In tema di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore, e che l’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dalla oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori, potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore.
L’affidamento condiviso è da ritenersi il regime ordinario, anche nel caso in cui i genitori abbiano cessato il rapporto di convivenza, ed il grave conflitto fra gli stessi non è, di per sé solo, idoneo ad escluderlo; la mera conflittualità infatti non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso, ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.
Corte di Cassazione
sez. I Civile, sentenza 12 febbraio – 6 marzo 2019, n. 6535
Presidente Giancola - Relatore Tricomi
Fatti di causa
G.F. ricorre nei confronti di L.V.F.M. con quattro mezzi per la cassazione del decreto emesso dalla Corte di appello di Roma, in epigrafe indicato, che ha disposto l’affido condiviso del figlio naturale G. (n. il (…)): inoltre ha attribuito l’esercizio della responsabilità genitoriale in forma congiunta per le questioni di maggior interesse per la vita del minore ed in forma disgiunta, secondo i tempi di permanenza presso ciascun genitore, per le questioni di ordinaria gestione; ha confermato il collocamento privilegiato del fanciullo presso la madre, disciplinando le modalità ed i tempi di visita paterni; ha ammonito entrambi i genitori a cessare i comportamenti conflittuali pregiudizievoli al minore e di ostacolo al corretto svolgimento delle modalità di affidamento.
L.V.F.M. replica con controricorso, corredato da memoria.
La controversia perviene all’odierna udienza a seguito di rinvio a nuovo ruolo disposto all’udienza pubblica del 23 giugno 2017, su richiesta di parte.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 155, 316 e 317 c.c. oltre che la nullità del procedimento e l’omessa assunzione di prove.
La censura si appunta sull’accertamento compiuto dalla Corte di appello della non ricorrenza di circostanze tali da escludere l’affido condiviso, segnatamente fondata sulla non ricorrenza di profili di inadeguatezza genitoriale in capo al padre, sulla non incidenza della lontananza delle residenze abitative dei due genitori (Roma per la madre e Bruxelles per il padre) e della conflittualità tra gli stessi in quanto temperata proprio dalla lontananza, tale da ridurre significativamente le occasioni di incontro personale.
A parere della ricorrente, la Corte di appello non avrebbe svolto una istruzione probatoria per accertare la capacità genitoriale del padre, pur richiesta, lamentando gravi atteggiamenti paterni tali da integrare la violazione della disciplina dell’affido.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 135 c.p.c., comma 4, e art. 737, nonché la nullità del procedimento e l’omessa motivazione: sostiene che la Corte territoriale ha riformato la decisione del Tribunale, che aveva disposto l’affido esclusivo senza motivare sull’interesse del minore: a suo parere la Corte territoriale non disponeva di elementi atti a supportare tale decisione dal momento che non era stata compiuta istruzione probatoria in nessun grado, nonostante fosse stata richiesta.
2.1. I motivi primo, secondo risultano avvinti per connessione in quanto riguardano tutti, sia pure sotto diversi profili, la statuizione con la quale, in riforma della decisione di primo grado, è stato disposto l’affido condiviso del minore in luogo dell’affido esclusivo a favore della madre.
Sono in parte infondati ed in parte inammissibili e vanno respinti.
2.2. L’art. 316 c.c., in tema di responsabilità genitoriale, prevede "Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.
Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.
Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio." (Articolo sostituito dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, art. 138. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, art. 39, comma 1, a decorrere dal 7 febbraio 2014 ai sensi di quanto disposto dall’art. 108, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 154 del 2013.)
2.3. Come si evince dal ricorso, in primo grado l’affido esclusivo venne disposto in ragione della residenza in Bruxelles del padre, ivi impegnato anche nelle personali attività lavorative, e della conflittualità dei genitori, mentre venne escluso che ricorresse l’inidoneità genitoriale del L.V. .
La G. , reclamata, nel resistere al reclamo aveva insistito nella applicazione dell’affido esclusivo in ragione della prospettata inidoneità dell’altro genitore ed all’uopo aveva richiesto consulenza tecnica per accertarla, articolando in merito prova testimoniale.
2.5. Ciò posto va osservato che la Corte di appello ha motivato in merito all’idoneità genitoriale del L.V. , sia rimarcando l’assiduità del padre nel garantire al minore ed a se stesso il godimento dei tempi di visita concessi, pur affrontando il disagio del viaggio, sia richiamando i fondamenti normativi e giurisprudenziali, nazionali ed Europei, in merito alla necessaria effettività del diritto di un genitore e del figlio a mantenere la relazione.
2.6. La decisione appare corretta ed allineata ai principi espressi da questa Corte.
Invero l’affidamento condiviso è da ritenersi il regime ordinario, anche nel caso in cui i genitori abbiano cessato il rapporto di convivenza, ed il grave conflitto fra gli stessi non è, di per sé solo, idoneo ad escluderlo (Cass. n. 1777 del 08/02/2012); la mera conflittualità infatti non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso, ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse (Cass. n. 5108 del 29/03/2012).
In proposito, va ribadito che "In tema di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti "pregiudizievole per l’interesse del minore", con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore, e che l’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dalla oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori, potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore."(Cass. n. 24526 del 02/12/2010).
2.7. Nel caso di specie, la Corte di appello, pur avendo riscontrato un’elevata conflittualità, tanto da concludere il provvedimento con un’ammonizione rivolta ad entrambi i genitori, ha tuttavia considerato che la stessa nei fatti era stemperata dalla lontananza delle parti in causa, di guisa che non assumeva una connotazione ostativa all’affido condiviso.
A ciò ha aggiunto la riscontrata assiduità del padre, non collocatario e residente all’estero, nell’esercizio del diritto di visita, sicuramente idonea non solo ad escludere un suo inadempimento, ma, al contrario, a comprovare la capacità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente (Cass. n. 977 del 17/01/2017).
La statuizione impugnata risulta essere pertanto frutto della doverosa valutazione sia della idoneità genitoriale che dell’interesse del minore, secondo i criteri ricordati, e la censura risulta inammissibile perché involge essenzialmente questioni di merito (l’impiego di un autista, la frequentazione dei parenti del ramo familiare paterno, la mancata adesione alle proposte di attività da svolgere tutti insieme, qualche possibile problema di salute) che, lungi dall’introdurre fatti decisivi che non sarebbero stati valutati, inammissibilmente sollecita un’adesione alla negativa valutazione che degli stessi ha compiuto la madre ed alle critiche da questa rivolte alle modalità con cui il padre gestisce i tempi di frequentazione del figlio a sua disposizione e, soprattutto, ai rapporti interpersonali tra i due genitori; anche la richiesta di consulenza tecnica non appare essere stata accompagnata dall’illustrazione di concrete esigenze.
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione alla pronuncia a suo carico di condanna alle spese del giudizio.
A parere della ricorrente la Corte territoriale, tenuto conto della sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato e della sua posizione di resistente, avrebbe dovuto compensare le spese del giudizio.
3.2. Il motivo è infondato.
3.3. La comminatoria delle spese di lite - peraltro previa compensazione nella misura della metà - segue il principio della soccombenza, senza che assuma rilievo alcuno la ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che riguarda esclusivamente il rapporto tra la parte ed il suo difensore, o la posizione processuale.
4.1. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di motivare la decisione di passare da un affidamento esclusivo ad un affidamento condiviso per le questioni maggiormente rilevanti afferenti l’educazione e l’istruzione del bambino, laddove la conflittualità tra i genitori poteva risultare ostativa dell’interesse del figlio.
4.2. Il motivo è inammissibile.
4.3. Invero, "Il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile "ratione temporis", presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile", mentre resta irrilevante il semplice difetto di "sufficienza" della motivazione." (Cass. Sez. U. n. 8053 del 7/4/2014; Cass. n. 20721 del 13/08/2018). Nel caso in esame, la doglianza non risponde al modello legale del vizio dedotto in quanto non indica alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame, ma prospetta solo future e potenziali situazioni di conflitto in merito alle scelte afferenti all’educazione ed all’istruzione del minore, prive di concreta attualità.
5.1. In conclusione, il ricorso va rigettato.
5.2. Il ricorso ex art. 96 c.p.c. proposto tempestivamente da L.V. con la comparsa di risposta (Cass. n. 27715 del 30/10/2018) va respinto. Ai fini della responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., il ricorso per cassazione può considerarsi temerario solo allorquando, oltre ad essere erroneo in diritto, appalesi consapevolezza della non spettanza della prestazione richiesta o evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali (Cass. n. 27646 del 30/10/2018) e ciò nel presente caso non ricorre, considerato lo sviluppo processuale della vicenda che, in primo grado, aveva visto la G. vittoriosa.
5.3. Le spese del giudizio, tenuto conto della natura della causa e dell’esito della lite vanno compensate.
Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
P.Q.M.
- Rigetta il ricorso proposto da G.F. e rigetta il ricorso ex art. 96 c.p.c. proposto da L.V.F.M. ;
- Compensa le spese di lite del presente grado;
- Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.