In caso di erronea trascrizione sulla data dell’udienza nella copia del decreto notificata al difensore, l’imputato ed a maggior ragione il difensore, pur non essendo tenuto a fare indagini di sua iniziativa per accertare la data di comparizione, non può essere però esonerato da quel minimo di diligenza che gli consenta di identificare in modo ragionevolmente e sufficientemente certo la data stessa attraverso la copia del decreto di citazione a lui notificata.
Quando il segno grafico della della data non sia subito decifrabile, potendo essere interpretato in maniera diversa, è stato onere del difensore superare l’incertezza contattando la cancelleria del Tribunale competente, chiedendo chiarimenti sulla data effettiva dell’udienza; tale richiesta può essere formulata non solo presentandosi personalmente in cancelleria al fine di confrontare la copia ricevuta con il decreto originale di fissazione, ma anche a mezzo telefono, o tramite l’invio di un messaggio di posta elettronica certificata: solo ove tale richiesta di chiarimento non venga evasa, è legittimo per il difensore interpretare liberamente il segno grafico apposto sulla copia ricevuta, ma deve escludersi che la precaria leggibilità dell’avviso notificatogli integri un’ipotesi di nullità in assenza di tali inizitive.
Corte di Cassazione
sez. III Penale, sentenza 11 settembre – 14 dicembre 2020, n. 35707
Presidente Izzo – Relatore Zunica
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 10 aprile 2020, il Tribunale del Riesame di Palermo confermava l’ordinanza emessa il 19 marzo 2020, con cui il Tribunale di Palermo aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari avanzata nell’interesse di G.S. , nei cui confronti la misura di massimo rigore era stata applicata dal G.I.P. presso il Tribunale della medesima città il 13 luglio 2019, in relazione ai reati previsti dalla L. n. 75 del 1958, art. 3, comma 1, n. 1 e art. 8, e art. 4, n. 7.
2. Avverso l’ordinanza del Tribunale siciliano, la G. , tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa deduce la violazione degli art. 178 c.p.p., lett. C) e art. 24 Cost., osservando che il decreto di fissazione dell’udienza notificato al difensore recava la data del 16 aprile 2020, data in cui il difensore si recava in Tribunale, salvo scoprire in quella sede che l’udienza si era celebrata il 10 aprile 2020 in assenza del contraddittorio, non avendo il difensore presenziato.
Ciò integrerebbe pertanto un profilo di nullità processuale assoluta.
Con il secondo motivo, infine, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 274 c.p.p., evidenziando, prima ancora di avere contezza della motivazione del provvedimento impugnato, che tutte le esigenze cautelari sottese all’imposizione della misura di massimo rigore dovevano ritenersi affievolite, essendo l’imputata incensurata, fermo restando che l’opportunità di applicare gli arresti domiciliari era suggerita, sia pure in maniera subordinata, anche dall’emergenza sanitaria ricollegabile alla diffusione dell’epidemia da Covid 19.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1. Iniziando dal primo motivo, deve innanzitutto osservarsi che da una verifica del fascicolo processuale, imposta dalla natura processuale dell’eccezione sollevata, è emerso che l’originale del decreto di fissazione dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale del Riesame conteneva la data del 10 aprile 2020, segnata a mano su un modello precompilato e chiaramente intellegibile.
Invero sulla copia notificata all’avvocato FF, difensore del ricorrente, probabilmente per un errore di scannerizzazione, il numero "10", a una prima lettura, non si legge benissimo, in quanto, mentre l’uno si distingue agevolmente, lo zero reca uno spazio vuoto nella parte destra, che potrebbe a prima vista indurre il lettore a credere, all’esito di una lettura veloce, che sia un 16 e non un 10, anche se, a un esame più attento dell’atto, risulta in realtà evidente che, come per gli altri numeri, anche per lo zero vi è un segno grafico meno accentuato, che tuttavia non impedisce la comprensione del numero, così come avviene invero per l’indicazione del mese, dell’anno e dell’orario.
Ma in ogni caso, pur a voler ammettere che la copia del decreto di fissazione dell’udienza notificata al difensore potesse lasciare il dubbio su se la data di celebrazione dell’udienza camerale fosse quella del 10 aprile 2020 o piuttosto quella del 16 aprile 2020, deve comunque escludersi che l’irregolarità formale dell’avviso di fissazione dell’udienza notificato al difensore ai sensi dell’art. 310 c.p.p. valga a rendere nulla la celebrazione dell’udienza camerale.
Ed invero, proprio perché il segno grafico della cifra posta accanto all’uno non era subito decifrabile, potendo essere interpretato sia come uno zero che come un sei, sarebbe stato onere del difensore superare l’incertezza contattando la cancelleria del Tribunale competente, chiedendo chiarimenti sulla data effettiva dell’udienza; tale richiesta poteva essere formulata non solo presentandosi personalmente in cancelleria al fine di confrontare la copia ricevuta con il decreto originale di fissazione (ad aprile 2020 erano effettivamente in corso le severe restrizioni della prima ondata dell’emergenza sanitaria da Covid 19), ma anche a mezzo telefono, o tramite l’invio di un messaggio di posta elettronica certificata. Ove tale richiesta di chiarimento non fosse stata evasa, sarebbe stato legittimo per il difensore interpretare liberamente il segno grafico apposto sulla copia ricevuta, ma, non essendovi stata alcuna iniziativa in tal senso, deve escludersi che la precaria leggibilità dell’avviso notificatogli integri un’ipotesi di nullità.
Sul punto deve peraltro richiamarsi una risalente ma ancor valida affermazione di questa Corte (Sez. 4, n. 3810 del 24/11/1983, dep. 1984, Rv. 163859), secondo cui, in caso di erronea trascrizione sulla data dell’udienza nella copia del decreto notificata al difensore (in quel caso decreto di citazione), l’imputato, pur non essendo tenuto a fare indagini di sua iniziativa per accertare la data di comparizione, non può essere però esonerato da quel minimo di diligenza che gli consenta di identificare in modo ragionevolmente e sufficientemente certo la data stessa attraverso la copia del decreto di citazione a lui notificata.
Tale affermazione, nell’attuale assetto ordinamentale, vale a maggior ragione per la posizione del difensore, il quale, rispetto all’imputato, dispone di maggiori possibilità di interlocuzione con gli uffici giudiziari, anche alla luce dell’ampliamento dei canali comunicativi resi disponibili dalle odierne tecnologie.
La non immediata intelligibilità del giorno dell’udienza era dunque agevolmente superabile mediante una semplice interlocuzione dell’ufficio, in forza di quel "generale dovere di adempiere con diligenza il mandato difensivo" già evocato da questa Corte in altre occasioni (Sez. 5, n. 29828 del 13/03/2015, Rv. 265150). Del resto, la notifica del decreto risale al 28 marzo 2020, per cui il difensore aveva tutto il tempo per attivarsi al fine di risolvere l’incertezza sulla data di celebrazione dell’udienza, esercitando un minimo onere di diligenza che non può ritenersi affatto inesigibile, anche avuto riguardo al peculiare contesto emergenziale in cui ha avuto luogo la celebrazione del giudizio camerale.
Peraltro, nel caso di specie, non sarebbe stato affatto ultroneo, per un destinatario qualificato come il difensore, ritenere che la data fissata fosse quella più prossima al ricevimento dell’avviso, quindi il 10 e non il 16 aprile, essendo il procedimento dinanzi al Tribunale del riesame scandito normativamente da tempi molto più rapidi di quelli ordinari, tanto è vero che lo stesso decreto di fissazione, nella parte finale, richiamava l’"eccezionale urgenza" della procedura, "connessa alla perentorietà dei termini" di cui all’art. 310 c.p.p..
In definitiva, pur a voler ritenere che la copia dell’avviso notificato al difensore rendesse non immediatamente comprensibile la data dell’udienza camerale, deve ritenersi che fosse onere del destinatario dell’avviso attivarsi, avendone il tempo e gli strumenti, per risolvere l’eventuale incertezza, non potendosi certo affermare che l’unica lettura della data dell’udienza fosse quella attribuitagli dal difensore, risultando al contrario più leggibile la data del 10 che quella del 16.
Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva, che invero parte dall’assunto che la data dell’udienza camerale fosse sicuramente quella del 16 aprile, convincimento questo che, perlomeno in termini di perentorietà, non trova alcun fondamento in una lettura anche istantanea dell’avviso notificato al difensore.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Ed invero è stato lo stesso difensore dell’imputata a premettere di aver censurato la valutazione sulle esigenze cautelari prima ancora di avere contezza delle motivazioni dell’ordinanza impugnata, il che è già sufficiente a rendere la doglianza generica, in quanto priva di alcun confronto con le argomentazioni del Tribunale; queste peraltro si sono rivelate tutt’altro che illogiche, avendo i giudici cautelari rimarcato, in modo pertinente, l’inidoneità del decorso del tempo a determinare l’affievolimento delle esigenze cautelari, in assenza di concreti elementi sintomatici di un effettivo mutamento della situazione valutata al momento della applicazione della misura, non assumendo rilievo dirimente neanche l’attuale emergenza sanitaria, non essendovi alcun elemento da cui desumere che la G. , ristretta in carcere prima dell’insorgenza dell’epidemia e priva di pregresse patologie, fosse esposta a un rischio effettivo per la salute, e ciò anche alla luce del fatto che, al momento della decisione, non sono stati accertati casi di positività al Covid 19 nella Casa Circondariale dove è detenuta. In quanto sorretta da considerazioni razionali, l’ordinanza impugnata non presta dunque il fianco alle doglianze difensive, formulate invero in termini astratti, ovvero senza conoscere il contenuto della motivazione del Tribunale.
3. Alla stregua di tali considerazioni, si impone pertanto il rigetto del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.