L'omessa notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza ad uno dei due difensori dell'imputato determina una nullità di ordine generale a regime intermedio: la nullità di ordine generale a regime intermedio, derivante dall'omesso avviso ad uno dei due difensori di fiducia della data fissata per il giudizio (nella specie, di appello), deve essere eccepita a opera dell'altro difensore, o dal sostituto eventualmente nominato ai sensi dell'art. 97, comma 2, cod. proc. pen., nel termine di cui all'art. 182, comma 2, dello stesso codice.
Iin tema di notificazione della citazione dell'imputato, ricorre la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 cod. proc. pen. quando la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato, mentre non ricorre nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all'art. 184 cod. proc. pen.
L'omessa notifica all'imputato dell'avviso di fissazione dell'udienza configura un'ipotesi di nullità assoluta ed insanabile, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento equiparabile all'annessa citazione dell'imputato, poiché la sanzione processuale di cui all'art.179 cod. proc. pen. deve essere riferita non già alla sola citazione in giudizio in senso stretto, ma anche a quell'insieme di adempimenti che consente all'imputato, all'indagato o al condannato di partecipare ad una fase processuale che si conclude con una decisione.
L'imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell'atto e indicare gli specifici elementi che consentano l'esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice: tale situaizone is verifica indubitabilmente quando l'atto è stato trasmesso per posta elettronica certificata a un soggetto che non aveva alcun legame, né alcuna relazione, sia con l'imputato, sia con il suo difensore.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Sentenza n. 4652 dep. il 31 gennaio 2018
Presidente VESSICHELLI MARIA
Relatore SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 4/7/2016 la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova del 4/7/2012, appellata dagli imputati I.B. e G.B., ha dichiarato non doversi procedere nei loro confronti per il reato di tentato furto aggravato in concorso di cui al capo b) della rubrica, perché estinto per prescrizione, e ha determinato la pena per il reato di furto aggravato in concorso di cui al capo a) in anni 3 di reclusione ed C 300,00= di multa, con la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, confermando nel resto la sentenza impugnata. Il capo a) della rubrica riguardava il reato di cui agli artt. 110,624 e 625 n.1 e 5, cod. pen., commesso simulando di essere controllori dell'ente comunale di erogazione del gas e così introducendosi nell'abitazione di RV e impadronendosi di numerosi oggetti preziosi custoditi in un portagioie in camera da letto.
2. Ha proposto ricorso nell'interesse degli imputati il difensore di fiducia, avv. MS del Foro di Asti, svolgendo quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, proposto ex art.606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen. il ricorrente lamenta inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità per l'omessa citazione dell'imputato I.B. per il giudizio di appello. In data 15/10/2004 l'imputato I.B. aveva nominato difensore di fiducia l'avv.FR del Foro di Asti ed aveva eletto domicilio presso di lui; successivamente in data 22/10/2004-25/10/2004 il I.B. aveva revocato tale nomina, sostituendo il difensore con l'avv.S, ma senza mutare il domicilio precedentemente eletto. La Corte di appello di Genova con sentenza del 8/1/2010 aveva accolto l'appello proposto dall'imputato e annullato la sentenza di primo grado emessa il 15/10/2008 dal Tribunale di Genova, proprio perché la precedente elezione di domicilio presso l'avvocato R non era mai stata revocata. La notificazione dell'atto di citazione per il nuovo giudizio di appello, in seguito all'impugnazione della seconda sentenza di primo grado del Tribunale di Genova del 4/7/2012, era stata rivolta in data 4/7/2016 all'avv.MS del Foro di Asti, sia quale difensore, sia quale domiciliatario dell'imputato I.B.. Tuttavia entrambe le notifiche erano state indirizzate a un indirizzo p.e.c. errato, e cioè all'indirizzo «s**.m***@ordineavvocati alba.eu » e pertanto invalidamente, perché dirette ad un avvocato omonimo del vero difensore, il cui indirizzo p.e.c. era invece «s**.m**@ordineavvocatiasti.eu », come emergeva anche dalla lettura del codice fiscale indicato sulla relata della p.e.c. La notifica era stata quindi effettuata non solo a un domicilio errato ma anche a un soggetto diverso dal difensore e completamente estraneo al procedimento.
2.2. Con il secondo motivo, proposto ex art.606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen. il ricorrente denuncia inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità per l'omessa citazione dell'imputato G.B. per il giudizio di appello. Il G.B. aveva ricevuto la notifica in Genova via N.S. della Guardia 17, mediante consegna eseguita alla madre convivente; era stato omesso l'adempimento di cui all'art.7, ult.comma, della legge 890 del 1982, novellato nel 2008, che prevede che, in caso di mancata consegna personale al destinatario, l'agente postale debba dare avviso al destinatario mediante lettera raccomandata, costituente parte integrante e costitutiva della notifica; sarebbe stata poi comunque necessaria anche la prova della ricezione della predetta lettera raccomandata. L'art.157, comma 3, cod.proc.pen., in tema di notifica eseguita dall'ufficiale giudiziario, secondo il ricorrente, doveva essere interpretato, come esigente anch'esso l'invio della lettera raccomandata di cui all'art.7, ultimo comma, legge 890/1982, prevista per il caso di notifica da parte dell'ufficiale postale, perché una diversa soluzione si sarebbe posta in contrasto con gli artt.3,24 e 111 Cost e con l'art.6 CEDU.
2.3. Con il terzo motivo, proposto ex art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. il ricorrente denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, quanto alle censure svolte con i motivi di appello a proposito del riconoscimento operato dalla teste Cicoria e della insufficienza della prova della presenza degli imputati nel /ocus commissi delicti. Quanto al primo profilo, la Corte territoriale aveva superato l'irritualità della ricognizione, eseguita senza confronto con altri soggetti e con lo stimolo dell'indicazione dei due soggetti come i colpevoli, sulla base del valore probatorio rafforzato dall'immediatezza della visione, senza considerare la funzione delle specifiche cautele prescritte dalla legge. Quanto al secondo profilo, la Corte non aveva adeguatamente valutato l'elemento del mancato ritrovamento della refurtiva, considerato solo come una prova mancante e non come elemento di confutazione degli indizi, sulla base di una mera illazione sfornita di riscontri (presenza di complici, non inclusa nella contestazione) e si era riferita in modo oscuro alla qualità di «trasfertista» del I.B..
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la mancata applicazione dell'indulto, poiché il fatto era stato commesso il 15/10/2004 e il reato non rientrava tra quelli ostativi al riconoscimento del beneficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è stato proposto nell'interesse dell'imputato I.B., deducendo inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità per la sua omessa citazione per il giudizio di appello. Il ricorrente sostiene che la notificazione dell'atto di citazione per il giudizio di appello non era stata eseguita al domicilio originariamente eletto dall'imputato presso l'avv. R di Asti, ma, soprattutto, che entrambe le notificazioni del decreto di citazione in appello (sia quella destinata all'imputato, sia quella destinata al difensore domiciliatario), sebbene formalmente indirizzate all'Avv. MS del foro di Asti (con indirizzo p.e.c. s**.m**@ordineavvocatiasti.eu ), erano state effettuate a mezzo p.e.c. all'indirizzo s**.m**@ordineavvocatialba.eu , appartenente ad altro avvocato omonimo, l'Avv. MS del foro di Alba.
La notifica del decreto di citazione in appello dell'imputato I.B., dunque, oltre ad essere stata effettuata presso un domicilio diverso da quello eletto, era stata effettuata ad un soggetto diverso dal difensore di fiducia e completamente estraneo al procedimento, generando una nullità assoluta, da cui consegue, ai sensi dell'art. 185, comma 1, cod. proc. pen., quella del procedimento di secondo grado e della relativa sentenza.
1.1. Occorre precisare, in linea preliminare, che con l'atto di nomina di difensore del 28/9/2012, relativo all'affiancamento dell'avv.MI del Foro di Genova all'avv. MS, anche l'imputato I.B. si era dichiarato domiciliato presso l'avv.MS del Foro di Asti, così superando l'originaria elezione di domicilio del 15/10/2004 presso il primo difensore, avv.R (il cui mancato rispetto aveva determinato l'annullamento della prima sentenza di primo grado).
1.2. E' innegabile, tuttavia, che effettivamente la missiva di posta elettronica è stata indirizzata all'indirizzo di posta elettronica certificata di un diverso avvocato, invero perfettamente omonimo (anch'egli MS), ma esercitante ad Alba (il cui Tribunale, soppresso dal 2013, è stato accorpato a quello di Asti).
1.3. E' pur vero che all'udienza di celebrazione del processo di appello era stato presente l'altro difensore del I.B., nominato in data 28/9/2012, avv.MS del Foro di Genova, che nulla ha eccepito in ordine al vizio di notifica. Tale circostanza ha prodotto effetto sanante, seppur solo con riferimento all'annessa notificazione al co-difensore avv. MS (del Foro di Asti). Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in generale l'omessa notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza ad uno dei due difensori dell'imputato determina una nullità di ordine generale a regime intermedio (Sez. 4 2, n. 13465 del 22/03/2016, Candita, Rv. 266748;Sez. 2, n. 28563 del 12/06/2015, Diana e altro, Rv. 264142;Sez. 2, n. 21631 del 04/02/2015, Esposito, Rv. 26377; Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibe', Rv. 249651;Sez. 6, n. 10607 del 23/02/2010, Pepa, Rv. 246542).
In particolare, la nullità di ordine generale a regime intermedio, derivante dall'omesso avviso ad uno dei due difensori di fiducia della data fissata per il giudizio (nella specie, di appello), deve essere eccepita a opera dell'altro difensore, o dal sostituto eventualmente nominato ai sensi dell'art. 97, comma 2, cod. proc. pen., nel termine di cui all'art. 182, comma 2, dello stesso codice. (Sez. 6, n. 13874 del 20/12/2013 - dep. 2014, Castellana, Rv. 261529; Sez. 3, n. 38021 del 12/06/2013, Esposito Loredana, Rv. 256980; Sez. 1, n. 17307 del 13/03/2008, Annalfitano e altro, Rv. 239614; Sez. 5, n. 46206 del 10/11/2004-, Panza, Rv. 230224; Sez. U, n. 12051 del 01/10/1991, De Lena ed altro, Rv. 188584).
1.4. Ciò non vale, tuttavia, per l'omessa notificazione della citazione in appello all'imputato, nel caso eseguita presso un indirizzo e una persona, l'avv.MS del Foro di Alba, che nulla aveva a che vedere con il domicilio eletto dal I.B. e con il suo difensore domiciliatario.
Infatti, secondo gli orientamenti delle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di notificazione della citazione dell'imputato, ricorre la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 cod. proc. pen. quando la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato, mentre non ricorre nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all'art. 184 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016 - dep. 2017, Amato, Rv. 269028; Sez. U, n. 119 del 27/10/2004 - dep. 2005, Palumbo, Rv. 229539); l'omessa notifica all'imputato dell'avviso di fissazione dell'udienza configura un'ipotesi di nullità assoluta ed insanabile, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento equiparabile all'annessa citazione dell'imputato, poiché la sanzione processuale di cui all'art.179 cod. proc. pen. deve essere riferita non già alla sola citazione in giudizio in senso stretto, ma anche a quell'insieme di adempimenti che consente all'imputato, all'indagato o al condannato di partecipare ad una fase processuale che si conclude con una decisione (Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016 — dep. 2017, Amato, Rv. 269027) E' pur vero che l'imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell'atto e indicare gli specifici elementi che consentano l'esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, Palumbo, Rv. 229541).
Tuttavia nella fattispecie la nullità e l'assoluta inidoneità della notificazione della citazione a raggiungere lo scopo tipico di procurare la conoscenza dell'atto da parte del suo destinatario emergono dagli atti e sono assolutamente evidenti, poiché l'atto è stato trasmesso per posta elettronica certificata a un soggetto che non aveva alcun legame, né alcuna relazione, sia con l'imputato, sia con il suo difensore.
1.5. La nullità assoluta così accertata ex art.179 cod.proc.pen., si propaga ex art.185 a tutti gli atti consequenziali e inficia conseguentemente la sentenza impugnata, che deve quindi essere annullata nei confronti di I.B., con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Genova per nuovo giudizio.
2. Il secondo motivo, proposto nell'interesse dell'imputato G.B. denuncia inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità per l'omessa citazione dell'imputato per il giudizio di appello. Il ricorrente lamenta che la notifica era stata eseguita in Genova via N.S. della Guardia 17, mediante consegna alla madre convivente, ma era stato omesso l'adempimento di cui all'art.7, ultimo comma, della legge 890 del 1982, novellato nel 2008, che, in caso di mancata consegna personale al destinatario, prescrive all'agente postale di dare ulteriore avviso al destinatario mediante lettera raccomandata, costituente parte integrante e costitutiva della notificazione, della quale occorreva altresì anche la prova della ricezione.
La censura è manifestamente infondata.
2.1. Nel caso di specie la notificazione è stata eseguita dall'ufficiale giudiziario a norma dell'art.157 cod.proc.pen., il cui primo comma non prescrive affatto tale ulteriore formalità di garanzia allorché la notificazione sia eseguita mediante consegna alla persona convivente, anche temporaneamente, diversamente da quanto previsto per l'ipotesi della consegna al portiere, giudicata presuntivamente meno affidabile dalla legge, nel qual caso il comma 3 dell'art.157 prescrive l'invio della raccomandata di avvertimento ulteriore. Il ricorrente sembra auspicare una interpretazione antiletterale e contra legem del predetto art.157 cod.proc.pen. come se anch'esso esigesse l'invio della lettera raccomandata di cui all'art.7, ultimo comma, della legge 890/1982, prevista solo per il caso di notifica da parte dell'ufficiale postale, così sollecitando una inammissibile operazione interpretativa additiva della norma di diritto positivo.Il ricorrente, inoltre, non tiene conto del fatto che la diversa disciplina dei due procedimenti notificatori possiede una sua razionale giustificazione alla luce delle differenze intercorrenti fra le due procedure e in particolare dell'attribuzione nella procedura ex art.157 cod.proc.pen. della responsabilità della notificazione ad un pubblico ufficiale specializzato qual è l'ufficiale giudiziario (il cui status e le cui attribuzioni sono regolati dal D.P.R. 15/12/1959 n.229, come modificato dalla legge 12/7/1975 n.322), dotato di elevata competenza giuridica e di poteri di indagine e accertamento complementari al suo mandato, il che consente di superare le perplessità esternate dal ricorrente in relazione nella ventilata violazione dell'art.3 Cost. Tra l'altro, la dissimmetria evidenziata dal ricorrente sussiste anche in tema di notificazioni civili, poiché anche l'art.139, comma 2, cod.proc.civ. non prevede in caso di notificazione effettuata dall'ufficiale giudiziario a mani di familiare o addetto alla casa in assenza del destinatario l'invio della raccomandata ulteriore prevista nel caso di consegna al portiere o di notificazione eseguita a mezzo posta. I dubbi connessi al diritto di informazione circa l'accusa, sanciti dall'art.111 Cost. e dall'art.6 CEDU sono del tutto inconsistenti nel momento in cui la legge presume ragionevolmente la conoscenza di un atto consegnato nell'indirizzo indicato dall'interessato come suo domicilio, in sua temporanea assenza, a persona con lui convivente, e per giunta legata da strettissimo rapporto parentale.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, quanto alle censure svolte con i motivi di appello a proposito del riconoscimento operato dalla teste Cicoria e della insufficienza della prova della presenza degli imputati nel /ocus commissi delicti. Quanto al primo profilo, la Corte territoriale aveva superato l'irritualità della ricognizione, eseguita senza confronto con altri soggetti e con lo stimolo suggestivo dell'indicazione dei due soggetti come possibili colpevoli, sulla base del valore probatorio rafforzato dall'immediatezza della visione, senza considerare la funzione delle specifiche cautele prescritte dalla legge per assicurare la genuinità dell'atto ricognitivo. Il motivo, come il seguente, viene esaminato solamente in relazione alla posizione dell'imputato G.B..
3.1. Le recriminazioni del ricorrente circa la pretesa inattendibilità del riconoscimento mirano a sovvertire la ricostruzione dell'episodio accolta nella sentenza impugnata e a sollecitare inammissibilmente dalla Corte di Cassazione una non consentita rivalutazione del fatto motivatamente ricostruito dal Giudice del merito, senza passare, come impone l'art.606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen., attraverso la dimostrazione di vizi logici intrinseci della motivazione (mancanza, contraddittorietà, illogicità manifesta) o denunciarne in modo puntuale e specifico la contraddittorietà estrinseca con «altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame». I limiti che presenta nel giudizio di legittimità il sindacato sulla motivazione, si riflettono anche sul controllo in ordine alla valutazione della prova, giacché altrimenti anziché verificare la correttezza del percorso decisionale adottato dai Giudici del merito, alla Corte di Cassazione sarebbe riservato un compito di rivalutazione delle acquisizioni probatorie, sostituendo, in ipotesi, all'apprezzamento motivatamente svolto nella sentenza impugnata, una nuova e alternativa valutazione delle risultanze processuali che ineluttabilmente sconfinerebbe in un eccentrico terzo grado di giudizio. Da qui, il ripetuto e costante insegnamento (Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 5, n. 44914 del 06/10/2009, Basile e altri, Rv. 245103) in forza del quale, alla luce dei precisi confini che circoscrivono, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen., il controllo del vizio di motivazione, la Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare, sulla base del testo del provvedimento impugnato, se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.
3.2. Soprattutto la censura proposta non tiene conto del fatto che la motivazione della sentenza impugnata, al pari di quella della sentenza di primo grado conforme con la quale viene così ad integrarsi, cala l'elemento costituito dal riconoscimento operato dalla teste Cicoria nel contesto di un più vasto apparato indiziario, composto anche da altri tasselli che la critica del ricorrente non sfiora neppure. Vale a dire: la precisa descrizione preventiva dell'abbigliamento dei due giovani visti dalla teste Cicoria nei pressi dell'abitazione della zia derubata, subito dopo il fatto, e colti in atteggiamento sospetto all'arrivo dell'ambulanza; la coincidenza del modus operandi seguito per i due furti in abitazione, il primo consumato in danno della sig.ra Valenza, introducendosi in casa sotto la falsa veste di impiegati dell'azienda erogatrice del gas, il secondo solo tentato in danno del sig. Sannia e sventato dalle Forze dell'ordine, introducendosi in casa sotto la falsa veste di Carabinieri, sicuramente commesso anche dal G.B.; la significativa prima difesa adottata dal complice del G.B. allorché era stato fermato sul luogo del furto tentato, spacciandosi per carabiniere, ed aveva sostenuto falsamente di essere un impiegato del gas.
3.3. Quanto al secondo profilo, secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe adeguatamente valutato l'elemento del mancato ritrovamento della refurtiva, considerandolo solo come una prova mancante e non come elemento di confutazione degli indizi. Anche in questo caso il ricorso mira a sovvertire la valutazione dei fatti compiuta dal Giudice del merito senza dimostrarne l'illogicità manifesta o la contraddittorietà. E ' infatti del tutto ragionevole, come ipotizzato dalla Corte territoriale, al pari del Giudice di primo grado, che il G.B. e il suo complice, prima di accingersi al secondo furto, si fossero sbarazzati della refurtiva, nascondendola o affidandola a un complice, secondo una regola prudenziale di cautela ben nota ai malviventi. Del resto agli imputati era stata contestata l'aggravante di cui all'art.625, n.5 cod.pen., così implicando l'esistenza di almeno un ulteriore complice esterno rimasto ignoto. L'oscurità del riferimento contenuto in sentenza alla qualità di «trasfertista» del I.B., lamentata anche dalla difesa del G.B., non sussiste, dovendo tale termine essere letto, senza troppe difficoltà ermeneutiche, come riferito alla residenza fuori Genova del I.B..
4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la mancata applicazione dell'indulto, poiché il fatto era stato commesso il 15/10/2004 e il reato non rientrava tra quelli ostativi al riconoscimento del beneficio. Il motivo è inammissibile. La mancata applicazione dell'indulto può costituire valido motivo di ricorso in cassazione solo quando il giudice di merito abbia erroneamente escluso l'applicazione del beneficio e non anche quando abbia semplicemente omesso di pronunciare al riguardo. (Sez. 4, n. 1869 del 21/02/2013 - dep. 2014, Leo, Rv. 258174). Infatti quando all'applicazione dell'indulto non abbia provveduto il giudice della cognizione, procede a norma dell'art. 672 cod. proc. pen. il giudice dell'esecuzione: conseguentemente il ricorso per Cassazione con il quale si lamenti la mancata applicazione del condono è ammissibile solo quando il Giudice di merito l'abbia erroneamente esclusa, con specifica statuizione nel dispositivo della sentenza (Sez. 3, n. 6593 del 06/04/1994, Guglielmetti, Rv. 198065).
5. Il ricorso proposto nell'interesse del G.B. deve quindi essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di I.B. con rinvio ad
altra Sezione della Corte di appello di Genova per nuovo giudizio.
Rigetta il ricorso di B. G. e lo condanna al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso il 16/10/2017