La protezione umanitaria tutela situazioni di vulnerabilità anche con riferimento a motivi di salute, ma non è ipotizzabile né un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero "parametri di benessere", né quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di "estrema difficoltà economica e sociale", in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1,
ordinanza 7 maggio – 5 settembre 2019, n. 22257
Presidente Genovese – Relatore Caiazzo
Rilevato che
Con decreto emesso il 31.7.18, il Tribunale di Bologna respinse la domanda di riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria, proposta da Sy. Is.- cittadino del Bangladesh- avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale, osservando che: il ricorrente non aveva reso dichiarazioni attendibili in ordine al dedotto pericolo di essere ucciso dagli appartenenti al partito avversario-essendo egli sostenitore del partito d'opposizione nel paese di provenienza-; il ricorrente non aveva compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, avendo invece reso dichiarazioni generiche e non dettagliate nonché tre loro contraddittorie riguardo ai motivi della sua partenza dal Paese; dall'esame delle COI non si desumeva la sussistenza in Bangladesh di situazioni di conflitto armato tale da porre in pericolo l'incolumità dei civili; non sussistevano i presupposti della protezione umanitaria.
Lo Is. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Non si è costituito il Ministero dell'Interno.
Ritenuto che
Con il primo motivo è denunziata la violazione dell'art. 8, comma 3, del D.Lgs. n.25/2008 per vizio di motivazione, in quanto il Tribunale aveva ignorato, ai fini della protezione sussidiaria, la situazione generale del Paese d'origine disattendendo i documenti prodotti e le dichiarazioni del ricorrente innanzi al Tribunale.
Con il secondo motivo è denunziata violazione di legge e vizio di motivazione per non aver il Tribunale ritenuto sussistenti le condizioni per la concessione del permesso umanitario.
Il primo motivo è inammissibile poiché il Tribunale ha motivato in maniera chiara sull'insussistenza dei presupposti della protezione internazionale ed umanitaria.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile poiché tendente ad una generica critica del decreto del Tribunale in ordine al diniego del permesso umanitario e, dunque, a al riesame dei fatti.
Al riguardo, in riferimento ad entrambi i motivi, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte- cui il collegio intende dare continuità- la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all'applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l'onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l'impossibilità per il giudice di introdurli d'ufficio nel giudizio (Cass., n. 27336/18, n. 3016/19).
Inoltre, è stato affermato che la protezione umanitaria tutela situazioni di vulnerabilità - anche con riferimento a motivi di salute - da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile né un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero "parametri di benessere", né quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di "estrema difficoltà economica e sociale", in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass., n. 3681/19).
Nel caso concreto, il ricorrente non ha allegato fatti specifici relativi alla dedotta situazione di vulnerabilità, limitandosi ad una generica doglianza vertente sull'impedimento all'esercizio delle libertà democratiche- garantite in Italia- nel caso di rimpatrio.
Nulla per le spese, data la mancata costituzione del Ministero intimato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1quater, del D.P.R. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.