Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Guida in stato di ebbrezza: prescrizione non salva dalla revoca (CdS, 4136/19))

18 giugno 2019, Consiglio di Stato

Qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, la patente di guida è sempre revocata, anche quando il reato si sia prescritto.

Consiglio di Stato

sez. III, sentenza 23 maggio – 18 giugno 2019, n. 4136
Presidente Lipari – Estensore Pescatore

Fatto e diritto

1. Al ricorrente è stato contestato il reato previsto e punito dall'art. 186 comma 2 lett c) e commi 2 bis e 2 sexies del Codice della Strada, per aver condotto un motoveicolo in stato di ebbrezza (con un tasso alcolemico pari a 2,88 g/l, oltre quasi a 5 volte il limite consentito) e per avere cagionato, in tali condizioni, un sinistro stradale.

2. Tali fatti sono stati posti alla base di una pronuncia di condanna penale, emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Firenze nel 2013, confermata in appello nel 2016 e quindi annullata nel 2017 dalla Corte di Cassazione, la quale ha contestualmente dichiarato la sopravvenuta prescrizione del reato.

3. Sulla scorta di tale antefatto, il 23 aprile 2018 Prefettura ha disposto nei confronti del sig. -omissis- la revoca della patente, in pretesa “applicazione della sentenza dell'Autorità Giudiziaria”.

4. All’esito dell’impugnativa instaurata avverso il predetto provvedimento prefettizio, il Tar Toscana si è dichiarato sprovvisto di giurisdizione, ritenendo il provvedimento prefettizio atto conseguente e vincolato al ricorrere di determinati presupposti (causazione di un incidente stradale e superamento del tasso alcolemico di 1,5 grammi/litro), quindi correlato ad una posizione privata di diritto soggettivo.
Sempre a giudizio del Tar, la natura dell’attività e delle posizione soggettiva in essa implicata non mutano per il solo fatto che l’accertamento dei fatti venga operato dal giudice penale, in sede giurisdizionale, o dal Prefetto, in sede amministrativa.

5. L’opposta tesi che si prospetta in questa sede da parte appellante è quella secondo cui, in difetto di una definitiva pronuncia del giudice penale passibile di esecuzione - e che abbia accertato la sussistenza della fattispecie aggravata dalla specifica circostanza in presenza della quale si prevede la misura più grave della revoca (la causazione dell’incidente in condizione di guida in stato di ebrezza) - l'attività posta in essere dalla Prefettura non potrebbe che configurarsi come esercizio di potere discrezionale ed autoritativo, rispetto al quale la posizione del privato è quella dell’interesse legittimo.

6. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, replicando alle deduzioni avversarie e chiedendone la reiezione.

7. La causa è stata discussa e posta in decisione, per essere definita con sentenza ai sensi dell’art. 105, comma 2, c.p.a., all’udienza camerale del 23 maggio 2019.

8. L’appello è infondato, per le seguenti ragioni.

9. L’art. 186, comma 2 bis, del Codice della Strada dispone che “..Qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l), fatto salvo quanto previsto dal quinto e sesto periodo della lettera c) del comma 2 del presente articolo, la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI”.
10. In tale evenienza, l'automaticità della revoca della patente è conseguenza di una scelta legislativa escludente, a priori, qualsivoglia discrezionalità amministrativa nei confronti del soggetto che ricade, come l'odierno ricorrente, nelle condizioni stabilite dalla norma.

11. In pedissequa applicazione della disposizione in parola, l'amministrazione, nel caso in esame, ha disposto la revoca della patente quale misura automatica scaturente dal verificarsi dell’ipotesi di guida sotto l'influenza dell'alcool di cui all'art. 186 C.d.S..

12. Né è possibile ritenere che l'automatismo della misura in argomento sia venuto meno in ragione del fatto che il procedimento penale incardinato nei confronti del ricorrente per il reato di cui all'art. 186, comma 2 lett. c) e comma 2 bis C.d.S. si è concluso con sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Tale eventualità è contraddetta sia dall'art. 168 ter, comma 2, del Codice penale, il quale, regolamentando la specifica ipotesi qui in esame, prevede espressamente che "l'estinzione del reato non pregiudica l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge"; sia dall’art. 224, comma terzo, Codice della Strada (rientrante nel capo II, sezione II, del titolo VI, richiamato dall’art. 186 comma 2 bis) ai sensi del quale "La declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato importa l'estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all'accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili".

13. Orbene, nel dichiarare l’estinzione del reato a carico del sig. -OMISSIS- per intervenuta prescrizione, la Corte di Cassazione, nel 2017, ha disposto la trasmissione degli atti alla Prefettura di Firenze, per quanto di competenza, proprio in applicazione dell’art. 224, comma terzo, Codice della Strada (e simile soluzione è avallata dalla giurisprudenza penalistica: si veda, ex multis, Cass. Pen., sez. IV, n. 40069/2015 secondo cui, nel caso della sanzione amministrativa della sospensione della patente, la competenza all'irrogazione della stessa all'esito della positiva "messa alla prova" e dell'estinzione del reato, va individuata, ai sensi dell'art. 224 C.d.S., comma 3, in capo al Prefetto).

14. Tornando al tema delle ragioni fondanti la giurisdizione del giudice ordinario, deve escludersi che, per quanto già esposto, l’accertamento delle circostanze di fatto al ricorrere delle quali è disposta la revoca della patente, secondo quanto previsto dall’art. 186 comma 2 bis del Codice della Strada, configuri esercizio di potere amministrativo discrezionale, trattandosi al contrario di pura attività di riscontro di dati univoci, nella quale non è insita alcuna operazione di bilanciamento di interessi, ovvero alcuna valutazione di opportunità funzionale al perseguimento di uno scopo pubblico positivamente determinato.
Come di recente statuito dalla Corte Costituzionale, le ipotesi di revoca della patente del tipo qui in oggetto rinvengono la loro “.. ratio nell'individuazione di un perimetro di affidabilità morale del soggetto, cui è rilasciata la patente di guida, e nella selezione di ipotesi in presenza delle quali tale affidabilità viene meno”, secondo criteri predefiniti e vincolanti (Corte. Cost. n. 22/2018, par. 6.1).

Una volta accertate (nel momento del giudizio) le condizioni di fatto dalle quali la legge fa dipendere il rilascio o la revoca della patente, ad esse associando un precostituita valutazione di inaffidabilità soggettiva all’utilizzo del mezzo, non residua alcuno spazio di libera scelta in ordine all’an, al quando, al quomodo o al quid del provvedimento da adottare (profili questi attinenti al momento della scelta), né in alcuno dei richiamati segmenti dell’iter delibativo sono ravvisabili margini di libertà dispositiva.

15. Assumendo la prospettiva del destinatario dell’atto, può quindi affermarsi che egli vanta una pretesa ad ottenere o a conservare un bene della vita che non è dunque, in senso proprio, “oggetto di potere amministrativo”, nel senso che rispetto a tale bene l’amministrazione non può disporre in ragione e in funzione della valutazione di prevalenza o di componimento con l’interesse pubblico primario.

Più precisamente, l’amministrazione non ha alcun potere di apprezzare discrezionalmente i presupposti per il rilascio della patente, poiché questi si collegano a condizioni definite in modo stringente e univoco, non a mezzo di concetti di contenuto vago; al contempo, l’amministrazione non dispone di alcuna discrezionalità valutativa neppure in ordine alla rilevanza degli interessi di che trattasi, poiché una tale valutazione è già stata fatta, in via preventiva, dalla legge.

16. Manca quindi il momento decisionale - inteso come scelta, espressa all’esito di un giudizio - tra diverse alternative possibili.

Se, peraltro, il potere in senso sostanziale è connotato dalla decisione degli effetti da costituire, nel caso dell’atto vincolato residua la sola “costitutività”, quale carattere del “potere” solo in senso “formale”: l’atto produce gli effetti (ed è quindi precettivo), pur essendo questi effetti decisi dal livello «superiore» nella gerarchia della produzione giuridica. La costitutività è “residuale” nel senso che è riservata all’amministrazione la produzione dell’effetto giuridico, il quale, tuttavia, è già prefigurato dall’ordinamento.

17. Resta da considerare che pure a fronte di attività vincolata dell'Amministrazione si dà come possibile l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo (art. 31 comma 3 e 34 comma 1 lett. c), c.p.a.).

Nondimeno, nessuno dei possibili criteri elaborati dalla giurisprudenza per ripartire la giurisdizione nelle materie soggette ad attività di tipo vincolato, risulta in grado di attrare la presente controversia nell’ambito della cognizione del giudice amministrativo.

Si consideri infatti che:

a) se il criterio determinante la giurisdizione, a fronte di potere vincolato, è quello dell’interesse tutelato in via principale dalle norme di settore, è lecito ritenere che nella materia in esame le ragioni di interesse pubblico (connesse all'esigenza “pubblicistica” di limitare la guida ai soggetti provvisti dei necessari requisiti di idoneità) fanno da sfondo ma non assurgono a rilevanza primaria, rimanendo esse comprimarie nel quadro della disciplina delle condizioni di accesso del privato al conseguimento del titolo che lo abilita alla circolazione (v. art. 116 C.d.S.).
Dunque, l’interesse tutelato in via principale o quantomeno concomitante con l’interesse pubblico sotteso alla sicurezza della circolazione è quello “particolare” del soggetto richiedente la patente (e condizione analoga si riscontra nelle materie riguardanti le richieste dei privati di iscrizione agli albi professionali, ai registri anagrafici e ai registri delle imprese e associazioni, tutte tradizionalmente attratte alla giurisdizione del giudice ordinario);
b) se il criterio determinante la giurisdizione è invece quello che (declinando in altro modo il principio già enucleato sub a) distingue tra norme di azione (regolative dell’esercizio del potere) e norme di relazione (regolative del rapporto intersoggettivo tra privato e pubblica amministrazione) - deve parimenti concludersi che la disciplina della materia de qua vada ricondotta al secondo ambito di elezione: essa non si declina, infatti, in una regolamentazione delle corrette modalità di esercizio del potere a tutela del pubblico interesse, ma si dipana attraverso una selezione (qualitativa) dei soggetti che possono accedere al rilascio del titolo di circolazione e dei requisiti (tassativi e rigidi) che a tal fine si rendono necessari (art. 116 C.d.S.), così tracciando l'assetto dei rapporti specifici fra soggetti pubblici e soggetti privati e dei reciproci obblighi e diritti;
c) infine, se a fondamento del criterio di riparto si assume la distinzione tra l’interesse legittimo, quale pretesa ad ottenere o conservare un bene della vita a soddisfazione solo eventuale - e il diritto soggettivo, quale pretesa ad ottenere o conservare un bene della vita la cui soddisfazione è garantita dall’ordinamento, deve anche in questo caso concludersi che dinanzi ad un potere vincolato (nei presupposti e negli esiti) non possa che delinearsi un diritto soggettivo: il cittadino vanta una pretesa ad ottenere o conservare un bene della vita la cui soddisfazione è obbligatoria - ancorché tale obbligo, come ogni altro, possa rimanere inadempiuto.

18. Per quanto esposto, l’appello va conclusivamente respinto.

19. Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, in considerazione della natura delle questioni trattate e del tenore delle difese in atti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.