Chi impugna la revoca di una prova testimoniale già ammessa è tenuto, in ossequio al principio di specificità di all' art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), a spiegare il livello di decisività delle prove testimoniali che il giudice ha ritenuto superflue:
L'onere di dedurre specificatamente al momento della presentazione della lista le circostanze specifiche (in ipotesi decisive) sulle quali il teste deve riferire non può ritenersi soddisfatto attraverso il semplice riferimento, contenuto nella lista testimoniale depositata, ai "fatti di causa".
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
(data ud. 02/02/2023) 21/02/2023, n. 7421
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZAZA Carlo - Presidente -
Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere -
Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere -
Dott. BORRELLI Paola - Consigliere -
Dott. CUOCO Michele - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a (Omissis);
avverso la sentenza del 6 aprile 2022, della Corte d'appello di Lecce - sez. distaccata di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CUOCO MICHELE;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LETTIERI NICOLA che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata il 27 gennaio 2023, dall'avv. ZE, difensore del ricorrente, con la quale si insiste per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Oggetto dell'impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d'appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto, in parziale riforma della condanna pronunciata in primo grado, pur riducendo la pena inflitta, ha confermato la responsabilità di A.A. in relazione ai reati di cui all' art. 455 c.p. (così riqualificata l'originaria contestazione ai sensi dell'art. 453 c.p.) e art. 640 c.p..
Il ricorso, proposto nell'interesse dell'imputato, si compone di tre motivi di censura.
Con il primo, si deduce la nullità dell'ordinanza con la quale il Tribunale avrebbe revocato, senza alcuna motivazione, l'unico teste richiesto dalla difesa, originariamente ammesso, e la conseguente illogicità della motivazione offerta dalla corte territoriale che, a fronte dello specifico motivo di censura proposto dall'imputato, ritenuta sanata la relativa nullità, avrebbe rigettato anche la relativa richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.
Il secondo attiene al profilo della responsabilità. Sostiene la difesa che il A.A. sarebbe stato ritenuto colpevole per il solo fatto di aver lasciato in agenzia il proprio documento d'identità per il successivo trasferimento di proprietà dell'autovettura (oggetto della truffa). La corte territoriale non avrebbe considerato, infatti, che lo stesso A.A. era un semplice dipendente e che, peraltro, non vi sarebbe prova alcuna della successiva spendita della banconota falsa presso il distributore (circostanza pur valorizzata ai fini dell'accertamento della responsabilità).
Il terzo attiene al trattamento sanzionatorio e lamenta l'eccessività della pena inflitta, l'omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in termini di prevalenza sull'aggravante contestata e il riconoscimento della recidiva in assenza di una specifica motivazione.
Motivi della decisione
Il primo motivo è inammissibile.
Preliminarmente, questa Corte ha già avuto modo di rilevare come la parte che intende censurare con ricorso per cassazione l'ordinanza del giudice che, all'esito dell'istruttoria, abbia revocato una prova testimoniale già ammessa è tenuta, in ossequio al principio di specificità di all' art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), a spiegare il livello di decisività delle prove testimoniali che il giudice ha ritenuto superflue (Sez. 6, n. 5673 del 19/12/2011, dep. 2012, Rv. 252581). E, in concreto, il ricorrente non ha specificamente dedotto (neanche al momento della presentazione della lista) le circostanze specifiche (in ipotesi decisive) sulle quali il teste avrebbe dovuto riferire. Onere che, a fronte dei plurimi capi d'imputazione e della complessità dei fatti oggetto delle imputazioni, non può ritenersi soddisfatto attraverso il semplice riferimento, contenuto nella lista testimoniale depositata, ai "fatti di causa" (Sez. 1, n. 7912 del 21/01/2022, Rv. 282915).
Peraltro, come correttamente rilevato dalla corte territoriale, l'eventuale nullità conseguente ad un'asserita illegittimità del provvedimento di revoca, deve ritenersi sanata in quanto non immediatamente eccepita dopo il provvedimento di revoca (Sez. 3, n. 8159 del 26/11/2009, dep. 2010, Rv. 246255).
Il secondo motivo è, invece, manifestamente infondato: l'aver consegnato il documento d'identità all'agenzia è solo uno dei plurimi elementi valutati dalla corte ai fini dell'accertamento della responsabilità del ricorrente, che, contrariamente a quanto evocato dalla difesa, ha svolto un ruolo principale in tutta la vicenda: ha intrattenuto i rapporti con la persona offesa (per il successivo acquisto dell'autovettura); ha consegnato i documenti per il successivo passaggio di proprietà (al fine, quindi, di divenire il formale acquirente dell'autovettura); ha materialmente tratto l'assegno consegnato in pagamento (poi rivelatosi sfornito di provvista) ed ha concretamente consegnato le due banconote false al titolare dell'agenzia di pratiche automobilistiche e, successivamente, presso il distributore di benzina.
In questi termini, la prospettazione difensiva (secondo la quale lo A.A. sarebbe stato all'oscuro delle finalità truffaldine del suo amico, il B.B.) appare non solo manifestamente infondata (alla luce dei plurimi elementi evidenziati), ma anche intrinsecamente inammissibile, in quanto finalizzata a prefigurare una rivalutazione o un'alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito.
Il terzo motivo è, invece, fondato, seppur limitatamente al profilo della recidiva.
Le statuizioni relative al giudizio di comparazione sono inammissibili in quanto evidentemente eccentriche rispetto alla motivazione della sentenza che ha già riconosciuto le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva.
Così come sono ugualmente inammissibili le censure relative al trattamento sanzionatorio. La pena base, ritenuto più grave il delitto di cui all'art. 455 c.p., è stata individuata in anni uno e mesi sei di reclusione (quindi determinata nel minimo edittale), ridotta per le attenuanti generiche, ad anni uno e mesi tre di reclusione e, quindi, aumentata, per la continuazione, ad anni due di reclusione.
Ebbene, in linea generale, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione (Sez. 3 n. 29963 del 22/02/2019, Rv. 276288). E tale onere si attenua ancora di più se la determinazione sia prossima al minimo edittale (come nel caso in esame), rimanendo, in ultimo, sufficiente il semplice richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all' art. 133
c.p. (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Rv. 256464). E ciò, a maggior ragione, con riferimento agli aumenti indicati in conseguenza dell'applicazione della disciplina della continuazione (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2013, Rv. 273533).
Fondata è, invece, la censura relativa alla recidiva. Appare opportuno premettere che l'imputato ha interesse a impugnare la sentenza che abbia riconosciuto l'esistenza della recidiva, anche nel caso in cui, in ragione del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, non ne sia conseguito alcun aumento di pena. E ciò a tutela dell'incomprimibile diritto a un accertamento pieno dell'affermazione della sua responsabilità e comprensivo anche delle circostanze aggravanti, che, in quanto tali, contribuiscono a connotare il fatto sul piano del suo complessivo disvalore (Sez. 5, n. 24622 del 09/05/2022, Rv. 283259). Tanto più ove tale formale accertamento debba ritenersi necessario per un'eventuale successiva contestazione nelle forme aggravate.
Ebbene, a fronte di uno specifico motivo di censura, la corte territoriale si è limitata ad aderire alla valutazione offerta in primo grado, meramente assertiva dell'esistenza dell'aggravante. Laddove il giudice, com'è noto, deve dare atto, alla luce dei criteri di cui all' art. 133 c.p., del rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, così verificando se ed in quale misura le pregresse condotte criminose siano state indicative di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, Rv. 270419).
Sotto questo limitato profilo la sentenza impugnata deve essere annullata, fermo restando l'accertamento della responsabilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al ritenuto aumento di pena per la recidiva con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte d'appello di Lecce. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2023. Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2023