La legge prevede un rimedio di natura risarcitoria per i danni arrecati dal genitore alla prole con condotte inadempienti agli obblighi imposti in sede di separazione in relazione all'esercizio della responsabilità genitoriale nonchè di natura sanzionatoria volta alla coercizione del genitore inadempiente all'assolvimento degli obblighi imposti in sede di separazione e divorzio.
In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, il giudice può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente ammonire il genitore inadempiente, disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore e disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudic e (oltre ad una sanzione amministrativa).
Le misure sanzionatorie previste sono suscettibili di essere applicate dal giudice nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze e di atti "che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento"; esse, tuttavia, non presuppongono l'accertamento in concreto di un pregiudizio subito dal minore, poichè l'uso della congiunzione disgiuntiva "od" evidenzia che l'avere ostacolato il corretto svolgimento delle prescrizioni giudiziali è un fatto che giustifica di per sè l' irrogazione della condanna, coerentemente con la funzione deterrente e sanzionatoria intrinseca alla norma richiamata.
Non spetta alcun risarcimento nell'ipotesi nelle quali non siano ravvisabili inadempienze inquadrabili come comportamenti volontari di allontanamento del padre nei confronti delle figlie al fine di danneggiarle o di pregiudicarne l' interesse, quanto, piuttosto, difficoltà relazionali dovute a differenze caratteriali, acuite dall'età adolescenziale delle figlie.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Ord., (data ud. 20/02/2023) 23/03/2023, n. 8283
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco - Presidente -
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. - Consigliere -
Dott. DI MARZIO Mauro - Consigliere -
Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -
Dott. CASADONTE Annamaria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7148-2020 proposto da:
A.A. (Omissis), elettivamente domiciliato in ** , presso lo studio dell'avvocato GP, che lo rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
B.B., elettivamente domiciliato in ** presso lo studio dell'avvocato LDS, che lo rappresenta e difende;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 7684/2019 della Corte d'appello di Roma, depositata il 11/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2023 dalla consigliera
Annamaria Casadonte.
Svolgimento del processo
1.- B.B. e A.A. contraevano matrimonio in data (Omissis) e dalla loro unione nascevano due figlie C.C. nel (Omissis) e D.D. nel (Omissis).
2.- A seguito di separazione consensuale, omologata nel mese di giugno 2010, il sig. B.B. adiva il Tribunale di Roma per ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio con ricorso depositato il 30 settembre 2013.
3.- Contestualmente chiedeva che nessun onere di mantenimento venisse disposto a favore della sig.ra A.A., a favore della quale in sede di separazione era stato stabilito l' importo di Euro 4.000,00, nonchè la determinazione del mantenimento delle figlie nell' importo complessivo di Euro 6.000,00 mensili oltre il 50% delle spese straordinarie.
4.- La sig.ra A.A., costituitasi in giudizio, chiedeva un assegno divorzile per un importo complessivo di Euro 8.000,00 mensili e che il mantenimento della prole fosse dichiarato per una somma pari ad Euro 6.000,00 mensili oltre spese straordinarie per ognuna delle figlie, nonchè che fosse mantenuto l'obbligo per l'ex marito di provvedere al pagamento dello stipendio di una collaboratrice domestica (per Euro 1200,00) e di una persona di fiducia per accompagnare le figlie a scuola (per Euro 600,00).
5.- La sig.ra A.A. chiedeva, inoltre, la condanna dell'ex marito al risarcimento dei danni causati alle figlie per il suo repentino allontanamento dalle medesime ai sensi dell'art. 709 ter, c.p.c.
6.- Il Tribunale di Roma con sentenza n. 9254 del 2017 disponeva l'assegno divorzile, calcolato nell'ammontare di Euro 2.500,00 mensili e determinava in Euro 3.500,00 l'assegno mensile a carico del sig. B.B. da disporre a favore di ciascuna delle figlie (la minore affidata in forma condivisa ed entrambe abitanti con la madre, assegnataria della casa familiare) oltre al 75% delle spese straordinarie.
7.- Il sig. B.B. gravava la predetta sentenza censurando l'esorbitanza degli assegni riconosciuti in favore della moglie e delle figlie, nonchè l'omessa pronuncia sull' istanza di assegnare le spese della casa di famiglia in capo alla ex moglie.
8.- Si costituiva in appello la sig.ra A.A. proponendo appello incidentale per l'accoglimento della domanda di condanna dell'appellante al risarcimento dei danni conseguenti all' interruzione della frequentazione delle figlie per una somma pari ad Euro 150.000,00.
9.- Con sentenza pubblicata in data 11 dicembre 2019, la Corte d'appello di Roma riformava la pronuncia gravata, rigettando la domanda di assegno divorzile e revocando quello riconosciuto a far data dal passaggio in giudicato della sentenza sullo "status", nonchè rigettando le ulteriori istanze formulate dalla convenuta, condannata infine al pagamento delle spese di lite.
10.- Per quanto qui rileva, la corte territoriale rigettava la domanda dell'assegno divorzile dopo attenta comparazione dei redditi di entrambi gli ex coniugi. La corte territoriale accertava in sintesi come a fronte di un reddito mensile di 21.677,00 del sig. B.B., di professione notaio in (Omissis), corrispondesse la disponibilità a favore della sig.ra A.A., per effetto delle intestazioni immobiliari e delle partecipazioni azionarie nella società di famiglia, di un importo mensile fra Euro 7.000,00/8.000,00.
11.- Alla luce di ciò la corte territoriale escludeva, in conformità ai principi ermeneutici espressi dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 18278/2018, la ravvisabilità di un assegno divorzile a fini assistenziali. La corte di merito ha poi escluso, pur a fronte dell'oggettiva differenza fra i redditi degli ex coniugi, che la sig.ra A.A. abbia dimostrato i requisiti per l'attribuzione di un assegno divorzile con funzione compensativa e perequativa, in difetto di prova, da parte della medesima, di alcun sacrificio delle proprie aspettative professionali.
12.- Con riguardo alla diversa questione del risarcimento dei danni richiesto dalla sig.ra A.A. per sè e per le figlie la domanda veniva rigettata anche in appello in quanto il padre era sempre stato adempiente agli obblighi di mantenimento e l'allontanamento era ritenuto riconducibile esclusivamente alle differenze caratteriali tra padre e figlie, acuite dall'età adolescenziale delle figlie, senza che fosse stata accertata alcuna intenzione del padre di volerle allontanare da sè.
13.- Avverso la predetta sentenza la sig.ra A.A. ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 14 febbraio 2020, affidato a otto motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il sig. B.B., pure illustrato da memoria.
Motivi della decisione
14.- Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza d'appello, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell'art. 709 ter, c.p.c. per aver rigettato la domanda di condanna al risarcimento dei danni in ragione della ritenuta non volontarietà della condotta di interruzione totale dei rapporti di frequentazione con le due figlie.
14.1.- Secondo la ricorrente era stata erroneamente esclusa la responsabilità del sig. B.B., mentre essa doveva essere ritenuta a prescindere dall'elemento soggettivo, dovendo rilevare di per sè il mancato adempimento degli obblighi posti in capo ai coniugi, nel caso di specie rimasti inadempiuti dal controricorrente relativamente al diritto di visita.
15.- Il secondo ed il terzo motivo sono volti a censurare il medesimo capo della sentenza relativo al rigetto della domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c. per aver il giudice omesso l'esame di fatti rilevanti oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
15.1.- Si sottolinea come il giudice del merito non abbia correttamente valutato nè dato conto in motivazione dei risultati dell'audizione delle figlie, avvenuta in data 29 ottobre 2014, nè, tantomeno, delle e-mail prodotte nel corso del giudizio d'appello, circostanze che sarebbero in grado di dimostrare il mancato adempimento degli obblighi posti in capo al sig. B.B. in sede di separazione, per intenzionalità a lui imputabile.
16.- I tre motivi essendo volti a censurare il medesimo capo della pronuncia impugnata devono essere esaminati congiuntamente.
16.1.-L'art. 709 ter, c.p.c., nel testo ratione temporis applicabile - ed ora trasfuso con modifiche nell'art. 473-bis.39 c.p.c. a seguito del D.Lgs. n. 149/2022 (a decorrere dal 28/2/2023 ed applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data) - stabiliva nella parte che qui rileva: " In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, (il giudice) può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'art. 614 bis; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 Euro a un massimo di 5.000 Euro a favore della Cassa delle ammende" tale che il provvedimento richiesto dall'odierna ricorrente attiene al numero 3 di tale disposizione.
16.2.- La norma prevede un rimedio di natura risarcitoria per i danni arrecati dal genitore alla prole con condotte inadempienti agli obblighi imposti in sede di separazione in relazione all'esercizio della responsabilità genitoriale nonchè di natura sanzionatoria volta alla coercizione del genitore inadempiente all'assolvimento degli obblighi imposti in sede di separazione e divorzio
16.3.- Le misure sanzionatorie previste dall'art. 709-ter c.p.c., sono suscettibili di essere applicate dal giudice nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze e di atti "che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento"; esse, tuttavia, non presuppongono l'accertamento in concreto di un pregiudizio subito dal minore, poichè l'uso della congiunzione disgiuntiva "od" evidenzia che l'avere ostacolato il corretto svolgimento delle prescrizioni giudiziali è un fatto che giustifica di per sè l' irrogazione della condanna, coerentemente con la funzione deterrente e sanzionatoria intrinseca alla norma richiamata (così Cass. 16980/2018; id. 37899/2022). 16.4.- Nel caso di specie il giudice ha ritenuto, alla stregua di quanto allegato in atti ed emerso in sede di ascolto delle figlie, che nella condotta rappresentata non siano ravvisabili inadempienze inquadrabili come comportamenti volontari di allontanamento del padre nei confronti delle figlie al fine di danneggiarle o di pregiudicarne l' interesse, quanto, piuttosto, difficoltà relazionali dovute a differenze caratteriali, acuite dall'età adolescenziale delle figlie (cfr. pag.11 della sentenza).
16.5.-Ciò posto, non vi è stata da parte del giudice del merito un'errata interpretazione dell'art. 709 ter c.p.c. sotto il profilo della erronea statuizione della necessaria natura soggettiva, piuttosto che meramente oggettiva, della condotta inadempiente, ma una qualificazione complessiva della condotta del padre rispetto alla funzione genitoriale che ha portato il giudice d'appello ad escludere la sussistenza dei presupposti dell'invocata sanzione risarcitoria.
16.6.- Tale ricostruzione non risulta smentita dalle trascritte e-mail, ove non si dà conto di specifiche condotte giuridicamente rilevanti quali atteggiamento di rifiuto del padre di incontrare le figlie, ma di difficoltà relazionali che hanno caratterizzato le persone coinvolte nella vicenda separativa in oggetto. 16.7.- Si tratta, quindi, di una valutazione di merito, svolta dal giudice competente e non suscettibile di riesame nei termini formulati in sede di legittimità.
17.- Con il quarto motivo si deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'omesso esame dei fatti risultanti dalle e-mail depositate nel giudizio di appello ed attestanti il rifiuto in linea di principio del sig. B.B. di contribuire alle spese straordinarie delle figlie per dichiarati problemi economici. Assume la ricorrente che in tal modo la corte del merito avrebbe omesso di accertare le responsabilità del padre per la totale interruzione dei rapporti di frequentazione di entrambe le figlie.
17.1.-La censura è inammissibile perchè la circostanza del rifiuto del padre di contribuire alle spese straordinarie quale inadempimento rilevante ai fini dell'accoglimento della domanda di sanzione ex art. 709 ter c.p.c. è nuova rispetto alle conclusioni formulate dalla sig. A.A., così come riportate dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 3 della sentenza), nè la stessa ricorrente ha specificato dove aveva in precedenza formulato la prospettazione svolta con il ricorso per cassazione (cfr. Cass. 1435/2013; id.27568/2017).
18.- Con il quinto motivo si censura il capo della sentenza dove il giudice si pronuncia sull'assegno divorzile affermando che tale statuizione avrebbe violato la L. n. 898 del 1970, art. 5, per come interpretato alla luce della giurisprudenza di questa Corte inaugurata con la pronuncia 18287/2018, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
18.1.- In particolare la sig.ra A.A. sostiene che la funzione compensativa-perequativa dell'assegno, che come affermato dalla Corte è volta a reintegrare uno dei coniugi in ragione dei sacrifici fatti per la coppia e la famiglia, debba essere riferita non solo ai sacrifici professionali e/o lavorativi, come argomentato dal giudice del merito, ma vada esteso a qualsivoglia sacrificio che comporti per il coniuge leso il versare in una situazione economica peggiore rispetto a quelle di cui avrebbe goduto in assenza dei sacrifici fatti per il proprio nucleo familiare.
18.2.- La ricorrente ritiene che, i maggiori oneri a lei attribuiti in relazione al mantenimento della casa familiare ed in ragione dell'allontanamento del padre dalla vita delle figlie, abbiano comportato sacrifici meritevoli di essere compensati mediante assegno divorzile.
18.3.- La censura è inammissibile per la genericità della doglianza.
18.4.- La ricorrente assume, infatti, di essersi fatta carico di ingenti costi che avrebbero dovuto essere considerati nell'applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite della Corte con l'orientamento giurisprudenziale inaugurato con la sentenza n. 18287/2018, ma non ne fornisce alcuna specificazione adducendo pertanto una generica violazione del criterio compensativo-perequativo.
19.- Con il sesto motivo l'odierna ricorrente censura la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. per avere la sentenza impugnata obliterato gli accordi tra i coniugi relativi al pagamento dello stipendio della domestica e dell'accompagnatore delle figlie, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 19.1.- Si sostiene che tali contratti siano del tutto indipendenti dai procedimenti giudiziali di separazione e divorzio e che nel collegarli all' iter giudiziario il giudice abbia violato i sopracitati articoli non avendo svolto un'accurata ricognizione della volontà delle parti.
19.2.- Il motivo è infondato in quanto, come correttamente rilevato nelle osservazioni del controricorrente, tali accordi hanno ragione di esistere durante la separazione e cessano di avere efficacia con la sentenza di divorzio, con la quale nell'ambito dell'esame delle rispettive condizioni economiche delle parti, il giudice del merito ha ritenuto di non ravvisare gli estremi per il riconoscimento a favore della sig.ra A.A. di un assegno divorzile.
20.- Con il settimo e con l'ottavo motivo si censura la sentenza nella parte che ha disconosciuto l'assegno divorzile con efficacia dal momento della prima pronuncia sullo "status" dei coniugi, ai sensi dell'art. 360, comma 1, nn. 3,4 e 5, c.p.c. Secondo la ricorrente la corte territoriale avrebbe revocato retroattivamente l'assegno senza che fosse posta specifica domanda da parte dell'appellante ed in assenza di motivazione.
20.1.- In subordine, si censura che tale pronunciata irretroattività sia in violazione degli artt. 447 e 545, c.c. in quanto, secondo tali previsioni, la retroattività sarebbe subordinata ad un accertamento della natura alimentare dell'assegno divorzile e non potrebbe essere automaticamente applicata direttamente nel dispositivo.
20.2.- Le censure sono entrambe infondate alla luce della recentissima giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte che con la sentenza n. 32914/2022 hanno affermato il principio secondo cui "In tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio - nella sentenza di primo o secondo grado - l' insussistenza "ab origine", in capo all'avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorchè è riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della "condictio indebiti" che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto "ex tunc" delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell'ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica".
20.3.- Nel caso di specie è pacifico che l'assegno divorzile non sia destinato a soddisfare esigenze assistenziali della sig.ra A.A. non potendosi ricadere in una delle due eccezioni di irripetibilità della debenza ed è altrettanto pacifico che non vi sia stata una rivalutazione ex tunc delle condizioni patrimoniali del sig. B.B..
20.4.- Pertanto nel caso di specie opera il principio della condictio indebiti con conseguente ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno divorzile. 20.5.- Era dunque obbligo del giudice, una volta accertato e motivato circa la non spettanza dell'assegno divorzile, far retroagire gli effetti della sentenza alla dichiarazione sullo status dei coniugi e conseguentemente il settimo motivo di ricorso è infondato. 20.6.- Non sussiste, dunque, il vizio di ultrapetizione e la mancanza di motivazione, avendo il giudice semplicemente applicato il diritto vivente.
21.- In conclusione il ricorso va respinto e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
22.- Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 3.000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15 % per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 , art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52. Conclusione Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 febbraio 2023. Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2023
One LEGALE
Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 20/02/2023) 23/03/2023, n. 8283
DIVORZIO › Assegno di divorzio
SPESE GIUDIZIALI CIVILI
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco - Presidente -
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. - Consigliere -
Dott. DI MARZIO Mauro - Consigliere -
Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -
Dott. CASADONTE Annamaria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7148-2020 proposto da:
A.A. (Omissis), elettivamente domiciliato in Napoli, Via Toledo, 256, presso lo studio dell'avvocato
Giorgio Parlato, che lo rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
B.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via Enrico Tazzoli 6, presso lo studio dell'avvocato Lorenzo
De Sanctis, che lo rappresenta e difende;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 7684/2019 della Corte d'appello di Roma, depositata il 11/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2023 dalla consigliera
Annamaria Casadonte.
Svolgimento del processo
1.- B.B. e A.A. contraevano matrimonio in data (Omissis) e dalla loro unione nascevano due figlie C.C. nel
(Omissis) e D.D. nel (Omissis).
2.- A seguito di separazione consensuale, omologata nel mese di giugno 2010, il sig. B.B. adiva il
Tribunale di Roma per ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio con ricorso depositato il
30 settembre 2013.
3.- Contestualmente chiedeva che nessun onere di mantenimento venisse disposto a favore della sig.ra
A.A., a favore della quale in sede di separazione era stato stabilito l' importo di Euro 4.000,00, nonchè la
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determinazione del mantenimento delle figlie nell' importo complessivo di Euro 6.000,00 mensili oltre il
50% delle spese straordinarie.
4.- La sig.ra A.A., costituitasi in giudizio, chiedeva un assegno divorzile per un importo complessivo di
Euro 8.000,00 mensili e che il mantenimento della prole fosse dichiarato per una somma pari ad Euro
6.000,00 mensili oltre spese straordinarie per ognuna delle figlie, nonchè che fosse mantenuto l'obbligo
per l'ex marito di provvedere al pagamento dello stipendio di una collaboratrice domestica (per Euro
1200,00) e di una persona di fiducia per accompagnare le figlie a scuola (per Euro 600,00).
5.- La sig.ra A.A. chiedeva, inoltre, la condanna dell'ex marito al risarcimento dei danni causati alle figlie
per il suo repentino allontanamento dalle medesime ai sensi dell'art. 709 ter, c.p.c. 6.- Il Tribunale di
Roma con sentenza n. 9254 del 2017 disponeva l'assegno divorzile, calcolato nell'ammontare di Euro
2.500,00 mensili e determinava in Euro 3.500,00 l'assegno mensile a carico del sig. B.B. da disporre a
favore di ciascuna delle figlie (la minore affidata in forma condivisa ed entrambe abitanti con la madre,
assegnataria della casa familiare) oltre al 75% delle spese straordinarie.
7.- Il sig. B.B. gravava la predetta sentenza censurando l'esorbitanza degli assegni riconosciuti in favore
della moglie e delle figlie, nonchè l'omessa pronuncia sull' istanza di assegnare le spese della casa di
famiglia in capo alla ex moglie.
8.- Si costituiva in appello la sig.ra A.A. proponendo appello incidentale per l'accoglimento della
domanda di condanna dell'appellante al risarcimento dei danni conseguenti all' interruzione della
frequentazione delle figlie per una somma pari ad Euro 150.000,00.
9.- Con sentenza pubblicata in data 11 dicembre 2019, la Corte d'appello di Roma riformava la pronuncia
gravata, rigettando la domanda di assegno divorzile e revocando quello riconosciuto a far data dal
passaggio in giudicato della sentenza sullo "status", nonchè rigettando le ulteriori istanze formulate
dalla convenuta, condannata infine al pagamento delle spese di lite.
10.- Per quanto qui rileva, la corte territoriale rigettava la domanda dell'assegno divorzile dopo attenta
comparazione dei redditi di entrambi gli ex coniugi. La corte territoriale accertava in sintesi come a
fronte di un reddito mensile di 21.677,00 del sig. B.B., di professione notaio in (Omissis), corrispondesse
la disponibilità a favore della sig.ra A.A., per effetto delle intestazioni immobiliari e delle partecipazioni
azionarie nella società di famiglia, di un importo mensile fra Euro 7.000,00/8.000,00.
11.- Alla luce di ciò la corte territoriale escludeva, in conformità ai principi ermeneutici espressi dalla
Corte di cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 18278/2018, la ravvisabilità di un assegno divorzile
a fini assistenziali. La corte di merito ha poi escluso, pur a fronte dell'oggettiva differenza fra i redditi
degli ex coniugi, che la sig.ra A.A. abbia dimostrato i requisiti per l'attribuzione di un assegno divorzile
con funzione compensativa e perequativa, in difetto di prova, da parte della medesima, di alcun
sacrificio delle proprie aspettative professionali.
12.- Con riguardo alla diversa questione del risarcimento dei danni richiesto dalla sig.ra A.A. per sè e
per le figlie la domanda veniva rigettata anche in appello in quanto il padre era sempre stato
adempiente agli obblighi di mantenimento e l'allontanamento era ritenuto riconducibile
esclusivamente alle differenze caratteriali tra padre e figlie, acuite dall'età adolescenziale delle figlie,
senza che fosse stata accertata alcuna intenzione del padre di volerle allontanare da sè.
13.- Avverso la predetta sentenza la sig.ra A.A. ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 14
febbraio 2020, affidato a otto motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il sig. B.B., pure
illustrato da memoria.
Motivi della decisione
14.- Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza d'appello, in relazione all'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3, per violazione dell'art. 709 ter, c.p.c. per aver rigettato la domanda di condanna al
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risarcimento dei danni in ragione della ritenuta non volontarietà della condotta di interruzione totale
dei rapporti di frequentazione con le due figlie.
14.1.- Secondo la ricorrente era stata erroneamente esclusa la responsabilità del sig. B.B., mentre essa
doveva essere ritenuta a prescindere dall'elemento soggettivo, dovendo rilevare di per sè il mancato
adempimento degli obblighi posti in capo ai coniugi, nel caso di specie rimasti inadempiuti dal
controricorrente relativamente al diritto di visita.
15.- Il secondo ed il terzo motivo sono volti a censurare il medesimo capo della sentenza relativo al
rigetto della domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c. per aver il giudice omesso l'esame di
fatti rilevanti oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
15.1.- Si sottolinea come il giudice del merito non abbia correttamente valutato nè dato conto in
motivazione dei risultati dell'audizione delle figlie, avvenuta in data 29 ottobre 2014, nè, tantomeno,
delle e-mail prodotte nel corso del giudizio d'appello, circostanze che sarebbero in grado di dimostrare
il mancato adempimento degli obblighi posti in capo al sig. B.B. in sede di separazione, per
intenzionalità a lui imputabile.
16.- I tre motivi essendo volti a censurare il medesimo capo della pronuncia impugnata devono essere
esaminati congiuntamente.
16.1.-L'art. 709 ter, c.p.c., nel testo ratione temporis applicabile - ed ora trasfuso con modifiche nell'art.
473-bis.39 c.p.c. a seguito del D.Lgs. n. 149/2022 (a decorrere dal 28/2/2023 ed applicabile ai
procedimenti instaurati successivamente a tale data) - stabiliva nella parte che qui rileva: " In caso di
gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto
svolgimento delle modalità dell'affidamento, (il giudice) può modificare i provvedimenti in vigore e
può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei
danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni a
carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per
ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento
del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o
inosservanza ai sensi dell'art. 614 bis; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una
sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 Euro a un massimo di 5.000 Euro a favore della
Cassa delle ammende" tale che il provvedimento richiesto dall'odierna ricorrente attiene al numero 3 di
tale disposizione.
16.2.- La norma prevede un rimedio di natura risarcitoria per i danni arrecati dal genitore alla prole con
condotte inadempienti agli obblighi imposti in sede di separazione in relazione all'esercizio della
responsabilità genitoriale nonchè di natura sanzionatoria volta alla coercizione del genitore
inadempiente all'assolvimento degli obblighi imposti in sede di separazione e divorzio 16.3.- Le misure
sanzionatorie previste dall'art. 709-ter c.p.c., sono suscettibili di essere applicate dal giudice nei
confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze e di atti "che comunque arrechino
pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento"; esse,
tuttavia, non presuppongono l'accertamento in concreto di un pregiudizio subito dal minore, poichè
l'uso della congiunzione disgiuntiva "od" evidenzia che l'avere ostacolato il corretto svolgimento delle
prescrizioni giudiziali è un fatto che giustifica di per sè l' irrogazione della condanna, coerentemente
con la funzione deterrente e sanzionatoria intrinseca alla norma richiamata (così Cass. 16980/2018; id.
37899/2022).
16.4.- Nel caso di specie il giudice ha ritenuto, alla stregua di quanto allegato in atti ed emerso in sede
di ascolto delle figlie, che nella condotta rappresentata non siano ravvisabili inadempienze
inquadrabili come comportamenti volontari di allontanamento del padre nei confronti delle figlie al
fine di danneggiarle o di pregiudicarne l' interesse, quanto, piuttosto, difficoltà relazionali dovute a
differenze caratteriali, acuite dall'età adolescenziale delle figlie (cfr. pag.11 della sentenza).
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16.5.-Ciò posto, non vi è stata da parte del giudice del merito un'errata interpretazione dell'art. 709 ter
c.p.c. sotto il profilo della erronea statuizione della necessaria natura soggettiva, piuttosto che
meramente oggettiva, della condotta inadempiente, ma una qualificazione complessiva della condotta
del padre rispetto alla funzione genitoriale che ha portato il giudice d'appello ad escludere la
sussistenza dei presupposti dell'invocata sanzione risarcitoria.
16.6.- Tale ricostruzione non risulta smentita dalle trascritte e-mail, ove non si dà conto di specifiche
condotte giuridicamente rilevanti quali atteggiamento di rifiuto del padre di incontrare le figlie, ma di
difficoltà relazionali che hanno caratterizzato le persone coinvolte nella vicenda separativa in oggetto.
16.7.- Si tratta, quindi, di una valutazione di merito, svolta dal giudice competente e non suscettibile di
riesame nei termini formulati in sede di legittimità.
17.- Con il quarto motivo si deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'omesso esame dei fatti
risultanti dalle e-mail depositate nel giudizio di appello ed attestanti il rifiuto in linea di principio del
sig. B.B. di contribuire alle spese straordinarie delle figlie per dichiarati problemi economici. Assume la
ricorrente che in tal modo la corte del merito avrebbe omesso di accertare le responsabilità del padre
per la totale interruzione dei rapporti di frequentazione di entrambe le figlie.
17.1.-La censura è inammissibile perchè la circostanza del rifiuto del padre di contribuire alle spese
straordinarie quale inadempimento rilevante ai fini dell'accoglimento della domanda di sanzione ex art.
709 ter c.p.c. è nuova rispetto alle conclusioni formulate dalla sig. A.A., così come riportate dalla
sentenza impugnata (cfr. pag. 3 della sentenza), nè la stessa ricorrente ha specificato dove aveva in
precedenza formulato la prospettazione svolta con il ricorso per cassazione (cfr. Cass. 1435/2013;
id.27568/2017).
18.- Con il quinto motivo si censura il capo della sentenza dove il giudice si pronuncia sull'assegno
divorzile affermando che tale statuizione avrebbe violato la L. n. 898 del 1970, art. 5, per come
interpretato alla luce della giurisprudenza di questa Corte inaugurata con la pronuncia 18287/2018, ai
sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
18.1.- In particolare la sig.ra A.A. sostiene che la funzione compensativa-perequativa dell'assegno, che
come affermato dalla Corte è volta a reintegrare uno dei coniugi in ragione dei sacrifici fatti per la
coppia e la famiglia, debba essere riferita non solo ai sacrifici professionali e/o lavorativi, come
argomentato dal giudice del merito, ma vada esteso a qualsivoglia sacrificio che comporti per il
coniuge leso il versare in una situazione economica peggiore rispetto a quelle di cui avrebbe goduto in
assenza dei sacrifici fatti per il proprio nucleo familiare.
18.2.- La ricorrente ritiene che, i maggiori oneri a lei attribuiti in relazione al mantenimento della casa
familiare ed in ragione dell'allontanamento del padre dalla vita delle figlie, abbiano comportato
sacrifici meritevoli di essere compensati mediante assegno divorzile.
18.3.- La censura è inammissibile per la genericità della doglianza. 18.4.- La ricorrente assume, infatti, di
essersi fatta carico di ingenti costi che avrebbero dovuto essere considerati nell'applicazione dei
principi affermati dalle Sezioni Unite della Corte con l'orientamento giurisprudenziale inaugurato con la
sentenza n. 18287/2018, ma non ne fornisce alcuna specificazione adducendo pertanto una generica
violazione del criterio compensativo-perequativo.
19.- Con il sesto motivo l'odierna ricorrente censura la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. per
avere la sentenza impugnata obliterato gli accordi tra i coniugi relativi al pagamento dello stipendio
della domestica e dell'accompagnatore delle figlie, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
19.1.- Si sostiene che tali contratti siano del tutto indipendenti dai procedimenti giudiziali di
separazione e divorzio e che nel collegarli all' iter giudiziario il giudice abbia violato i sopracitati articoli
non avendo svolto un'accurata ricognizione della volontà delle parti.
19.2.- Il motivo è infondato in quanto, come correttamente rilevato nelle osservazioni del controricorrente, tali accordi hanno ragione di esistere durante la separazione e cessano di avere
efficacia con la sentenza di divorzio, con la quale nell'ambito dell'esame delle rispettive condizioni
economiche delle parti, il giudice del merito ha ritenuto di non ravvisare gli estremi per il
riconoscimento a favore della sig.ra A.A. di un assegno divorzile.
20.- Con il settimo e con l'ottavo motivo si censura la sentenza nella parte che ha disconosciuto l'assegno divorzile con efficacia dal momento della prima pronuncia sullo "status" dei coniugi, ai sensi
dell'art. 360, comma 1, nn. 3,4 e 5, c.p.c. Secondo la ricorrente la corte territoriale avrebbe revocato retroattivamente l'assegno senza che fosse posta specifica domanda da parte dell'appellante ed in
assenza di motivazione.
20.1.- In subordine, si censura che tale pronunciata irretroattività sia in violazione degli artt. 447 e 545, c.c. in quanto, secondo tali previsioni, la retroattività sarebbe subordinata ad un accertamento della natura alimentare dell'assegno divorzile e non potrebbe essere automaticamente applicata direttamente nel dispositivo.
20.2.- Le censure sono entrambe infondate alla luce della recentissima giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte che con la sentenza n. 32914/2022 hanno affermato il principio secondo cui "In tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio - nella sentenza di primo o secondo grado - l' insussistenza "ab origine", in capo all'avente diritto, dei
presupposti per il versamento del contributo, ancorchè è riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della "condictio indebiti" che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto "ex tunc" delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell'ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica".
20.3.- Nel caso di specie è pacifico che l'assegno divorzile non sia destinato a soddisfare esigenze assistenziali della sig.ra A.A. non potendosi ricadere in una delle due eccezioni di irripetibilità della
debenza ed è altrettanto pacifico che non vi sia stata una rivalutazione ex tunc delle condizioni patrimoniali del sig. B.B..
20.4.- Pertanto nel caso di specie opera il principio della condictio indebiti con conseguente ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno divorzile.
20.5.- Era dunque obbligo del giudice, una volta accertato e motivato circa la non spettanza dell'assegno divorzile, far retroagire gli effetti della sentenza alla dichiarazione sullo status dei coniugi e conseguentemente il settimo motivo di ricorso è infondato.
20.6.- Non sussiste, dunque, il vizio di ultrapetizione e la mancanza di motivazione, avendo il giudice semplicemente applicato il diritto vivente.
21.- In conclusione il ricorso va respinto e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura
liquidata in dispositivo.
22.- Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115,
art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 3.000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15 % per
rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 , art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2023