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Congiuntura economica imprevedibile legittima recesso dal contratto di locvazione commericale (Cass.3418/04)

20 febbraio 2004, Cassazione civile

I gravi motivi che consentono per legge il recesso del conduttore dal contratto di locazione devono essere determinati da fatti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione.

In relazione alle locazioni commerciali, può integrare grave motivo, che legittima il recesso del conduttore, un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all'attività di impresa), sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (quando fu stipulato il contratto), che lo obblighi ad ampliare o ridurre la struttura aziendale in misura tale, da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo.

 

Corte Suprema di Cassazione

Sezione III civile

(ud. 09/12/2003) 20-02-2004, n. 3418

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Gaetano FIDUCCIA - Presidente

Dott. Roberto PREDEN - Consigliere

Dott. Francesco SABATINI - Consigliere

Dott. Italo PURCARO - Rel. Consigliere

Dott. Fabio MAZZA - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

 Sentenza

 sul ricorso proposto da:

GC, elettivamente domiciliata in .. , presso lo studio dell'avvocato CC, che la difende, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

.. COSTRUZIONI GENERALE S.P.A.;

- intimato -

e sul 2° ricorso n°. 1 gennaio 1427 proposto da:

.. COSTRUZIONI GENERALI S.P.A., (che ha incorporato ..) in persona dell'amministratore unico geom. MD domiciliato in (.);

- controricorrente e ricorrente incidentale -

e contro

GC;

- intimata -

avverso la sent. n. 21031/99 del Tribunale di ROMA, sez. 5°, depositata il 30 ottobre 1999; RG. 1829/1999;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 dicembre 2003 dal Consigliere Dott. Italo PURCARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Vittorio Eduardo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale assorbito l'incidentale.

 Svolgimento del processo

CG propose tempestivo appello avverso la sentenza del pretore di Roma, che aveva rigettato la sua domanda di condanna della società INC costruzioni al pagamento delle somme dovute per la mancata corresponsione dei canoni relativi al periodo ottobre 1994 - 3 agosto 1996, chiedendo la riforma della appellata sentenza. Dedusse che la sua domanda di pagamento era fondata sul presupposto che la società INC, già conduttrice di un immobile ad uso commerciale, aveva dichiarato di volere recedere dal contratto, adducendo la sussistenza di gravi motivi, di cui agli artt. 4 e 27 della legge n. 392 del 1978, senza che tali motivi sussistessero e fossero stati dimostrati; al riguardo, nessun valore giuridico poteva avere la avvenuta riconsegna delle chiavi al portiere che non era stato autorizzato a riceverle, sicché non poteva ritenersi fondata la tesi di controparte di risoluzione consensuale del contratto, alla data della riconsegna delle chiavi.

Costituitasi, la soc. INC costruzioni si oppose all'accoglimento dell'appello ed, a sua volta, propose appello incidentale avverso la decisione del pretore che, pur riconoscendo che le chiavi erano state riconsegnate nel luglio del 1994, l'aveva condannata a corrispondere il canone relativo al mese di ottobre nella misura di lire 3.000.000.

Con sentenza depositata in data 30 ottobre 1999, il tribunale di Roma respinse gli opposti gravami, osservando, per quanto qui ancora interessa, che: - le ragioni addotte a sostegno del recesso, e specificate con la nota inviata in data 18 aprile 1994, riferivano della necessità della soppressione dell'ufficio romano a causa della nota crisi nel campo dei lavori pubblici, per i quali operava la società appellante; - tale motivazione era sufficiente a giustificare il recesso. Infatti, premesso che i motivi del recesso devono essere gravi, oggettivi, sopravvenuti ed imprevedibili, deve ritenersi giustificato il recesso qualora sia dovuto all'andamento della crisi economica sfavorevole all'attività dell'impresa, sopravvenuta ed oggettivamente imprevedibile al momento della stipula del contratto e tale da costringere alla riduzione della struttura aziendale (Cass. 20 ottobre 1992 n. 11466), - il carattere della imprevedibilità oggettiva e sopravvenienza era stato giustamente riconosciuto dal pretore per la relazione di notorietà, da un lato, della crisi dovuta al cosiddetto fenomeno generalizzato di tangentopoli e, dall'altro, al riscontro oggettivo della chiusura della dipendenza romana, attestato in giudizio dalla circostanza che la Mazzilli, unica dipendente della impresa, era stata licenziata per tale (giustificato) motivo; - la documentazione prodotta irritualmente ed in ritardo dall'appellante, oltreché irricevibile, era irrilevante, non dovendo necessariamente l'impresa versare in stato di difficoltà o di dissesto per chiudere una filiale divenuta improduttiva.

Per la cassazione della suindicata sentenza Camilla Gizzi ha proposto ricorso, affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui la società INC ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale.

 Motivi della decisione

1) Va disposta, preliminarmente, la riunione ex art. 335 c.p.c. dei due ricorsi, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza.

2) Con il primo motivo, la ricorrente principale, lamentando violazione di legge, nonché omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza del tribunale per avere dichiarato la documentazione, prodotta in appello da essa ricorrente, irricevibile, siccome tardivamente prodotta. Al contrario, la produzione documentale, depositata unitamente al ricorso e notificata alla controparte, doveva ritenersi correttamente prodotta ai sensi dell'art. 437 c.p.c. D'altro canto, la produzione si era resa necessaria per contrastare l'affermazione del pretore che aveva valutato applicabile alla fattispecie il "fatto notorio". L'averla dichiarata irricevibile e non averla neppure esaminata rendeva fondata la doglianza, stante il fatto che la motivazione della sentenza pretorile si basava sul fatto notorio, che è applicabile solo ed in quanto non siano disponibili dati concreti che possano essere altrimenti esaminati.

Con il secondo motivo, la ricorrente principale, lamentando sempre violazione di legge, nonché omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, deduce che il tribunale aveva dichiarato che i documenti erano irrilevanti "non dovendo necessariamente l'impresa versare in stato di difficoltà o di dissesto per chiudere una filiale divenuta improduttiva". L'affermazione, peraltro, era contraria a tutta la giurisprudenza di questo S.C.. In effetti, discutendosi dell'applicazione dell'art. 27 della legge n. 392 del 1978, per poter valutare se i motivi addotti dalla parte che intende risolvere (senza onere) il contratto siano o meno rilevanti, al di là del fatto notorio, erano rilevanti i bilanci depositati dalla stessa società dalla cui lettura si doveva necessariamente concludere che il costo dell'ufficio di Roma era una voce insignificante per una società che fatturava decine di miliardi e che, quindi, ben poteva sopportare l'onere del risarcimento per risoluzione anticipata del contratto. In ogni caso, la motivazione del tribunale era del tutto fuori luogo, sia quando parlava di filiale divenuta improduttiva, sia quando parlava della Mazzilli quale unica dipendente della impresa licenziata per tale giustificato motivo, omettendo del tutto la lettura dei verbali di causa.

3) I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connessi, non meritano accoglimento.

In ordine al primo motivo, è sufficiente rilevare che l'affermazione del giudice di merito, in ordine all'irricevibilità della documentazione prodotta in appello dall'odierno ricorrente - affermazione in se stessa erronea, in quanto in contrasto con la giurisprudenza di questo S.C. secondo cui il divieto di nuovi mezzi di prova in grado di appello, sancito dall'ultimo comma dell'art. 345 c.p.c., si riferisce solo alle prove costituende, richiedenti un'ulteriore attività processuale, e non anche a nuovi documenti, la cui produzione è ammissibile a prescindere dal carattere effettivamente "nuovo" della documentazione offerta in sede di impugnazione - costituisce un "obiter dictum", posto che il tribunale ha poi provveduto alla valutazione della documentazione medesima, ritenendola irrilevante.

Per quanto concerne il secondo motivo, è noto che la parte che denunci con ricorso per Cassazione la mancata o inadeguata valutazione, da parte del giudice di merito, di prove documentali ha l'onere di riprodurre nel ricorso il tenore esatto del documento il cui omesso o inadeguato esame è censurato; ciò al fine di rendere possibile al giudice di legittimità (al quale è istituzionalmente vietato di ricercare direttamente le prove negli atti di causa o di compiere indagini integrative rispetto ai fatti prospettati dalla parte) di valutare, anzitutto, la pertinenza e la decisività dei fatti, medesimi. A tale onere non ha ottemperato, nella specie, la ricorrente, per cui non è possibile procedere in questa sede all'esame della suindicata documentazione, la quale, peraltro, è già stata adeguatamente valutata dal tribunale romano, il quale è pervenuto alla conclusione dell'irrilevanza della documentazione prodotta.

La relativa valutazione, involgendo apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, sfugge al controllo di legittimità di questa Corte, non potendo tale controllo riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza degli elementi probatori, anche di natura documentale, ma solo la sua congruenza dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova. Può dirsi "ius receptum" il principio secondo cui i vizi di motivazione che consentono il sindacato di legittimità del giudice di legittimità non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove contenuto nella sentenza impugnata rispetto a quello preteso dalle parti. In sostanza, il vizio logico di motivazione è un rapporto di contrasto assoluto, che può consistere o nella mancanza di un nesso di coerenza tra le varie ragioni di cui si compone la motivazione o nell'attribuzione a taluno degli elementi emersi nel corso di causa di un significato fuori del senso comune o del tutto inconciliabile con il suo effettivo contenuto. Nella fattispecie in esame, quindi, ritiene la Corte che non sia censurabile l'impugnata sentenza, nella parte in cui ha ritenuto che, in virtù di un fatto notorio (ritenuto tale dal giudice di primo grado e non contestato specificamente in questa sede, e cioè il così detto fenomeno di tangentopoli), sopraggiunto in epoca successiva alla stipulazione del contratto, la chiusura della filiale di Roma della società conduttrice configurasse un grave motivo di cui all'art. 27 della legge n. 392 del 1978.

Al riguardo, il giudice di merito si è uniformato al costante insegnamento di questo S.C. secondo cui "i gravi motivi che consentono, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, il recesso del conduttore dal contratto di locazione, ai sensi degli artt. 4 e 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392, devono essere determinati da fatti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione, ed, in particolare, in relazione alle locazioni commerciali, può integrare grave motivo, che legittima il recesso del conduttore, un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all'attività di impresa), sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (quando fu stipulato il contratto), che lo obblighi ad ampliare o ridurre la struttura aziendale in misura tale, da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo" (n. 10980/1996).

Non senza rilevare, conclusivamente, che la sussistenza dell'imprevedibilità del fatto che rende particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo, come uno dei presupposti necessari perché siano ravvisabili i gravi motivi che legittimano il recesso del conduttore ex art. 27, ultimo comma, della legge n. 392 del 1978, non può che essere rimessa all'apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, sorretto da congrua e coerente motivazione.

4) Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso principale va rigettato, con conseguente assorbimento di quello incidentale in quanto condizionato e condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio.

 P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 1.600.00, di cui 100,00 per spese e 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 9 dicembre 2003.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2004