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Diritto di accesso difensivo per videoregistrazioni comunali (TAR Marche, 538/23)

4 settembre 2023, TAR Marche

Le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrano nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto d'accesso, e non può essere limitato da un parere contrario del responsabile della protezione dei dati o da un restrittivo regolamento comunale sulla videosorveglianza urbana, posto che che l'art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 enuclea un'autonoma funzione del diritto d'accesso, quella difensiva, diversa dalla funzione cd. partecipativa: si tratta di una fattispecie ostensiva autonoma,  caratterizzata da una vis espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi.  Nel caso di accesso “difensivo”, la conoscenza dell’atto non è destinata a consentire al privato di partecipare all’esercizio del pubblico potere in senso “civilmente” più responsabile, ossia per contribuire a rendere l’esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale, ma rappresenta il tramite per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici. 

 L’accesso “difensivo” è connotato (sul piano degli oneri) da una stringente limitazione, ossia quella di dovere dimostrare la “necessità” della conoscenza dell’atto o la sua “stretta indispensabilità”, nei casi in cui l’accesso riguardi dati sensibili o giudiziari”; inoltre, nel caso dei c.d. dati supersensibili l’accesso difensivo è subordinato anche al criterio della “parità di rango”.

 


TAR Marche

sentenza 

sezione II, sent., 4 settembre 2023, n. 538
Presidente Ianigro - Estensore Ruiu

Fatto e diritto

Con il presente ricorso ex art. 116 c.p.a., il ricorrente chiede l’annullamento della nota del comune di Fano dell’-omissis-, con cui l’ente ha negato l’accesso agli atti richiesto in data.-omissis- e chiede l’accertamento e la declaratoria dell’obbligo del comune di Fano di esibire la documentazione richiesta, con conseguente condanna dell’ente alla relativa esibizione.

Il ricorrente espone di essere stato coinvolto in un incidente, nel quale ha riportato lesioni, in data -omissis-. In data 17 luglio 2020 Polizia Locale ricostruiva l’accaduto, in assenza di testimoni oculari, anche sulla base del “file video di videosorveglianza allegato al fascicolo di sinistro su supporto multimediale utile alla ricostruzione della dinamica”. Sulla base di questi elementi istruttori la Polizia Locale concludeva che “…a carico del conducente del veicolo A Sig. -omissis- emergeva la violazione della norma contenuta nell’articolo 154 commi 3, lett. C) e 8, del vigente CdS (omessa precedenza nella manovra di immissione nel flusso della circolazione). Nulla a carico della conducente B”.

Il ricorrente presentava data 17 febbraio 2023 un’istanza di accesso agli atti ex artt. 22 ss. L. 241 del 1990 al Comune di Fano per ottenere copia:

  • del “video acquisito” dagli ufficiali di Polizia Locale attraverso le apparecchiature pubbliche di videosorveglianza, citato a pag. 2 della predetta “Relazione”, recante la riproduzione video del sinistro;
  • - di ogni altro atto o documento comunque denominato, ancorché non conosciuto, inerente al sinistro n. -omissis-”.

Con il provvedimento impugnato la richiesta è stata rigettata, sulla base di un parere del Data Protection Officer, in ottemperanza alla disciplina prevista dal Reg. Ue 2016/679, dal Dlgs 196/03 e s.m.i., nonché dai provvedimenti dell’Autorità Garante della Privacy. Inoltre, secondo il "Regolamento Comunale per la Videosorveglianza", approvato con Delibera di Consiglio Comunale n. 110 del 24 giugno 2015, le finalità della videosorveglianza sarebbero solo quelle di sicurezza urbana e del controllo dei luoghi ove avviene l’illegittimo deposito di rifiuti.

Ancora, sempre in base al medesimo Regolamento: “per le altre immagini o filmati degli apparati di videosorveglianza acquisiti dalla Polizia Municipale ed utilizzati dalla stessa o da altre forze di polizia per ragioni di sicurezza urbana ricollegabili a finalità giudiziarie, l’interessato potrà aver diritto all’estrazione di dati che lo riguardano, se non ancora cancellati, solo su espressa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria competente”.

Di qui la proposizione del presente ricorso, ove il ricorrente rimarca la sua legittimazione e interesse all’accesso richiesto e lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione degli artt. 22 e ss., L. 241 del 1990, dell’art. 6, lett. f), regolamento UE n. 679 del 2016 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, manifesta illogicità e irragionevolezza, oltre che per difetto di motivazione. Si è costituito in giudizio il comune di Fano, resistendo al ricorso. Alla Camera di Consiglio del 13 luglio 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

1 In primo luogo deve essere respinta l’eccezione di tardività dedotta dal Comune resistente. Infatti, come dedotto dal ricorrente, i 30 giorni dalla comunicazione del diniego scadevano in un giorno festivo, per cui il ricorso è stato regolarmente portato alla notifica il giorno successivo. Nel merito, il ricorso è fondato, nei limiti che seguono.

1.1 In primo luogo, si premette che il giudizio in materia di accesso, pur seguendo lo schema impugnatorio, è rivolto all'accertamento della sussistenza o meno del diritto dell'istante all'accesso medesimo e, in tal senso, si atteggia quale giudizio sul rapporto, come desumibile dall'art. 116, comma 4, c.p.a., secondo cui il giudice, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti (Cons. di Stato III 20 gennaio 2022 n.369).

1.2 Per condivisibile giurisprudenza, le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrino nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, considerata l’ampia dizione di cui all’ art. 22 comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990 e considerato che si tratta di immagini già esistenti, registrate dal comune nell’esercizio di una attività di pubblico interesse (Tar Campania Napoli 2 maggio 2023 n. 253). Non risulta né dal diniego impugnato, né dalle difese comunali che le immagini stesse non siano più in possesso dell’ente

1.3 La nozione normativa di documento amministrativo, suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale, è, infatti “ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una pubblica amministrazione, ma anche da soggetti privati, purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale” (Cons. di Stato. Ad. Plen. n.19 del 2020).

1.4 Non ostano all’accesso il richiamato il parere del Data Protection Officer e il Regolamento Comunale per la Videosorveglianza.

In primo luogo non è chiaro quale sarebbe la “competente autorità giudiziaria” che dovrebbe autorizzare l’accesso a dati detenuti del Comune. In ogni caso, con riguardo al Regolamento e al parere sopra menzionato, la fonte del diritto di accesso è la legge dello Stato (art. 22 ss. l. n. 241/90 e artt.59 e 60 del d.lgs. n. 196 del 2003) da ritenersi prevalente sulla disciplina del regolamento locale. Il diritto di accesso agli atti costituisce, invero, “principio generale dell’attività amministrativa” ed attiene ai “livelli essenziali” delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, “di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”, come disposto dall’art. 29, comma 2-bis, della legge n. 241/90 (Tar Puglia, Lecce, sent. n. 1579 del 2021, citata dal ricorrente). Inoltre, il presente ricorso è stato regolarmente notificato all’unico controinteressato all’accesso individuabile (il conducente dell’auto interessata dal sinistro).

1.4 Si ricorda, poi, che l’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 enuclea un’autonoma funzione del diritto di accesso, quella “difensiva” che può addirittura operare quale eccezione al catalogo di esclusioni previste per l’accesso partecipativo, salvi gli opportuni temperamenti in sede di bilanciamento in concreto dei contrapposti interessi, e, in particolare, di quello alla riservatezza, secondo i criteri indicati dalla medesima norma.

Come di recente chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19 del 2020, l’accesso “difensivo” è infatti costruito come “una fattispecie ostensiva autonoma, caratterizzata (dal lato attivo) da una vis espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi; e connotata (sul piano degli oneri) da una stringente limitazione, ossia quella di dovere dimostrare la “necessità” della conoscenza dell’atto o la sua “stretta indispensabilità”, nei casi in cui l’accesso riguardi dati sensibili o giudiziari”; inoltre, nel caso dei c.d. dati supersensibili l’accesso difensivo è subordinato anche al criterio della “parità di rango”. Nel caso di accesso “difensivo”, la conoscenza dell’atto non è destinata a consentire al privato di partecipare all’esercizio del pubblico potere in senso “civilmente” più responsabile, ossia per contribuire a rendere l’esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale, ma rappresenta il tramite per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici. L’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, invero, assicura “comunque” l’accesso se necessario per la tutela dei propri “interessi giuridici”, “senza limitare tale presidio di garanzia ai casi di liti tra il privato e la pubblica amministrazione o tra i privati nei casi in cui si fa questione dell’illegittimo esercizio del potere” e ciò “entro gli stringenti limiti in cui la parte interessata all’ostensione dimostri la necessità (o la stretta indispensabilità per i dati sensibili e giudiziari), la corrispondenza e il collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza” (Tar Napoli 253/2023 cit.).

 1.5 Il ricorrente ha argomentato, nell’istanza e nel ricorso, sull’interesse ad ottenere l’ostensione dei documenti richiesti.

2 Tenuto conto di quanto sopra, si ritiene che la richiesta di accesso in esame possa essere accolta in parte e con le cautele necessarie a tutelare il contrapposto diritto alla riservatezza altrui, considerato che dalle immagini acquisite tramite il sistema di videosorveglianza potrebbero venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti “terzi”, estranei alla vicenda in questione.

In particolare, alla luce dei criteri citati e in ossequio al principio di proporzionalità e di minimizzazione, l’accesso richiesto va consentito limitatamente alle specifiche immagini da cui si evinca la dinamica del sinistro che ha riguardato il ricorrente strettamente indispensabili con oscuramento delle parti di immagini che ritraggano persone e di quelle che contengano ulteriori dati afferenti a soggetti estranei alla vicenda (ancora Tar Napoli 253/2023).

2.1 Nei termini e limiti di cui sopra, pertanto, il ricorso va accolto e va ordinato al comune di Fano di esibire al ricorrente, tramite il Responsabile del settore Polizia Locale, solo le immagini sopra specificate e con le cautele dovute nei sensi di cui sopra, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione o dalla notifica di parte se anteriore della presente sentenza.

2.2 Le spese seguono la soccombenza e sono determinate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e termini di cui in motivazione. Condanna il comune di Fano al pagamento a favore del ricorrente delle spese di lite, nella misura di € 800 (ottocento/00) più IVA, CPA e contributo forfettario come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.