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Bici senza lucchetto, non c'è esposizione a pubblica fede (Cass.

2 novembre 2010, Cassazione penale

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Non sussiste l'aggravante di cui all'art. 625 c.p., comma 1, n. 7 - "sub specie" di esposizione per consuetudine alla pubblica fede - nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta, abbandonata senza alcuna custodia in una pubblica via, in quanto la consuetudine protetta dal precetto penale designa la pratica di fatto rientrante negli usi e nelle abitudini sociali, desunta sulla base di condotte verificate come ripetitive in un ampio arco temporale e tali, pertanto, da essere riconducibili a notorietà.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

(ud. 22/09/2010) 02-11-2010, n. 38532

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere

Dott. ROMIS Vincenzo - rel. Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

Sui ricorsi proposti da:

1) C.G.D. N. IL (OMISSIS);

2) C.R. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 135/2009 CORTE APPELLO di POTENZA, del 23/04/2009;

visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/09/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GIALANELLA Antonio che ha concluso per annullamento senza rinvio in ordine al furto di bicicletta, qualificato come furto semplice, perchè l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela, con trasmissione atti alla C. d'appello per la rideterminazione della pena per gli altri reati in continuazione; inammissibili nel resto.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Potenza condannava C.G. e C. R. alla pena ritenuta di giustizia, per i seguenti reati unificati dal vincolo della continuazione: a) furto aggravato di oggetti e denaro sottratti da un negozio di profumi, in cui i due C. si erano introdotti dopo averne sfondata la vetrina, nonchè di una bicicletta che si trovava appoggiata al muro nei pressi di detto esercizio commerciale dove il proprietario della stessa, P.V., l'aveva lasciata, e della quale si erano serviti per allontanarsi con la refurtiva; b) resistenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 337 c.p., per essersi opposti, colpendoli con bottiglie di birra e poi con calci e pugni, ai Carabinieri D.S. e M.M. nell'atto in cui costoro procedevano all'identificazione ed all'arresto dei due C. dopo averli sorpresi nelle immediate vicinanze dell'esercizio commerciale nel quale era stato consumato il furto di cui sopra; c) lesioni personali aggravate, ai sensi degli artt. 582 e 585, in relazione all'art. 575 c.p., n. 1 e art. 61 c.p., n. 2, perchè, con la condotta dianzi descritta ed al fine di commettere il reato di resistenza, avevano cagionato ai sunnominati Carabinieri lesioni personali, consistite in "contusione al ginocchio sinistro e contusione in regione occipitale" per il D. e in "contusione lombosacrale" per il M., giudicate guaribili, rispettivamente, in giorni sette ed in giorni tre.

A seguito di rituale gravame degli imputati, la Corte d'Appello di Potenza confermava l'affermazione di colpevolezza, riducendo la pena inflitta dal primo giudice. Quanto alle doglianze dedotte con il gravame, e per la parte che in questa sede rileva, la Corte distrettuale dava conto del proprio convincimento con argomentazioni che possono sintetizzarsi come segue: a) appariva indiscutibile la sussistenza dell'aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede, con riferimento al furto della bicicletta, posto che: 1) nel caso di specie si trattava di esposizione non per consuetudine, bensì per necessità, alla pubblica fede; b) appariva condivisibile l'indirizzo interpretativo secondo cui l'uso di congegni di sicurezza per bloccare una bicicletta lasciata sulla pubblica via varrebbe, al più, ad escludere l'aggravante in argomento: la ratio dell'aggravante stessa sarebbe ravvisabile, invero, nell'esigenza di affidare la tutela ed il presidio di una cosa, lasciata dal proprietario sulla pubblica via priva di custodia, esclusivamente al senso del rispetto da parte dei terzi; b) parimenti non sussistevano dubbi circa la configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 585 c.p. - in relazione all'art. 576 e all'art. 61 c.p., n. 2 - posto che la condotta violenta posta in essere dai due imputati contro i Carabinieri, consistita nel colpire questi ultimi con calci e pugni così cagionando agli stessi le lesioni descritte nel capo di imputazione, era stata chiaramente finalizzata a commettere il reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i due imputati con censure con le quali - sotto l'asserito profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale in cui sarebbe incorsa la Corte di merito nel dar conto delle proprie statuizioni - sono state in gran parte dedotte le argomentazioni già sottoposte con i motivi di appello al vaglio della Corte territoriale, e da questa disattese attraverso il percorso motivazionale sopra ricordato. Con i ricorsi, formulati con un unico atto di gravame, si afferma che la Corte di merito non avrebbe dato esaustiva risposta a tutte le problematiche sollevate con i motivi di appello, sottovalutando altresì, ingiustificatamente, talune circostanze di significativa valenza probatoria a favore degli imputati, desumibili in particolare dalla deposizione resa all'udienza del 16 giugno 2008 dal Maresciallo De.Fa., la cui trascrizione è stata allegata all'atto di impugnazione. Le doglianze dei ricorrenti possono così globalmente e sinteticamente riassumersi: 1) sarebbe insussistente l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, in relazione al furto della bicicletta, posto che il velocipede era stato lasciato incustodito sulla pubblica via dal proprietario non per necessità, e nemmeno per consuetudine, bensì per comodità e trascuratezza: in proposito i ricorrente hanno evocato un precedente della giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n. 8450/2006, RV. 233765) in tema di furto di bicicletta; 2) la condotta addebitata agli imputati al capo c) - reato di lesioni personali aggravate - dovrebbe ritenersi assorbita nel reato di resistenza, non potendo considerarsi lesioni quelle riportate dai Carabinieri colpiti dagli imputati, non essendo derivata alcuna malattia che dovrebbe considerarsi sussistente solo se dalla condotta dell'agente derivi alla parte lesa una menomazione funzionale dell'organismo: di tal che, nella concreta fattispecie ci si troverebbe in presenza di percosse.

Motivi della decisione

Per quanto attiene al primo motivo di ricorso, è pacifico, per come ritenuto anche dalla Corte distrettuale, che la bicicletta era stata lasciata incustodita, priva di qualsiasi congegno di sicurezza, sulla pubblica strada; ne deriva che in proposito deve trovare applicazione non già il risalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità evocato nella decisione impugnata, bensì quello più recente, cui il Collegio ritiene di aderire, secondo cui "non sussiste l'aggravante di cui all'art. 625 c.p., comma 1, n. 7 - "sub specie" di esposizione per consuetudine alla pubblica fede - nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta, abbandonata senza alcuna custodia in una pubblica via, in quanto la consuetudine di cui al succitato art. 625, comma 1, n. 7 designa la pratica di fatto rientrante negli usi e nelle abitudini sociali, desunta sulla base di condotte verificate come ripetitive in un ampio arco temporale e tali, pertanto, da essere riconducibili a notorietà" (Sez. 5, n. 8450 del 17/01/2006 Cc. - dep. 10/03/2006 - Rv. 233765, P.G. in proc. Smopech); i presupposti indicati nella decisione, appena citata, di questa Corte, ai fini della configurabilità dell'aggravante in argomento, non risultano integrati nella concreta fattispecie, in quanto non può certo qualificarsi come "radicata abitudine del ciclista" quella di lasciare la propria bicicletta sulla pubblica via senza avere cura di assicurarla mediante l'utilizzo della chiave di chiusura in originaria dotazione ovvero della catena antifurto ordinariamente commercializzata come accessorio. Poichè non risulta dagli atti che sia stata presentata istanza di punizione da parte dell'interessato per il furto della bicicletta (cfr., tra l'altro, sul punto, la deposizione resa all'udienza del 16 giugno 2008 dal Maresciallo De.Fa.An. il quale ha precisato che "il signor P. alla fine non ha fatto neanche denuncia"), la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in ordine al reato concernente il furto della bicicletta, qualificato il fatto come furto semplice, perchè l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela.

Privo di fondamento è, invece, il secondo motivo di ricorso, alla stregua del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui "il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, non già quegli atti che, esorbitando da tali limiti, siano causa di lesioni personali in danno dell'interessato. In quest'ultima ipotesi, il delitto di lesioni concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale e se l'atto di violenza, con il quale l'agente ha consapevolmente prodotto le lesioni, non risulta fine a se stesso, ma è stato posto in essere allo scopo di resistere al pubblico ufficiale, si realizza il presupposto per ritenere la sussistenza della circostanza aggravante della connessione teleologia di cui all'art. 61 c.p., n. 2, (in termini, "ex plurimis", Sez. 6, n. 27703 del 15/04/2008 Ud. - dep. 07/07/2008 - Rv. 240880, imp.: Dallara).

Quanto alla differenza tra percosse e lesioni personali, giova evocare il principio di diritto secondo cui "l'ecchimosi, consistente in una infiltrazione di sangue nel tessuto sottocutaneo, ed il trauma confusivo, che determina una, sia pur limitata, alterazione funzionale dell'organismo, sono riconducibili alla nozione di malattia ed integrano pertanto il reato di lesione personale" (in termini ex plurimis, sez. 6^ n. 10968 del 13/01/2010 ud. - dep. 22/03/2010 - rv. 246679, imp. Apicella).

Conclusivamente la decisione impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla condanna concernente il furto della bicicletta, qualificato lo stesso come furto semplice, perchè l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela;

gli atti vanno trasmessi alla corte di merito ai fini della rideterminazione della pena per i restanti reati ritenuti in continuazione, attesa l'impossibilità per questa corte di ricostruire la detrerminazione assunta dal Giudice di merito con riguardo alla pena irrogata in ordine a tali reati.

I ricorsi vanno nel resto rigettati.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al furto della bicicletta, qualificato come furto semplice, perchè l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza della querela, con trasmissione degli atti alla corte d'appello di potenza per la rideterminazione della pena relativa ai restanti reati in continuazione.

Rigetta nel resto.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2010