri reati: si tratta di un istituto a favore dell'imputato condannato che ha la possibilità di vedere il reato estinto in caso si comporti bene.

Dato che può essere concessa massino per due volte, ma una sola volta senza ulteriori condizioni, va sempre verificata la opportunità di fruirne (non conviene, ad es. in caso di pene pecuniarie modeste). 


Indice sommario

1. Funzione della sospensione condizionale della pena   

2. Presupposti di applicazione: presupposti oggettivi e soggettivi  

3. Limiti e deroghe all'applicazione della sospensione condizionale della pena

4. Quanto dura la la sospensione?   

5. Questioni processuali 

6. Estinzione del reato  e revoca della sospensione


1. Funzione della sospensione condizionale della pena
 

La  sospensione condizionale della pena esiste nell'ordinamento italiano sin dal 1904, e si chiamava  "condanna condizionale".
 
La funzione della sospensione condizionale della pena è quella di eliminare l’effetto de-socializzante della carcerazione in caso di pene di breve durata; la pena condizionalmente sospesa è una condanna (a pena detentiva e/o pecuniaria) che però non viene eseguita (“sospesa”) a condizione che il condannato non commetta nuovi reti in un certo periodo di tempo. 

L’istituto serve quindi per sottrarre dal carcere un soggetto condannato a una pena detentiva di breve durata quando possa ritenersi un deterrente sufficiente la condanna e la minaccia pendente di una sua futura esecuzione.
 
Oggetto nel corso dei decenni di numerose riforme, oggi la sospensione condizionale della pena ha natura di misura clemenziale, applicata sulla base di un sommario giudizio prognostico (Fiandaca, Musco, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014, 83).
  
La sospensione condizionale può essere riconosciuta esclusivamente dal giudice della cognizione (cioè dal giudice che decide colpevolezza o innocenza).
 

2. Presupposti di applicazione: presupposti oggettivi e soggettivi

 
I presupposti di applicazione della sospensione condizionale della pena sono individuati dalla legge (articoli 163 e 164 del Codice penale).
 
La prima disposizione stabilisce l'ambito oggettivo di applicazione della misura, in rapporto alla natura e all'entità della pena inflitta, la seconda norma fissa i requisiti soggettivi, con riferimento ai precedenti penali del condannato e al giudizio prognostico in ordine al suo comportamento futuro.
 
Sotto il profilo oggettivo, la sospensione condizionale della pena è, innanzitutto, applicabile in caso di pronuncia di una sentenza di condanna alla pena della reclusione o dell'arresto non superiore a due anni. Il limite di pena è fissato in tre anni se il condannato al momento del fatto era minore di anni diciotto (2° co.) e in due anni e sei mesi se il condannato al momento del fatto era di età compresa tra i diciotto e i ventuno anni ovvero ultrasettantenne (3° co.) al momento della commissione del fatto.
 
Oltre al limite di pena che può essere sospeso, presupposto soggettivo fondamentale per la concessione della sospensione condizionale della pena è la prognosi favorevole sul futuro comportamento del reo.
 
La valutazione giudiziale sulla futura astensione del colpevole dalla commissione di ulteriori reati deve essere fondata sui parametri previsti dall'art. 133, per l'esercizio del potere discrezionale del giudice, e deve essere effettuata in concreto, riferita al momento della decisione): peraltro, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell'art. 133, potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione (C., Sez. V, 14.9.-28.12.2017, n. 57704). Altre sentenze impongono al giudice un maggiore dovere motivazionale, richiedendo che il giudizio prognostico prenda in considerazione tutte le circostanze indicate dall'art. 133 con riguardo alla personalità dell'imputato e che la motivazione dia conto degli elementi ritenuti prevalenti in senso ostativo alla concessione del beneficio (C., Sez. III, 6.7-10.10.2016, n. 42737; C., Sez. III, 3.6-23.9.2014, n. 38678).
 
L'incensuratezza dell'imputato è ritenuto un elemento di indubbia valenza positiva, che esige l'individuazione di uno o più elementi di segno contrario idonei a neutralizzarla, non essendo sufficiente il solo riferimento alla mancanza di una lecita occupazione (C., Sez. IV, 26.4-11.7.2017, n. 33746) ovvero alla gravità del reato (C., Sez. IV, 27.11.2012-18.1.2013, n. 2773).
 
Il giudice può, al contrario, fondare, in modo esclusivo o prevalente, il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi reati sulla capacità a delinquere dell'imputato, desumendola da precedenti giudiziari non definitivi (C., Sez. III, 30.9-4.11.2015, n. 44458; C., Sez. III, 12.11-11.3.2010, n. 9915; C., Sez. I, 29.3.1993, n. 4154) o da precedenti di polizia (C., Sez. V, 21.10.2019-6.3.2020, n. 9106; C., Sez. II, 5-13.5.2010, n. 18189; cfr. approfondimento sui precedenti di polizia). La presenza di precedenti condanne per reati poi estinti ai sensi dell'art. 460, 5° co., c.p.p. può essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione di futura astensione dalla commissione di reati (C., Sez. IV, 11.9-9.10.2019, n. 41291). L'esistenza di precedenti penali specifici può rilevare ai fini del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge anche quando il giudice, sulla base di una valutazione complessiva del fatto oggetto del giudizio e della personalità dell'imputato, esclude che la reiterazione delle condotte denoti la presenza di uno spessore criminologico tale da giustificare l'applicazione della recidiva (C., Sez. VI, 17.6-23.9.2014, n. 38780).
 
È stato peraltro ritenuto illegittimo il diniego fondato soltanto sulle modalità oggettive della condotta (C., Sez. III, 13.9-17.11.2016, n. 48580; C., Sez. I, 8.6-23.9.2011, n. 34679, con riferimento all'utilizzo di manodopera cinese) o sulla mancata confessione da parte dell'imputato, in quanto correla un effetto negativo all'esercizio del diritto al silenzio (C., Sez. III, 25.11.2015-1.2.2016, n. 4090) o sul mancato risarcimento del danno (C., Sez. IV, 10.3.2009-24.4.2009, n. 17625) o sulla persistenza della condotta criminosa (C., Sez. VI, 29.5-18.9.2014, n. 38351). Nemmeno può assumere rilevanza esclusiva ai fini del diniego la condizione di clandestino del condannato (C., Sez. V, 18.2-6.5.2020, n. 13807; C., Sez. IV, 10.5-7.6.2012, n. 22045; C., Sez. IV, 12-25.5.2010, n. 19652); discusso è se l'impossibilità di stabilire oggettivamente e con certezza l'identità e le generalità dell'imputato possa costituire causa ostativa alla concessione al medesimo della sospensione condizionale della pena (C., Sez. VI, 14-28.3.2011, n. 12425; contra C., Sez. II, 19-14.6.2010, n. 22661; C., Sez. I, 15-29.12.2009, n. 49725; C., Sez. I, 31.3-9.5.2005, n. 17447; C., Sez. V, 4.11.2004-10.2.2005, n. 4903; C., Sez. I, 11.11-2.12.2004, n. 46965).
 

Ai sensi dell'art. 164, 1° co., n. 1, la sospensione condizionale della pena non è applicabile a chi abbia riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto.

La preclusione è temperata dalla previsione del 4° co. dell'art. 164 che consente (solamente) una seconda concessione della sospensione condizionale della pena quando la sanzione da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna, non superi i limiti stabiliti dall'art. 163 c.p. (si veda la sentenza della Corte Costituzionale 28.4.1976, n. 98).
 
Ai sensi del 4° co. del vigente art. 164, dunque, la sospensione condizionale della pena può essere concessa a chi ne abbia già fruito una volta, qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna, non superi i limiti stabiliti dall'art. 163.
 
La concessione della sospensione condizionale della pena è in ogni caso preclusa a chi abbia riportato due precedenti condanne a pena detentiva per delitto, anche quando il beneficio non è stato applicato in relazione alla prima condanna, ed indipendentemente dalla durata complessiva della reclusione come determinata per effetto del cumulo di tutte le sanzioni irrogate e da irrogare (C., Sez. V, 27.6-6.10.2014, n. 41645). La presenza, invece, di una sola precedente condanna a pena non sospesa non impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in sede di nuova condanna intervenuta in epoca successiva alla prima, purché la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la condanna precedente, non superi il limite (C., Sez. I, 20.6-17.7.2013, n. 30729).
 
Ai fini della concedibilità del beneficio per la seconda volta, deve tenersi conto, nel computo della pena complessiva rilevante ai sensi dell'art. 163, anche della pena pecuniaria inflitta e dichiarata sospesa nella prima condanna, ragguagliata a quella detentiva (C., Sez. V, 22.3-29.4.2019, n. 17797; C., Sez. III, 9.10-3.11.2014, n. 45251). Il giudice, nel calcolo cumulativo della pena derivante dalle due condanne, può tenere conto dei più ampi limiti previsti per ragioni di età dall'art. 163, 2° e 3° co., solo quando sia il primo che il secondo reato siano stati commessi dall'imputato quando aveva un'età rientrante nei limiti predetti (C., Sez. I, 6.7-10.10.2016, n. 42822). V. anche C., Sez. I, 11.11.2015-10.1.2016, n. 587.
 
È discussa la reiterabilità del beneficio qualora tra una prima condanna a pena sospesa e quella sub iudice siano intervenute condanne intermedie. Un primo orientamento riconosce valore ostativo alle sole condanne intermedie a pena detentiva per delitto, ammettendo la reiterazione del beneficio se la condanna intermedia abbia applicato una pena pecuniaria per delitto o una pena detentiva o pecuniaria per contravvenzione, trattandosi di condanne già irrilevanti per la prima concessione del beneficio (C., Sez. I, 25.9-15.10.2019, n. 42365). Altro orientamento, invece, esclude la reiterazione del beneficio in presenza di condanne intermedie di qualunque specie ed entità, sul rilievo che la accertata proclività a delinquere del condannato dimostra che egli è stato immeritevole della fiducia in lui riposta e non consente una nuova prognosi favorevole circa la sua futura condotta (C., Sez. VI, 12.11.2019-16.1.2020, n. 1647).
 
Non è, invece, ritenuta revocabile in sede esecutiva la sospensione condizionale della pena disposta per la terza volta, allorché la sentenza con la quale essa è concessa abbia riconosciuto il vincolo della continuazione tra il reato oggetto del suo giudizio e altro reato precedentemente giudicato con condanna condizionalmente sospesa, sempre che non risultino superati i limiti di cui all'art. 163 (C., Sez. I, 28.10.2015-28.1.2016, n. 3775; C., Sez. I, 10-24.11.2010, n. 41545; C., Sez. II, 13.11.2000-10.1.2001, n. 1477) ovvero allorché due delle tre condanne siano state ritenute dal giudice dell'esecuzione riferibili a un unico reato continuato e non risultino superati gli indicati limiti di pena (tra le altre, C., Sez. I, 13.5-12.6.2009, n. 24285; C., Sez. II, 20.11.1998-22.1.1999, n. 8599). Da ultimo, è stato ribadito che la preclusione alla reiterazione della sospensione condizionale della pena a favore di chi abbia usufruito già due volte del beneficio non opera in caso di unificazione dei reati sotto il vincolo della continuazione tanto in sede di cognizione quanto in sede esecutiva (C., Sez. VI, 9.5-12.7.2018, n. 32055). L'unificazione delle condanne impone comunque il rinnovo della prognosi di non recidività precedentemente formulata (C., Sez. V, 15.1-19.2.2019, n. 7567).
 
In caso di estinzione degli effetti penali della condanna ai sensi dell'art. 444 c.p.p. per decorso del termine di due o cinque anni, la sospensione condizionale della pena può essere sempre reiterata nei casi in cui sia stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, mentre occorre verificare il rispetto dei limiti di cui all'art. 164, 4° co. in caso di applicazione di una pena detentiva (C., Sez. VI, 22.3-20.6.2019, n. 27589). È discusso se il reato estinto a seguito del positivo espletamento del lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'art. 186, 9° co. bis, D.Lgs. 30.4.1992, n. 285, sia o meno causa ostativa per il riconoscimento della sospensione condizionale della pena in relazione ad altro reato giudicato separatamente (nel senso di consentire il riconoscimento del beneficio: C., Sez. IV, 20.2-21.5.2019, n. 22078; nel senso opposto: C., Sez. I, 28.3-23.4.2019, n. 17414).
 
E’ naturalmente esclusa l'applicabilità della sospensione condizionale della pena al delinquente o contravventore abituale o professionale, trattandosi di soggetti la cui capacità a delinquere è ritenuta per legge incompatibile con una prognosi positiva di futura non reiterazione dei reati commessi.
 
La preclusione fondata sulla precedente condanna opera anche se per essa è intervenuta amnistia o riabilitazione o rispetto a una sentenza che ha applicato una pena sostitutiva per delitto; non costituisce ostacolo alla concessione della sospensione una precedente condanna per fatti non più previsti dalla legge come reato per sopravvenuta abolitio criminis o depenalizzazione..
 
Il 3° co. dell'art. 164 del codice penale stabilisce espressamente che la concessione del beneficio rende inapplicabili le misure di sicurezza diverse dalla confisca.
 

3. Limiti e deroghe all'applicazione della sospensione condizionale della pena

 
Ai sensi dell'art. 60, D.Lgs. 28.8.2000, n. 274 la sospensione condizionale della pena non si applica alle pene irrogate dal Giudice di Pace.
 
La sospensione condizionale della pena è inapplicabile anche alle pene irrogate dal giudice diverso chiamato a giudicare un reato di competenza del giudice di pace, sempre che il giudizio non abbia ad oggetto anche altri reati, che non siano di competenza del giudice di pace, né a questi connessi (C., Sez. V, 28.9.2012-22.1.2013, n. 3198; C., Sez. V, 21.2-4.4.2007, n. 13807). Poiché la legge più favorevole va applicata nella sua integralità, il giudice ordinario che, per il principio del favor rei applichi lo strumentario sanzionatorio previsto nel processo penale del giudice di pace, deve applicare anche la norma che vieta la sospensione condizionale della pena (C., Sez. V, 21.2-4.4.2007, n. 13807; C., Sez. IV, 28.10-30.12.2005, n. 47339). Nell'ipotesi in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, non può più essere applicato il trattamento punitivo previsto dall'art. 52, D.Lgs. 28.8.2000, n. 274, e in linea di principio più favorevole, atteso che il successivo art. 60, D.Lgs. 28.8.2000, n. 274, escludendo esplicitamente la concessione del beneficio della pena sospesa, rende in concreto le nuove disposizioni meno favorevoli all'imputato (C., Sez. V, 4.10-2.12.2004, n. 46793).
 
L'art. 60, 4° co., D.P.R. 20.3.1967, n. 223, in materia di elettorato attivo e di tenuta delle liste elettorali, esclude l'applicazione della sospensione condizionale della pena ai delitti dolosi previsti nella medesima legge (artt. 56, 57 e 59, D.P.R. 20.3.1967, n. 223).
 
L'art. 6, 4° co. L. 30.4.1962, n. 283, sulla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, esclude l'applicazione dell'art. 163 in caso di condanna per frode tossica o comunque dannosa alla salute.
Una peculiare ipotesi di sospensione condizionale della pena è prevista all'art. 90, D.P.R. 9.10.1990, n. 309, nei confronti del soggetto tossicodipendente, condannato per uno dei reati previsti dal D.P.R. 9.10.1990, n. 309

Nell'ambito delle disposizioni connesse alla dissociazione o alla collaborazione in relazione a reati caratterizzati dalla finalità di terrorismo o di eversione, l'art. 7, L. 29.5.1982, n. 304, avente carattere di disposizione ad efficacia temporanea, prevede l'elevazione dei limiti temporali di pena costituenti il presupposto di applicazione dell'istituto.


 
4. Quanto dura la la sospensione?


L'art. 163, 1° co. fissa la durata del periodo di prova alla quale è sottoposto il condannato nella misura di cinque anni in caso di condanna per un delitto e di tre anni in caso di condanna per una contravvenzione; in caso di cd. sospensione condizionale breve la sospensione ha  la durata di un anno che presuppone che, prima della pronuncia della sentenza di primo grado, sia stato riparato interamente il danno, mediante il risarcimento e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, ovvero quando il colpevole deve essersi adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato da lui eliminabili).
 
Se in tale periodo non interviene alcuna causa di revoca, il condannato non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole e adempie agli obblighi di cui all'art. 165, si realizza l'effetto estintivo previsto all'art. 167, c.p.
 
Il termine (quinquennale o biennale) va computato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio (C., Sez. IV, 10.5-1.6.2016, n. 23192; C., Sez. I, 10.2-2.3.2010, n. 8222; C., Sez. I, 27.6-3.7.2006, n. 22882; C., Sez. I, 3.12.2004-14.1.2005, n. 605); pare peraltro che tale scelta sia irragionevole e lesiva del principio  rieducativo della pena perché fa dipendere effetti giuridici anche favorevoli da elementi non addebitabili al condannato (o che costituiscono un suo diritto, quale quello all’impugnazione).
 

5.1 Questioni processuali: in particolare, revoca della sospensione e divieto di reformatio in peius.

 
La revoca della sospensione condizionale non può essere disposta d'ufficio, anche quando in secondo grado la condanna a pena detentiva è sostituita con condanna alla sola pena pecuniaria, in quanto la concessione del beneficio è sempre una previsione di favore per l'imputato, rispetto alla quale opera il divieto di reformatio in peius (C., Sez. V, 11.6-22.10.2015, n. 42583; C., Sez. II, 13-30.1.2015, n. 4381; C., Sez. III, 20.12.2007-8.2.2008, n. 6313). Il giudice d'appello deve pronunciarsi sulla richiesta della parte pubblica, anche se non impugnante, di revoca della sospensione condizionale della pena, non potendo rimettere la decisione al giudice dell'esecuzione, quando sussistano i presupposti per adottare il provvedimento e la relativa dimostrazione emerga dagli atti processuali acquisiti (C., Sez. I, 31.1-16.3.2017, n. 12817; C., Sez. I, 27.1.1999, n. 790); in tali ipotesi, stante la natura dichiarativa della revoca, non viene violato il divieto di reformatio in peius (C., Sez. VI, 15.11-18.12.2019, n. 51131, con riferimento al giudizio di rinvio a seguito di annullamento della Corte di Cassazione; C., Sez. II, 30.6-6.9.2016, n. 37009; C., Sez. I, 12.2.2003, n. 21872).
 
E’ stata ritenuta legittima la sentenza con la quale il giudice di appello, nel rivalutare i criteri di determinazione della sanzione e nel rideterminare la pena in pecuniaria al posto di quella detentiva, accolga la richiesta dell'imputato, unico appellante, di revocare la sospensione condizionale della pena disposta dal giudice di primo grado (C., Sez. III, 11.2-11.4.2016, n. 14739; contra C., Sez. V, 8-30.3.2006, n. 11159).
 
Non viola il divieto della reformatio in peius il giudice di appello che fissi il termine per il pagamento della provvisionale in favore della parte civile, non indicato dal giudice di primo grado che, peraltro, al pagamento della provvisionale aveva subordinato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena (C., Sez. II, 17-30.9.2010, n. 35351).
 

5.2. (segue) sospensione condizionale e patteggiamento

 
Il giudice, ove la richiesta concordata di applicazione della pena sia subordinata alla concessione della sospensione condizionale, è tenuto a pronunziarsi sulla concedibilità o meno del beneficio, ratificando in caso positivo l'accordo delle parti, oppure rigettando in toto la richiesta di patteggiamento (C., Sez. III, 6.3-12.6.2019, n. 25994; C., Sez. V, 3.12.2015-31.3.2016, n. 13103; C., Sez. IV, 21.1-9.3.2011, n. 9455; C., Sez. III, 10.4.2001, n. 20383). Si è anche affermato che, qualora l'imputato abbia subordinato la richiesta di applicazione della pena alla concessione della sospensione condizionale, ancorché il pubblico ministero abbia aderito alla richiesta, il giudice resta, comunque, investito del potere-dovere di verificare la concedibilità del beneficio e deve, pertanto, rigettare la richiesta di patteggiamento qualora rilevi la sussistenza di condizioni ostative (C., Sez. V, 1.10.2015-5.2.2016, n. 4832; C., Sez. IV, 22.11-22.12.2011, n. 47795; C., Sez. VI, 30.9-12.10.2009, n. 39705; C., Sez. III, 10.4.2001, n. 20383).
 
Nel caso in cui, invece, la concessione della sospensione non sia stata oggetto di accordo tra le parti, un primo orientamento esclude che la sospensione condizionale della pena possa essere concessa d'ufficio dal giudice che pronunci sentenza ex art. 444 c.p.p. (C., Sez. IV, 21-31.10.2008, n. 40950; C., Sez. IV, 28.2-1.6.2007, n. 21508; C., Sez. IV, 10.6.1994, n. 7897), mentre altro orientamento ritiene che il giudice debba pronunciarsi sulla concedibilità del beneficio anche qualora tale questione sia stata a lui devoluta dalle parti in maniera esplicita e specifica, anche se non ha costituito oggetto dell'accordo (C., Sez. II, 13.6-18.10.2019, n. 42973; C., Sez. II, 15.4-20.5.2016, n. 21071; C., Sez. III, 7.4-21.7.2015, n. 31633; C., Sez. I, 14.2-29.2.2008, n. 9228; C., Sez. III, 14.7-14.10.2004, n. 40232).
 

5.3 (segue) Sospensione condizionale e concordato in appello.
 

Il beneficio può essere concesso soltanto ove facente parte integrante dell'accordo pattizio o nel caso in cui la questione relativa sia stata devoluta, esplicitamente e specificamente, da entrambe le parti, al potere discrezionale del giudice (C., Sez. VII, 8.10-13.11.2019, n. 46053).

 

5.4 Sospensione condizionale della pena in sede esecutiva e abolitio criminis.

 

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto interpretativo emerso in ordine alla possibilità, per il giudice dell'esecuzione, di pronunciare la sospensione condizionale della pena in caso di revoca per abolitio criminis di sentenze di condanna che abbiano impedito, nel pregresso giudizio di cognizione, la concessione del beneficio riguardo alla pena inflitta con una successiva sentenza di condanna. Le Sezioni Unite hanno condiviso l'orientamento che consente al giudice dell'esecuzione, nell'ambito dei "provvedimenti conseguenti" alla pronuncia che revoca la precedente condanna, di concedere il beneficio, previa formulazione del favorevole giudizio prognostico richiesto dall'art. 164, 1° co., sulla base non solo della situazione esistente al momento in cui era stata pronunciata la condanna in questione, ma anche degli elementi sopravvenuti (C., S.U., 20.12.2005-6.2.2006, n. 4687; in senso conforme: C., Sez. I, 20.6-30.7.2014, n. 33817; C., Sez. I, 25.9-29.10.2008, n. 40334; C., Sez. I, 17.2-31.3.2006, n. 11583). Altra parte della giurisprudenza escludeva, invece, la concedibilità in sede esecutiva del beneficio a seguito della revoca per abolitio criminis (C., Sez. VI, 3.12.2003-4.2.2004, n. 4316; C., Sez. I, 21.9.2001, n. 38296). Conseguentemente, non deve procedersi alla revoca delle sospensioni condizionali precedentemente concesse con riferimento a condanne per fatti non più previsti dalla legge come reato, in quanto l'abolitio criminis fa cessare l'esecuzione e gli effetti penali della condanna, tra i quali deve annoverarsi l'attitudine della medesima a costituire precedente ostativo alla reiterazione della sospensione condizionale della pena (C., Sez. I, 2.3-15.3.2017, n. 12433; C., Sez. V, 4-29.7.2005, n. 28714; C., Sez. I, 11-23.2.2004, n. 7652).
 

5.4. Poteri del giudice dell'esecuzione.
 

In caso di revoca del capo di una sentenza di condanna per essersi formato, sullo stesso fatto e contro la stessa persona, un giudicato assolutorio, il giudice dell'esecuzione, nel rideterminare la pena, può disporre la sospensione condizionale (C., Sez. I, 30.10-15.11.2018, n. 51692); altra decisione ha però ritenuto che in caso di annullamento senza rinvio di uno o più capi della sentenza di condanna e rideterminazione della pena, il giudice dell'esecuzione non può provvedere sull'istanza di sospensione condizionale della pena se questa non sia stata avanzata anche nel giudizio di cognizione (C., Sez. I, 8.1-25.2.2019, n. 8262).
 

5.5. Mutamento di giurisprudenza
 

Il mutamento di giurisprudenza, intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, integra un nuovo elemento di diritto idoneo a legittimare la riproposizione, in sede esecutiva, di una richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena basata sui medesimi presupposti di fatto, in precedenza rigettata sulla base dell'orientamento interpretativo poi superato (C., Sez. V, 2.10.2017-31.1.2018, n. 4679; cfr. anche C., Sez. III, 16.6-10.10.2017, n. 46468; C., Sez. I, 12.2-31.3.2016, n. 12955, in tema di richiesta di rimodulazione della pena inflitta per violazione dell'art. 73, D.P.R. 9.10.1990, n. 309, riguardante droghe leggere, per effetto della sentenza della C. Cost. 25.2.2014, n. 32).

6. Estinzione del reato 

 

L’art. 167 c.p. prevede l’estinzione del reato qualora il condannato, nel termine stabilito dalla legge (cioè cinque anni se si tratta di delitti e due anni se si tratta di contravvenzioni), non commette altro delitto o contravvenzione, così frustrando lo spirito legislativo e dimostrando una notevole capacità di ribellione all’ordinamento sociale (cfr, peraltro la differenza con la riabilitazione). 

L’art. 168 c.p. si occupa invece della revoca del beneficio che viene disposta principalmente in tre casi:

1) quando il reo commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole per cui gli venga comminata una pena detentiva,

2) quando il reo non ha adempiuto agli obblighi imposti dal Giudice con la sentenza di condanna (p.es. per il reato di abuso edilizio era stata ordinata la demolizione del manufatto illegale ma il reo non vi ha provveduto nei termini stabiliti);

3) quando il reo riporti un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, sommata a quella precedente, superi i limiti indicati dall’art. 163. In quest’ultimo caso è necessario che la sentenza di condanna per il nuovo reato diventi definitiva dopo la sentenza che ha concesso la sospensione condizionale della pena e prima della decorrenza dei termini di cui all’art. 163. In concreto ciò significa che, il termine quinquennale di sospensione, deve decorrere dal momento del passaggio in giudicato della sentenza con la quale il reo ha beneficiato della sospensione condizionale della pena (cfr. sopra sui dubbi di legittimità costituzionale).


(elaborazione su contributo di Margherita Lombardo, Leggi d'Italia, Wolters Kluwer. 2020, riportato per estratti anche testualmente)