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Guida in stato di ebbrezza e revoca patente anche senza etilometro (Cass. 20763/24)

27 maggio 2024, Cassazione penale

Anche in assenza di espletamento di un valido esame alcolimetrico, il giudice di merito può trarre il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di ebbrezza dalla presenza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici, che, nel caso in esame, i giudici di merito hanno congruamente individuato in aspetti quali lo stato comatoso e di alterazione, certamente riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche - certamente superiore alla soglia di 1,50 g/l - per come evincibile dalla riscontrata presenza di un forte odore acre di alcol, nonché dalla assoluta sua incapacità di controllare l'autoveicolo in marcia e di rispondere alle domande rivoltegli dagli agenti di P.G.

L'accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall'art. 186 cod. strada e, qualora vengano oltrepassate le soglie superiori, la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione.

Corte di Cassazione 

sez. IV penale

udeinza 29 febbraio 2024 - 27 maggio 2024 (dep.) n. 20763
Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 10 luglio 2023 la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 10 novembre 2022, ha concesso il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, nel resto confermando la sentenza con cui M.E., concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza alla contestata aggravante, era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda, con pena sospesa, oltre alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in quanto riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 186, commi 2, lett. c) e 2-bis, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per avere condotto un'autovettura in stato di ebbrezza in conseguenza dell'assunzione di bevande alcoliche, con tasso alcolemico superiore a 1,50 g/l (e cioè di 3,69 g/l, come da referto degli Spedali Civili di Brescia del 12 settembre 2018), provocando un incidente stradale.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.E., a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada.

Il ricorrente rileva come la Corte di merito, pur avendo ritenuto, in accoglimento di una specifica doglianza da lui dedotta, l'inutilizzabilità degli accertamenti effettuati dai sanitari a fini di indagine su richiesta dalla P.G. - non risultando provato che all'indagato fosse stato dato l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di cui all'art. 114 disp. att. cod. proc. pen. - abbia, poi, errato nel ritenere comunque comprovata la sussistenza del suo stato di ebbrezza, desumendo che il suo tasso alcolemico avesse superato la soglia di 1,50 g/l prevista dall'art. 186, comma 2 lett. c), cod. strada in ragione delle sole dichiarazioni rese dagli agenti intervenuti G. M. e M. R.. A dire del M.E., infatti, in carenza di dati tecnici obiettivi, non sarebbe possibile stabilire in termini certi il livello di alcol effettivamente presente nel suo sangue al momento dei fatti, non potendosi evincere elementi sintomatici tali da far ritenere superata la suddetta soglia dai soli elementi riferiti dai testi circa la presenza di uno stato confusionale, di avvenuti urti della sua autovettura con il cordolo del marciapiede e della mancata risposta alle sollecitazioni degli operanti.

Per gli stessi motivi, risulterebbe anche illegittima l'intervenuta conferma della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, non risultando comprovato da accertamenti tecnici obiettivi l'intervenuto superamento della soglia alcolica di 1,50 g/l normativamente richiesta per la sua applicazione.

3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

4. Il difensore ha depositato successiva memoria scritta, con cui ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

2. Il Collegio ritiene, infatti, che i motivi di ricorso dedotti siano palesemente generici, oltre che privi di adeguato confronto con le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata.

Quest'ultima, in particolare, appare lineare e congrua, oltre che priva di contraddizioni evidenti, e quindi inidonea ad essere sottoposta al sindacato di legittimità, a fronte di argomenti di impugnazione meramente reiterativi di censure già sviluppate nel giudizio di appello ed ivi disattese con motivazione logica.

La Suprema Corte ha, in proposito, più volte chiarito che è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838-01).

In altri termini, se il motivo di ricorso in sede di legittimità si limita a ripetere quanto già chiesto al giudice precedente, riproponendo le medesime doglianze, fallisce lo scopo stesso dell'impugnazione, in quanto non si pone in maniera critica rispetto alla decisione che ne forma oggetto - di fatto rendendola indifferente rispetto alla stessa richiesta - ma solo a quella del grado precedente, così da giustificare la conseguente pronuncia di inammissibilità della censura.

3. In ogni modo, a prescindere dalla decisività della superiore argomentazione, il Collegio rileva come la doglianza eccepita, circa l'illegittimità della motivazione con cui è stata desunta da meri dati fattuali riferiti da testi l'avvenuto superamento della soglia di tasso alcolemico necessaria per l'integrazione della fattispecie contestata, afferisca, nella sostanza, alla sola interpretazione delle prove assunte, e quindi a questione non passibile di valutazione in questa sede.

In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01).

Esula, quindi, dai poteri della Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944-01).

Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507-01). E', conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.

3.1. D'altro canto, con specifico riferimento al reato contestato, deve essere ribadito come questa Suprema Corte abbia avuto modo di precisare che, poiché l'esame strumentale non costituisce una prova legale, l'accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall'art. 186 cod. strada e, qualora vengano oltrepassate le soglie superiori, la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione (così, tra le altre: Sez. 4, n. 35933 del 24/04/2019, Gaggioli, Rv. 276674-01; Sez. 4, n. 25835 del 05/03/2019, Picca, Rv. 276368-01; Sez. 4, n. 26562 del 26/05/2015, Bertoldo, Rv. 263876-01; Sez. 4, n. 22239 del 29/01/2014, Politanò, Rv. 259214-01).

Ne consegue, pertanto, che, in assenza di espletamento di un valido esame alcolimetrico, il giudice di merito può trarre il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di ebbrezza dalla presenza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici, che, nel caso in esame, i giudici di merito hanno congruamente individuato in aspetti quali lo stato comatoso e di alterazione manifestato dal M.E. alla vista degli operanti, certamente riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche - certamente superiore alla soglia di 1,50 g/l - per come evincibile dalla riscontrata presenza di un forte odore acre di alcol, nonché dalla assoluta sua incapacità di controllare l'autoveicolo in marcia e di rispondere alle domande rivoltegli dagli agenti di P.G.

A fronte degli indicati aspetti, il ricorrente ha proposto solo una rilettura alternativa degli elementi di indagine acquisiti, all'evidenza non consentita in questa sede e comunque inidonea a modificare l'adeguata e logica motivazione espressa sul punto da parte della Corte di appello.

4. Ne consegue, in conclusione, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.