Il provvedimento del giudice, con cui viene subordinata la sospensione condizionale della pena nei delitti di maltrattamenti, violenza sessuale ecc. elencati dall'art. 165, quinto comma, cod. pen., ha una natura complessa e deve deve:
- contenere l'avvenuto accertamento circa la presenza del consenso, libero ed informato, dell'imputato a seguire i percorsi, evincibile anche da comportamenti concludenti risultanti dagli atti processuali;
- indicare l'ente/associazione che, in un'ottica individualizzata, è specializzato in ordine allo specifico reato accertato e alle caratteristiche del caso concreto (l'individuazione dell'ente/associazione non è demandabile all'UEPE ma la scelta dell'ente, infatti, costituisce un compito molto delicato del giudice e sarà agevolato dall'approvazione delle Linee guida previste dall'art. 18 della l. n. 168 del 2023);
- stabilire l'eventuale cadenza settimanale del percorso (oggi testualmente indicata in almeno due giorni a settimana) a seconda del delitto contestato e delle modalità dello stesso;
- prevedere la necessità che, ai fini dell'estinzione della pena, il percorso si conclude con esito favorevole, non bastando la sola partecipazione, come si desume già dal testo normativo applicabile al caso in esame e oggi solo esplicitato dalla disposizione per come modificata;
- il termine di inizio del percorso da far decorrere dalla data di irrevocabilità della pronuncia;
- la durata del percorso.
Corte di Cassazione
sez. VI
ud. 3 ottobre 2024 (dep. 7 novembre 2024), n. 40888
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza di cui in epigrafe, emessa con il rito abbreviato, il Tribunale di Cremona ha condannato C.M. a due anni di reclusione per il delitto di maltrattamenti ai danni della moglie e dei tre figli minorenni, commessi dal 2018, applicando la sola sospensione condizionale della pena.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia con un unico motivo che censura la violazione dell'art. 165, quinto comma, cod. pen. in quanto il Tribunale aveva condannato l'imputato per il delitto di maltrattamenti aggravati senza subordinare il concesso beneficio della sospensione condizionale della pena alla partecipazione ai percorsi di recupero indicati dalla norma indicata, applicabile al caso di specie in quanto le condotte maltrattanti si sono protratte quantomeno sino all'aprile 2021.
Considerato in diritto
1. Il ricorso va accolto in quanto il motivo dedotto è fondato.
2. Il Tribunale di Cremona ha condannato l'imputato per il reato di maltrattamenti ai danni della moglie e dei tre figli minorenni, commessi dal 2018 "e tuttora in atto" - peraltro senza provvedere agli aumenti per l'aggravante contestata di cui all'art. 572, secondo comma, cod. pen. e per la continuazione interna - riconoscendo al prevenuto il beneficio della sospensione condizionale della pena senza subordinarlo alla imposizione degli obblighi previsti dall'art. 165, quinto comma, cod. pen. introdotto dall'art. 6, comma 1, l. n. 69 del 2019 e in vigore dal 9 agosto 2019.
2.1. Per i reati elencati nella menzionata disposizione, tra i quali il delitto di cui all'art. 572 cod. pen., il disposto dell'art. 165, quinto comma, cod. pen. stabilisce che la sospensione condizionale della pena venga obbligatoriamente «subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati» (formulazione, previgente alla modifica avvenuta con l'art. 15 della l. n. 168 del 2023, applicabile nella specie).
2.2. Si tratta di una disposizione che, pur non rientrando, a rigore, nel trattamento sanzionatorio ai sensi dell'art. 17 cod. pen., è indubbio che sia un requisito accessorio alla pena e concorra alla sua esecuzione in quanto impone prescrizioni ed oneri dal contenuto afflittivo tale da farle assumere una natura sostanziale.
Ne consegue l'effetto della sua applicazione solo ai fatti commessi successivamente alla sua introduzione secondo i principi stabiliti dagli artt. 25 Cost. e 2 cod. pen. (tra le tante, Sez. 6, n. 32577 del 16/06/2022, F., Rv. 283617).
Nel caso in esame la condotta abituale si è protratta sia prima che dopo l'entrata in vigore delle novità introdotte dalla l. n. 69 del 2019.
Il consolidato orientamento di questa Corte ritiene che il momento consumativo coincida con la cessazione dell'abitualità, per cui, nell'ipotesi di condotta sviluppatasi sotto due differenti regimi normativi, a prescindere dal numero di episodi posti in essere nel vigore della nuova legge e tali, dunque, da integrare o meno per intero l'abitualità, la sanzione è quella vigente alla data della consumazione del reato anche se sfavorevole rispetto a quella precedente (Sez. 6, n. 23024 del 12/03/2024, G., Rv. 286616; Sez. 5, n. 3427 del 19/10/2023, dep. 2024, C., Rv. 285848; Sez. 6, n. 21998 del 5/05/2023, P., Rv. 285118).
Alla luce di tali principi ritiene il Collegio che, anche nel caso in esame, connotato dalla protrazione ininterrotta delle condotte maltrattanti quantomeno sino all' aprile 2021, come risulta da uno degli episodi indicati nella contestazione e, dunque, in epoca successiva all'entrata in vigore della l. n. 69 del 2019, sia obbligatoria l'applicazione dell'art. 165, quinto comma, cod. pen. (Sez. 6, n. 32577 del 16/06/2022, F., Rv. 283617).
3. Per affrontare in modo completo le questioni poste dal ricorso è necessario collocare la disposizione in esame nell'articolato contesto ordinamentale, soprattutto sovranazionale.
3.1. Va premesso che già la Raccomandazione Rec(2002)5, del Comitato dei ministri agli Stati membri sulla protezione delle donne contro la violenza, adottata il 30 aprile 2002, invitava gli Stati a intraprendere azioni per garantire la protezione delle vittime menzionando specificamente i Programmi d'intervento per gli autori delle violenze /«Gli Stati membri dovrebbero:
— Organizzare programmi d'intervento finalizzati ad incoraggiare gli autori di violenze ad assumere atteggiamenti privi di violenza permettendo loro di prendere coscienza delle loro azioni e di riconoscere le loro responsabilità;
— Proporre agli autori di violenza la possibilità di seguire un programma d'intervento, non solo a titolo di pena sostitutiva, ma di misura supplementare destinata a prevenire la violenza; la partecipazione a questo programma d'intervento dovrebbe essere volontaria....»).
3.2. Come ricordato anche dalle Sez. U, n. 5352 del 28/09/2023, dep. 2024, P., Rv. 285851, l'art. 165, quinto comma, cod. pen. è stato introdotto, conformemente a quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell'11 maggio 2011), ratificata con la legge 27 giugno 2013, n. 77, ripercorrendo il contenuto dell'art. 16 («Programmi di intervento di carattere preventivo e di trattamento») secondo il quale:
«1. Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti.
2. Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale.»
Il paragrafo 3 aggiunge un elemento di particolare rilievo nella prospettiva di concreta funzione preventiva che connota l'istituto in esame ovverosia la prioritaria tutela delle vittime rispetto alla lesione del loro diritto umano di vivere libere dalla violenza: «Nell'adottare le misure di cui ai paragrafi 1 e 2, le Parti si accertano che la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle vittime siano una priorità e che tali programmi, se del caso, siano stabiliti e attuati in stretto coordinamento con i servizi specializzati di sostegno alle vittime».
Si tratta di una disposizione convenzionale da leggere tenendo conto che i Programmi previsti dall'art. 16 devono fare salvo il divieto di mediazione e conciliazione tra autore e vittima, stabilito dall'art. 48 della Convenzione di Istanbul, escludendo dunque qualsiasi coinvolgimento della persona offesa e dei suoi figli.
Inoltre, l'art. 165, quinto comma, cod. pen. adempie anche agli Obblighi generali previsti dall'art. 12 della Convenzione di Istanbul che impone agli Stati di «promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio- culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pratiche basata sull'idea dell'inferiorità della donna e su modelli stereotipati dei ruoli delle donne degli uomini» (Sez. 6, n. 8451 del 10/01/2023, M., non mass.).
3.3. Da ultimo va richiamata la Direttiva del 14 maggio 2024 n. 2024/1385/Ue «Sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica», entrata in vigore il 13 giugno 2024, che si occupa espressamente dei programmi di intervento per gli uomini autori di violenza, delineandone finalità e contenuti, sia nel Considerando 62 («Occorre istituire programmi di intervento per prevenire e ridurre al minimo il rischio di commettere (ripetuti) reati di violenza contro le donne o di violenza domestica o di recidiva. Tali programmi dovrebbero essere condotti da professionisti formati e qualificati. I programmi dovrebbero mirare specificamente a garantire relazioni sicure e a insegnare agli autori di reati o ai soggetti a rischio di reato come adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali e come contrastare i modelli comportamentali violenti. Gli Stati membri dovrebbero collaborare con l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere alla definizione di standard e linee guida comuni»), sia nel testo normativo il cui art. 38. («I programmi di intervento») ricalca il citato art. 16 della Convenzione di Istanbul:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire l'istituzione di programmi di intervento mirati per prevenire e ridurre al minimo il rischio di commettere violenza contro le donne o violenza domestica, o di recidiva.
2. I programmi di intervento devono essere resi disponibili per la partecipazione alle persone che hanno commesso un reato di violenza contro le donne o di violenza domestica e possono essere resi disponibili ad altre persone che sono valutate a rischio di commettere tali reati. Ciò può includere persone che sentono il bisogno di partecipare, ad esempio perché temono di commettere un reato di violenza contro le donne o di violenza domestica.
3. Gli Stati membri garantiscono che l'autore del reato di stupro sia incoraggiato a partecipare a un programma di intervento».
4. Perché venga efficacemente perseguita la finalità preventiva e rieducativa dei menzionati programmi per gli autori di violenza contro le donne e domestica è necessario che il giudice adotti una logica di massima individualizzazione degli stessi.
4.1. Ciò vuol dire che i percorsi devono tenere conto dello specifico delitto commesso e delle modalità in cui si è concretamente consumato (violenza sessuale, pedofilia, atti persecutori, maltrattamenti in contesto intrafamiliare, maltrattamenti nella relazione di coppia, violenza fisica, economica o psicologica, ecc.); della personalità del condannato e del movente che lo ha determinato; della personalità della vittima in chiave intersezionale (età, persone con disabilità, provenienza geografica, identità di genere, ecc.); della relazione con l'autore, ecc.
4.2. Conferma della necessaria individualizzazione dei percorsi, unico strumento a renderli davvero efficaci nella logica perseguita dal legislatore nazionale e sovranazionale, si trae proprio dall'intervento legislativo avvenuto con l'art. 15 della l. n. 168 del 2023 che non solo ha stabilito specifiche e più stringenti modalità applicative della sospensione condizionale della pena con modifiche del menzionato quinto comma dell'art. 165 cod. pen., ma ha introdotto anche l'art. 18-bis, comma 2, disp. coord. cod. pen. (sugli obblighi di comunicazione della sentenza che applica l'art. 165, quinto comma, cod. pen.) e l'art. 18 «Riconoscimento e attività degli enti e delle associazioni organizzatori di percorsi di recupero destinati agli autori di reato». Detta ultima disposizione è di particolare rilievo perché proprio ai fini e per gli effetti dell'art. 165, quinto comma, cod. pen. (e dell'art. 282-quater, comma 1, terzo periodo, cod. proc. pen.) demanda ad un apposito decreto del Ministro della giustizia e dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità di stabilire «i criteri e le modalità per il riconoscimento e l'accreditamento degli enti e delle associazioni abilitati a organizzare percorsi di recupero destinati agli autori dei reati di violenza contro le donne e di violenza domestica» con specifiche «linee guida per lo svolgimento dell'attività dei medesimi enti e associazioni.».
In tal modo è lo stesso legislatore a richiedere al giudice di distinguere enti e percorsi a seconda del tipo di reato («reati di violenza contro le donne e di violenza domestica»), rimandando alle linee guida per operare il necessario adattamento, indispensabile per perseguire efficacemente le esigenze preventive ed educative del caso concreto.
4.3. In attesa dell'approvazione delle Linee guida di cui al citato art. 18 della l. n. 168 del 2023, per il giudice di merito saranno utili le indicazioni contenute nell'art. 1, comma 6, dell'Intesa Stato-Regioni del 14 settembre 2022, pubblicata sulla G.U. n. 276 del 25 novembre 2022 «Sui requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza domestica e di genere del 14 settembre 2022» che stabilisce gli obiettivi e i contenuti dei programmi di intervento dedicati agli autori di violenza.
5. Gli obiettivi perseguiti dall'art. 165, quinto comma, cod. pen. proprio in una prospettiva convenzionale ed eurounitaria possono così declinarsi: a) prevenire il rischio di recidiva, stante l'alta percentuale di reiterazione dei reati di violenza domestica contro le donne in quanto fondati su una strutturata identità del loro autore che ha introiettato modelli comportamentali violenti nei confronti delle donne (così definiti dalle norme sovranazionali); b) consentire all'imputato, che ne assume consapevolezza, di manifestare la scelta libera ed autonoma di intraprendere un percorso di rivisitazione delle ragioni identitarie e discriminatorie sottese alla commissione del delitto; c) tutelare le vittime, dirette o potenziali, del delitto, incidendo sulle condotte dell'autore proprio nella fase processuale, quella a maggiore rischio per la persona offesa che, decidendo di denunciare e confermare la propria scelta di autonomia, si sottrae alla posizione di paura o soggezione cui è stata costretta; d) vincolare il giudice, in deroga alla discrezionalità concessa dal primo comma dello stesso art. 165 cod. pen., anche per evitare che una causa di estinzione del reato possa essere concessa con mere clausole di stile e senza precise condizioni, stante la prospettiva principalmente rieducativa dell'istituto in una logica di prevenzione del reato (Sez. 6, n. 30593 del 18/06/2024, L., non mass.; Sez. 6, n. 8451 del 10/01/2023, M., non mass.).
Diversamente dagli altri casi previsti dall'art. 165 cod. pen., in cui il beneficio è subordinato all'adempimento di obblighi (comma secondo, comma quarto per i reati contro la Pubblica Amministrazione e ultimo comma per il reato previsto dall'art. 624-bis cod. pen.) che hanno una funzione meramente ripristinatoria, il quinto comma oggetto di esame, per quanto detto, assume una funzione molto più ampia e complessa, di natura sia rieducativa sia preventiva.
6. I percorsi - dizione linguistica non casuale - di prevenzione, assistenza psicologica e recupero, cui fa riferimento l'art. 165, quinto comma, cod. pen., per essere efficaci e non tradursi in un mero adempimento formale applicato unilateralmente dal giudice, tanto da svuotarsi del profondo significato loro attribuito dal legislatore, richiede il preliminare accertamento della libera, consapevole ed effettiva volontà di intraprenderli da parte dell'imputato, non bastando la sua "non opposizione"; volontà che costituisce il nucleo dell'istituto in oggetto insieme al presupposto della sospensione condizionale della pena di cui all'art. 164, primo comma, cod. pen. («presumere che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati»).
6.1. Infatti, i percorsi devono approfondire un complesso intreccio di profili innanzitutto culturali, oltre che psicologici e relazionali, che richiedono una seria e dolorosa messa in discussione dell'imputato, costituente un facere volto a rimuovere le radicate convinzioni circa la supremazia maschile e la sudditanza femminile, ridisegnando i relativi ruoli di genere, che fondano la natura discriminatoria di questi delitti lesivi di diritti umani inalienabili (Sez. 6, n. 20004 del 12/03/2024, S., Rv. 286478; Sez. 6, n. 23204 del 12/03/2024, P., Rv. 286616; in motivazione, Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, B., Rv. 285273; Sez. 6, n. 32042 dell'8/07/2024, F., non mass.; Sez. 6, n. 28217 del 20/12/2022, dep. 2023, G., cit.).
Si tratta di un impegno che pur richiedendo all'imputato di riconoscere e rivisitare i propri comportamenti non significa ammissione di colpevolezza quanto consapevolezza e responsabilizzazione per evitare il rischio di recidiva.
6.2. Il consenso dell'imputato, espresso formalmente o ritenuto dal giudice in base ad elementi oggettivi desumibili dagli atti, proprio per la gravosità del percorso, deve essere pieno perchè la sua manifestazione si riflette, in misura rilevante, sui suoi diritti fondamentali, nonché sulla stessa eseguibilità della pena ed è, dunque, necessario che egli sia cosciente delle sue conseguenze giuridiche (cfr. Corte cost., sent. n. 394 del 2002).
6.3. Peraltro, la concessione del beneficio nei termini indicati comporta che l'imputato sostenga il costo economico della partecipazione a detti percorsi, posto espressamente a suo carico dall'art. 6, comma 2, l. n. 69/2019 come ulteriore riprova del suo impegno concreto (Sez. 6, n. 30593 del 18/06/2024, L., non mass.), semmai anche con sacrifici personali, che avvalora la valutazione positiva per l'applicazione della sospensione condizionale della pena che tiene conto anche del comportamento successivo al reato.
6.4. Per completezza si aggiunge che, nel caso in cui l'imputato sia sottoposto a misura cautelare, il giudice deve operare una doppia prognosi per escludere il concreto rischio di recidiva.
La prima concerne il profilo cautelare e la valutazione, da effettuarsi da parte del giudice in qualsiasi momento del giudizio, ai sensi dell'art. 299, comma 3, ultimo periodo cod. proc. pen., con effetto immediato e deve tenere conto del rischio, proprio dei delitti di violenza contro le donne e domestica che, quando abituali - come i maltrattamenti e gli atti persecutori -, si connotano ontologicamente per la reiterazione della condotta nei confronti di una vittima determinata, sicché qualora non risulti con certezza che è cessata l'abitualità la prognosi non può che essere negativa.
La seconda prognosi, logicamente successiva a quella menzionata, attiene al momento finale della deliberazione della sentenza e, diversamente dalla prima, non avendo effetti definitivi immediati, in quanto «astensione a tempo» (Corte cost. sent. n. 295 del 1986), apre una parentesi che, in virtù di obblighi e prescrizioni, richiede una più ampia e stringente motivazione in ordine alla presunzione «che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati», avendo riguardo non solo al rischio di recidiva per i delitti per i quali era stata applicata la misura cautelare con accertamento dell'interruzione dell'abitualità; ma anche valutando la capacità dell'agente di autolimitarsi rispetto a condotte di reato di altra natura, nella più ampia prospettiva di estinzione del reato.
7. Alla luce degli argomenti che precedono il provvedimento del giudice, con cui viene subordinata la sospensione condizionale della pena nei delitti elencati dall'art. 165, quinto comma, cod. pen., ha una natura complessa.
7.1. Esso deve contenere, innanzitutto, l'avvenuto accertamento circa la presenza del consenso, libero ed informato, dell'imputato a seguire i percorsi, evincibile anche da comportamenti concludenti risultanti dagli atti processuali.
7.2. Inoltre, il provvedimento deve indicare l'ente/associazione che, in un'ottica individualizzata, è specializzato in ordine allo specifico reato accertato e alle caratteristiche del caso concreto.
Si perviene a tale conclusione sulla base del dato testuale dell'art. 165, quinto comma, cod. pen., nella versione vigente all'epoca dei fatti e sostanzialmente confermata dalle modifiche introdotte dalla l. n. 168 del 2023 che ha aggiunto soltanto che i percorsi vengano «accertati e valutati dal giudice, anche in relazione alle circostanze poste a fondamento del giudizio formulato ai sensi dell'articolo 164".
L'individuazione dell'ente/associazione non è demandabile all'UEPE, come già sottolineato da questa Corte in relazione ai principi di prevenzione e rieducativi che connotano anche il lavoro di pubblica utilità sostitutivo (Sez. 6, n. 32042 del 08/07/2024, F., non mass.; Sez. 6, n. 23620 del 14/05/2024, D., non mass.).
Detta conclusione risulta fondata: a) sul dato testuale dell'art. 165, quinto comma, cod. pen., come modificato dalla l. n. 168 del 2023; b) sulla previsione del secondo comma dell'art. 18-bis disp att. coord. cod. pen. (sempre introdotto dalla l. n. 168 del 2023) che stabilisce espressamente che l'ufficio di esecuzione penale esterna accerti solo l'effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e ne comunichi l'esito al pubblico ministero.
La scelta dell'ente, infatti, costituisce un compito molto delicato del giudice e sarà agevolato dall'approvazione delle Linee guida previste dall'art. 18 della l. n. 168 del 2023, sopra menzionato.
7.3. Il provvedimento del giudice, inoltre, deve stabilire:
- l'eventuale cadenza settimanale del percorso (oggi testualmente indicata in almeno due giorni a settimana) a seconda del delitto contestato e delle modalità dello stesso;
- la necessità che, ai fini dell'estinzione della pena, il percorso si conclude con esito favorevole, non bastando la sola partecipazione, come si desume già dal testo normativo applicabile al caso in esame e oggi solo esplicitato dalla disposizione per come modificata;
- il termine di inizio del percorso da far decorrere dalla data di irrevocabilità della pronuncia (Sez. Un., n. 37503 del 23/06/2022, Liguori, Rv. 283577 secondo cui il termine entro il quale l'imputato deve provvedere costituisce elemento essenziale dell'istituto e va fissato dal giudice in sentenza o, in mancanza, dal giudice dell'impugnazione, anche d'ufficio, o da quello dell'esecuzione).
7.4. Con specifico riferimento al termine va ritenuto illegittimo un dies a quo fissato antecedentemente al passaggio in giudicato della sentenza.
La durata del percorso va indicata dal giudice, nel dispositivo di sentenza, stabilendo quella massima che costituisce una delicata operazione di bilanciamento di una serie di elementi di merito non predefiniti (Sez. 5, n. 16548 del 9/02/2023, U., non mass.).
Le ragioni poste a fondamento di detta conclusione sono che l'imputato ha il diritto alla certezza del termine entro cui si compie l'accertamento finale della sua posizione; che la sentenza, e l'esito estintivo della pena, sono prerogativa esclusiva del giudice. Ne consegue che non può essere demandata alla sola fase esecutiva e ai responsabili degli enti/associazioni la durata massima di un percorso che costituisce il presupposto dell'estinzione della pena.
7.5. Inoltre, non possono valere eventuali partecipazioni a corsi autonomamente iniziati dall'imputato o programmi di recupero dalle dipendenze (da alcol, droghe, ludopatie o altro) che prescindono dal delitto commesso, dalla tutela della persona offesa e hanno una finalità di cura (Sez. 6, n. 39341 del 26/06/2023, T., Rv. 285275; Sez. 6, n. 30593 del 18/06/2024, L., non mass.), in quanto non oggetto della complessa articolazione accertativa sopra esposta, affidata dal legislatore alla sola valutazione discrezionale del giudice.
Detti corsi sono valutabili, però, ai fini della revoca o sostituzione della misura cautelare, quando ne sussistano i presupposti, ai sensi dell'art. 282-quater cod. proc. pen.
8. Gli argomenti svolti non consentono di accogliere la richiesta del Procuratore generale di annullamento della presente sentenza senza rinvio, pur fondata su una recente pronuncia resa da questa Corte (Sez. 6, n. 30147 del 3/05/2023, P., Rv. 285046).
Infatti, è proprio la complessità dell'accertamento demandato al giudice di merito, in presenza di un libero e consapevole consenso dell'Imputato, con l'individuazione dell'ente più adatto al caso concreto e con la fissazione dell'inizio e della durata del percorso, valutabili sulla base degli elementi emersi dal processo, a rendere questa soluzione non accoglibile.
Né si può ritenere che questa Corte possa sostituirsi al giudice di merito per sopperire alle menzionate carenze in quanto si tratta di aspetti non predeterminati normativamente che concorrono a definire il trattamento sanzionatorio in senso lato e rientrano, quindi, nei poteri commisurativi del Tribunale e presuppongono una puntuale conoscenza di elementi di fatto che il giudice di legittimità non può accertare (Sez. 5, n. 16548 del 9/02/2023, U., non mass.).
Del resto, sono proprio le modifiche introdotte dalla l. n. 168 de 2023 ad avere inequivocabilmente confermato il contorno delle competenze tra giudice della cognizione e giudice dell'esecuzione in questa materia: il primo è tenuto a delineare tempi, oggetto, ente e necessità dell'esito favorevole del percorso; il secondo a verificare l'effettiva partecipazione al percorso con le modalità ivi previste tramite UEPE.
9. Dalle esposte conclusioni consegue l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente al punto relativo all'omessa applicazione della condizione prevista dall'art. 165, quinto comma, cod. pen., con rinvio al Tribunale di Cremona, Sezione GIP che, per nuovo giudizio sul punto, si atterrà alle indicazioni innanzi formulate.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Cremona, Sezione GIP.