Può essere disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p., dell’intera somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, senza che assumano rilievo le presunzioni o i vincoli posti dal codice civile.
Corte di Cassazione
sez. III Penale, sentenza 13 febbraio – 3 luglio 2019, n. 29079
Presidente Lapalorcia – Relatore Liberati
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 5 novembre 2018 il Tribunale di Caltanisetta, provvedendo sull’appello cautelare proposto da C.G. , quale terzo interessato, nei confronti della ordinanza del 5 ottobre 2018 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gela, con cui era stata respinta la richiesta di restituzione delle somme risultanti a credito sul conto corrente postale n. 1034787448, sequestrate a Cr.Gi. , in relazione ai reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8, ha disposto il dissequestro di tali somme, ordinandone la restituzione a favore di C.G. , in considerazione della dimostrazione della provenienza solo da quest’ultimo delle somme a credito presenti sul conto cointestato allo stesso C.G. e al figlio G. .
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gela, affidato a un unico motivo, mediante il quale ha denunciato la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 321 c.p.p., e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis, e la contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) et e).
Ha lamentato il travisamento da parte del Tribunale della nozione di disponibilità dei beni che possono essere sottoposti a sequestro per equivalente, potendo estendersi la misura ai beni che siano a qualsiasi titolo nella disponibilità dell’indagato, anche nel caso di conto corrente cointestato, con la conseguente improprietà del rilievo attribuito dal Tribunale alla provenienza delle somme depositate sul conto dal padre dell’indagato, estraneo al procedimento e alla contestazione, in quanto l’indagato, per effetto della cointestazione, aveva la possibilità di disporre di tutte le somme a credito risultanti dal conto.
Considerato in diritto
1. Il ricorso del pubblico ministero è fondato.
2. Va premesso che, ai sensi dell’art. 1854 c.c., nel caso di conto corrente intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto, cosicché gli stessi possono, legittimamente, disporre, nei confronti della banca o del diverso ente creditizio presso cui sia istituito il conto, di tutte le somme esistenti a saldo su tale conto (essendo, simmetricamente, obbligati per l’intero in relazione alle somme a debito).
Solamente al loro interno i rapporti tra i correntisti sono regolati dall’art. 1298 c.c., comma 2, secondo cui il debito e il credito solidale si dividono in quote uguali, salvo che non risulti diversamente, cosicché è consentito superare la presunzione di contitolarità derivante dalla cointestazione, attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - da parte dell’intestatario che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 4496 del 24/02/2010, Rv. 611861; Cass. civ., Sez. L, Sentenza n. 18777 del 23/09/2015, Rv. 637049; v. anche Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 77 del 04/01/2018, Rv. 646663).
Proprio in considerazione della facoltà per il cointestatario di disporre dell’intero saldo attivo esistente sul conto corrente comune, fatti salvi i suoi rapporti con l’altro contitolare, la giurisprudenza di questa Corte ha, da tempo, affermato che può essere disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p., dell’intera somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, senza che assumano rilievo le presunzioni o i vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834) per regolare i rapporti interni tra creditori e debitori solidali o i rapporti tra banca e depositante, ferma restando la successiva possibilità di procedere a un effettivo accertamento dei beni che siano di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato (v. Sez. 2, n. 36175 del 07/06/2017, Cismondi, Rv. 271136 - 01, che ha rigettato il ricorso del terzo interessato evidenziando, peraltro, che nel caso di specie l’indagato, in forza di una delega ad operare senza limitazioni, aveva la possibilità di disporre dell’intera provvista delle somme e dei valori depositati sul conto corrente cointestato; nel medesimo senso Sez. 3, n. 45353 del 19/10/2011, Calgaro, Rv. 251317, menzionata anche nel ricorso del pubblico ministero; Sez. 6, n. 40175 del 14/03/2007, Squillante, Rv. 238086).
È stato, inoltre, sottolineato come la libera disponibilità dell’intero compendio di deposito in conto corrente, sia pure da parte di un terzo di buona fede, può determinare la protrazione del fatto criminoso nel tempo o l’aggravamento delle sue conseguenze, né, per converso, l’imposizione del vincolo sottrae all’interessato strumenti idonei al recupero di ciò di cui sia stato privato (sia nei confronti dell’altro intestatario, onde ottenere la restituzione delle somme prelevate dal conto in misura eccedente la quota di spettanza dell’altro titolare; sia per evitare la confisca), con la conseguente piena legittimità del sequestro preventivo dell’intero saldo attivo di conto (v. Sez. U, n. 25933 del 29/05/2008, Malgioglio, Rv. 239700; conf. Sez. 6, n. 42819 del 22/10/2008, Di Pace, Rv. 241878).
Ne consegue l’erroneità del rilievo attribuito dal Tribunale dell’appello cautelare alla prevalente provenienza dal padre dell’indagato delle somme che hanno concorso a determinare il saldo attivo del conto, in quanto dalla cointestazione e dalla possibilità di operare sul conto senza limitazioni deriva per entrambi i cointestatari (dunque anche per l’indagato) la piena disponibilità del saldo attivo, e, con essa, la sottoponibilità a sequestro dell’intero compendio, sia perché esso è nella disponibilità dell’indagato, sia per evitare la protrazione del fatto criminoso nel tempo o l’aggravamento delle sue conseguenze, ferme restando sia la possibilità di dimostrare la spettanza di tutte le somme al terzo estraneo al reato (o per una quota maggiore rispetto a quella discendente dalla cointestazione secondo quote uguali), onde evitarne la confisca, sia l’eventuale esercizio dell’azione di regresso nei confronti dell’indagato.
3. L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio al Tribunale di Caltanisetta, per nuovo esame, da condurre alla stregua dei principi ricordati.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Caltanisetta per nuovo esame