Ricetta medica per l’assunzione di marijuana terapeutica non giustifica coltivazione di piante di cannabis
Cassazione penale
sez. V, ud. 15 dicembre 2022 (dep. 30 gennaio 2023), n. 3714
Presidente Piccialli – Relatore Ranardi
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. Con sentenza del 3.12.2021, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado, emessa in sede di rito abbreviato, con cui L.V. è stato dichiarato responsabile del reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo marijuana e di coltivazione di diverse piante di cannabis di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.) quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che la condotta del ricorrente sia penalmente rilevante, trattandosi di una coltivazione domestica di piante di cannabis giustificata dalla necessità del prevenuto di assumere tale sostanza stupefacente per lenire il dolore causato da grave polineuropatia.
II) Violazione di legge, per mancata applicazione dell'ipotesi di cui al comma 5 del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto sviluppa essenzialmente censure di merito e non si confronta con le argomentazioni dei giudici di merito, in ciò peccando anche di aspecificità.
5. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di merito hanno adeguatamente argomentato nel senso che il notevole quantitativo di cannabis trovato in possesso del prevenuto (oltre due chili) non poteva trovare giustificazione con un uso esclusivamente personale e terapeutico dello stupefacente, trattandosi di prescrizione di cannabis del tutto incompatibile con la straordinaria quantità di sostanza drogante sequestrata.
Quanto al diniego della qualificazione giuridica del fatto nell'ipotesi di cui al comma 5 del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, si osserva che le relative argomentazioni offerte nella sentenza impugnata non possono considerarsi erronee in diritto o manifestamente illogiche, avendo i giudici territoriali congruamente valorizzato sul punto il ragguardevole quantitativo di stupefacente trovato in possesso del prevenuto, ritenuto logicamente incompatibile con il requisito della minima offensività penale della condotta, pur sempre deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, come nel caso, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (cfr. Sez. 6, n. 9892 del 28/01/2014, Rv. 259352 - 01).
6. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.