Colui che intende possedere gli strumenti atti ad offendere indicati nella L. n. 110 del 1975, art. 4, deve necessariamente provvedere a custodirli nell’abitazione o nelle sue appartenenze: il giustificato motivo rilevante per legittimare il porto fuori dall'abitazione non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti.
Porto di coltello fuori dall'abitazione può essere lieve e particolarmente tenue.
Applicabile d'ufficio la disposizione di cui all’art. 129 c.p.p. che ha portata generale, sistemica, e deve pertanto trovare applicazione anche in relazione all’ipotesi in cui ricorre una causa di non punibilità, quale quella di cui all’art. 131-bis c.p., sebbene tale evenienza, contemplata nella rubrica, non sia menzionata nel testo dell’articolo.
Corte di Cassazione
sez. I Penale
sentenza 25 settembre – 6 novembre 2020, n. 31009
Presidente Casa – Relatore Aliffi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza resa in data 20 novembre 2019, il Tribunale di Venezia ha dichiarato F.G. responsabile del reato di porto senza giustificato motivo di un coltello a serramanico e, riconosciuta l’ipotesi di lieve entità, lo ha condannato alla pena di Euro 1.500,00 di ammenda.
Incontestato che il F. sia stato controllato all’ingresso del palazzo di giustizia mentre portava con sé un borsello contenente, tra le altre cose, il coltello descritto nel capo di imputazione, sussiste, secondo il Tribunale, anche l’elemento costitutivo dell’assenza di giustificato motivo. Lo stesso imputato, infatti, ha ammesso di portare sempre con sé il coltello per maggiore comodità in" assenza di qualsiasi riflessione sulle sue caratteristiche offensive e sulla impossibilità di destinarlo, in occasione della permanenza presso gli uffici giudiziari, agli usi consueti indicati nel taglio della frutta o comunque nelle incombenze connesse alla gestione di una palestra o ò all’organizzazione di escursioni in canoa.
2. Avverso la sentenza, il F. , per il tramite del difensore di fiducia avv. AC, ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo denunzia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di assenza del giustificato motivo di porto quale elemento di tipicità della condotta.
Il Giudicante, discostandosi dalle indicazioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità ampiamente richiamata, ha respinto la tesi difensiva sulla giustificazione del porto, valorizzando il suo convincimento personale in ordine alla possibilità di utilizzare strumenti diversi dal coltellino in sequestro per compiere le attività indicate dall’imputato, a discapito delle circostanze del caso concreto, come emerse nell’istruttoria dibattimentale. Che l’imputato utilizzasse il coltello in numerose e frequenti attività giornaliere (l’apertura di pacchi, avvenuta anche in Tribunale, attività sportive e di montaggio dei gazebi nei centri estivi) è stato confermato dai testimoni a discarico.
2.2. Con il secondo motivo denunzia vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, in relazione all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato. Il Tribunale, secondo il ricorrente, ha omesso di valutare il compendio probatorio nella sua interezza e ha, in particolare, trascurato la deposizione dell’appuntato Baesso nella parte in cui ha dato conto del riscontro visivo immediato delle giustificazioni fornite dal F. sull’uso recente del coltello per l’attività di canoa, palestre e centri estivi e sulla presenza all’interno del borsello di un mazzo di chiavi utilizzate dall’imputato per accedere ai luoghi dove praticava dette attività, ciò in conformità alla ricostruzione fornita dalla testimone della difesa, M.A. .
La deposizione del Baesso è stata erroneamente interpretata. Il testimone non ha mai parlato della volontà del F. di portare con sé lo strumento da taglio in ogni occasione, ma ha precisato che lo stesso, sin dall’immediatezza, aveva giustificato la presenza del coltello, di cui non aveva contezza tanto da lasciarlo nel borsello mentre veniva controllato dal metal detector, per una dimenticanza legata al suo uso frequente. 2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 131 bis c.p.p..
Il Tribunale, nonostante la conforme richiesta di imputato e pubblico ministero di applicare la causa di esclusione della punibilità, ha omesso qualsiasi forma di valutazione sul punto, in tal modo ignorando la presenza nel caso concreto di indici sintomatici della particolare tenuità del fatto, come l’attualità e comunque l’estrema vicinanza dell’uso del coltello dimenticato nel borsello in contesti leciti. D’altra parte, che il fatto sia lieve è confermato dalla circostanza che la stessa sentenza impugnata ha qualificato il fatto ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3, comminando una pena prossima al minimo edittale e concedendo il beneficio della pena sospesa.
2.4. Con il quarto motivo denunzia vizio di motivazione in relazione agli artt. 62 bis, 175 e 133 c.p..
Il Tribunale ha escluso la concessione delle attenuanti generiche in ragione dell’abitualità della condotta, desunta da circostanze di tempo e di luogo indipendenti dal fatto per cui si procede senza considerare i parametri, soggettivi ed oggettivi previsti dall’art. 133 c.p., tutti favorevoli all’imputato tanto da essere stati in gran parte posti a fondamento del riconoscimento dell’ipotesi lieve della fattispecie contestata. Nessuna valutazione è stata posta a sostegno sia del rigetto della domanda del beneficio della non menzione sia della determinazione di un pena distante dal minimo edittale, a nulla rilevando la natura pecuniaria della sanzione.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei limiti chiariti nel prosieguo.
1. I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni proposte, sono in parte non consentiti, perché sollecitano apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità, postulando in particolare, una diversa valutazione delle prove rispetto a quella, logica e razionale, compiuta dalla sentenza impugnata, in parte infondati, laddove contestano l’erronea applicazione dell’elemento della fattispecie di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, costituito dal giustificato motivo.
A quest’ultimo proposito, va rammentato che la ratio della norma incriminatrice induce a identificare il motivo giustificativo del porto di tali strumenti soltanto nello scopo determinato da particolari esigenze del portatore perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento e alla normale funzione dell’oggetto (Sez. 1, n. 9662 del 03/10/2013, dep. 2014, Dibra, Rv. 259787; Sez. 1, n. 4498 del 14/01/2008, Genepro, Rv. 238946); in mancanza della sussistenza di tale giustificato motivo, colui che intende possedere gli strumenti indicati nella L. n. 110 del 1975, art. 4, deve necessariamente provvedere a custodirli nell’abitazione o nelle sue appartenenze. È, altrettanto, pacifico che il giustificato motivo rilevante non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti (Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Naimi, Rv. 276187).
Secondo la valutazione, non illogica, del giudice di merito, lo scopo della detenzione indicato nell’immediatezza, sia pure in termini alternativi, non è comunque idoneo, qualunque fosse stato, ad essere valutato ai fini di escludere la sussistenza del giustificato motivo e ciò perché il F. ha finito con l’ammettere di avere portato con il sé il coltello dimenticando di,controllare, come imposto dalla natura dell’oggetto idoneo a ledere l’incolumità delle persone, di averne la pronta disponibilità a prescindere dall’uso "giustificato" cui era in concreto destinato.
2. Risulta, invece fondato, il terzo motivo di ricorso, relativo all’esclusione dell’ipotesi di cui all’art. 131 bis c.p..
2.1 Il Tribunale non ha esaminato la richiesta di assoluzione che, come si ricava dal testo della sentenza impugnata, era stata chiesta concordemente dalle parti. È dunque fondata la denuncia di omessa risposta. Tale carenza motivazionale è ancora più grave in considerazione dell’avvenuto riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, comma 3. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito lo stretto collegamento esistente tra i due istituti precisando che il mancato riconoscimento dell’attenuante impedisce la declaratoria di esclusione della punibilità ex art. 131 bis c.p. (Sez: 1 n. 13630 del 12/02/2019, Papia, Rv. 275242) e che, viceversa, l’esclusione di detto beneficio non impedisce il riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità (Sez. 1 n. 51261 del 07/03/2017, Zharri, Rv. 271262) e ciò perché il fatto di "particolare tenuità" ai fini della declaratoria di non punibilità presenta una minore rilevanza offensiva rispetto a quello di lieve entità che attenua il reato.
2.2. Ritiene però il Collegio che, nel caso in esame, non sia necessario disporre il rinvio per un nuovo giudizio al giudice del merito potendosi applicare, a prescindere dalla fondatezza del motivo di ricorso, anche di ufficio la disposizione di cui all’art. 129 c.p.p. che "ha portata generale, sistemica", e deve pertanto trovare applicazione anche in relazione all’ipotesi in cui ricorre una causa di non punibilità, quale quella di cui all’art. 131-bis c.p., sebbene tale evenienza, contemplata nella rubrica, non sia menzionata nel testo dell’articolo (cfr. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594, nonché Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, Coccimiglio, non mass. sul punto).
Non è di ostacolo il disposto di cui all’art. 609 c.p.p., comma 3, che impedisce di dedurre per la prima volta in cassazione le questioni di merito che potevano essere proposte ed esaminate in sede di appello (in tal senso Sez. 6, n. 20270 del 27/04/2016, Gravina, Rv. 266678 e Sez. 7, n. 43838 del 27/05/2016, Savini, Rv 268281). Tale principio non trova applicazione in tutte le ipotesi in cui possa venire in rilievo l’istituto della particolare tenuità del fatto. Come già osservato, l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. pone una questione di qualificazione giuridica del fatto, e non può ritenersi inibito alla Corte di cassazione di dare una diversa qualificazione giuridica al medesimo, quando le sue componenti sono assunte nei termini accertati in sede di merito. In secondo luogo, poi, in termini ancor più generali, secondo un autorevole insegnamento giurisprudenziale, non è precluso al giudice di legittimità di adottare una pronuncia di annullamento senza rinvio "quando, per quel che qui interessa, non è richiesta una valutazione sul fatto estranea al sindacato di legittimità" (così, testualmente, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594, nonché Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, Coccimiglio, non mass. sul punto, par. 3. della motivazione, entrambe specificamente relative all’istituto di cui all’art. 131-bis c.p., anche richiamando, in particolare, Sez. U, n. 22327 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226100).
In applicazione della regola fissata dall’art. 129 c.p.p., in presenza di un ricorso ammissibile, la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. può essere rilevata di ufficio, anche se non dedotta nel corso del giudizio di appello, ove pure ciò era possibile, quando i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano, quindi, necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine. La rilevabilità di ufficio, invece, non sarà possibile quando occorrano ulteriori indagini di merito, poiché in tal caso ricorre, eventualmente, un vizio di motivazione, che può essere rilevato solo se oggetto di tempestiva ed ammissibile doglianza (Sez. 6, n. 7606 del 16/12/2016, dep. 2017, Curia, Rv. 269164; Sez. 3, n. 6870 del 28/04/2016, 2017, Fontana, Rv. 269160).
2.3. Nella vicenda in esame, la sentenza impugnata con ricorso infondato, ma non inammissibile, ha rappresentato la condotta del F. come caratterizzata da un assai limitato grado di colpevolezza, ricostruito in termini di mera dimenticanza, e da un altrettanto modesto livello di offensività tanto da applicare allo stesso una pena molto modesta, previa concessione della circostanza della lieve entità di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, comma 3. Può pertanto ritenersi che il fatto, così come ricostruito dai giudici di merito, sia qualificabile giuridicamente come di particolare tenuità a norma dell’art. 131 bis c.p..
2.4. La sentenza deve, di conseguenza, essere annullata in relazione a tale aspetto e proprio le evidenziate considerazioni relative al riconoscimento della lieve entità del fatto, nonché il rilievo dell’incensuratezza dell’imputato, consentono - ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. c) - di riconoscere la causa di non punibilità invocata e di disporre, per tale ragione, l’annullamento senza rinvio.
3. Il quarto ed ultimo motivo, relativo al trattamento assolutorio, resta assorbito.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’imputato non è punibile per la particolare tenuità del fatto.