L'inosservanza di un provvedimento dell'autorità è reato solo se il provvedimento contiene un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia, in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione e sia adottato nell’interesse della collettività e non di privati individui.
La norma che punisce l'inosservanza di un provvedimento dell'autorità è una norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione ovvero allorché il provvedimento dell’autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela, trovando quindi applicazione solo quando l’inosservanza del provvedimento dell’autorità non sia sanzionata da alcuna norma, penale o processuale o amministrativa (principio di sussidiarietà).
Il reato non è configurabile, quando l’inosservanza riguardi ordinanze applicative di leggi e regolamenti comunali assoggettati ad uno specifico meccanismo di tutela amministrativa, che si pone in rapporto di specialità rispetto a quella assicurata dall’art. 650 cod. pen.
CORTE DI CASSAZIONE
SEZ. I PENALE - SENTENZA 8 ottobre 2018, n.44957
Pres. Tardio – est. Esposito
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 09/11/2016 la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia del 03/12/2015, con cui P.E. era stato condannato alla pena di mesi uno di arresto per il reato di cui all’art. 650 cod. pen..
1.1. Dall’esame della sentenza di primo grado emergeva che la condotta contestata consisteva nell’omesso ripristino delle condizioni di salubrità e (all’allontanamento degli animali dall’area di via (omissis) , in violazione dell’ordinanza n. 22447 del 17/08/2012, legalmente emessa dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene (in (omissis) ).
In occasione del sopralluogo, gli organi di P.G. constatavano la presenza all’aperto di animali da allevamento a distanza di legge. Con precedenti ordinanze del Comune di Chiari del 27/09/2012, 17/10/2012 e 29/10/2012, era imposto a P. il ripristino delle condizioni di salubrità dell’area, disposizioni rimaste ineseguite.
Il Tribunale riteneva i provvedimenti in questione legittimi dal punto di vista formale e sostanziale, in quanto dotati di adeguata motivazione sulla situazione di urgenza a tutela della salute pubblica e diretti a rimuovere la presenza di animali, la cui permanenza all’aperto comportava rischi di pericolo igienico sanitario per la possibile diffusione di malattie e del loro elevato numero.
1.2. Nella sentenza di secondo grado è specificato che l’ordinanza ineseguita, alla quale si riferiva il capo di imputazione, era quella emessa in data 15/10/2012.
La Corte di appello ha illustrato la prescrizione prevista in detta ordinanza, precisando che l’allevamento di animali in zona agricola era consentito, purché ad una certa distanza dalle abitazioni, compreso, quella dello stesso conduttore; da ciò ha desunto che si trattava inequivocabilmente di norme disposte a tutela della salubrità dei luoghi e non dei rapporti tra i proprietari dei fondi limitrofi.
La Corte di merito ha ritenuto del tutto ininfluente la circostanza che, constatato l’adempimento dell’ordine, il giorno successivo P. lo avesse nuovamente violato; ha rilevato che, dalla lettura della medesima missiva del 30/10/2012, contenente ìimpegno di P. con l’ASL a spostare entro trenta giorni l’allevamento alla distanza prescritta dalle abitazioni limitrofe, emergeva la piena comprensione del contenuto dell’ordinanza in questione.
2. P.E. , a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Insussistenza di una situazione di contigibilità ed urgenza nell’ordinanza del Dirigente del Servizio del Territorio del Comune di Chiari, in quanto in essa si evidenziavano la mancanza di rilievi sullo stato di salute degli animali e un rischio meramente potenziale, senza la concretezza minima, che avrebbe comportato l’impossibilità di differire il provvedimento; la fattispecie in questione è disciplinata dall’art. 7 bis D. Lgs. 267 del 2000, che prevede una sanzione pecuniaria amministrativa da Euro venticinque ad Euro cinquecento.
2.2. Omessa valutazione dell’assenza di un interesse collettivo, essendo stata emessa l’ordinanza in riferimento ad un luogo situato in aperta campagna, evidentemente a tutela degli interessi di un singolo soggetto.
2.3. Travisamento dei fatti di causa e manifesta illogicità della motivazione.
Si osserva che P. , una volta ricevuta l’ordinanza sindacale in data imprecisata, si attivava velocemente, eseguendo la macellazione degli animali e costruendo delle gabbie di contenimento nel rispetto delle distanze previste dal Regolamento d’igiene. Inoltre, dalla data del riscontro alla presunta nuova violazione dell’ordinanza, trascorrevano novanta giorni e non soltanto uno.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
1. Va premesso che l’art. 650 cod. pen. è una norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione ovvero allorché il provvedimento dell’autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela, trovando quindi applicazione solo quando l’inosservanza del provvedimento dell’autorità non sia sanzionata da alcuna norma, penale o processuale o amministrativa (Sez. 1, n. 44126 del 19/04/2016, Azzarone, Rv. 268288; Sez. 1, n. 2653 del 29/11/1999, dep. 2000, Parlà, Rv. 215373, Sez. 1, n. 1711 del 07/12/1999, dep. 2000, Di Maggio, Rv. 215341).
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 650 cod. pen. è necessario che:
a) l’inosservanza riguardi un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia;
b) l’inosservanza attenga ad un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione;
c) il provvedimento emesso per ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene sia adottato nell’interesse della collettività e non di privati individui (Sez. 1, n. 26527 del 12/01/2016, Santarelli, non massimata; Sez. 1, n. 33779 del 23/04/2014, Rasia, non massimata).
2. Ciò posto, atteso il principio di sussidiarietà sancito dall’art. 650 cod. pen., il reato non è configurabile, quando l’inosservanza riguardi ordinanze applicative di leggi e regolamenti comunali assoggettati ad uno specifico meccanismo di tutela amministrativa, che si pone in rapporto di specialità rispetto a quella assicurata dall’art. 650 cod. pen..
Nel caso in esame la violazione di legge perpetrata non ha natura penale, in quanto, la condotta in questione risulta punita dall’art. 7 bis, commi 1 e 1-bis, D. Lgs n. 267 del 2000 ('1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 Euro a 500 Euro. 1-bis. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari') (Sez. 1, n. 26527 del 12/01/2016, Santarelli, non massimata).
Dalla lettura della sentenza, infatti, emerge che l’ordinanza ineseguita del 15/10/2012 richiamava espressamente, oltre al precedente permesso di costruire rilasciato a P. e ad una nota dell’A.S.L. della distanza inferiore all’abitazione di tale B.D. (vicino di P. ), il Regolamento Locale di Igiene sulle distanze degli allevamenti degli animali dalle abitazioni, il D.Lgs. n. 267 del 2000 e il TULLSS n. 1265 del 1934, per cui la vicenda risulta inquadrabile nell’ambito di un illecito amministrativo per violazione dei regolamenti comunali e provinciali.
3. Per tali ragioni, s’impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.