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Firma elettronica irregolare non significa inesistente (Cass. 34784/24)

16 settembre 2024, Cassazione penale

Una sottoscrizione digitale esistente, ma irregolare, non è sottoscrizione mancante: ricorso ammissibile.

Corte di cassazione

sez.IV, ud.10 settembre 2024 (dep. 16 settembre 2024), n. 34784

Presidente Ciampi - Relatore Vignale

Ritenuto in fatto

1. L'Avv. M.Z., difensore di fiducia e procuratore speciale di A.A., ricorre per Cassazione contro l'ordinanza pronunciata dalla Corte di appello di Firenze il 26 aprile 2024, con la quale è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso per Cassazione che il medesimo difensore aveva proposto nell'interesse della A.A. contro la sentenza pronunciata il 7 dicembre 2023 dalla Corte di appello di Firenze. Con questa sentenza la Corte di appello ha riformato quella emessa dal Tribunale di Firenze il 20 febbraio 2020 (che aveva assolto l'imputata «perché il fatto non costituisce reato») e ha dichiarato la penale responsabilità della A.A. per il reato di cui all'art. 590 bis cod. pen. commesso in (OMISSIS) il (OMISSIS) in danno di D.L., costituitasi parte civile in giudizio. Il termine per il deposito dei motivi è stato indicato in novanta giorni, la sentenza di condanna è stata depositata il 1° febbraio 2024 e il ricorso per Cassazione dichiarato inammissibile è stato proposto il (OMISSIS), entro i termini previsti dall'art. 585, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.

Il ricorso proposto contro la sentenza di condanna, depositato a mezzo PEC presso la cancelleria della Corte di appello di Firenze, è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 24, comma 6 bis e comma 6 sexies, lett. a) del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176) perché non firmato digitalmente dal difensore.

Va subito detto che alla data del 17 aprile 2024 l'art. 24 del d.l. n. 137/2020 non era più in vigore e lo era, invece, l'art. 87 bis del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ma l'inesattezza del riferimento normativo contenuto nell'ordinanza che ha dichiarato inammissibile il ricorso è ininfluente atteso che, per quanto rileva in questa sede, i commi 3 e 7 lett. a) dell'art. 87 bis d.lgs. n. 150/2022 hanno il medesimo contenuto dei commi 6 bis e 6 sexies lett. a) dell'art. 24 d.l. n. 137/2020.

2. Col primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell'art. 24 comma 6 sexies lett. a) d.l. n. 137/2020 [rectius: art. 87 bis, comma 7, lett. a), d.lgs. n. 150/2022] quanto alla ritenuta assenza della sottoscrizione digitale del ricorso proposto contro la sentenza di condanna. Sostiene, infatti: che il file contenente l'atto di impugnazione fu redatto in formato pdf e sottoscritto con firma PAdES utilizzando il software "Arubasign"; che all'esito della procedura di firma fu regolarmente generato un documento pdf col suffisso “signed"; che tale documento, unitamente al mandato ad impugnare ex art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. (anch'esso sottoscritto digitalmente), fu inviato alla cancelleria della Corte di appello a mezzo PEC; che la PEC fu regolarmente ricevuta dalla cancelleria competente e tuttavia negli allegati era leggibile la firma digitale relativa alla procura, ma non quella relativa al ricorso.

Secondo il difensore, la circostanza che la firma digitale compaia nel documento generato dal sistema (che infatti reca l'estensione "__signed.pdf"), ma non sia visualizzabile nel documento pervenuto in cancelleria, rende evidente che vi è stato un malfuzionamento del software, sicché non può dirsi che la firma sia mancante e il ricorso non avrebbe potuto essere dichiarato inammissibile.

2.1. Col secondo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 177 e 591 cod. proc. pen. e dell'art. 24, comma 6 sexies, lett. a), d.l. n. 137/2020 per essere stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso «fuori dei casi tipicamente previsti». Il difensore osserva che, ai sensi dell'art. 24, comma 6 sexies, lett. a), d.l. n. 137/2020 (ma l'argomento vale anche con riferimento all'art. 87 bis, comma 7, lett. a), d.lgs. n. 150/2022 oggi vigente) l'atto di impugnazione è inammissibile esclusivamente nel caso in cui la sottoscrizione digitale sia mancante, non anche in caso di sottoscrizione invalida o irregolare, e cita a sostegno la sentenza Sez.3, n. 10470 del 07/03/2024 (non massimata) che ha affermato questo principio in un caso analogo a quello in esame. Il difensore ricorda inoltre che, secondo le Sezioni Unite civili, «Se privo dell'apposizione della firma digitale, il ricorso per cassazione in forma di documento informatico è affetto da un vizio di nullità, che è sanabile per raggiungimento dello scopo ogni qualvolta possa desumersi la paternità certa dell'atto processuale da elementi qualificanti univoci» e tale è stata ritenuta «la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell'Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE» (Sez. U, n. 6477 del 12/03/2024, Rv. 670581 - 01).

3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e la fissazione per la trattazione del ricorso dichiarato inammissibile.

Secondo il PG, la documentazione prodotta dal ricorrente consente di sostenere che il ricorso proposto contro la sentenza di condanna sia stato sottoscritto digitalmente, ma vi sia nella sottoscrizione una irregolarità che non consente di verificarne l'esistenza. Rileverebbero in tal senso: le fotografie dell'ultima pagina del ricorso e della procura speciale come vengono lette dal computer del difensore, atteso che nelle stesse compare il logo della firma digitale; la mail di trasmissione del ricorso, dalla quale si evince che entrambi i file ad essa allegati recavano l'estensione "_signed.pdf"; il contenuto di una consulenza tecnica di parte, secondo la quale la firma digitale presente nel file «A.A. (OMISSIS)_signed.pdf» conterrebbe una firma digitale della quale il sistema non può verificare la regolarità. Muovendo da queste premesse il PG sostiene che, nel caso in esame, può trovare applicazione il principio affermato dalla Terza Sezione penale di questa Corte con la sentenza n. 10470 del 7 marzo 2024 (non massimata) secondo la quale il mancato riconoscimento della sottoscrizione digitale da parte del sistema "Arubasign" non è causa di inammissibilità del ricorso perché tale inammissibilità consegue solo alla mancanza della sottoscrizione digitale e non al mancato riconoscimento o alla irregolarità della stessa. Secondo il PG, a ciò deve aggiungersi che, nel caso di specie, non è controversa la provenienza dell'atto di impugnazione dall'indirizzo di posta certificata del difensore di fiducia dell'imputata sicché possono trovare applicazione i principi affermati dalle Sezioni Unite civili con la sentenza n. 6477 del 12/03/2024, citata dalla difesa.

Considerato in diritto

1. Il ricorso merita accoglimento.

2. Dall'esame degli atti del procedimento - necessario e possibile in ragione del vizio dedotto - risulta:

- che il l'atto di impugnazione dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello di Firenze è stato inviato all'indirizzo di posta elettronica certificata (OMISSIS) alle ore 11.32 del (OMISSIS);

- che l'atto proveniva dall'indirizzo di posta elettronica certificata (OMISSIS):

- che la PEC conteneva due allegati così denominati: «A.A. procura speciale_signed.pdf» e «A.A. (OMISSIS)_signed.pdf» e fu regolarmente ricevuto dall'ufficio di destinazione il quale, infatti, alle ore 15:25 del (OMISSIS) invitò il difensore ad inviare o consegnare le copie cartacee ai sensi dell'art. 164 disp. att. cod. proc. pen.

- che la verifica dell'esistenza della firma digitale ebbe esito negativo e certificò che nessuna firma era presente nell'atto di ricorso, denominato «A.A. (OMISSIS)_signed.pdf».

3. Come si è detto nell'esporre i fatti posti alla base del presente ricorso, a far data del 31 dicembre 2022, il quadro normativo cui si deve fare riferimento non è più rappresentato dall' art. 24 d.l. n. 137/2020 (citato nell'ordinanza impugnata e nei motivi di ricorso), ma dall'art. 87 bis d.lgs. n. 150/2022 che, a tutt'oggi, consente il deposito con valore legale di atti, documenti e istanze «mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011 n. 44», purché effettuato presso gli uffici di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari destinatari indicati in apposito provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia.

L'art. 87 bis d.lgs. 150/2022 stabilisce:

- al comma 3, che, quando il deposito ha ad oggetto un'impugnazione (come avvenuto nel caso di specie), l'atto «in forma di documento informatico» deve essere «sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati» e deve contenere «la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale»;

- al comma 4, che l'atto di impugnazione deve essere trasmesso tramite posta elettronica certificata dall'Indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 1, «con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate»;

- al comma 7, che, fermo restando quanto previsto dall'art. 591 cod. proc. pen., nel caso di proposizione dell'atto a mezzo PEC l'impugnazione è inammissibile, tra l'altro (e per quanto qui rileva), «quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore».

3.1. In attuazione del art. 34, comma 1, del decreto del Ministro della giustizia n. 44 del 21 febbraio 2011 («Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione...»), il Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia ha emesso due successivi provvedimenti in data 16 aprile 2014 e 28 dicembre 2015 il cui testo coordinato è stato pubblicato il 28 dicembre 2015. Questo testo stabilisce all'art. 19 bis che, quando un documento informatico proveniente da un difensore è sottoscritto con firma digitale, «sì applica quanto previsto all'art. 12, comma 2». L'art. 12, comma 2, stabilisce quanto segue: «La struttura del documento firmato è PAdES- BES (o PAdES Part 3) o CAdESBES; // certificato di firma è inserito nella busta crittografica; è fatto divieto di inserire nella busta crittografica le informazioni di revoca riguardanti il certificato del firmatario. La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo "firme multiple indipendenti" o parallele, e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L'ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un'alterazione dell'ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; nel caso del formato CAdES il file generato si presenta con un'unica estensione p7m.

Il meccanismo qui descritto è valido sia per l'apposizione di una firma singola che per l'apposizione di firme multiple».

In data 9 novembre 2020 è stato pubblicato un ulteriore Provvedimento del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia che contiene: l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio. Questo provvedimento ha previsto, all'art. 3, comma 1: «L'atto del procedimento in forma di documento informatico, da depositare attraverso il servizio di posta elettronica certificata presso gli uffici giudiziari indicati nell'art. 2, rispetta i seguenti requisiti: è in formato PDF; è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata».

4. In ossequio al principio di tassatività delle cause di inammissibilità dell'impugnazione, la giurisprudenza di questa Corte ha considerato l'art. 24, comma 6 sexies, lett. a), d.l. n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176/2020 come una norma di stretta interpretazione. Muovendo da queste premesse si è affermato che la causa di inammissibilità ivi prevista può essere applicata «ai soli casi nei quali il deposito dell'atto di impugnazione avvenga senza la sottoscrizione del difensore - vale a dire in sua mancanza - e non può estendersi alle ipotesi di mera irregolarità della sottoscrizione che non ne determinino la [...] "assenza" o "carenza"» (così, testualmente, Sez. 5, n. 22992 del 28/04/2022, Truzzi, Rv. 283399, pag. 5 della motivazione; nello stesso senso Sez. 6, n. 40540 del 28/10/2021, Calderone, Rv. 282306; Sez. 5, n. 24953 del 10/5/2021, Garcia Genesis De Iesus, Rv. 282814). Tale regola interpretativa opera certamente anche per la causa di inammissibilità prevista dall'art. 87 bis, comma 7, lett. a), d.lgs. n. 150/2022).

Fa riferimento al principio di tassatività delle cause di inammissibilità dell'impugnazione la sentenza Sez. 2, n. 32627 del 15/06/2022, Moliterni, Rv. 283844. Vi si legge, infatti (pag. 5 della motivazione) che « All'unica ragione d'inammissibilità legislativamente prevista, costituita dalla mancanza, nell'atto, della sottoscrizione digitale (e dunque, giusta il Provvedimento DGSIA, della firma digitale, ma anche di una firma elettronica qualificata), può bensì equipararsi [...] l'apposizione di una sottoscrizione invalida, dal momento che l'invalidità della sottoscrizione digitale impedisce di risalire alla paternità dell'atto» e, tuttavia, «poiché diverse sono (tra le sottoscrizioni) le firme digitali tecnicamente possibili ed effettivamente sviluppate, la validità della firma digitale deve essere apprezzata in funzione delle sue caratteristiche astratte di struttura - siccome codificate nell'art. 1, lett. s), D.Lgs. n. 82 del 2005, a termini del quale la firma digitale è "un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare di firma elettronica [per il] tramite [del]la chiave privata e a un soggetto terzo [per il] tramite [del]la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici" - e non già in funzione delle impostazioni (che possono dipendere anche da meri aggiornamenti) del singolo "software" impiegato per generare una specifica firma digitale o per verificarla». Muovendo da queste considerazioni, la sentenza n. 32627 del 15/06/2022 ha affermato (pag. 7) che «il "software" impiegato per condurre l'operazione di verifica non deve contenere restrizioni selettive in funzione delle caratteristiche del "software" di generazione della firma» e ha concluso che, nel caso sottoposto alla sua attenzione, la causa di inammissibilità prevista dalla legge non poteva ritenersi sussistente perché il rapporto di verifica non aveva affatto restituito un messaggio di mancata sottoscrizione digitale, ma, al contrario, aveva attestato l'avvenuta sottoscrizione digitale dell'atto «in formato Pades-bes» e «con "firma integra"»; una firma che era stata classificata "non valida" perché - come attestato dall'assistente giudiziario - l'atto non risultava «firmato digitalmente mediante l'utilizzazione del 'software'Aruba Sig[n]».

Principi analoghi si rinvengono nella sentenza Sez. 1, n. 2784 del 20/12/2021, dep. 2022, Khaffou, Rv. 282490, secondo la quale non può costituire causa d'inammissibilità dell'impugnazione «la mancata rilevazione, da parte del programma informatico in dotazione dell'ufficio giudiziario, della firma digitale apposta dal difensore con il sistema CAdES sull'atto in formato "pdf" trasmesso a mezzo p.e.c.» (Sez. 1, n. 2784 del 20/12/2021, dep. 2022, Khaffou, Rv. 282490).

Anche nel caso esaminato dalla citata sentenza Sez. 5, n. 22992 del 28/04/2022, Truzzi, Rv. 283399 il sistema di verifica della sottoscrizione digitale non ne aveva rilevato la mancanza. In questa sentenza si legge, infatti, (pag. 8 della motivazione) che l'impugnazione, proveniente da casella di posta PEC certificata del difensore, non era priva della firma digitale, ma recava una sottoscrizione digitale "non valida" - e dunque irregolare - «perché segnalata dal software di controllo con la dicitura "il formato della firma non rispetta la decisione UÈ 2015/1506; la firma non è aderente allo standard PAdES Baseline Pro file richiesto dalla normativa europea (uso di sub filter diverso da Etsi.CAdES.detached.) Il certificato non è attendibile. Il certificato non rispetta le raccomandazioni a livello comunitario per i servizi fiduciari: algoritmo di hash SHAI. il certificato utilizzato non è certificato di firma digitale"».

4.1. Ben diverso è il caso oggetto del presente ricorso.

In questo caso, infatti, la sottoscrizione non risulta apposta in formato CAdES atteso che il file generato non presenta l'estensione «p7m» (sull'argomento: Sez. 4, n. 43976 del 26/09/2023, Colancecchi, Rv. 285483; Sez. 6, n. 19273 del 20/04/2022, Sun Lianzhou, Rv. 283160 e Sez. 1, n. 2784 del 20/12/2021 già citata); ma non risulta apposta neppure in formato PAdES perché, secondo il software di verifica, il file «A.A. (OMISSIS)_signed.pdf» è un «file non firmato».

In altri termini, nel caso in esame, il sistema di controllo non ha rilevato una anomalia nella sottoscrizione digitale né ha attestato che la sottoscrizione, pur esistente, non era verificata o verificabile. Ha attestato, invece, che il file contenente l'atto di ricorso non era firmato.

Si deve valutare, allora, se tale certificazione possa essere considerata frutto di un errore del sistema che ha generato l'atto o del sistema di verifica e se, nel caso di specie, si sia in presenza di una sottoscrizione esistente, ma irregolare, o di una sottoscrizione mancante.

5. La possibilità di ritenere esistente una sottoscrizione digitale non riconosciuta dal sistema di verifica è stata ammessa dalla sentenza Sez.3, n. 10470 del 07/03/2024 (non massimata) citata dal ricorrente.

A pag. 3 della motivazione, questa sentenza afferma che «in ragione del principio del favor impugnationis, la causa di inammissibilità dell'impugnazione di cui alla lett. a) dell'art. 24, comma 6 sexies, d.l. n. 137 del 2020 [...], ricorre solo quando deve escludersi che l'atto di impugnazione sia stato sottoscritto digitalmente, mentre è indifferente il sistema prescelto per effettuare la sottoscrizione digitale, se la stessa sia stata apposta». La sentenza prende atto che, nel caso esaminato, la firma non era stata riconosciuta dal sistema di controllo, ma sostiene che, in concreto, la sottoscrizione digitale era «stata apposta» sull'atto di impugnazione e lo desume dalla documentazione allegata al ricorso. Riferisce infatti che, da una verifica eseguita «attraverso l'applicazione "InfoCert Tinexta Group Dike Go Sign", riconosciuta dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AGID) quale software in grado di elaborare files firmati in modo conforme alla deliberazione del Centro Nazionale per l'informatica della Pubblica Amministrazione (CNIPA) del 21 maggio 2009, n. 45», era emerso che il «pdf nativo» dell'atto di impugnazione era stato digitalmente sottoscritto (così, testualmente, pag. 3 della sentenza). In sintesi: la sentenza n. 10470 del 07/03/2024 ha annullato l'ordinanza che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione perché, a fronte di documentazione dalla quale risultava che la sottoscrizione digitale era stata apposta, in quella ordinanza non era dato rinvenire «una motivazione utile ad escludere» che ciò fosse avvenuto. Quella ordinanza, infatti - si legge nella motivazione della sentenza (pag. 4) - valorizzava «esclusivamente [...] il mancato riconoscimento da parte del sistema, a seguito di verifica eseguita mediante il software "Aruba Sign" in dotazione alla cancelleria, della sottoscrizione apposta al ricorso dichiarato inammissibile».

6. Nel caso oggetto del presente giudizio il difensore sostiene che il ricorso proposto contro la sentenza di condanna della Corte di appello era stato sottoscritto digitalmente in formato PAdES, cosi come era stato sottoscritto digitalmente, nel medesimo formato, il mandato ad impugnare rilasciato dalla A.A., che fu allegato alla PEC del 17 aprile 2014 unitamente al ricorso.

A sostegno di tale affermazione, produce:

- le fotografie dell'ultima pagina dei documenti allegati alla PEC del (OMISSIS) nei quali compare il logo della firma digitale;

- la fotografia dello schermo del computer della cancelleria della Corte di appello di Firenze nella quale, al posto dello spazio destinato al logo della firma digitale, è visibile un quadrato azzurro;

- una consulenza tecnica, basata sull'esame di queste fotografie, secondo la quale dalle stesse potrebbe desumersi che «il file "A.A. (OMISSIS)_signed.pdf" è stato generato portando a termine correttamente la procedura del software Arubasign e anche da un controllo visivo risulta firmato, ma i relativi certificati non risultano verificabili». Secondo il consulente, in questo caso, anche se il software di controllo ha attestato l'inesistenza della firma, si tratterebbe in realtà di una firma i cui «certificati non risultano verificabili». Non si potrebbe parlare, dunque, di un documento non sottoscritto digitalmente, «bensì di un documento la cui firma digitale, seppur presente, non risulta verificabile e pertanto può definirsi irregolare».

6.1. La circostanza che sulle fotografie dell'ultima pagina dei documenti allegati alla PEC del (OMISSIS) sia visibile il logo della firma digitale non è di per sé idonea ad attestare che quei documenti siano stati sottoscritti digitalmente, e neppure è idonea a dimostrare chi abbia apposto la firma né se la stessa fosse valida al momento dell'apposizione. La verifica di esistenza e validità della sottoscrizione digitale, infatti, può essere effettuata solo con gli appositi software di firma.

Neppure appare idonea ad attestare la presenza di una firma digitale la circostanza (cui si fa riferimento nella consulenza) che nel nome del documento compaia, l'estensione "_signed.pdf". Nel salvare un documento in formato pdf, infatti, l'autore può inserire nel nome assegnato al file i caratteri "signed" a prescindere dal fatto che quel file contenga una firma digitale.

Si deve osservare, tuttavia, che, come risulta con chiarezza dall'esame degli atti e dalla consulenza tecnica allegata al ricorso, l'affermazione contenuta nell'ordinanza impugnata - secondo la quale «il ricorso per cassazione e l'annessa procura non sono firmati digitalmente» - non è corretta per quanto riguarda il file «A.A. procura speciale_ signed.pdf». La mancanza della firma digitale, infatti, è stata attestata solo per quanto riguarda il file pdf contenente l'atto di ricorso, ma dagli atti non emerge che il mandato ad impugnare allegato alla PEC del 17 aprile 2014 unitamente al ricorso contro la sentenza di condanna, fosse «non firmato».

Si tratta di una circostanza non priva di significato. Sarebbe singolare, infatti, che, avendo sottoscritto digitalmente il mandato ad impugnare, il difensore abbia poi omesso di sottoscrivere il ricorso proposto in forza di quel mandato e tale circostanza, unitamente alla documentata presenza del logo contenente la firma digitale nei documenti visualizzati sul computer del difensore, consente di ritenere verosimile un errore del sistema che ha certificato come «non firmato» il file «A.A. (OMISSIS)_signed.pdf». Rileva in tal senso la circostanza che la mail cui erano allegati il ricorso e il mandato ad impugnare proveniva dall'Indirizzo di posta certificata dell'avv. M.Z., difensore di fiducia di A.A., e depone nel medesimo senso la constatazione che la firma digitale apposta in calce alla procura speciale allegata alla mail è certamente riferibile all'avv. M.Z. sicché non v'è ragione di supporre che non sia attribuibile a lui anche l'atto di ricorso.

In sintesi: il quadro indiziario fornito dalla difesa è idoneo a porre in dubbio l'effettiva mancanza della sottoscrizione digitale. Di conseguenza non è certo che la causa di inammissibilità prevista dall'art. 87 bis, comma 7, lett. a), d.lgs. n. 150/2022 si sia verificata. In tale situazione, il principio del "favor impugnationis" impone l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza che ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso contro la sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello di Firenze in data 7 dicembre 2023 e ha contestualmente disposto l'esecutività della sentenza stessa.

7. All'annullamento dell'ordinanza dichiarativa della inammissibilità consegue la revoca della dichiarazione di esecutività della sentenza n. 5514/23 emessa il 7 dicembre 2023 dalla Corte di appello di Firenze nei confronti di A.A. e la necessità di fissare la trattazione del ricorso dichiarato inammissibile.

Poiché il ricorso del (OMISSIS) è presente in atti ed è presente in atti anche la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 5514/23 del 7 dicembre 2023, si può procedere allo stralcio e disporre l'iscrizione nel Registro generale del ricorso che era stato dichiarato inammissibile. Evidenti ragioni di economia processuale rendono superflua, infatti, la restituzione degli atti alla Corte di Appello di Firenze presso la quale il ricorso dichiarato inammissibile era stato depositato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e revoca la dichiarazione di esecutività della sentenza n. 5514/23 emessa il 7 dicembre 2023 dalla Corte di appello di Firenze nei confronti di A.A.