In tema di lesioni gravissime, integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità.
Corte di Cassazione
sez. V Penale, sentenza 28 gennaio – 13 febbraio 2020, n. 5719
Presidente Miccoli – Relatore Scordamaglia
Ritenuto in fatto
1. Ib. Ra. Sa. Ra. Se. ricorre, con il ministero del difensore, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 4 marzo 2019, di conferma della sentenza del 10 ottobre 2018 emessa dal Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di quella stessa città, che l'aveva condannato alla pena di giustizia avendolo riconosciuto colpevole del delitto di lesioni personali gravissime in danno di Ka. Sh. Mo. Ab., cui aveva cagionato lo sfregio permanente del viso, e del delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
2. L'impugnativa è affidata a due motivi, enunciati nei limiti richiesti dall'art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
- Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 583, comma 2, n. 4 cod.pen. e il vizio di motivazione: la cicatrice residuata dal taglio inferto alla parte offesa, in ragione della sua collocazione in una parte del viso laterale e delle sue contenute dimensioni, non era tale da integrare la circostanza aggravante dello sfregio permanente del viso, inteso come ripugnante sfiguramento del volto, tanto più che il soggetto che ne era portatore non aveva accusato alcun turbamento psicologico per effetto di essa.
- Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 62-bis cod.pen. e il vizio di motivazione, in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, motivato in ragione dell'assenza di elementi positivi valutabili in favore dell'imputato, quand'invece questi ultimi ben si sarebbero potuti riconoscere nel comportamento susseguente al reato tenuto dall'Hi., il quale aveva ammesso gli addebiti e aveva formulato scuse nei confronti della parte offesa. Deduce, altresì, che l'aumento di pena per il reato satellite di cui all'art. 337 cod.pen., determinato in misura pari al minimo della pena edittale stabilito per il delitto in parola, sarebbe stato tale da elidere la portata del concesso beneficio della continuazione.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1. La Corte di appello, nel ritenere che la localizzazione della cicatrice riportata dalla parte offesa, per effetto della ferita da taglio infertagli dall'imputato, «con decorso trasversale dal lobo dell'orecchio sinistro fino in piena guancia .. con depressione rispetto al piano cutaneo», avesse determinato: «un turbamento delle linee del volto .. percepito da un osservatore di media sensibilità come sfregio del volto», si è attenuta all'ermeneusi di questa Corte, ferma nel chiarire che:«In tema di lesioni gravissime, integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità» (Sez. 5, n. 32984 del 16/06/2014, Sangregorio e altro, Rv. 261653; Sez. 5, n. 21998 del 16/01/2012, Cipolla, Rv. 252952; Sez. 4, n. 12006 del 04/07/2000, Benuzzi e altro, Rv. 217897). Nondimeno è jus receptum che la valutazione circa la sussistenza dell'aggravante dello sfregio permanente, inteso nei termini dianzi indicati, compete al giudice di merito, chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità; giudizio che, pertanto, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, n. 22685 del 02/03/2017, Calcagno e altro, Rv. 270137). Da ciò discende la manifesta infondatezza del primo motivo.
2. L'inammissibilità del secondo motivo deriva dall'aspecificità delle deduzioni formulate per avversare il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non concesse all'imputato da entrambi i giudici di merito, sia in ragione delle modalità del fatto - consumatosi in un contesto di spaccio di sostanze stupefacenti, accompagnato dalla determinazione all'uso spregiudicato della violenza anche nei confronti degli operanti delle forze dell'ordine -, sia in ragione delle soltanto parziali ammissioni di responsabilità da parte dei prevenuto. Va da sé che la motivazione rassegnata in punto di circostanze ex art. 62-bis cod.pen. è insindacabile in sede di legittimità, ove sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod.pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269); onere motivazionale cui la Corte censurata ha senz'altro ottemperato.
Non consentita è, infine, la censura che si appunta sul quantum di di pena inflitta all'imputato a titolo di aumento per la continuazione in riferimento al delitto di cui all'art. 337 cod.pen.., posto che è jus receptum che, in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base (Sez. 1, n. 39350 del 19/07/2019, Oliveti, Rv. 276870); donde deve ritenersi congruamente motivata la sentenza che faccia riferimento alle modalità dei fatti ed ai precedenti penali specifici dell'imputato (Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, lussi e altri, Rv. 261424). Ne viene che, non emergendo, come dianzi sottolineato, alcun evidente profilo di irragionevolezza nella determinazione della pena complessivamente irrogata all'imputato - considerata, in particolare, la reazione scomposta da questi tenuta nei confronti dei due operanti della polizia giudiziaria accorsi per infrenarne la condotta successiva al primo dei delitti ascrittigli -, il rilievo sul punto è privo di pregio.
3. S'impone, pertanto, la declaratoria d'inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.