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Colpevole seppur archiviato, unico rimedio istanza di correzione (Cass. 1276/25)

13 gennaio 2025, Cassazione penale

Contro il provvedimento di archiviazione contenente apprezzamenti sulla colpevolezza dell’indagato è esperibile il solo rimedio previsto dall'articolo 115 bis c.p.p. entro dieci giorni successivi alla conoscenza del provvedimento, senza possibilità di proporre ricorso per cassazione per abnormità (che ha natura residuale e, pertanto, non è esperibile ove siano normativamente previsti rimedi tipici). 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

sezione VI penale

(data ud. 06/11/2024) 13/01/2025, n. 1276

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a L il (Omissis);

avverso l'ordinanza emessa il 24/04/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere Fabrizio D'Arcangelo;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con il decreto impugnato il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara ha disposto l'archiviazione nei confronti di A.A., sottoposto ad indagine per il delitto di traffico di influenze illecite.

2. L'avvocato MD, nell'interesse di A.A., ricorre avverso tale decreto e, denunciandone l'abnormità, ne chiede l'annullamento.

Il difensore premette che il ricorrente, parlamentare della Repubblica, ha appreso, da fonti non istruzionali, di essere stato iscritto nel registro degli indagati nel procedimento penale n. 1393/2019 R.G.N.R., incardinato presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara per il delitto di traffico di influenze illecite, e che, all'esito delle indagini, la sua posizione è stata archiviata.

Il ricorrente, tuttavia, si duole che il provvedimento di archiviazione contravviene al divieto, sancito dall'art. 115-bis cod. proc. pen., di indicare come colpevole la persona soggetta a indagini o l'imputato che non sia stato condannato in via definitiva.

Questo provvedimento è, infatti, stato adottato senza consentirgli di difendersi sul merito delle accuse mosse nei suoi confronti ed esprime apprezzamenti di merito sulla sua colpevolezza, che sono in contrasto con la presunzione di innocenza e con il carattere neutro che l'archiviazione dovrebbe assumere.

Il difensore precisa di aver chiesto, inutilmente, la correzione dell'ordinanza di archiviazione ai sensi dell'art. 115-bis cod. proc. pen., e che tale rimedio si pone, comunque, in regime di alternatività con il ricorso per cassazione per far dichiarare l'abnormità del decreto di archiviazione proprio al fine di garantire effettività alla presunzione di colpevolezza.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 41 del 2024 , ha, infatti, ritenuto abnorme il provvedimento di archiviazione che contiene indebiti apprezzamenti sulla colpevolezza della persona sottoposta a indagini.

3. Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 9 settembre 2024, il Procuratore generale Pietro Molino, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

Motivi della decisione

1. Il difensore denuncia l'abnormità del decreto di archiviazione impugnato, in quanto, contenendo apprezzamenti sulla colpevolezza della persona sottoposta a indagini preliminari, violerebbe la presunzione di innocenza.

2. Il motivo proposto è, tuttavia, infondato.

2.1. La giurisprudenza di legittimità ha già rilevato l'abnormità del decreto di archiviazione che violi la presunzione di innocenza.

La Corte di cassazione, nella sentenza n. 1560 del 23/2/199 ha, infatti, rilevato che il provvedimento di archiviazione disciplinato dagli artt. 408 e segg. cod. proc. pen. è un provvedimento concepito dal legislatore come anteriore all'esercizio dell'azione penale, correlato alla insussistenza degli estremi per esercitarla, che in nessun modo può pregiudicare gli interessi della persona indicata come responsabile nella notizia di reato, o l'interesse della pubblica accusa a riaprire le indagini nel caso previsto dall'articolo 414 cod. proc. pen.

Anche se il legislatore non ha previsto mezzi di impugnazione avverso il decreto di archiviazione, per la natura di provvedimento "neutro" che lo connota, è, tuttavia, esperibile il ricorso per cassazione connesso alla sua eventuale abnormità a norma dell'articolo 111 della Costituzione, qualora il provvedimento sia caratterizzato da vizi in procedendo o in iudicando del tutto imprevedibili per il legislatore che non ha contemplato per esso alcun mezzo d'impugnazione (Sez. 1, n. 1560 del 23/02/1999, Bentivenga, Rv. 213879 - 01, fattispecie nella quale il giudice per le indagini preliminari nel provvedere con l'archiviazione su conforme richiesta del pubblico ministero, dopo aver ricostruito il fatto e il ruolo avuto dagli indagati si esprimeva sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla configurabilità del delitto di strage, concludendo infine per l'archiviazione per essere il reato contestato estinto per amnistia, in esito ad ampia e particolareggiata motivazione con la quale si intendeva dare per accertata la colpevolezza degli indagati laddove, invece, la Corte ha ritenuto che non fosse configurabile il reato).

2.2. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 41 dell'11 marzo 2024 , ha, inoltre, esaminato le forme di tutela garantite dall'ordinamento processuale penale avverso i provvedimenti, quali il decreto di archiviazione, che esprimono una valutazione di colpevolezza della persona sottoposta a indagini.

In questa pronuncia la Corte costituzionale ha rilevato, infatti, che "richieste o decreti di archiviazione che, anziché limitarsi a ricostruire il fatto nei termini strettamente necessari a verificare l'avvenuto decorso del termine di prescrizione, esprimano giudizi sulla colpevolezza dell'interessato, violano in maniera eclatante - oltre che la presunzione di non colpevolezza di cui all'art. 27 , secondo comma, Cost. - il suo diritto di difesa, inteso anche quale diritto di "difendersi provando". Richieste o decreti di archiviazione così motivati perdono, per ciò solo, il carattere di "neutralità" che li dovrebbe caratterizzare, e sono in concreto suscettibili di produrre - ove per qualsiasi ragione arrivino a conoscenza dei terzi, come spesso accade - gravi pregiudizi alla reputazione, nonché alla vita privata, familiare, sociale e professionale, delle persone interessate".

La Corte costituzionale ha, tuttavia, dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 411, comma 1-bis, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, commi secondo e terzo, della Costituzione, "nella parte in cui non prevede che, anche in caso di richiesta di archiviazione per estinzione del reato per intervenuta prescrizione, il pubblico ministero debba darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, estendendo a tale ipotesi la medesima disciplina prevista per il caso di archiviazione disposta per particolare tenuità del fatto, anche sotto il profilo della nullità del decreto di archiviazione emesso in mancanza del predetto avviso e della sua reclamabilità dinanzi al Tribunale in composizione monocratica".

La Corte costituzionale ha, infatti, rinvenuto nella trama dell'ordinamento processuale rimedi effettivi che consentono un adeguato soddisfacimento delle esigenze costituzionali di tutela del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio in relazione a decreti di archiviazione per prescrizione, i quali indebitamente abbiano espresso valutazioni sulla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini.

Richiamando la sentenza n. 1560 del 1999 della Corte di cassazione, la Corte costituzionale ha, infatti, rilevato come la giurisprudenza di legittimità abbia ritento abnorme il decreto di archiviazione che "contenga nella sostanza una valutazione di colpevolezza della persona sottoposta a indagini, che il vigente sistema processuale considera invece come contenuto tipico di una sentenza di condanna" (par. 4.3 del Considerato in diritto).

La Corte costituzionale ha, inoltre, rilevato che il legislatore ha introdotto l'art. 115-bis cod. proc. pen., in attuazione degli artt. 4 e 10 della direttiva 2016/343/UE Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.

Tale disposizione prevede un rimedio effettivo per il caso in cui la persona sottoposta a indagini o l'imputato sia indicata quale colpevole in "provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell'imputato" e attribuisce il diritto, immediatamente azionabile, alla correzione di tali provvedimenti, a tutela della presunzione di innocenza nel processo.

La Corte costituzionale ha, dunque, rilevato che nell'assetto normativo anteriore all'attuazione della direttiva 2016/343/UE, la tutela effettiva della persona sottoposta ad indagine avverso il decreto di archiviazione che violasse la presunzione di innocenza fosse garantita dal ricorso in cassazione per abnormità dell'atto e che a tale rimedio si è aggiunta la previsione dell'art. 115-b/s cod. proc. pen., rimettendo alla valutazione della giurisprudenza di legittimità la definizione dei rapporti tra tali rimedi processuali (par. 4.4 del Considerato in diritto).

2.3. Ritiene, tuttavia, il Collegio che i rimedi a tutela della presunzione di innocenza indicati dalla Corte costituzionale, a differenza di quanto prospettato dal ricorrente, non possano essere proposti cumulativamente.

In seguito all'introduzione dell'art. 115-bis cod. proc. pen., infatti, la persona sottoposta ad indagine non può più denunciare in cassazione l'abnormità del decreto di archiviazione che lo indichi come colpevole di un reato, pur in assenza di un accertamento giudiziale dello stesso.

Il rimedio attualmente posto dall'ordinamento a tutela della presunzione di innocenza della persona sottoposta a indagini è, infatti, garantito dall'art. 115-bis cod. proc. pen. e non già dal ricorso per abnormità del decreto di archiviazione.

Secondo l'elaborazione delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 7 del 26/04/1989, Goria, Rv. 181303; Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, Quarantelli, Rv. 208221; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, Di Battista, Rv. 209603; Sez. Un., 24/11/1999, dep. 2000, Magnani, Rv 215094; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, Boniotti, Rv. 217244; Sez. U, n. 4 del 31/01/2001, Romano, Rv. 217760; Sez. Un., 31/5/2005 n. 22909, Minervini, Rv. 231163; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, P.M. in proc. Battistella, Rv. 238240; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590; Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010, P.G. in proc. Zedda, Rv. 246910; Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, Gianforte, Rv. 273581) può, infatti, ritenersi abnorme il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ovvero che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite; il vizio di abnormità può riguardare sia il profilo strutturale, allorché l'atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo.

 

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è, tuttavia, abnorme solo il provvedimento che "non sia altrimenti impugnabile" (Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, Rv. 231163 - 01).

L'abnormità dell'atto costituisce, infatti, un rimedio residuale nel sistema, non azionabile ove siano previsti dal legislatore rimedi tipici.

2.4. Il ricorrente, peraltro, nel caso di specie, prima di denunciare l'abnormità del decreto di archiviazione innanzi alla Corte di cassazione, ne ha censurato il contenuto, proponendo ricorso ex art. 115-6/s, comma 1, cod. proc. pen., che è stato dichiarato inammissibile dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara con decreto del 12 aprile 2024.

Il ricorrente ha, inoltre, proposto opposizione avverso tale decreto, ai sensi dell'art. 115-bis, comma 1, cod. proc. pen., che è stata rigettata, con ordinanza emessa in data 24 aprile 2024, dal Presidente del Tribunale di Pescara.

Il ricorrente ha, dunque, già impugnato il decreto di archiviazione in ragione del proprio contenuto sostanziale, ritenuto idoneo a integrare una violazione della presunzione di innocenza, e questa censura non può nuovamente essere posta a fondamento di un ricorso per abnormità di tale provvedimento.

3. Alla stregua dei rilievi che precedono, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2025.