Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Bibbiano, giudice sia consumatore non produttore di leggi causali (CA Bologna, 4378/23)

4 settembre 2023, Corte di Appello di Bologna

Non può attribuirsi all'attività psicoterapeuticacausa o concausa  del cd. disturbo borderline di personalità.

L'assenza di leggi di copertura idonee ad attribuire all'attività terapeutica una valenza causale nella produzione dell'evento lesivo o comunque nell'agevolazione del relativo processo eziologico non può essere superata attraverso il richiamo alla nozione di "concausa": diversamente opinando si addiverrebbe ad un aggiramento surrettizio delle modalità di accertamento della valenza causale delle singole condizioni dell'evento, in pieno spregio del principio di tassatività.

(La presente sentenza è passata in giudicato il 10 aprile 2024) 

Corte di Appello di Bologna
 QUARTA SEZIONE PENALE

SENTENZA n. 4378/23 

dd. 6 giugno 2023 - 4 settembre 2003 (dep.)

nella causa penale avverso la sentenza emessa dal: Tribunale/GIP di
REGGIO NELL'EMILIA in data 11/11/2021 n° 533
 CONTRO
 1) FC nato a Torino il **

LIBERO con domicilio eletto presso ** difeso dall'avv. LB del foro di Milano di fiducia

Imputato/i o parti civili ammessi al Patrocinio dello Stato: omissis 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.              Con sentenza n. 533/2021 emessa in data 11.11.2021 (dep. 09.02.2022) il G.U.P. presso il Tribunale di Reggio Emilia, in esito a giudizio abbreviato, assolveva FC dal delitto cli cui agli artt. 374, 61 n. 5), 9) e 11) c.p. (capo 79), dichiarandolo responsabile

dei delitti di cui agli artt. 110, 323 c.p. (capo 85) e di cui agli artt.110, 582,593, 61 n. 5), 9) e11) c.p. (capo 103) e per l’effetto lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione nonché alle pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5 e della sospensione dall'esercizio della professione di psicologo e psicoterapeuta per la durata di anni 2, oltre alla rifusione delle spese processuali, disponendo la pubblicazione del dispositivo di sentenza per estratto, una sola volta, sul quotidiano “Il Resto del Carlino" e condannandolo altresì al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separato giudizio, oltre alla rifusione delle spese processuali sostenute da queste ultime.

Il Tribunale, al fine cli meglio comprendere le vicende sottese al processo,ricostruiva preliminarmente il nucleo familiare interessato dalle condotte addebitate all'imputato, evidenziando come il padre XXX  avesse lasciato nel 2004, a seguito di separazione conflittuale, l'abitazione familiare di Reggio Emilia, ove SORELLA MINORE, SORELLA MAGGIORE e la madre YYY  avevano continuato a vivere. A seguito di un lungo periodo di assenza del padre i rapporti riprendevano quindi regolarmente, intenompendosi nuovamente a seguito dell'intervento dei servizi sociali dell'Unione Val d'Enza nell'anno 2013. Il nucleo familiare versava in condizioni di estrema fragilità, determinata sia dalle conflittualità intercorrenti tra i coniugi, sia dalle condizioni di tossicodipendenza del fratello della signora YYY , dedito ad agiti violenti nei confronti della sorella. In tale contesto quest'ultima apprendeva di due episodi di violenza sessuale subiti dalla figlia maggiore: in un caso il responsabile sarebbe stato tale TERZA PERSONA, conoscente del padre, mentre nell'altro la stessa sarebbe stata vittima di un rapporto non consenziente ad opera di tale Marcelo, suo ex fidanzato. In data 11.08.2013 lasignora YYY  si rivolgeva quindi al servizio sociale della Val d'Enza, che prendeva in carico le figlie minori, inserendo SORELLA MINORE in un progetto pomeridiano denominato "APP" (consistente in un ausilio nello svolgimento dei compiti) e sottoponendo SORELLA MAGGIORE, a partire dal febbraio 2016, ad un percorso di psicoterapia con l'imputato F C.

"Così ricostruita la situazione del nucleo familiare XXX/YYY, il Tribunale affrontava la posizione dell'imputato F C, nei cui confronti erano essenzialmente contestati i seguenti addebiti: a) l'avere alterato lo stato psicologico ed emotivo della minore SORELLA MAGGIORE al fine di trarre in inganno il nominando CTU ed il Tribunale dei Minorenni di Bologna, nel procedimento avente a oggetto la responsabilità genitoriale di XXX  e YYY  (art. 374 c.p.); b) l'avere sistematicamente esercitato l'attività di psicoterapia presso La Cura di Bibbiano, attività affidata a ** s.r.1./H&Gin assenza di una regolare procedura ad evidenza pubblica (art. 323 c.p.); c) l'avere cagionato nella minore SORELLA MAGGIORE, mediante modalità suggestive, induttive e pregiudizievoli, undisturbo di personalità borderline e disturbo depressivo con ansia.

In relazione all'imputazione di cui all'art. 323 c.p. di cui alla sopra rip01tata lett. b), ilgiudice di primo grado evidenziava come dalle risultanze istruttorie fosse emerso che i Servizi Sociali dell'Unione Val d'Enza avevano iniziato una collaborazione con il centro studi H&G, facente capo all'imputato F C ed operante tramite la ** s.r.l., sin dall'anno 2015e che l'anno successivo era stata inaugurata la struttura***, sita in Bibbiano. La ONLUS "CCC dei bimbi" e l'Unione Comuni Val d'Enza sottoscrivevano in data 16.09.2016 un accordo multilaterale per il solo allestimento dei locali della struttura *** per un importo dieuro 12.000,00, in applicazione dell'istituto della cd. "ca-progettazione", a cui l'UnioneComuni Val d'Enza aveva fatto ricorso mediante il bando del 22.08.2016 nr. 212, vinto appunto dalla ONLUS CCC dei bimbi. Gli psicoterapeuti della "Hansel e Gretel", tra i quali l'odierno imputato, si insediavano presso la struttura ***, ove esercitavano attività dipsicoterapia nei confronti dei minori presi in carico dal servizio sociale.

In tale contesto l'imputato F C avrebbe quindi agito quale concorrente esterno nel reato di abuso di ufficio per avere consapevolmente partecipato all'attuazione­ da pru.tedei coimputati intranei - di un siste_ma illecito di affidamento alla "Hansel e Gretel/Sie s.r.l." del servizio di psicoterapia da svolgersi presso la anzidetta struttura ***,in violazione dell'art. 36, comma 2 lett. a) e b) del D. Lgs. 50/2016, in quanto avvenuto in assenza di provvedimento di affidamento diretto sottosoglia per gli anni 2014, 2015, 2016 e successivamente di una regolare procedura ad evidenza pubblica (2017-2018).

Il Giudice di primo grado escludeva che l'Ente pubblico Unione Comuni Val d'Enza avesse legittimamente fatto ricorso all'istituto della ca-progettazione di cui alla L. 328/2000 ed al D.P.C.M. 30 marzo 2001, atteso che tale modalità di affidamento sarebbe stata adottata
  esclusivamente con la ONLUS "CCC dei Bimbi" per finalità del tutto diverse dall'attività di psicoterapia, in relazione alla quale non si rinvenivano delibere, atti formali e/o accordi. La presenza di un provvedimento formale, inoltre, non sarebbe stata in ogni caso idonea asuperare tali criticità, atteso il coinvolgimento di una società di capitali quale la ** S.r.l., non riconducibile ad una organizzazione del cd."terzo settore". La discrezionalità spettante all'amministrazione avrebbe riguardato esclusivamente la scelta se ricorrere a gara pubblica ovvero a coprogettazione, dovendo l'azione amministrativa nel prosieguo necessariamenterispettare le relative procedure mentre le successive.

L'impugnata sentenza, in relazione alla-collusione tra i soggetti intranei e l'extraneus F C, individuava una serie di rapporti privilegiati intercorrenti con IMPUTATA  e IMPUTATO  - rispettivamente Dirigente del servizio sociale integrato dei Comuni Val d'Enza ed assistente sociale dell'Unione Val d'Enza- sin dall'anno 2015, allorquando glistessi si conoscevano per la prima volta in occasione di un seminario. Da tale momento nasceva l'accordo di affidare alla"Hansel e Gretel" la psicoterapia sui minori in carico al servizio sociale Val d'Enza, che in un primo momento venivano mandati presso la sede di** e quindi presso la struttura*** di Bibbiano, i cui locali venivano utilizzati dagli psicoterapeuti prima ancora della ristrutturazione da parte di"CCC Bimbi". Il Giudice diprimo grado valorizzava a tal proposito ulteriori elementi, tra i quali la fondazione da partedell'imputato e dei citati intranei di una fondazione denominata "Rompere il silenzio -far crescere il futuro" nonché l'ideazione e la promozione del progetto "Utopia".L'attività di promozione del progetto *** trovava inoltre il coinvolgimento di ***, ***,il quale già prima della effettiva realizzazione era pienamente consapevole dell'affidamento del servizio di psicoterapia agli operatori della "H&G", tra i quali l'imputato.

La consapevolezza da parte dell'imputato circa l'illegittimità delle condotte veniva desunta dal sistema di retribuzione della psicoterapia, definito cervellotico in quantocaratterizzato dall'interposizione fittizia dei genitori affidatari dei minori in cura. Le fatture per le sedute di psicoterapia venivano infatti emesse nei confronti delle famiglie affidatarie,che pagavano a ** S.r.l. il corrispettivo ottenendo quindi dal servizio sociale un contributo mensile maggiorato del costo sostenuto per la terapia. L'impugnata sentenza qualificavapertanto questo sistema in termini di escamotage finalizzato a giustificare una illegittimaerogazione di denaro pubblico, che in caso di affidamento legittimo sarebbe stato erogato direttamente alla società in forza di un provvedimento amministrativo.

 Il G.U.P. riteneva inoltre che l'imputato curasse personalmente l'aspetto economico della propria attività, conoscendo le tariffe praticate per le sedute e vantando unapluriennale esperienza nell'erogazione di servizi ad enti pubblici.

Il sistema di affidamento del servizio di psicoterapia alla ** srl/H&G procurava pertanto all'imputato un ingiusto vantaggio patrimoniale, consistente: i) nella percezione indebita di denaro pubblico, fatturando il prezzo di euro 135,00 per ogni seduta della durata di 45 minuti; ii) nell'utilizzo, sine titulo, dei locali de *** (struttura pubblica), ai quali gli psicoterapeuti della H&Gavevano libero e incondizionato accesso e in cui tenevano sedute anche nei confronti di pazienti privati. In relazione al profitto, inoltre, veniva evidenziato come per i medesimi servizi resi al centro di Moncalieri gli psicoterapeuti fatturassero 60/70 euro a seduta, arrivando a dei picchi massimi di 90,00 euro, importi comunque notevolmente inferiori rispetto a quanto fatturato presso la struttura di Bibbiano. Lo stesso comportamento tenuto dai soggetti coinvolti, orientato a calmierare i prezzi una volta avuta conoscenza delle indagini in corso, era sintomatico dell'ingiustizia del profitto e della piena conoscenza delle tariffe applicate da parte dell'imputato.

In relazione al capo di imputazione sub n. 79) l'impugnata sentenza, previa ricognizione dei requisiti strutturali della fattispecie di cui all'art. 374 c.p., riteneva riconducibile al concetto di immutazione artificiosa anche l'immutazione psichica che l'imputato avrebbe posto in essere nei confronti della minore XXX SORELLA MAGGIORE. Il Giudice di primo grado riteneva quindi che le sedute di psicoterapia svolte nei confronti della minore fossero caratterizzate da modalità pregiudizievoli, non potendosi condividere le considerazioni del consulente della difesa in ragione delle difformità nelle trascrizioni relative all'incontro con la minore tenutosi nell'ottobre 2019. Nel condividere le conclusioni della dott.ssa SCALI, l'impugnata sentenza riteneva che tutte le sedute tenute dall'imputato contenessero induzioni e sollecitazioni affinché la minore narrasse esperienze di cui non aveva memoria o del tutto decontestualizzate, in particolare: a) dando per assodato che la stessa avesse subito qualcosa di orribile da bambina; b) introducendo per primo il tema dell'abuso e della violenza; c) insistendo nell'arco di tutte le sedute sulle violenze sessuali, definendola una "sopravvissuta"; d) compiuto una costante opera di denigrazione delle figure genitoriali della ragazza. Tali modalità inducevano pertanto la ragazza a mutare il proprio atteggiamento e le proprie emozioni verso il padre, tanto daarrivare ad odiarlo ed a ritenerlo l'autore della presunta violenza subita all'età di quattro anni.
 

Il Giudice di primo grado riteneva tuttavia non provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma di cui all'art. 374 c.p.: nonostante l'imputato fosse a conoscenza del procedimento civile concernente la capacità genitoriale del padre e della madre ed avesse manipolato psichicamente la minore, non sarebbero stati ravvisabili ulteriori elementi che consentissero di ricavare la finalità di ingannare il C.T.U ed il Giudice.

Il fine precipuo dell'imputato sarebbe infatti stato quello di accreditarsi ulteriormente come psicoterapeuta in grado di fare riemergere ricordi diabuso subiti dai minori anche in relazione ad eventi di cui il paziente non avesse alcuna memoria. In relazione al capo di imputazione sub n. 103), afferente l'ipotesi dilesioni pluriaggravate, la sentenza si soffermava sulla tecnica "EMDR" alla qualeera stata sottoposta la minore. Tale tecnica, avente ad oggetto l'utilizzazione dei movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra e funzionale al recupero di ricordi già presenti ma accantonati e non anche all'emersione di ricordi di cui il pazientenon abbia alcuna memoria, sarebbe stata adottata dall'imputato in violazione dei relativi protocolli.

Tale erronea modalità avrebbe quindi instillato nella ragazza non solo il ricordo dell'abuso, ma anche la sua riconducibilità al padre, generando grandissima sofferenza e fortissimo disagio, tale da condurla ad uno stato"completamente fuori controllo". Le criticità nell'approccio metodologico adottato dall'imputato sarebbero a tal proposito emerse intutta evidenza nel corso di una seduta oggetto di captazione nel corso delle indagini, dallaquale sarebbe stato possibile percepire l'opera denigratoria attuata per il mezzo di modalità fortemente suggestive, suggerenti ed induttive. il ricorso a tali modalità provocava pertanto nella ragazza un disturbo di personalità borderline ed un disturbo depressivo con ansia, oggetto di acce1iamento da parte del Consulente tecnico del P.M., non efficacemente contrastato dal Consulente della Difesa. Le valutazioni della dott.ssa Rossi, condivise e fatte proprie dall'impugnata statuizione, consentiv o quindi di ravvisare un nesso causale tra modalità terapeutiche ed evento lesivo.

In merito all'elemento soggettivo, il Giudice di primo grado ravvisava in capo all'imputato la sussistenza dell'elemento psicologico del dolo cd. "diretto", desunto dalle competenze tecnico professionali dello stesso, dalle modalità pregiudizievolidi svolgimentodella terapia e dalla reiterazione delle condotte. Pur non essendo stata effettuato un accertamento circa la irreversibilità della malattia cagionata alla persona offesa, la sentenza riteneva che comunque si fosse verificata una protrazione per più di 40 giorni, dovendosi pertanto qualificare le lesioni come "gravi" e non come "gravissime".

 In relazione al trattamento sanzionatorio, previo riconoscimento di tutte le circostanze aggravanti contestate, veniva esclusa la conced_ibilitàdelle circostanzeattenuanti generiche, non essendo emersi segni di resipiscenza da parte del!'imputato, il quale manteneva una condotta processuale censurabile cercando di ingannare il Giudiceattraverso la produzione di un video di una seduta di novembre 2016, spacciandolo per una di aprile del medesimo anno. La sconetta collocazione temporale sarebbe stata infatti finalizzata ad accreditare la tesi secondo cui sarebbe stata la minore a vedere, in maniera autonoma e spontanea, il padre come figura abusante.

Sulla scorta di tali elementi e ravvisata la sussistenza di un medesimo disegno criminoso, il Giudice di primo grado assolveva l'imputato dal delitto di cui all'art. 374 c.p., condannandolo alla pena sopra riportata oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.

MOTIVI DI APPELLO DEL PUBBLICO MINISTERO

2.              Avverso detta sentenza presenta appello il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Reggio Emilia, censurando l'intervenuta assoluzione dal capo 79) relativo al delitto di cuiall'art. 374 c.p.

Il Pubblico Ministero appellante, condividendo le motivazioni del Giudice di primo grado in merito al riconoscimento del fatto storico, alla qualificazione giuridica ed alla sua attribuibilità all'imputato, evidenziava tuttavia l'erroneità del!'impianto motivazionalenella parte in cui, nel ravvisare la prevalenza della volontà di accreditarsi come psicoterapeuta capace di rievocare abusi di cui il paziente non aveva alcuna consapevole memoria rispetto alla finalità di ingannare C.T.U. e Giudice, en-oneamente poneva sul medesimo piano il movente ed il dolo specifico richiesto dall'art. 374 c.p.

Ad avviso del Pubblico Ministero, per quanto corrispondesse a realtà il fatto che l'imputato fosse mosso da uno smisurato ego e dalla volontà di mostrarsi come "maestro" da seguire come esempio per gli psicoterapeuti che lo osservavano, altrettanto vero doveva ritenersi che il fine dallo stesso perseguito fosse quello di fornire all'A.G. minorile unaprova preconfezionata e palesemente alterata, costituita dalla immutazione dello statomnestico ed emotivo di SORELLA MAGGIORE rispetto alla figura patema.

Dalle stesse dichiarazioni rese da F C in sede di interrogatorio di garanzia sarebbe infatti emersa la sua consapevolezza del rischio che il proprio operato avrebbe potuto incidere sulla genuinità delle dichiarazioni che la minore avrebbe reso innanzi all'A.G. In tale sede l'imputato avrebbe infatti ammesso che la propria attività di psicoterapia sarebbe stata strumentale rispetto all'accertamento della verità da parte della Magistratura, consentendo alla minore di fornire un contributo al riguardo. Contributo che, tuttavia, avrebbe avuto ad oggetto la ricostruzione - decisa dall'imputato - secondo cui le minori SORELLA MAGGIORE e SORELLA MINORE erano state abusate dal padre all'età di tre anni e mercificate da quest'ultimo in correità con u suo amico e con una setta di pedofili,occultandone il ricordo per evitare di soffrire e dovendosi pertanto procedere ad unariemersione dello stesso.

L'imputato avrebbe inoltre negato di essere a conoscenza delle vicende processuali in cui era coinvolta la minore SORELLA MAGGIORE, venendo tuttavia smentito dalle chat acquisite nel corso delle indagini, dalle quali emergeva come avesse dispensato consigli su come eseguire gli interrogatori svolti dai conoscenti IMPUTATO e IMPUTATA2. Dalle medesime chat emergeva altresì come a F fossero state trasmesse tutte le relazioni dei servizi sociali aventi ad oggetto la situazione della ragazza, ivi compresi i provvedimenti dell'A.G. minorile. Del resto, dalle stesse registrazioni delle sedute diterapia emergeva come lo stesso imputato avesse chiesto informazioni sullo stato del procedimento minorile in atto e sulle prescrizioni imposte al padre YYY. Tali mendaci dichiarazioni sarebbero state fortemente sintomatiche delle finalità sottese alle sedute di psicoterapia, consistenti in una preparazione della minore in vista di una probabile audizione nel procedimento minorile.

Il Pubblico Ministero stigmatizzava quindi l'attività di preparazione dei minori finalizzata a fornire al Giudice una prova preconfezionata nell'ambito di sedute di psicoterapia, come emerso da alcune intercettazioni in cui la moglie dell'imputato si lamentava del fatto che se la minore fosse stata sentita dalla Magistratura non avrebbeancora rivelato nulla sugli abusi asseritamente commessi dal padre.

L'attività di preparazione dei minori in chiave frodatoria sarebbe altresi emersa da una chat intervenuta con un avvocato, nel corso della quale sarebbe stata concordata una audizione di un minore finalizzata ad ingenerare in capo a quest'ultimo un sentimento di rabbia nei confronti del padre al fine di evitare il riavvicinamento degli stessi.

Da una ulteriore comunicazione mail sarebbe inoltre emerso come la A.s.l. di *** di Sanremo avesse cesurato l'imputato per avere falsamente relazionato alla Magistratura minorile circa comportamenti asseritamente posti in essere dai nonni di un minore in realtà allo stesso mai riferiti dagli operatori sociosanitari.

L'imputato avrebbe inoltre manifestato una considerazione negativa nei confronti della Magistratura, etichettata come negazionista rispetto al riconoscimento di abusisessuali e disinteressata all'audizione dei minori, nonché nei confronti della Carta di Noto. Del resto, ogni vicenda giudiziaria seguita dallo stesso sarebbe stata inoltre caratterizzatada indicibili abusi satanici seriali, occultati nella mente dei bambini ed emersi a seguito delle sedute di psicoterapia tenute da F C, venendo sistematicamente smentita dalle sentenze di assoluzione pronunciate dalla Magistratura.

In relazione alla vicenda della minore XXX SORELLA MAGGIORE, inoltre, le sedute di psicoterapia intervenivano allorquando il procedimento penale a carico del padre era già stato archiviato ma l'imputato, forte della sua pregressa esperienza di Giudiceminorile, era a conoscenza della valenza del prowedimento di archiviazione nell'ambito del procedimento sulla idoneità genitoriale. Ad avviso del P.M. sarebbe pertanto statonecessario che al Tribunale per i Minorenni fosse offerto un quadro di allusioni e sospetti dai quali emergesse che la stessa minore manifestasse i ricordi degli abusi ed il terrore di incontrare il padre, obiettivo non solo compatibile ma anche necessario rispetto alla finalità ravvista dal G.U.P. in sentenza.

La credibilità professionale di F, infatti, avrebbe risentito fortemente di un provvedimento dell'A.G. minorile che avesse ravvisato l'idoneità del padre. L'ostinata volontà dell'imputato di frodare la Magistratura sarebbe emersa nel corso di ottobre 2016, allorquando lo stesso apprendeva della volontà di SORELLA MINORE di incontrare il padre: in tale contesto veniva quindi organizzato un incontro con le minori e la madre, al fine di fare desistere la ragazza da tale desiderio. L'appellato era quindi a conoscenza dellasospensione dalla responsabilità genitoriale del padre e soprattutto che un riavvicinamento tra quest'ultimo e la figlia avrebbe inciso nel procedimento minorile.

L'elemento soggettivo sarebbe altresì desumibile dalle dichiarazioni rese dallamadre delle ragazze, la quale, parlando con l'assistente sociale IMPUTATO del desiderio della figlia di vedere il padre, apprendeva da quest'ultimo che in virtù di quanto emerso nell'ambito della psicoterapia effettuata nel corso di formazione sarebbe stato meglio tutelare la minore. L'imputato, in quel momento, non aveva alcun ruolo rispetto ai servizi sociali della Val d'Enza e quindi non aveva alcun titolo per informare l'assistente sociale di quanto avvenuto in una seduta con la minore.

Il Pubblico Ministero richiamava quindi le argomentazioni adottate dal G.I.P. nella propria ordinanza impositiva di misura cautelare al fine di valorizzare l'elemento soggettivo, con particolare riferimento alla competenza professionale dell'imputato ed alla sua conoscenza dei rischi derivanti da tale approccio metodologico nonché della pendenza del procedimento minorile. L'appellante evidenziava a tal proposito quanto argomentato circa il rapporto tra finalità di guadagno e di ottenimento della decadenza genitoriale del padre, ritenendo che tale ultimo aspetto fosse presupposto per il raggiungimento del primo.

In sintesi, l'attività dell'imputato si sarebbe estrinsecata attraverso il seguente schema: segnalazione di sospetti abusi; avvio di un procedimento minorile e penale; induzione mediante psicoterapia di falsi ricordi; prosecuzione della psicoterapia con esiti lucrativi.

Ad avviso dell'Organo requirente, inoltre, la circostanza che il fine ultimo fosse quellodi ingannare l' A.G. e non quello di accreditarsi con il personale dell'A.S.L. di Reggio Emilio emergeva altresì dalla prosecuzione di tale metodica anche successivamente alla cessazione del corso di formazione con l'ente.

MOTIVI DI APPELLO DELL'IMPUTATO F C

3.              Avverso la sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Reggio Emilia presentava altresì appello l'imputato, censurandone con due distinti atti i capi relativi alla sua condanna e affidandosi, nel primo dei due gravami, a sei motivi di impugnazione.

Con il primo motivo l'appellante lamentava il travisamento della prova, con riferimento alle valutazioni di natura squisitamente soggettiva date alla relazione ed all'esame del Prof. Cancrini. In particolare, le critiche adottate rappresenterebbero il frutto di mero interpretazionismo e di posizioni ideologiche del tutto personali e fo1temente criticabili, ciò anche considerando che il campo della psicologia annovera più di settanta modellipsicoterapeutici diversi. In un tale contesto la condanna si sarebbe sorretta su di una valutazionegenerica, ipotetica ed avente ad oggetto l'opportunità o meno di porre determinate domande nel corso dei colloqui.

Ad avviso dell'appellante, il Giudice di primo grado avrebbe omesso di valutare il contenuto delle consulenze difensive, selezionando esclusivamente e sommariamente elementi a sostegno della tesi accusatoria, tacciando apoditticamente la relazione del prof. Cancrini di non apportare dati tecnici. In particolare, sarebbe stato omesso di prendere in considerazione come tale elaborato avesse tra l'altro rilevato come:

•       le dichiarazioni di SORELLA MAGGIORE in terapia fossero sovrapponibili a quellescritte mesi prima nelle relazioni dei servizi sociali, escludendo ipotesi di suggestioni da parte dell'imputato; 

•        la tecnica dell'EMDR fosse stata utilizzata correttamente;

•       la dott.ssa SCALI avesse confuso, nel valutare la psicoterapia dell'imputato, tra intervento terapeutico ed intervento forense dell'imputato;

•       il metodo basato sulla messa in parola delle emozioni rinviasse ad un atteggiamento diametralmente opposto a quello suggestivo ed induttivo;

•       vi fossero state molteplici ragioni che avevano imposto al dott. F l'approfondimento di temi legati alla sessualità;

•       la psicoterapia del trauma avesse proprio lo scopo di affrontare e recuperare i ricordi;

•       la dott.ssa SCALI avesse confuso la terapia con un lavoro di psicologia giuridica;

•       il terapeuta avesse l'obbligo di proporre temi legati ai traumi;

•        un rapporto a tredici anni fosse da considerare una violenza per definizione;

•       il principio dell'EMDR fosse utilizzato da Freud ed aiuterebbe il paziente ad esseremeno concentrato;

•       in riferimento all'abuso subito a quattro anni la ragazza avesse un nucleo di ricordo autonomo;

•        il distacco, la rabbia verso i genitori trascuranti o violenti fosse un passaggio obbligato della terapia;

•       il timore espresso da SORELLA MAGGIORE in merito ad abusi subiti dalla sorellapotesse essere un segnale indiretto di avere subito a sua volta abusi.

Il Giudice di primo grado, omettendo di prendere in considerazione tali rilievi, avrebbe pertanto rinunciato ad entrare nel merito delle contestazioni, incorrendo in un caso di carenza motivazionale e di travisamento probatorio.

L'impugnata statuizione avrebbe altresì liquidato attraverso una motivazione apparente l'elaborato del dott. Mariotti, attribuendovi tre errori in realtà del tutto irrilevanti rispetto ai temi difensivi insisti nella relazione. Tali errori non avrebbero riguardato l'analisi della psicoterapia svolta dall'imputato, bensì tre scambi di battute intercorsi nelcolloquio tra la dott.ssa Rossi e XXX SORELLA MAGGIORE in data 15.09.2019.

In particolare, dei tre errori ravvisati dal G.U.P. il primo non avrebbe avuto alcun punto di contatto con la valutazione della terapia dell'imputato, non assumendo alcun interesse il fatto che la dott.ssa Rossi avesse chiesto alla minore se avesse uno psicologo ovvero se capiva cosa stesse succedendo. Il secondo errore sarebbe stato manifestamente irrilevante, atteso che il consulente avrebbe assunto il dato che la minore continuasse a vedere il proprio ex fidanzato, dovendosi ritenere l'errore interpretativo AY.al sfumatura priva di interesse. Anche il terzo errore si profilerebbe irrilevante, atteso che il medesimo consulente avrebbe assunto pienamente l'ipotesi della suggestione degli psicologi, facendo così propria l'interpretazione corretta.

Del resto, nelle prime conclusioni rassegnate dal prof. Mariotti non sarebbe statofatto alcun riferimento a tali trascrizioni, collocate in un secondo momento anche nelle seconde conclusioni, rassegnate prima delle trascrizioni e dell'analisi dei colloqui. Anchenell'ambito delle terze conclusioni non sarebbe stato effettuato alcun accenno alle trascrizioni, non potendosi pertanto comprendere quale rilevanza possano avere assunto treerrori relativi a colloqui mai utilizzati quali elementi fondamentali della relazione.

Con il terzo motivo l'appellante censurava il recepimento delle indicazioni delconsulente del P.M., dott.ssa SCALI, specialista non già in psicoterapia, bensì in psicologia forense, ambito completamente diverso dal contesto clinico. Tale approccio non avrebbe tenuto debitamente conto delle osservazioni del prof. Mariotti circa il tema scientifico concernente induzioni e suggestioni e la conseguente profonda differenzaintercorrente tra i due concetti nonché della microanalisi, attuata mediante metodoscientifico, delle domande poste dall'imputato, dalla quale sarebbe emerso solo il 2% di domande suggestive e nessuna domanda induttiva.

La dott.ssa SCALI, inoltre, avrebbe confuso il concetto di sollecitazioni con quellodi induzioni, ritenendoli erroneamente sovrapponibili e non tenendo in considerazione come l'induzione possa instillare falsi ricordi in una percentuale che va dal 5 ali'11o/o deisoggetti. Da una disamina della relazione e dell'esame orale della consulente del P.M. emergerebbe inoltre come la stessa abbia utilizzato il termine "indurre" in relazione ad ipotesi che nulla avrebbero avuto a che vedere con il significato proprio del termine, ignorando che la minore si sarebbe espressa utilizzando il condizionale, di per séespressione di incertezza. Del resto, l'induzione al falso ricordo, stando a studi scientifici, potrebbe verificarsi esclusivamente attraverso ripetute, precise ed invasive tecniche manipolatorie, del tutto diverse da quelle adottate dall'imputato, il quale avrebbe ripreso episodi e circostanze già in precedenza raccontante spontaneamente dalla ragazza. La prova del!'erronea adozione del termine indurre emergerebbe inoltre dalla pag. 37 dellarelazione della dott.ssa SCALI, in cui la stessa, descrivendo la chiusura della seduta del 27 settembre 2016, rappresentava che l'imputato aveva indotto la minore a visualizzare una immagine, laddove quest'ultimo si era limitato a invitare la ragazza a una visualizzazione.

 L'appellante censurava inoltre la consulenza SCALI nella parte in cui non condivideva l'introduzione, da parte del dott. F, di temi oggetto di indagine giudiziaria a causa del rischio di interferenza con gli acce1tamenti svolti in tale sede. Tutto l'elaborato sarebbe stato costellato di critiche tese ad evidenziare come l'imputato non avesse atteso il passaggio in giudicato delle sentenze al fine di considerare ogni avvenimentoemerso durante la psicoterapia. Tale approccio sarebbe stato ancora più illogico in relazione alla critica nei confronti di F nel momento in cui lo stesso avrebbe dato per scontata una aggressione del padre della minore agli assistenti sociali, circostanza richiamata dagli stessi nelle loro relazioni. Il Giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto delle ampie critiche svolte al riguardo nel corso del giudizio, limitandosi a trascrivereuna parte del tutto assertiva di una consulenza viziata da superficialità ed incompetenza, che non ha debitamente considerato come sia stato proprio il Tribunale per i minorenni adordinare una psicoterapia del trauma. La dott.ssa SCALI non avrebbe inoltre tenuto indebita considerazione le fonti normative nazionali di rango costituzionale e sovranazionali aventi ad oggetto il diritto ad essere curati, di portata tale da fare ritenereche l'assistenza psicologica al minore nel percorso giudiziario rappresenti una attivitàclinica e non un intervento orientato a diagnosticare e curare gli stati di sofferenza psichica e fisica. La stessa consulente, nel corso dell'udienza, si sarebbe inoltre contraddetta rispetto a quanto evidenziato nel proprio elaborato scritto, rivedendo la propria posizione circa la possibilità di sottoporre un minore a psicoterapia.

Al fine di sostenere la responsabilità in merito al capo 103) il Tribunale avrebbe inoltre elencato cinque elementi negativi, decontestualizzandoli dalle frasi e dai colloqu della psicoterapia. Attraverso un approccio ideologico sarebbero state criminalizzate le scelte dialogiche e cliniche dell'imputato, attribuendo a quest'ultimo l'iniziativa di dare per scontato che la minore avesse subito abusi, laddove tali criticità risultavano essere state segnalate in più occasioni sin dall'anno 2003 da altre Autorità, tra le quali i Servizi Sociali. Sarebbe stata dunque la minore - e non già l'imputato - ad introdurre tale aspetto, con conseguente obbligo per quest'ultimo di approfondire tali aspetti. L'introduzione dei temi della violenza e dell'abuso, oltre a rappresentare una attività propria della psicoterapia del trauma, costituirebbe una prassi avallata dalla stessa consulente dott.ssa SCALI in sede di udienza. Nell'affermare che l'imputato avrebbe connotato ogni vissuto della minore in termini di abuso sessuale, insistendo in tutte le sedute sulle violenze sessuali, il Tribunale avrebbe adottato categorie omnicomprensive, per ciò stesso oltremodo generiche, travisando il contenuto delle sedute, nel corso delle quali i temi trattai sarebbero stati i più vari. In ogni caso, anche assumendo quanto ravvisato dal Giudice di primo grado, le indicazioni concernenti i traumi sessuali sarebbero state autonomamente prospettate dalla minore, la quale ne avrebbe quindi dato conferma sia nella seduta tenutasi in data 6 febbraio 2016 presso la dott.ssa IMPUTATA2, sia dalla madre della stessa.

Anche l'idea che la sorella minore SORELLA MINORE subisse abusi ad opera del padre sarebbe stata riconducibile all'iniziativa della persona offesa, come desumibile da una relazione dei Servizi Sociali di data 04.11.2015, nonché da una corretta lettura delle sedute tenutesi in data 1 marzo, 5 aprile, 26 luglio, 20 settembre, 4 e 18 ottobre 2016 con il dott. F. L'impugnata sentenza non avrebbe correttamente valutato come effettivamente la madre della minore fosse stata vittima di violenza davanti alla figlia, come riferito alla dott. Rossi. La stessa madre avrebbe manifestato incapacità genitoriale, ponendo in essere atti di violenza e nondimostrandosi in grado di evitare il susseguirsi di episodi negativi nei confronti della minore, che avrebbe lasciato trasparire uno stato di profondo malessere.

Dalle sedute di psicoterapia tenutesi il 15 marzo, il 4 aprile, il 14 ed il 29 giugno 2016 sarebbe inoltre emerso un sentimento di rancore e di odio nei con.fronti del padre, tale da indurre lo psicoterapeuta a sondare tali sentimenti, mantenendo un atteggiamento di ascolto ed esternando riflessioni riconducibili ad una corretta ed equilibrata terapia del trauma, dovendosi ritenere che l'impugnata sentenza avesse travisato il contenuto delle espressioni utilizzate dal dott. F. In particolare, in relazione alla drammatizzazione avvenutanel corso della decima seduta del 29 giugno 2016 il Giudice non avrebbe considerato comel'imputato, lungi dall'attuare una strategia denigratoria, avesse cercato di instaurare un dialogo fittizio tra la figlia ed il padre, favorendo alla prima la comprensione del punto divista del secondo. Il dott. F, pertanto, si sarebbe limitato ad accogliere le emozioni dellaminore, la quale già nell'ambito delle precedenti sedute aveva espresso sentimenti di rifiuto verso la figura paterna, che l'appellante avrebbe meramente cercato di ripulire.

Con il sesto motivo di impugnazione l'appellante censurava il punto di statuizione relativo al dolo del delitto di lesioni, evidenziando l'illogicità della statuizione nel creareuna dipendenza funzionale tra elemento oggettivo ed elemento soggettivo. In particolare, la sentenza avrebbe fatto affidamento su di un ragionamento circolare ed illogico teso ad autosostenersi ancorando la prova del dolo eventuale alla prova della "condotta pregiudizievole", in totale assenza di elementi concreti e argomentazioni inoppugnabili.

Le competenze del dott. F, inoltre, non assumerebbero alcuna valenza, potendo semmai fare emergere come le stesse avrebbero dovuto determinare in capo all'imputatouna maggiore lucidità nella rappresentazionedell'evento, necessitando conseguentemente di una più approfondita indagine sull'aspetto volitivo. Le audizioni della minore sarebberostate attuate nell'ambito di un corso bandito da un ente pubblico e alle stesse avrebbero assistito ben sette terapeuti al fine di apprendere le tecniche di cura dei traumi dei minori, non potendosi quindi ravvisare alcuna compatibilità tra la volontà di cagionare delle lesionie l'intenzione di insegnare a dei professionisti le modalità di cura dai traumi.

La stessa consegna delle videoregistrazioni, avvenuta spontaneamente da parte dell'imputato all'indomani del suo arresto, si profilerebbe indicativa dell'effettiva buona fede dello stesso, il quale diversamente avrebbe immediatamente provveduto ad occultarle.

Nell'interesse di F C presentava altresì appello l'avv. BL  con distinto atto di impugnazione.

Con il primo motivo di appello lamentava l'illogicità e la contraddittorietà della sentenza in relazione all'acce1tamento del nesso causale tra la condotta dell'imputato e l'evento lesivo, nonché il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 40 e 41 c.p.

Ad avviso della Difesa la psicoterapia, in quanto caratterizzata da una forte appartenenza alla scienza, risulterebbe capace di produrre conoscenze oggettive, ripetibili e verificabili. Di conseguenza l'acce1tamento causale tra comportamento tenuto nell'ambito della psicoterapia ed evento lesivo dovrebbe necessariamente affidarsi alle generalizzazioni della scienza, non essendo nella libera disponibilità del Giudice. L'impugnata sentenza si sarebbe per contro affidata a una mera connessione fattuale tra fattori naturali, priva di una spiegazione causale di tipo scientifico e meramente basata sulle considerazioni dei consulenti del Pubblico Ministero. Il Giudice di primo grado descriveva inoltre esclusivamente la condotta "maldestra e scorretta" dell'imputato, caratterizzata dalla formulazione di domande induttive, omettendo la rappresentazione dell'evento, nominato secondo la sua classificazione clinica ma senza l'enunciazione dei suoi connotati specifici, non essendo stato spiegato cosa si dovesse intendere per le patologie riscontrate.

La motivazione non dava inoltre alcuna spiegazione in ordine alla naturaconcausale della condotta dell'imputato, confondendo un effetto, ossia il pregresso equilibrio psichico precario, con la concausa della patologia diagnosticata nel 2019. L'equilibrio precario pregresso doveva per contro essere considerato quale effetto perdurante di una causa preesistente, identificabile in esperienze, predisposizioni genetiche e condizioni sociali che agivano precedentemente. Tale confusione pregiudicava pertanto la possibilità di applicazione del metodo della condicio sine qua non, atteso che la mancata conoscenza di tutte le cause non consentiva di procedere all'eliminazione mentale delle condotte tenutedal dott. F.

La consulenza della dott.ssa Rossi risultava inoltre il primo e unico elaborato che formulava la diagnosi di disturbo borderline della personalità unitamente al disturbo depressivo associato ad ansia, nonostante l'effettuazione da parte della professionista di un solo colloquio con la persona offesa. La consulenza individuava in maniera estremamente vaga e superficiale i sintomi dei disturbi della minore nella confusione mentale, nella incapacità di ricostruire la storia passata, la sua identità e la sua relazione con i genitori.

Il Giudice di primo grado avrebbe inoltre sancito una sorta di primazia della consulenza del Pubblico Ministero, attribuendo all'elaborato della Difesa il compito di scalfirne le conclusioni a pena di consolidamento della stessa. L'impugnata sentenza inventava quindi una sorta di rivalità tra diagnosi, attribuendo al prof. Cancrini la formulazione di una ipotesi di disturbo post traumatico da stress, confutandola al fine di valorizzare quanto rilevato dalla dott.ssa Rossi.

Ad avviso dell'appellante risultava inoltre erroneo e illogico il riferimento alla tempistica relativa all'insorgenza del disturbo post traumatico da stress (di seguito: PTSD), non avendo considerato come anche secondo il consulente prof. Cancrini tale disturbofosse effettivamente insorto a breve dall'evento, risultando distante solo la diagnosi, riferita in ogni caso ad un disturbo ancora in atto.

La sentenza, recependo le conclusioni della consulente, avrebbe inoltre messo in competizione il vissuto con il ricordo del vissuto, affermando erroneamente che "venendo meno la memoria consapevole del vissuto ... viene meno il vissuto medesimo e viene liquidato il possibile evento", ancorché la rimozione dell'evento traumatico non determinerebbe la perdita dì percezione di quanto vissuto. L'appellante, evocando ampiamente la letteratura scientifica, censurava pertanto la portata antiscientifica dell'assunto secondo cui:"è il vissuto dell'.evento che determina il sintomo, non l'evento",dovendosi ritenere vero il contrario, in quanto sarebbe il sintomo dell'evento a rendere ipotizzabile il vissuto autorizzando lo psicoterapeuta a esplorare e fare emergere il ricordo dell'evento, con l'obiettivo di aiutare il paziente a risolvere il conflitto, come effettivamenteoperato dall'imputato. Il Giudice di primo grado avrebbe quindi argomentato ritenendo che anche qualora l'abuso si fosse realmente verificato, siccome la minore non lo ricordava né lo percepiva non poteva essersi verificato un trauma, in assenza del quale non doveva operare una terapia del trauma.

Ad avviso della difesa la stessa sentenza, dando atto di un pregresso equilibrio psicologico precario, avrebbe riconosciuto l'insorgenza di una sintomatologia complessa ben prima dell'intervento del dott. F.

I divieti ravvisati dalle consulenti del Pubblico Ministero, aventi ad oggetto l'astensione dalla somministrazione di terapie in costanza di procedimenti giudiziari, non risultavano in realtà esistenti, atteso che ove se ne pretendesse l'applicazione il benessere del paziente passerebbe in secondo piano rispetto ai tempi processuali.

L'appellante censurava quindi le competenze della dott.ssa Rossi, ritenuta una mera psicologa forense priva di competenze specifiche sulle procedure di psicoterapia, tra le quali quella adottata dall'imputato e la cui analisi scientifica avrebbe consentito una comprensione profonda delle scelte, dei metodi e dei risultati raggiunti, facendone emergere una piena coerenza con le regole della psicoterapia del trauma.

Il G.U.P. avrebbe quindi giudicato uno psicoterapeuta senza un raffronto con l'insieme delle regole universalmente accreditate nel mondo scientifico volte a regolare il metodo medesimo, da ciò conseguendo che il cambio di prospettiva da psicanalitica a forense avrebbe modificato le conclusioni. La psicoterapia del trauma, infatti, non indagherebbe verità giudiziarie, non cercherebbe prove e/o collegamenti con reati e non risulterebbe al servizio dell'Autorità Giudiziaria. Del tutto antiscientifica risulterebbeinoltre l'affermazione del Giudice di primo grado secondo cui dal momento che il presunto abuso non era stato percepito come traumatico, esso non doveva essere qualificato come trauma.

L'impugnata sentenza, nel ravvisare la terapia dell'imputato prevalente su altrecause più risalenti nel tempo, si poneva inoltre in contrasto con la regola valida nel campodella psicologia, secondo cui una causa lontana, non cronicizzata, produrrebbe effetti più gravi e visibili di una causa recente. Del tutto erronea inoltre sarebbe l'affermazione secondo cui la terapia dell'imputato si sarebbe incentrata esclusivamente sui presunti abusisubiti dalla minore, avendo spaziato su tutti gli aspetti della personalità e del disagio dellastessa, così come il ravvisato nesso eziologico tra tema dell'abuso e disturbo borderline dellapersonalità, non sussistendo alcuno studio in natura che denoti tale rapporto.

Altrettanto erronea sarebbe stata l'attribuzione all'imputato di avere fatto rivelazioni indotte sul padre, atteso che il dott. F si sarebbe limitato a fare emergere dalla ragazza ciò che apparteneva a ricordi o a frammenti di ricordi differenziandoli da ciò che la ragazza ricordava come un contenuto a lei riferito da altre persone.

Non sarebbe stata inoltre data una risposta puntuale al quesito relativo alla valenza causale delle domande inducenti rispetto alla patologia accertata, non esistendo in realtà alcuna regolarità causale tra la terapia adottata dall'imputato e il disturbo borderline riscontrato. Del resto, ricollegare il disturbo alla sofferenza per uno specifico ricordo significherebbe fare emergere in ogni caso la patologia, sia nel caso di falsità del ricordo,sia nel caso di veridicità dello stesso, con la conseguenza che la psicoterapia non dovrebbe mai fare emergere ricordi rimossi e dolorosi.

L'affermazione secondo cui la minore sarebbe stata peggio implicava che la sindrome DBP fosse già in atto al momento dell'avvio della psicoterapia, con conseguente insussistenza di nesso causale tra operato del dott. F ed evento lesivo. Il Tribunale avrebbe inoltre collocato cause ed effetti in uno scenario atemporale, pregiudicando i diritti difensivi dell'imputato anche in considerazionedi vari eventi occorsi tra ottobre 2016 e maggio 2017, periodo in cui la terapia era stata sospesa, tra i quali l'abuso di sostanzestupefacenti.

Il Giudice di primo grado avrebbe inoltre omesso di definire il DBP e di fornire una esplicazione della sua origine eziologica, non considerando come la letteratura anche internazionale - ampiamente citata dall'appellante - dimostrasse una compatibilità tra tale disturbo e l'ipotesi di trauma per effetto di abusi.

La diagnosi effettuata dalla dott.ssa Rossi sarebbe avvenuta in violazione dei criteri prescritti dalla scienza ed in paiticolare dal DSM, secondo cui dovrebbero essere seguite le metodiche dello SCID, non applicate dalla consulente: In tale contesto si rendeva pertanto necessaria, ai fini di una c01Tetta spiegazione causale dell'evento ai sensi dell'ait. 41 c.p., la corretta identificazione di tutti gli eventi antecedenti alla lesione, da dividere per scansioni temporali definite dalla loro relazione rispetto alla psicoterapia.

Le classi di eventi durante e successivamente alla terapia rappresenterebbe un indice rivelatore di come la classe di eventi e sintomi antecedenti alla psicoterapia descriva condizioni di premorbosità, di grave disagio in presenza di eventi causalmente collegati al determinarsi del disturbo della personalità. Tutte le cause canonizzate da quaranta anni di studi si sarebbero verificate nella fase anteriore alla psicoterapia e sarebbero state tutte note nel momento in cui l'imputato prendeva in cura la giovane.

In conclusione, ad avviso dell'appellante la sentenza impugnata avrebbe elaborato una diagnosi di disturbo borderline in violazione delle procedure accredita!e dalla comunità scientifica come strumento diagnostico dei disturbi della personalità, in assenza di una definizione del disturbo stesso e in mancanza di una individuazione delle cause originanti tale patologia. Non sarebbe nemmeno stato verificato se la somministrazione di domande inducenti il dubbio circa la verificazione di eventi traumatici potesse essere annoverata h·a le cause del disturbo, né sarebbero stati presi in considerazione i singoli eventi al riguardo am1overati dalla comunità scientifica quali cause dell'evento, oltre alla situazione preesistente alla terapia. 

In relazione al capo di imputazione sub n. 85), ad avviso della difesa caratterizzato da confusione di natura tale da integrarne una palese nullità, non sarebbero specificate le finalità illecite del presunto "sistema" di cui avrebbe fatto parte l'imputato, così come la asserita violazione della normativa in materia di servizi pubblici, priva di una descrizione della specifica condotta stigmatizzata.

La sentenza avrebbe inoltre evocato il concetto di "illecito sistema" utilizzandolo come sfondo per innestare su di esso la prova di una collusione tra gli imputati, senza che ne fosse emersa una qualsivoglia prova e non fosse mai stato formalmente contestato. Anchein relazione alla collusione non sarebbe stata individuata una specifica condotta finalizzata a siglare una intesa sulla commissione di un reato. Lo stesso capo di imputazione avrebbe contestato agli imputati un progetto futuro, un proposito professionale, politico e sociale, confondendo sigle e denominazioni, atteso che il progetto ivi richiamato era relativo alla costituzione di unsoggetto che gestisse una comunità per minori (ossia il progetto"Utopia"), mentre in parallelo e con finalità di promozione era stata costituita la associazione"Rompere il silenzio - la voce dei bambini". La sentenza, per contro, menzionava la diversa associazione "Rompere il silenzio - far crescere il futuro", avente natura meramente culturale e non commerciale, non avendo mai provveduto alla gestione delle psicoterapie, evocando erroneamente la ** S.r.l., in relazione alla quale non sarebbe stato mai rintracciato un programma condiviso di coinvolgimento della stessa. Anche l'affidamento in coprogettazione ad "Hansel e Gretel" non avrebbe avuto alcun fondamento, trattandosi in realtà di affermazione sulla quale il Giudice di primo grado non si sarebbe nemmeno pronunciato.

Ad avviso dell'appellante la sentenza avrebbe ritenuto dimostrata la collusione sulla base di meri rapporti amicali tra i vari soggetti richiamati nel capo di imputazione e in forza dei quali sarebbe stata altresì desunta la prova dell'elemento soggettivo. La condotta tenuta dall'imputato sarebbe stata espressamente prevista dall'art. 15 della legge regionale dell'Emilia Romagna n. 2/2003, che attribuirebbe ai Comuni i compiti di progettazione del sistema dei servizi sociali e della erogazione dei servizi anche con il concorso di soggetti del terzo settore. Anche il ritenuto uso indebito dei locali de "La Cma" sarebbe stato in realtà autorizzato con delibera di Giunta n. 45 del 6 maggio 2016 e la condotta dei pubbliciufficiali in realtà rispondeva a tale specifico mandato dell'organo di gestione dell'ente pubblico.

L'impugnata sentenza avrebbe inoltre disatteso quanto contestato nel capo di imputazione circa la violazione della normativa sull'affidamento dei servizi, mai formalmente specificata, limitandosi a valorizzare l'assenza di un atto pubblico che dimostrasse l'affidamento e non risultando sufficiente l'Accordo multilaterale del 16.09.2016 stipulato con "CCC dei Bimbi", che designava la Onlus "H&G" quale soggetto che avrebbe dovuto assicurare i "percorsi psicoterapeutici specialistici ai minori, tramite l'impegno e la consulenza dell'associazione H&G". Tale accordo, ad awiso della Difesa, non avrebbe necessitato di alcun altro dato fo1male, risultando di per sésufficiente e non richiedendo l'adozione di altri prowedimenti.

L'appellante rilevava inoltre l'erroneità della statuizione nella parte in cui stigmatizzava l'affidamento in coprogettazione ad un partner privato, ossia la ** S.r.l., atteso che l'affidamento risultava effettuato in favore della Onlus "Hansel e Gretel", con ciò venendo meno la necessità di una gara pubblica.

La sentenza, nel valorizzare l'elemento relativo all'emissione di fatture da parte di ** S.r.l., ometteva di interrogarsi quale fosse stato il ruolo effettivo di tale ente privato e se il relativo intervento fosse stato approvato dai pubblici ufficiali. L'unico elemento sarebbe stato rappresentato dall'emissione di fatture da parte di ** S.r.l. nei confronti di alcune famiglie affidatarie, condotta in realtà suggerita dal commercialista Dr. Cappello al fine di consentire il mantenimento di un criterio di prevalenza no profit alla Onlus, unico soggetto relazionatosi con l'Amministrazione e che provvedeva alla gestione del servizio.

Nessun approfondimento sarebbe inoltre stato esperito al fine di verificare l'effettiva consapevolezza e volontà del pubblico ufficiale di dare in affidamento un servizio ad un soggetto privato anziché ad una Onlus, che avrebbe in tale maniera visto compromettere la reputazione maturata. La scelta di fare emettere fattura a ** S.r.l. sarebbe stata una scelta interna, senza la quale il servizio sarebbe stato svolto nei medesimi termini e limitata al solo profilo della fatturazione.

La ritenuta "interposizione fittizia" delle famiglie affidatarie sarebbe frutto di un errore terminologico, dovendosi ritenere che le famiglie fossero statedoverosamente coinvolte nei pagamenti per le prestazioni rese da terzi professionisti. La delega nei pagamenti a favore di terzi trovava infatti la propria fonte in una previsione normativa formale e vincolante disposta dalla delibera di Giunta regionale n. 1904 del 2011. Sulla scorta di tale quadro normativo le famiglie affidatarie provvedevano pertanto alla gestione delle attività considerate "extra", accompagnano i minori alle sedute, interfacciandosi con gli psicoterapeuti e corrispondendo il prezzo della prestazione, ottenendo quindi il rimborso con aumento del contributo affido come previsto dalla citata delibera. Tale modus operandi seguiva peraltro tutte le spese "extra" e non le sole prestazioni rese dalla Onlus "H&G", la quale effettuava tutte le prestazioni pagate.

Del tutto erroneo risultava inoltre il riferimento alla convinzione dell'imputato che a pagare fossero le famiglie affidatarie, risultando noto e lecito il fatto che le famiglie ricevessero le provviste dai servizi sociali. La somma di€ 135,00 orari fatturata presso *** sarebbe rientrata nel range previsto dal Decreto del Ministero della Salute del 19 luglio2016, n. 165 e sarebbe stata lorda, comprendendo costi di viaggio e di pernottamento, nonpotendo pertanto essere paragonata agli irnpo1ti praticati presso il centro di Moncalieri. Lasomma di€ 135,00 venivano inoltre praticata e giustificata dalla determina di ASP ** (Reggio Emilia) n. 2018-228 del 4 luglio 2018.

L'appellante, in via subordinata, censurava altresì l'omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non potendosi attribuire rilievo alla mancata manifestazione di una resipiscenza, in considerazione della proclamazione di innocenza dello stesso. Sotto questo profilo, non poteva inalcun modo essere letta in termini dimancata resipiscenza la mera resistenza dell'imputato alla lettura tecnica delle consulenti del Pubblico Ministero. Anche il riferimento alla volontà di ingannare il Giudice attraverso la produzione di un filmato recante una data sbagliata sarebbe stato erroneo, trattandosi di un mero errore della difesa privo di idoneità ingannatoria, attesa la evidente riconoscibilità del periodo temporale in cui il filmato stesso era stato girato. Né poteva censurarsi la condotta processuale dell'imputato, il quale immediatamente e spontaneamente metteva a disposizione dell'A.G. i filmati relativi alle sedute al fine di fornire tutti gli elementi che potessero consentire di valutarne la condotta.

In data 02.02.2023 la difesa presentava "motivi aggiunti", attraverso i quali individuava numerose domande concernenti le criticità della sentenza impugnata e ritenute idonee a decidere la fondatezza o l'infondatezza del capo di imputazione, alle quali veniva data risposta attraverso la citazione del materiale probatorio agli atti.

 IL GIUDIZIO DI APPELLO

3.              Il presente grado di giudizio si articolava in quattro distinte udienze, nell'ambito delle quali prendevano posizione, rassegnando le rispettive conclusioni, tutte le parti impugnanti, nonché i patroni delle costituite pru.ii civili.

In pa1iicolare, all'udienza del 21 febbraio 2023 la Corte disponeva l'acquisizione della sentenza n. 534/2021 pronunciata dal G.U.P. presso il Tribunale di Reggio Emilia prodotta dalla difesa dell'imputato e rigettava la richiesta di acquisizione di tutta l'ulteriore documentazione da quest'ultimo allegata ai motivi aggiunti presentati in data 02.02.2023.

Il giudizio proseguiva quindi alle udienze del 14 marzo 2023, del 21 aprile 2023 e del 6 giugno 2023, ove, a seguito di repliche, veniva data lettura del dispositivo di sentenza trascritto in calce alla presente motivazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.              Gli appelli presentati dai difensori dell'imputato F C sono fondati e devono essere accolti, per le ragioni in fatto e diritto di seguito esposte.

4.1.        Deve preliminarmente essere disattesa l'eccezione di nullità del capo di imputazione contestato sub n. 85) asseritamente riconducibile alle modalità descrittive ivi adottate, caratterizzate da assoluta confusione e prive di una qualsivoglia specificazione delle finalità illecite del presunto sistema di cui avrebbe fatto parte l'imputato nonché della particolare condotta posta in essere in violazione della normativa in materia di servizi pubblici.

Contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, la formulazione del capo di imputazione oggetto di disamina risulta caratterizzata da una analitica enunciazione dellecondotte asseritamente violate, risultando ivi contestata la mancata adozione:

a)     di un provvedimento di affidamento diretto cd. "sottosoglia" del servizio di psicoterapia sui minori ai sensi dell'art. 36, comma 2 lett. a) D. Lgs. 50/2016 in relazione agli anni 2014, 2015 e 2016;

b)    di un provvedimento di affidamento secondo la procedura a evidenza pubblica cd. "soprasoglia" del servizio di psicoterapia sui minori ai sensi dell'art. 36, comma 2 lett. a) D. Lgs. 50/2016 in relazione agli anni 2017 e 2018.

Il prosieguo dell'editto accusatorio, inoltre, fornisce una ancora più analitica descrizione del sistema adottato nell'affidamento degli anzidetti servizi, specificando la condotta tenuta da tutti gli imputati, tra i quali anche l'odierno appellante. La modalità descrittiva adottata dall'Ufficio requirente non pregiudica pertanto in alcun modo il diritto di difesa dell'imputato, il quale è stato in grado di formulare specifiche contestazioni in merito a tutti gli addebiti mossi.

Né può ravvisarsi il censurato vizio di nullità nell'assenza di elementi concernenti la sussistenza di un accordo collusivo intercorso tra i pubblici ufficiali intranei e il soggetto cd. "extraneus", trattandosi di distinta questione concernente la valutazione dei dati probatori idonei a sorreggere e, quindi, a confermare il merito dell'ipotesi accusatoria.

Del resto, il pacifico insegnamento della Corte di Cassazione è al riguardo orientato nel ritenere che:"Una volta instaurato il giudizio abbreviato condizionato, senza che vi siastata alcuna modifica. o integrazione del!'accusa da parte del pubblico ministero e senza che il giudice abbia rilevato vizi nella formulazione dell'imputazione, non è consentito al!'imputato eccepire la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per genericità ed indeterminatezza del capo di imputazione" (Cass., Sez. 6, Sentenza n. 21265 del15/12/2011 Ud., dep. 01/06/2012, Rv. 252854- 01). In senso conforme anche Cass. Sez. 4,Sentenza n. 18776 del 30/09/2016 Ud., dep. 18/04/2017, Rv. 269880 - 01: "L'imputato del giudizio abbreviato incondizionato non può eccepire il vizio di genericità e indeterminatezza dell'imputazione, perché la richiesta incondizionata di giudizio abbreviato· implica necessariamente l'accettazione dell'imputazione formulata dal!'accusa".

Ne consegue la radicale infondatezza dell'eccezione formulata nell'ambito delle censure afferenti il capo di imputazione contestato sub n. 85).

4.2.        Ciò posto, le censure formulate avverso il capo di sentenza afferente l'imputazione n. 85 - avente ad oggetto l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 323 c.p. - risultano fondate limitatamente all'assenza di prova circa la sussistenza di un accordo collusivo intercorso trai coimputati pubblici ufficiali e l'odierno appellante, soggetto cd."extraneus".

OMISSIS

In definitiva, tutti gli elementi indicati al fine di ritenere provato un attivo coinvolgimento dell'appellante F C si limitano a evidenziarne un coinvolgimento in qualità di mero beneficiario, ma non anche intese, pressioni o sollecitazioni dirette ad influenzare l'azione amministrativa.

Residuano pe1ianto esclusivamente rapporti amicali e di frequentazione che, in assenza di ulteriori elementi, assumono valenza di meri elementi indiziari equivoci, non univoci e, per ciò stesso del tutto inidonei a sorreggere una affermazione di responsabilità, oltre ogni ragionevole dubbio, dell'imputato a titolo di cd. "extraneus" in delitto di natura "propria".

Ne discende pronuncia assolutoria dell'imputato da tale capo, ai sensi del capoverso

dell'art. 530 c.p.p., per non avere commesso il fatto.

 

 

4.3.        Risultano altresì fondate le censure articolate avverso le statuizioni concernenti la condanna per l'ipotesi delittuosa di cui agli art. 582 e 583 c.p. contestata al capo di imputazione sub n. 103).

Il Giudice di primo grado ha ravvisato la sussistenza di tale ipotesi delittuosa recependo le conclusioni rassegnate dalla consulente del P.M., dott.ssa Rossi, secondo cui la terapia somministrata dall'imputato avrebbe assunto la natura di componente rilevante nell'insorgenza delle patologie accertate. La psicoterapia condotta dal dott. F, dunque, si sarebbe innestata nei numerosi eventi sfavorevoli caratterizzanti il vissuto e la crescitadella parte civile, rivelandosi causa di ulteriore sofferenza e arrivando a sfociare nei disturbi diagnosticati dalla consulente. Le modalità improprie e scorrette utilizzatedall'imputato per condurre la psicoterapia avrebbero pertanto assunto, unitamente al pregresso equilibrio psichico precario, la natura di concause rilevanti ai sensi dell'art. 41,comma 1, c.p. rispetto alle patologie riscontrate nella paziente.

L'impugnata sentenza, nel recepire incondizionatamente le conclusioni rassegnate dal consulente del P.M., ha di fatto avallato la metodologia adottata dalla citata professionista, caratterizzata da un metodo individualizzante di spiegazione causaleaffidato ad una connessione fattuale tra fattori naturali che hanno riguardato la crescita dellapaziente.

43                                                 i'
 

 La precipua problematica caratterizzante la statuizione di condanna oggetto di impugnazione, tenuto conto delle doglianze prospettate dall'appellante, attiene pertanto preliminarmente all'imputazione oggettiva dell'evento, con particolare riferimento alle modalità di accertamento del rapp01to di causalità che lega quest'ultimo alla condotta.

A tal proposito, deve necessariamente premettersi come la prevalente scienza giuridica penalistica ritenga che il sistema normativo, fondato sulle disposizioni degli artt. 40 e 41 c.p., recepisca la concezione causale della cd. "condicio sine qua non", temperata dal riferimento alle cause sopravvenute fatto proprio dal capoverso dell'art. 41 c.p.

La teoria causale condizionalistica, altrimenti denominata dell'equivalenza di cause, attribuisce la natura di causa ad ogni singola condizione dell'evento, ossia ad ogni antecedente senza il quale l'evento non si sarebbe verificato. In forza di tale teoria, dunque, tutte le condizioni necessarie per la verificazione dell'evento assurgono al rango di causa dello stesso, subendo una parificazione dell'attitudine causale in maniera tale daequivalersi. La condotta umana può quindi essere reputata eziologicamente legataall'evento quando, secondo un giudizio causale ex post, rappresenta almeno una dellecondizioni indispensabili per il suo verificarsi. Il criterio per individuare la sussistenza di un vincolo causale tra condotta ed evento è rappresentato dal cd. "giudiziocontrofattuale", basato sull'ideale eliminazione mentale del fattore ritenutocondizionante. Tale giudizio risulta essenzialmente articolato sul condizionale congiuntivo"se ... allora ..."e costruito secondo

quella che tradizionalmente viene definita "doppia formula", secondo cui:

•       la condotta umana è condizione necessaria dell'evento se, eliminata mentalmente dal novero dei fatti realmente accaduti, l'evento non si sarebbe verificato (formulapositiva);

•       la condotta umana non è condizione necessaria dell'evento se, eliminata mentalmentemediante il medesimo procedimento, l'evento si sarebbe egualmente verificato(formula negativa).

Il principale limite di tale teoria riguarda l'incapacità della sopra riportata formula condizionalistica di spiegare perché, in assenza dell'azione, l'evento non si sarebbe verificato. In altri termini, il criterio di imputazione causale della "condicio sine qua non" consente di affermare che, operata l'eliminazione mentale dell'antecedente rappresentato dalla condotta umana, il risultato non si sarebbe o si sarebbe comunque prodotto, esclusivamente laddove già in precedenza sia noto che da una determinata azione scaturisca o meno un evento.
 

La criticità di tale aspetto introduce la necessità di individuare metodi e percorsi logici da seguire ai fini dell'affermazione della sussistenza del nesso eziologico.

In epoca meno recente l'approccio giurisprudenziale è stato quello di accogliere il cd. "metodo individualizzante", il cui compito non consisterebbe nel sussumere il rapporto tra i singoli accadimenti nell'ambito di una legge scientifica generale, bensì nell'individuare

connessioni tra eventi determinati e circoscritti spiegando la causa di un evento singolo e

I

inipetibile, verificatosi hic et nunc per effetto di una azione parimenti unica e irripetibile.

Nell'applicazione di tale metodo, dunque, il Giudice dovrebbe comportarsi comeuno storico e non come uno scienziato, affidando la decisione alle proprie intuizioni inpieno spregio dei principi di legalità e tassatività. La natura prettamente intuizionistica di tale metodo è agevolmente desumibile da un passaggio della sentenza pronunciata daTrib. L'Aquila in data 17/12/1969 nella nota vicenda relativa al cd. "disastro del Vajont", incui venne rilevato che:"se nessuno è in grado di spiegare perché la/rana si sia verificata, ciò nondimeno non si può minimamente dubitare che la frana sia dovuta all’opera dell'uomo". La giurisprudenza immediatamente successiva risulta essersi affidata ad un approccio intermedio, ancorato in maniera attenuata ad un criterio individualistico e fondato sulla"generalizzazione del senso comune", secondo cui la prova non può identificarsi esclusivamentecon quella scientifica, ben potendosi considerare al riguardo le cd. "massime di esperienza", intese per l'appunto quali risultati di generalizzazioni del senso comune. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13690 del 24 giugno 1986 (massimata sub rv.174512), in parte motiva ha avuto modo di precisare che: "A questo proposito non sembra aquesta Suprema Corte indispensabile addentrarsi nella controversia squisitamente epistemologica sui limiti di attendibilità della spiegazione causale dei fenomeni e sul valore delle leggi statistiche nella spiegazione delle relazioni tra accadimenti. Va tuttaviasottolineato che nello ambito del diritto penale, in considerazione del fine di repressioneche l'ordinamento persegue, la prova non può essere identificata soltanto con quella scientifica e non può quindi essere fondata esclusivamente sulla base di una "regolaritàsenza eccezioni" nella successione di determinati fenomeni. In molti casi, soprattuttoin assenza di leggi scientifiche, possono considerarsi validi, al fine del!'indaginecausale, i risultati di generalizzazioni del senso comune, fermo restando che è doveroso da parte del giudice orientare, laddove e .fin dove è possibile, ! 'indagine verso unaspiegazione scientifica o,

comunque, verso una spiegazione statistica esplicativa dei fenomeni".

 

 

...
 

 Tali orientamenti risentono, come innanzi accennato, di unapproccio eccessivamente individualistico, tanto dall'avere indotto a qualificare l'organo giudicante quale produttore, anziché quale mero consumatore, di leggi causali.

Al fine di sopperire a tali criticità è stato conseguentemente sostenuto che una

spiegazione causale ancorata a criteri oggettivi, certi e controllabili, richieda l'adozione di un metodo generalizzante atto a evidenziare i tratti comuni intercorrenti tra evento hic et nunc verificatosi e altri appartenenti ad una classe di eventi simili. Tale approccio, invero, consente di conferire al concetto di causalità una natura oggettiva, identica per tutti isoggetti e tale da ridurre il libero apprezzamento del Giudice nel rispetto dei principi di tassatività e certezza della prova.

La giurisprudenza di legittimità, al fine di pervenire a tale risultato, a paitire dalla

nota sentenza n. 4793/1991 relativa al disastro di Stava, ha pertanto fatto ricorso al cd. "modello della sussunzione sotto leggi scientifiche di cope1tura", sancendo il principio secondo cui: "Un antecedente può qualificarsi condizione necessaria di un evento quando la scienza, con le sue leggi, consente di collegarlo all'evento, come condizione indispensabile o "sine qua non", cosa che avviene, anzitutto, quando esiste una legge scientifica, universale o statistica, di copertura della condotta o dell'evento e, altresi, quando in tutti i processi esplicativi mediante leggi (che sono state, potevano o potrebbero enunciarsi nel loro decorso) un determinato antecedente si manifesta come condizione indispensabile o necessaria dell'evento. (l'applicazione di tale principio ha consentito nella specie al giudice di merito di definire con esattezza l'antecedente senza il quale il crollo del bacino superiore di Prestavel non si sarebbe verificato)" (Cass., Sez. 4, Sentenza n. 4793 del 06/12/1990 Ud., dep. 29/04/1991, Rv. 191793 - 01). In altri termini, occorre che ilgiudicante verifichi se la condotta rientra o meno nel novero di quei fenomeni che, sulla scorta di una successione regolare conforme a una legge dotata di validità scientifica (cd. "legge di copertura"), producono eventi del medesimo tipo di quelli concretamente

verificatisi.

Il Giudice, nel ricorrere a tale approccio, è quindi tenuto a valutare l'attendibilitàdella legge scientifica che intende porre a fondamento della propria statuizione, rendendointellegibile il percorso decisionale seguito: "Nel valutare l'attendibilità della leggescientifica di copertura, il giudice deve esaminare gli studi che la sorreggono, le basifattuali sulle quali gli approfondimenti sono stati condotti, l'ampiezza, la rigorosità e l'oggettività della ricerca, l'attitudine esplicativa dell'elaborazione teorica, il grado diconsenso che la
 

 tesi raccoglie nella comunità scientifica, nonché l'identità, l'autorità, l'indipendenza e la provenienza del soggetto che ha gestito la ricerca, come pure le finalità per le quali l'indagine è stata realizzata" (Cass., Sez. 4, Sentenza n. 18678 del 14/03/2012 Ud., dep. 15/05/2012, Rv. 252621 -01).

11 rispetto del principio di tassatività, attraverso tale approccio, è assicurato mediante il canone dell'elevato grado di probabilità, da intendersi in termini non già diprobabilità statistica, quanto piuttosto di probabilità logica. In altri termini, la probabilitàstatistica della legge scientifica di riferimento è in grado esclusivamente di individuare lafrequenza che caratterizza una determinata serie di eventi, mentre la probabilità logica rappresenta la verifica aggiuntiva ai fini della credibilità dell'impiego di tale legge al casoconcreto, ossia "del!'attendibilità dell'impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilità dell'accertamento giudiziale" (cfr. Cass., Sez. U,sentenza n. 30328 del 10/07/2002 Ud., dep. 11/09/2002, Rv. 222138 - 01, resa con riferimento alla responsabilità omissiva in campo medico ma contenente principi ritenuti estensibili alla causalità in generale).

Attraverso tale dictum viene pertanto esclusa radicalmente una qualsivoglia forma di

automatismo tra livello di probabilità statistica ed esito dell'accertamento giudiziale, anche attraverso il richiamo al ragionamento inferenziale in tema di prova indiziaria dettato dal disposto di cui all'art. 192, comma 2 c.p.p.

Ciò posto, appare evidente come la motivazione resa dal Giudice di primo grado,

lungi dall'affrontare in via preliminare la sussistenza di leggi scientifiche di copertura e, conseguentemente, l'aderenza delle stesse al caso concreto, si sia limitata ad affidarsi aduna mera conn ssione fattuale tra fattori naturali, priva di una spiegazione causale ossequiosa dei crismi sanciti dall'ormai granitico orientamento adottato dalla giurisprudenza.

Sotto questo profilo, sorprende che l'elaborato integralmente recepito nell'impugnata sentenza ometta radicalmente di confrontarsi con fonti scientifiche, testi, studi, autori e precedenti giurisprudenziali. La diagnosi formulata dalla dott.ssa Rossi si profila infatti del tutto disancorata da evidenze scientifiche e risulta essenzialmente fondata su di un metodo individualizzante, caratterizzato dalle "intuizioni" della professionista.

Quest'ultima, invero, risulta essersi limitata a una disamina degli elementi raccolti nella fase investigativa e all'effettuazione di un incontro con le minori SORELLA MAGGIORE e SORELLA MINORE, dopo che quest'ultima risultava già essere statasentita nell'ambito del proc. 620/25 R.G.N.R. e, successivamente, in data 24.01.2019
 

A prescindere dalla genericità delle conclusioni rassegnate dalla Consulente, sulle quali si interverrà nel prosieguo, emergono in tutta la loro singolarità le modalità dell'accertamento diagnostico dei disturbi ritenuti riconducibili all'attività psicoterapeutica somministrata dall'appellante. La diagnosi, invero, si è risolta in una valutazione priva di riferimenti agli strumenti di indagine prescritti dal "DSM 5" e dalla letteratura scientifica, venendo riferita in maniera essenzialmente apodittica stante la radicale assenza di una qualsivoglia menzione, anche solo attraverso frasi di stile, del paradigma e dei criteriseguiti. Appare evidente come tale approccio si ponga in contrasto con i criteri sanciti da.Il'ormai unanime orientamento della giurisprudenza di merito e legittimità, secondo cui l'individuazione della legge di copertura non può prescindere da una disamina della sua attendibilità desumibile dagli studi che la soneggono, dalle basi fattuali sulle quali gli approfondimenti sono stati condotti nonché dagli ulteriori elementi più analiticamenterichiamati dal citato an-esto giurisprudenziale di cui a Cass., n. 18678/2012. Ed è altrettanto evidente come la consulenza avente ad oggetto una diagnosi di malattia non possa prescindere dall'indicazione, a proprio corredo, di elementi verificabili, conoscibili e, per ciò stesso, accompagnati dall'indicazione delle fonti che ne consentano il controllo

attraverso l'indicazione dei dati statistici e del margine di errore.

Tali approfondimenti si rendevano a maggior ragione imprescindibili nel caso di specie, tenuto conto della natura scientifica della materia psicologica, definita per l'appunto in termini di scienza che studia i processi psichici, coscienti e inconsci, cognitivi(percezione, attenzione, memoria, linguaggio, pensiero ecc.) e dinamici (emozioni, motivazioni, personalità ecc.).

Come desumibiledalla documentazionerichiamata dalla difesa nella memoria didata 21 aprile 2023, l'atto diagnostico viene definito dalla cd. "A.P.A." (acronimo diAmerican Psychological Association) quale: "valutazione di comportamenti e di processimentali e affettivi anormali, che risultano disadattivi e/o fonte di sofferenza (e cioè di manifestazioni psicopatologiche e di sintomi) attraverso la loro classificazione in un sistemadiagnostico rico11osciuto e l'individuazione dei meccanismi e dei fattori psicologici che li hanno originati e che li mantengono" (fonte: ordine degli psicologi del Piemonte, "Lopsicologo e l'atto diagnostico: contesto clinico e contesto forense").

A fronte della radicale omissione da parte della consulenza della dott.ssa Rossi adun qualsivoglia riferimento a leggi scientifiche di copertura, ritiene questa Corte deltutto

48                                                   
 

superfluo addentrarsi nelle modalità di somministrazione delle sedute di psicoterapia da parte dell'odierno imputato.

Al riguardo, questa Corte non può che ribadire come la formulazione di un nesso causale concernente l'insorgenza di una malattia debba fondarsi sulla convincente ed esaustiva esternazione dei dati della scienza espressi dagli studi, anche di ordine statistico, nonché dalla comparazione tra tesi opposte in caso di discordanza (cfr. Cass., sent. n. 43786/2010). La radicale carenza dei necessari passaggi di verifica e riscontro qualifica la sentenza in termini di mera intuizione dell'organo giudicante, in pieno spregio dei piùrecenti ruTesti giurisprudenziali in precedenza ampiamente citati.

Del resto, la genericità in relazione a tale aspetto dell'elaborato redatto dalla consulente dell'Ufficio del P.M. è tale da non consentire di superare le molteplici obiezioni articolate dalla difesa dell'appellante in merito alla genesi della patologia riscontrata nella parte civile SORELLA MAGGIORE. In altri termini, la totale assenza di riferimenti a leggidi copertura e ai sottostanti studi, oltre che all'ampiezza, alla rigorosità, all'oggettività della ricerca e al grado di consenso da parte della comunità scientifica che dovrebbe caratterizzare il dato scientifico, non consente di superare le obiezioni della difesa nemmeno attraverso l'espletamento di una perizia, peraltro non richiesta dal P.M., non risultando assolutamente necessaria e ritenendo questa Corte di essere in grado di decidere allo stato degli atti.

Sotto questo profilo, è appena il caso di evidenziare come i copiosi contributi di letteratura scientifica in materia richiamati dalla difesa dell'imputato nell'appello e nei motivi aggiunti, così come dai consulenti dello stesso nei rispettivi elaborati, siano orientati nel ritenere che la patologia riscontrata, ossia il cd."Disturbo Borderline di Personalità", si formi nei primi anni di vita e si manifesti nell'adolescenza e nell'età adulta.

Invero, tutta la letteratura citata, comprensiva altresì della documentazione prodottae acquisita da questa Corte all'udienza del 21 aprile 2023, riconduce l'eziopatogenesi a fattori legati all'età infantile, con riferimento ad ambienti familiari invalidanti, abusisessuali o ipotesi di violenza assistita. I numerosi studi specialistici ampiamente evocatidalla difesa dell'appellante nell'ambito dei cd. "motivi aggiunti" di impugnazione, costituiti da fonti nazionali e internazionali sulle cause del disturbo, non annoverano nellaeziopatogenesi la causa iatrogena, individuando per contro fattori intervenuti nei primi annidi vita legati al rapporto con la famiglia, all'ambiente circostante, a esperienze di violenza eabuso.

Al riguardo, si riportano solo alcuni dei numerosi contributi scientifici menzionati, rinviando alle consulenze e agli atti di parte per una integrale disrunina, con la precisazione

 

 

49
 

che allo stato non constano studi di diverso tenore che attribuiscano valenza eziologica alla causa iatrogena (con la precisazione che la documentazione allegata ai cd. "motivi aggiunti" non acquisita all'udienza del 21 febbraio 2023 è stata successivamente acquisita, con il consenso delle parti, alla successiva udienza del 21 aprile 2023):

•       Mucci C., "Corpi borderline Regolazione affettiva e clinica dei disturbi di personalità":"...la eziopatogenesi del disturbo di personalità, che è legata allo sviluppo primariodel bambino e si manifesta negli anni e a seguito di protratte esperienze ditraumatizzazione primaria (cioè con i caregiver) oppure a causa di prolungaterelazioni di abuso  se

siamo arrivati, dopo l'adolescenza, alla manifestazione di un disturbo di personalità, le espressioni sintomatiche ed esistenziali di questo disturbo sono da considerarsi comela complessa risposta bio-psico-mentale di quel soggetto agli elementi disfanzionali presenti già nelle relazioni primarie (dalla nascita, o anche dalla gestazione). La mancanza di sintonizzazione tra madre e bambino specialmente nei primi due anni di vita (cruciali per lo sviluppo futuro del sistema corpo-mente-cervello) ha irifatti un effetto distruttivo sul totale funzionamento del sé in formazione... i disturbi della personalità hanno origine e devono essere compresi proprio come patologia che si sviluppa in questo spazio intermedio, questa "regione intermedia" (come Freud chiamava la regione della malattia nello spazio transferale della terapia) tra fisico e psichico, intersoggettivo e psicodinamico, tra un sé in formazione e un altro sé, nel complesso degli scambi neurobiologici e affettivi attivati dal sistema della cura (unodei sistemi motivazionali per Panksepp, 2004)... Nei disturbi di personalità, non solo il caregiver primario, ma anche una seconda figura, di solito un padre, è stato ostile e rifiutante";

•        Ferreira D., "La complessità del disturbo borderline di personalità: la relazione terapeutica tra infermiere e paziente": "L'eziologia del disturbo di personalità non è del tutto nota ma la maggior parte delle ipotesi fin ora emerse sostengono il coinvolgimento di più fattori: genetici, neurobiologici e psicosociali. Si sostiene che questi ultimi, interagendo tra loro, possano provocare !'insorgenza di questa psicopatologia (Skodol, 2019). Per quanto riguarda il fattore psicosociale, tra i pazienti con disturbo di personalità borderline è spesso comune una storia di infanziatraumaNca. Quest'ultima è sovente presente nell'anamnesi di questi pazienti sottodiverse forme, come abusi fisici, verbali o sessuali, oppure sotto forma dinegligenza, precoce separazione o perdita genitoriale";

•       Maffei C.,"Oltre la personalità, Dialettica sistemica e sviluppo borderline":"Tra i fattori patogenetici del disturbo borderline giocano un ruolo significativo eventi avversi, soprattutto accaduti durante l'infanzia. Anche questo caso la variabilità èestremamente elevata e la letteratura presenta dati controversi. Si tratta di uno degli ambiti più complessi, perché la natura degli eventi è a sua volta estremamente varia, muovendosi tra le due polarità dei comportamenti di abuso e dei comportamenti ditrascuratezza (McLaughlin, Sheridan, Lambert, 2014)";

•        Manna V., Daniele M.T., Pinto M., "Fattori ezio-patogenetici del disturbo borderline di personalità": "Le cause del DBP sono state cercate nelle varie forme di abuso infantile intrafamiliare, sul piano psicologico, fisico e/o sessuale. Numerosi ricercatori ritengono che l'ambiente familiare caratterizzato da episodi d'abuso sia un elemento specifico nelle storie di pazienti borderline, non altrettanto comune nelle vite dipazienti con altri disturbi di personalità, se si esclude il disturbo antisociale di personalità ... nella patogenesi del DBP si sommano e s'intersecano diversi fattori: una componente genetica e costituzionale, la figura materna eccessivamente opprimente, una storia d'abuso in epoca infantile nell'ambito familiare. L'importanza relativa di ognuno di questi fattori, nella storia clinica d'ogni specifìco paziente con DBP resta ovviamente da stabilire";

•        Martino F., Lia L., Bortolotti B., Menchetti M., Monari M., Ridolfi M.E., Sanza M., Sasdelli A., Berardi D.,"La famiglia del paziente condisturbo borderline dipersonalità: carico della malattia e interventi destinati ai caregiver": "Le ricerche di carattere genetico hanno tentato di spiegare tale coaggregazione dei disturbi psichiatrici nei familiari e neifigli co DBP, ponendo l'enfasi su una componente ereditaria. Sebbene i risultati di questi studi siano ancora limitati, alcuni contributi scientifici sembrano confermare una parziale ereditarietà genetica del disturbo, riferitaspecificatamente alla difficoltà nel controllo degli impulsi ... nello specifico, il modello inglese di Bateman e Fonagy attribuisce l'origine del DBP a problematiche nella relazione di attaccamento con il caregiver. Alcuni autori individuano la presenza di un attaccamento disorganizzato in quei pazienti con DBP che sono stati vittima di abusi e/o eventi traumatici nell'infanzia. Dalle ricerche vengono individuati anche pattern di attaccamento insicuro di tipo ansioso-ambivalente in quei pazienti che, nonostante l'assenza di un evento traumatico nella storia di vita, avevano avuto una relazione con il caregiver poco empatica e scarsamente responsiva ai bisogni emotivi del bambino.            
 

Gli autori concludono evidenziando un problema nella relazione, quindi nella sintonizzazione, in qualche modo fallimentare, trai due individui, senza porre un'enfasi maggiore sul caregiver o sul bambino".

Merita altresi di essere riportato quanto riferito a riguardo dei modelli eziopatogenetici dal "Dizionario di Medicina" delI'Istituto della Enciclopedia ItalianaTreccani, secondo cui: "Allo sviluppo della personalità borderline concorrono fattori biologici, psicologici e socioculturali, sul peso relativo e sul!'interazione dei quali si confrontano psicoanalisi, cognitivismo e neuroscienze. Modelli psicodinamici centrati sul ricorso alla scissione nel conflitto fra pulsioni libidiche e aggressive (Otto Kernberg), o su deficit della capacità di mentalizzazione (Peter Fonagy), si affiancano alle teorie cognitive più recenti focalizzate su un'alterazione del sistema di regolazione delle emozioni (Marsha Linehan); mentre dalla sintesi tra i due indirizzi nasce la teoria del disturbo dell'attaccamento, cioè della costituzione del legame primario madre-bambino (John Bowlby, Mary Main e Judith Salomon). Un generale consenso è accordato al ruolo causale che rivestono in età infantile gli eventi h·aumatici, intesi tanto come singole vicende diabuso o maltrattamento, quanto come ripetute e protratte situazioni di trascuratezza e carenze genitoriali. Sugli effetti del h'auma converge la ricerca dei subsh'ati biologici dellapatologia b., nell'ipotesi di un coinvolgimento dei meccanismi della memoria procedurale che determinerebbe la persistenza degli schemi emozionali attivati dalle esperienze negative. Alterazioni neurotrasmettitoriali, disfunzioni del sistema limbico e dei circuiti prefrontali sono collegate all'impulsività e alla difettosa modulazione degli affetti, e potrebbero essere alla base di una vulnerabiltà biologica geneticamente trasmissibile, aperta alle influenze familiari e sociali" (doc.13 acquisito all'udienza del 21 aprile 2023).

Passando in breve rassegna i numerosi contributi scientifici acquisiti nel corso del presente grado di giudizio e rinviando agli elaborati dei consulenti della difesa dell'odierno appellante, si richiama quanto al riguardo efficacemente evidenziato da Zimmerman M. nel manuale MSD (versione per pazienti): "Geni e fattori ambientali possono contribuire allo sviluppo del disturbo borderline della personalità. Alcune persone possono avere una tendenza genetica a reagire male agli stress della vita, perciò tendono maggiormente a sviluppare il disturbo borderline della personalità e altri disturbi mentali. Inoltre, ildisturbo borderline della personalità tende a essere ereditario, il che suggerisce che questatendenza possa essere parzialmente ereditaria. I parenti di primo grado dei soggetti con questo disturbo hanno una probabilità 5 volte maggiore di sviluppare il disturbo rispetto alla popolazione generale. Gli stress nella prima infanzia possono contribuire allo sviluppo del disturbo borderline della personalità. Molti soggetti con disturbo borderline della personalità hanno subito abusi fisici o sessuali, separati da chi di loro e/o hanno perso un genitore da bambini. L'insicurezza del loro attaccamento verso chi si prende cura di loro contribuisce ai sintomi del disturbo• borderline della personalità" (doc. 15 acquisito all'udienza del 21 aprile 2023). Analogamente, nella versione per professionisti delmanuale il medesimo autore evidenzia al riguardo che: "Eventi stressanti durante la prima infanzia possono contribuire allo sviluppo del disturbo borderline di personalità. Un'anamnesi remota relativa all'età adolescenziale di abusi fisici e sessuali, di abbandono,di separazione dei genitori, e/o la perdita di un genitore è comune tra i pazienti condisturbo borderline di personalità. Alcune persone possono avere una tendenza genetica ad avere risposte patologiche alle condizioni ambientali stressanti, e il disturbo borderline di personalità sembra chiaramente avere una componente ereditaria. I parenti di primo grado di pazienti con disturbo borderline di personalità hanno 5 volte più probabilità di avere la malattia rispetto alla popolazione generale. I disturbi nelle funzioni diregolamentazione dei sistemi cerebrali e neuropeptidi possono anche contribuire, ma nonsono presenti in tutti i pazienti con disturbo borderline di personalità" (doc. 22 acquisitoall'udienza del 21 aprile 2023).

Analoghe considerazioni si rinvengono nel doc. 14) prodotto all'udienza del 21 aprile 2023, in cui la disamina delle teorie eziopatogenetiche della patologia in questione si attesta su analoghe considerazioni: "Lo sviluppo del Disturbo Borderline di Personalità è multifattoriale. Secondo il modello bio-psico-sociale (Paris, 1996), i fattori biologici, innati, legati al temperamento e all'aspetto ereditario della personalità uniti ai fattori psicologici come esperienze traumatiche e stile di attaccamento, insieme a fattori sociali intervengono tutti nel!'eziopatogenesi del BPD. Esistono diversi modelli, di stampo psicoanalitico e cognitivo che cercano di comprendere lo sviluppo e il funzionamento del BPD. Kernberg (1975) spiega il-nucleo centrale di questo disturbo come un conflitto fra pulsioni libidiche ed aggressive, sviluppato nei primi anni di vita della persona che vienegestito attraverso un meccanismo di difesa primitivo, definito scissione. È proprio lascissione, secondo questa teoria psicanalitica, a impedire un confronto nella coscienza delle rappresentazioni positive e negative che il paziente ha di sé e degli altri (Kernberg, 1975). Secondo Adler (1985), invece, non è il conflitto in sé a causare il disturbo ma un deficit nella rappresentazione interna della persona che fornisce cura, in genere la madre, a causa della sua incapacità a sintonizzarsi con i bisogni del bambino e a proteggerlo. Neimomenti di forte stress emotivo, a causa di questa mancata rappresentazione di una persona in grado di soddisfare bisogni e fornire protezione, il paziente non riesce a richiamare alla mente immagini in grado di tranquillizzarlo, sentendosi particolarmente vulnerabile a esperienze dolorose di paura, solitudine e abbandono. Altre teorie psicoanalitiche mettono in risalto il ruolo del deficit metacognitivo del paziente con BPD che gli impedisce di formarsi una teoria della mente, distinguendo apparenza e realtà e ragionando sulle proprie attività mentali (Fonagy, 1995; Maffei, 1998)... secondo Linehan tra i precursori biologici della disregolazione emotiva si possono annoverare l'ajfettività negativa (disagio, frustrazione, tristezza e incapacità di venir consolati), la sensibilità agli stimoli emotivi e I'impulsività. Inoltre fattoriintrauterini, traumi neurologid infantili o dell'età adulta ed esperienze precoci di apprendimento sono in grado di inf/.uenzare la capacità di regolazione delle emozioni. Anche l'ambiente sociale, in particolare la famiglia, influenza l'individuo attraverso l'invalidazione delle emozioni, associata all'incapacità di esprimerle attraverso modalità adeguate, rinforzando l'attivazione emotiva e utilizzando uno stile genitoriale poco adeguato nei confronti del temperamento del bambino. Esistono tre principali tipologia difamiglie che aumentano il rischio di sviluppare un BPD e sono la famiglia "disorganizzata", spesso maltrattante e trascurante, la famiglia "perfetta" dove non èpossibile esprimere emozioni negative e infine la famiglia considerata "normale" in cui manca la sintonia tra i membri".

Parimenti significativo si profila il doc. 16) acquisito all'udienza del 21 aprile 2023, trattandosi di studio esplicativo degli strumenti diagnostici più affidabili per la valutazione dei tratti della personalità, secondo cui: "fl manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM 5, 2013) definisce i tratti della personalità come "modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell'ambiente e di se stessi". Questi tratti, normalmente flessibili e adattabili, in soggetti affetti da Disturbo di Personalità sono caratterizzati da rigidità e difficoltà di adattamento a contesti diversi. Lo strumento diagnostico più affidabile per la valutazione dei tratti della personalità, e della loro variante patologica, è indubbiamente l'intervista- diagnostica SCID-5 (Structured Clinica! Interwiew Far DSM 5). Questa intervista semi-strutturata, che si basa direttamente sui criteri del DSM 5, si sviluppa attraverso la compilazione di un questionario, approfondito nel corso di uno o più colloqui clinici successivi, con un valutatore esperto, atti a valutare l'eventuale presenza di un disturbo della personalità, o anche solo di alcuni tratti di personalità patologici. Questo procedimento diagnostico viene definito categoriale, comportando come prodotto finale l'inserimento, o il non inserimento, del paziente in una categoria diagnostica (ad es.il Disturbo Borderline). Westen e Shedler hanno cercato di risolvere alcune criticità della SCID-II creando uno strumento denominato SWAP-200 (Shedler Westen Assessment Procedure).

La diagnosi in questo caso avviene attraverso la compilazione 200 descrittori da parte del clinico (non è richiesta la presenza del paziente), che deve comunque possedere una conoscenza approfondita, sia dello strumento, sia del paziente in oggetto (dovrebbe aver sostenuto almeno 3-4 colloqui clinici). 

Il test offre un risultato sia categoriale, sia dimensionale, rispetto alle categorie diagnostiche standard del DSM-JV, e alle categorie identificate dagli autori come sign ficative, solo parzialmente sovrapponibili alle precedenti; ciò si traduce nella possibilità di osservare anche minime sfumature patologiche, così come potenziali risorse cui fare appello. Esistono anche dei protocollidiagnostici specifici per il Disturbo Borderline di Personalità, ma la loro specificità potrebbe determinare una perdita di materiale importante rispetto ad altri disturbi "limitrofi", quindi vengono utilizzati maggiormente in contesti di ricerca, piuttosto che clinici".

Tale studio, unitamente agli ulteriori lavori scientifici citati alle pagg. 55 ss. dei motivi aggiunti presentati dall'appellante, consente di affermare che la diagnosi deldisturbo patologico riscontrato nella parte civile non possa prescindere da un metodoaccreditato dalla comunità scientifica. Dalla consulenza della dott.ssa Rossi non emergono tuttavia elementi che consentono di affermare che la stessa abbia effettuato la propriadiagnosi avvalendosi degli strumenti recepiti dalla comunità degli psicologi.

A prescindere dai singoli lavori scientifici citati dai consulenti dell'imputato e dagli ulteriori documenti di analogo valore prodotti dalla difesa nel corso del grado di giudizio, ciò che sorprende e che questa Corte non può condividere è, lo si ribadisce, la radicale assenza di un percorso generalizzante di carattere scientifico seguito dai consulenti del P.M. equindi dal Giudice di primo grado ai fini dell'accertamento del nesso eziologico.

Tali carenze non consentono pertanto di affermare la sussistenza del nesso causale ravvisato dal Giudice di primo grado tra la condotta terapeutica somministrata dall'odierno appellante e la patologia riscontrata nella consulenza.

A tali considerazioni di ordine generale afferenti il metodo individualizzanteadottato dal consulente del P.M. e recepito nella sentenza di primo grado si aggiungono ulteriori elementi di fatto relativi alla condizione psichica di SORELLA MAGGIORE.

Invero, contrariamente a quanto sostenuto nell'ambito delle s.i.t. di data 4 febbraio 2019 da YYY , madre di XXX SORELLA MAGGIORE, la parte civile presentava un condizione estremamente critica già prima dell'inizio della terapia, manifestando sofferenza e difficoltà a organizzare il proprio futuro (cfr. audizione di YYY  innanzi all’AG minorile in data 29 luglio 2015). In particolare, costituisce dato pacifico che quest'ultima fosse solita consumare sostanze stupefacenti anche di tipo pesante sin dall'età di quindici-sedici anni, come desumibile dal colloquio del 10 ottobre 2019 tra la dott.ssa Rossi e la madre YYY .

L'abuso di sostanze, del resto, rientra tra le disfunzioni tipiche del disturbo "DBP", come ritenuto dagli studi scientifici che si sono occupati della patologia: "L'impulsività che porta all'autolesionismo è comune. Questi pazienti possono scommettere, dedicarsi a rapporti sessuali non protetti, abbuffarsi, guidare incautamente, fare abuso di sostanze, o spendere troppo" (Zimmerman M., manuale MSD, versione per i professionisti).

A fronte di tali elementi, coglie nel segno la considerazione della difesa dell'appellante svolta nella propria memoria di data 21 aprile 2023, secondo cui la sentenzadi primo grado ha omesso di prendere in considerazione i seguenti dati:

•       I casi di disturbi borderline hanno origine da esperienze traumatiche verificatesi nell'infanzia;

•       I disturbi depressivi sono legati a traumi, lutti, fallimenti, consumo di droghe;

•       Alcuni studi ritengono il disturbo borderline legato ad abusi sessuali subiti;

•       Le ulteriori origini di tale disturbo sono rappresentate da cause genetiche ovvero da azioni violente, subite o assistite, da assenza di protezione affettiva da parte del genitore caregiver, abbandono o rapporto conflittuale con la madre, fattori cheopererebbero nella prima infanzia.

La sussistenza di tali elementi, verificatisi con riferimento alla parte civile prima della

somministrazione della psicoterapia da parte dell'imputato (accertato uso di stupefacenti, riferito abuso sessuale ad opera dell’ex fidanzato, criticità nel rapporto con la figurapatema), non consente pe1tanto di imputare a quest'ultimo l'insorgenza della patologia riscontrata nella parte civile. Nel caso di specie, di tutta evidenza, non risulta possibile attribuire all'attività terapeutica la valenza di fattore causale o concausale rispetto a unapatologia che individua in altri fattori la propria eziopatogenesi.

Ad analoghe considerazioni deve giungersi in relazione al "disturbo depressivo persistente con ansia", non essendo stata individuata alcuna legge di copertura che possa legare l'attività terapeutica a tale patologia. Del resto, anche in relazione a tale profilo la consulenza, così come la sentenza, non pone alcuna relazione - né si interroga minimamente al riguardo - tra il consumo di sostanze stupefacenti pesanti, quali l'acido lisergico, e la depressione, l'ansia, le manifestazioni di rabbia.

È comm1que sufficiente una disamina della sintomatologia tipica del disturbo borderline di personalità, il cui quadro è caratterizzato da instabilità del senso di sé, grave disregolazione emotiva e impulsività, per desumere come la comorbilità con un disturboansioso o depressivo sia senz'altro comune. Sul punto, la letteratura scientifica acquisita nel presente grado di giudizio evidenzia come: "il disturbo borderline di personalità sipresenta spesso in comorbidità con altri disturbi, tra cui il disturbo bipolare, gravi forme di depressione, disturbi psicotici, dipendenza da sostanze, bulimia nervosa, binge eating, disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)" (Montano A., Borzì R., Disturbo Borderline di personalità, Cluster B, restituto A.T. Beck-doc. 8 prodotto all'udienza del 21 aprile 2023).

Né può attribuirsi all'attività psicoterapeutica, come ritenuto dal Giudice di prime cure, la natura di concausa, in quanto tale rilevante ai sensi dell'art. 41, comma 1, codice penale. La norma anzidetta, nel sancire che il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravenute, anche se indipendenti dall'azione o dall'omissione del soggetto agente, non esclude il rapporto di causalità, non assume altra funzione che quella di confermare il principio di equivalenza delle condizioni, in ossequio alla teoria condizionalistica.

Ne consegue che l'assenza di leggi di copertura idonee ad attribuire all'attività terapeutica una valenza causale nella produzione dell'evento lesivo o comunque nell'agevolazione del relativo processo eziologico non può essere superata attraverso il richiamo alla nozione di "concausa". Diversamente opinando si addiverrebbe ad un aggiramento surrettizio delle modalità di accertamento della valenza causale delle singolecondizioni dell'evento, in pieno spregio del principio di tassatività.

La genericità dell'elaborato redatto dal consulente del P.M. emerge peraltro in maniera altrettanto evidente dalla omessa indicazione precisa della durata della malattia cagionata alla parte civile. Tale lacuna è stata in realtà già individuata dal Giudice di primo grado, il quale proprio in considerazione di ciò ha escluso la circostanza aggravante di cui all'art. 583, comma 2 n. 1) c.p. evidenziando come la consulente, nel diagnosticare le patologie psichiche riscontrate, non abbia specificato se le stesse potessero essere curate ovvero se consistessero in malattie irreversibili.

Ebbene, ad avviso di questa Corte la mancata specificazione della durata della malattia rappresenta un ulteriore elemento di f01te criticità nell'approccio adottato ai fini dell'accertamento della patologia riscontrata nella parte civile, risultato privo di criteri di scientificità tanto da non soffermarsi nemmeno su tale rilevante profilo.

Ne consegue pertanto che, in assenza di specifiche leggi di copertura di rango scientifico idonee ad attribuire alle patologie riscontrate una possibile causa iatrogena, non può addivenirsi ad una conclusione caratterizzata da un alto grado di credibilità razionale - né tantomeno in termini di certezza processuale - che consenta di attribuire alla condotta dell'appellante la natura di condizione necessaria degli eventi lesivi.

Alla luce della cornice nomologica, dunque, sussiste una situazione di insufficienza e incertezza probatoria e, quindi, di ragionevole dubbio, in ordine alla valenza causale dell'attività terapeutica svolta dall'imputato rispetto alle lesioni riscontrate nella partecivile, tale da imporre un esito assolutorio ai sensi dell'rut. 530 cpv. c.p.p. in ossequio alcanone di garanzia"in dubio pro reo".

Le segnalate criticità del metodo di imputazione oggettiva recepito dal Giudice di primo grado e l'assenza di studi scientifici tesi ad attribuire alle patologie riscontrate nella parte civile una causa iatrogena assorbe e rende superflua la disamina della conettezza del metodo seguito dall'imputato nella somministrazione dell'attività terapeutica.

 

4.4.        Alla riforma in termini assolutori per i capi 85) e 103) segue la revoca delle statuizioni civili disposte nell'impugnata sentenza in conseguenza della condanna pronunciata dal Giudice di primo grado.

 

5.             L'appello presentato dal Pubblico Ministero avverso la statuizione assolutoria relativa al delitto di frode processuale contestato sub capo n. 79) è per contro infondato e deve essere rigettato.

Deve necessariamente premettersi come, per effetto del rilievo datoall'introduzione, nel comma 1 dell'art. 533 c.p.p. ad opera della legge 20 febbraio 2006, n.46, del canone"al di là di ogni ragionevole dubbio" (già individuato del resto dalla giurisprudenza quale inderogabile regola di giudizio - cfr. Cass., Sez. U., n. 30328/2002, Franzese, Rv. 222139), sia stato più volte puntualizzato che nel giudizio di appello, per lariforma di una sentenza assolutoria, in assenza di elementi sopravvenuti non è sufficiente una mera diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificru·e una pronuncia di colpevolezza, rendendosi necessariauna ''forza persuasiva

 superiore", tale da far venire meno "ogni ragionevole dubbio" (ex plurimis2..Cajs1, Sez. 3, n.

•1

 

 

58
 

6817 del 27/11/2014, dep. 2015, S., Rv. 262524). Ciò in quanto, come evidenziato dalla stessa giurisprudenza di legittimità:"la condanna presuppone la certezza dellacolpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza" (Cass., Sez. 6, sent. n. 40159 del 03/11/2011, in motivazione, p. 3).

Ciò posto, deve evidenziarsi come il Giudice di primo grado abbia escluso la sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di frode processuale ritenendo che l'intento fosse non già quello di ingannare il Giudice minorile e il C.T.U., quanto piuttosto di accreditarsi ulteriormente quale psicoterapeuta capace di fare riemergere ricordi di abuso subiti in pazienti anche a distanza di molti anni.

Ad avviso del P.M. l'impugnata statuizione avrebbe erroneamente collocato sul

medesimo piano il movente e il dolo specifico richiesto dalla fattispecie di cui all'art. 374 c.p., trattandosi di aspetti distinti. In particolare, il movente consisterebbe esclusivamènte nella causa psichica che ha indotto l'agente ad agire, assumendo rilievo esclusivamente ai fini del trattamento sanzionatorio.

Questa Corte ritiene che lo stesso orientamento giurisprudenziale richiamato a pag.

4 dell'atto di appello del P.M. consenta di attribuire valenza al movente, essendo espressamente qualificato in termini di mezzo per accertare l'elemento soggettivo: "il dolo va rigorosamente distinto dal movente che, secondo la giurisprudenza, è solo un mezzo per accertare il dolo" (Cass. 466/1993, richiamata da Cass. 15680/2016).

Né può essere utilmente richiamato quanto statuito da Cass. 15680/2016, trattandosi di statuizione in cui l'irrilevanza del movente è stata riferita specificamente al delitto di ricettazione e non già a tutti i delitti caratterizzati da dolo specifico, considerazione quest'ultima del tutto omessa dall'Ufficio requirente.

Deve inoltre evidenziarsi come in dottrina sia stato specificato che il movente, laddove sia consapevole, si verifica quando lo stimolo dell'azione è suscitato dalla rappresentazione di uno scopo da conseguire: in tale ipotesi, a differenza del movente inconsapevole (o "inconscio"), coincide pertanto con lo scopo ultimo dell'azione umana.

Anche volendo circoscrivere al movente la natura di mero "mezzo per accertare il dolo", ad avviso di questa Corte non sussistono elementi che consentono di discostarsi dal percorso decisionale del Giudice di primo grado,' non ravvisandosi elementi checonsentano di affermare, in quei termini di "certezza" richiesti ai fini del sovvertimento di una statuizione assolutoria, che il fine ultimo dell'imputato fosse quello di trarre in inganno un

consulente, peraltro nella fattispecie nemmeno nominato dalI'A.G. minorile.
 

Al riguardo, giova evidenziare come nell'ambito del presente procedimento, segnatamente nella fase delle indagini preliminari, il delitto di frode processuale fosse stato origina1iamente contestato in relazione al procedimento penale allora pendente neiconfronti del padre della parte civile e del suo conoscente TERZA PERSONA. In relazione a tale originaria ipotesi di reato il Tribunale del Riesame disponeva l'annullamento della misura applicata all'odierno appellante, escludendo la sussistenza deldolo specifico richiesto dalla norma.

In particolare, il Tribunale adito riteneva che non si fosse verificata attività di preparazione della parte civile per affrontare eventuali colloqui con la Procura,evidenziando inoltre come il fine dell'imputato fosse quello di fare affiorare dai ricordi della minore un passato abuso sessuale da parte del padre, proseguendo la terapia a oltranza. Nell'ordinanza ex art. 309 c.p.p. veniva quindi esclusa la finalità di ingannare il Giudice prevista dall'art 374 c.p., come dimostrato in maniera evidente dalla prosecuzione della terapia fino al novembre 2018, ossia oltre il raggiungimento della maggiore età dellaragazza nonché "oltre la conclusione di tutti i procedimenti civili e penali che la riguardavano come detto tutti conclusi entro il 2017 (il 5/8/16 il proc. 1096/15 RGNR che èl'unico da considerare in base all'imputazione, il 12110/17 il procedimento relativo alla patria potestà). Appare che l'intento del F fosse ·quello di svolgere una approfondita psicoterapia, improntata al metodo da lui adottato di indurre la paziente a rivelare i pensieri e ricorsi più nascosti, e ciò per una commistione di motivi ideologici o professionali e soprattutto economici. La psicoterapia di SORELLA MAGGIORE XXX, dopo la prima fase svoltasi con osservazione di altri psicoterapeuti e sedute registrate, èproseguita per altri due anni circa, appunto fino a tutto il 2018, come dichiarato dalla stessa ragazza nelle s.i.t. rese in data ***...".

Le considerazioni del Tribunale del Riesame, ad avviso di questa Co1te, colgono nel

segno e consentono di ribadire anche in questa sede come il fine ultimo dell'imputato fosse quello di accreditarsi ulteriormente quale psicoterapeuta eventualmente incrementando le proprie entrate patrimoniali.

Del resto, l'emersione del ricordo dell'abuso non rappresentava un fatto necessario ai fini della conferma del decreto di sospensione della potestà genitoriale nei confronti del padre della minore, né avrebbe potuto essere preso in considerazione dall'A.G. minorile tenuto conto della già disposta archiviazione del procedimento penale. Sotto questo profilo, a fronte di una già disposta archiviazione per insussistenza del fatto, risultava impensabileil sovvertimento di una decisione giudiziale a seguito della semplice emersione di unricordo

in termini meramente allusivi nell'ambito di una terapia svolta nell'ambito dei servizi sociali,

'
 

tanto più che una attività di inquinamento del dato mnestico della presunta vittima sarebbe stata agevolmente rilevata dal nominando C.T.U., circostanza senz'altro nota a qualsiasi esperto del settore e, dunque, anche all'imputato, forte di un'esperienza ultraventennale.

Tali considerazioni risultano ulteriormente confermate dalla relazione inoltrata al Tribunale per i minorenni in data 7 luglio 2017 dal coimputato IMPUTATO, nell'ambito della quale non vengono menzionate le valutazioni del dott. F, né risultano allegate relazioni dallo stesso redatte.

A prescindere da tali considerazioni, non efficacemente scalfite dai rilievi articolati dal Pubblico Ministero nel proprio atto di impugnazione, ciò che assume rilievo è che nel procedimento minorile non fosse stato disposto alcun accertamento peritale. Non ignora questa Corte l'orientamento giurisprudenziale secondo cui per la sussistenza del delitto di frode processuale è irrilevante il fatto che il giudice non abbia ancora disposto l'assunzione del mezzo di prova (Cass. 23615/2005): tale orientamento risulta nondimeno del tutto inconferente rispetto al caso di specie. Invero, la vicenda sottoposta all'attenzione della Suprema Corte riguardava la distinta ipotesi di manomissione di dispositivi elettronici diun apparecchio "videopoker" posto sotto sequestro all'interno di un esercizio pubblico, conl'evidente intento di trarre in inganno la futura attività di cognizione del Giudice finalizzata ad accertarne le illecite modalità di funzionamento. In altri termini, l'apparecchio "videopoker" risultava essere stato posto sotto sequestro proprio al fine di effettuare attività di verifica circa le modalità di funzionamento, con ciò rendendosi per l'appunto evidente che l'attività di "imrnutazione" fosse proprio destinata a fuorviare i successivi acce11amenti che necessariamente dovevano essere disposti al fine di suffragare l'ipotesi accusatoria contestata in quella sede.

Nel caso di specie, per contro, la potestà genitoriale di XXX  era già

stata sospesa con decreto dell'A.G. minorile e la parte civile avrebbe a breve raggiunto la maggiore età, di conseguenza la nomina di un C.T.U., come espressamente dedotto nel capo di imputazione, risultava meramente "prospettabile". A fronte di una mera evenienza circa l'effettivo espletamento di un accertamento peritale, deve conseguentemente escludersi che il fine ultimo della condotta fosse quello di frodare il nominando C.T.U. Taleconsiderazione vale a maggior ragione laddove si consideri come nel corso delle sedute terapeutiche l'imputato mai abbia parlato con la parte civile dello stato del procedimento o abbia provveduto a istruirla su eventuali risposte da dare, né tantomeno abbia prescritto lecondotte

da tenere nel caso di convocazione da parte dell'A.G. o di suo ausiliario.

..
 

Né può ritenersi condivisibile, in quanto fondato su una prospettazione del tuttodisancorata dagli elementi acquisiti e, per ciò stesso, di natura apodittica, l'assunto secondo cui l'appellante avrebbe agito con l'intento di fuorviare le libere valutazioni dell'A.G. minorile sino al raggiungimento del risultato, ottenuto con la declaratoria di decadenza della responsabilità genitoriale di YYY PADRE, salvo poi "mutare" il proprio stato psicologico al fine di perseguire le ulteriori finalità sottese al capo di imputazione sub n. 85).

Nel ribadire quanto già affermato dal Tribunale del Riesame, non può che evidenziarsi come da una oggettiva lettura elementi acquisiti emerga come le finalitàsottese all'agito dell'imputato fossero esclusivamente di natura economica, professionale e ideologica, tanto da proseguire anche successivamente alla definizione dei procedimenti.A ben vedere, la prospettata "mutazione" dell'elemento psicologico contrasta radicalmentecon l'atteggiamento assunto dall'imputato anche in altri procedimenti, ampiamente citati a pag. 13 dell'atto di gravame, i quali, a prescindere dalle conseguenze negative derivate, rappresentano il frutto di una vera e propria impostazione "ideologica" del medesimo.

Tale impostazione si desume altresì agevolmente dall'atteggiamento tenuto dal dott. F nei confronti del proprio nucleo familiare, nei confronti del quale lo stesso aveva ipotizzato abusi sessuali seriali e di matrice satanica, tanto da somministrare al figliominore la terapia "EMDR" (pag. 14 appello del P.M.). L'approccio "terapeutico" adottato dall'imputato, dunque, risulta del tutto disancorato da eventuali accertamenti demandati all'A.G. e altro non rappresenta se non il frutto di una visione "ideologicamente" orientata delle modalità di trattamento dei minori.

Lo stesso Pubblico Ministero, a pag. 14 del proprio atto di appello, menziona del resto una e-mail dalla quale emergerebbe come l'imputato, ancora nel 2018, fosse fermamente convinto che la parte civile avesse subito abusi sessuali nell'infanzia. Tale considerazione, lungi dal comprovare l'intento di frodare il C.T.U. apoditticamenteravvisato dall'Ufficio requirente, conferma per contro quanto statuito dal Tribunale del Riesame circa l'effettiva intenzione dell'imputato, ossia di procrastinare la terapia ben oltrela conclusione del procedimento civile al fine di perseguire un tornaconto personale edeconomico.

Non condivisibili e comunque non rilevanti si profilano inoltre i richiami formulati nel gravame alle risposte fornite dall'imputato in sede di interrogatorio di garanzia. Invero, le delucidazioni fomite dall'imputato, come desumibile dalle stesse domande formulate dal G.I.P., risultano esclusivamente riferite al procedimento penale e non anche alprocedimento civile pendente innanzi all'A.G. minorile. Del resto, l'interrogatorio verteva sulla originaria formulazione del!'imputazione di frode processuale, fondata per l'appunto sul procedimento penale e ritenuta insussistente dal Tribunale del Riesame, tanto da indurre l'Ufficio requirente a una modifica nei termini sopra più analiticamente prospettati.
In ogni caso, se anche si volesse ritenere che l'imputato abbia tenuto un atteggiamento ondivago nel rispondere alle domande formulate dal G.I.P., è altrettanto certo che lo stesso risulta avere fornito, a proprio discarico, le registrazioni delle sedute, evidenziando come dalle stesse non siano rinvenibili interventi su procedimenti civili e penali: "Giudice - No, no, non dico i dettagli, ecco per esempio il fatto che fosse stata qffidata ai Servizi Sociali, in quali condizioni, le relazioni? INDAGATO F - Sì, sì, sì, alcune cose, alcune cose molto vaghe io ... GIUDICE - Che c'era un procedimento penale vagamente ...? INDAGATO F-Guardi questo, Lei non ci crederà, ma io l'ho acquisito leggendo le carte che c'era 'sto ... E soprattutto... GIUDICE -Ma leggendo le carte allora o le carte adesso? INDAGATO F -Adesso. GIUDICE -Adesso? INDAGATO F - Adesso, adesso. E si vedrà da queste, suppongo, perché io non, suppongo che da queste videoregistrazioni non compaiano interventi su procedimenti civili e penali".

È pertanto evidente che se l'imputato avesse orientato la propria attività terapeutica al fine di trarre in inganno l'A.G. minorile non avrebbe documentato tramite registrazione le proprie sedute, consegnando quindi all'Autorità Giudiziaria che procedeva nei suoi confronti i relativi files.

Manifestamente irrilevanti si profila inoltre la documentazione richiamata dall'Ufficio requirente in relazione ad attività di preparazione del minore GA in altro procedimento, non essendovi elementi che consentano di affermare che il malessere del minore menzionato nel messaggio vocale richiamato a pag. 9 del gravame sia frutto di immutazione dello stato psicologico dello stesso. Deve inoltre evidenziarsi - e trattasi dicircostanza dirimente - come il messaggio anzidetto sia inoltrato dall'avv. C all'imputato e non contenga alcuna interlocuzione da parte di quest'ultimo.

Analogamente, l'ulteriore documentazione dell'A.S.L. di Bussana di Sanremo richiamata dal P.M. al fine di evidenziare la comunicazione di dati falsi da parte dell'imputato all'A.G. minorile assume valenza neutra. Invero, la genericità del riferimento alla vicenda ivi menzionata non appare assolutamente sufficiente ad affermare las1;1ssistenza di un intento falsificatorio del dott. F nei confronti della Magistratura, ben potendosi ipotizzare che quanto dallo stesso relazionato fosse frutto di una percezione distorta dei fatti  dovuta all'approccio ideologico sistematicamente adottato nelle vicende citate a pag. 13 del gravame del Pubblico Ministero.
Da ultimo, deve escludersi che l'incontro tra le minori SORELLA MINORE e SORELLA MAGGIORE, sollecitato dall'imputato dopo che nel corso del mese di ottobre 2016 aveva appreso di una volontà della prima di incontrare il padre, possa assumere rilievo al fine di provare l'intenzione di ingannare l' A.G. minorile. A prescindere da quantoargomentato dalla difesa, secondo· cui l'incontro sarebbe avvenuto a distanza di quattro mesi,dopo il provvedimento di decadenza e al mero fine di promuovere un chiarimento tra lesorelle, il ragionamento seguito dal Pubblico Ministero appare piuttosto evanescente. Inprimo luogo, assume rilievo dirimente la circostanza secondo cui la minore che intendevariavvicinarsi al padre era SORELLA MINORE e non la sorella SORELLA MAGGIORE, ossia la minore seguita dall'odierno imputato nelle sedute finalizzate all'immutazione dello stato psicologico ed emotivo. In ogni caso, deve ritenersi frutto di una speculazione di natura meramente congetturale la considerazione secondo cui " ... è ovvio che la volontà espressa da una ragazza adolescente, pur se non vincolante per la Magistratura, avrebbe di certo avuto un peso determinante nella futura declaratoria di decadenza dalla responsabilitàgenitoriale di XXX . E F sapeva bene che la ripresa dei rapporti tra il padre e SORELLA MINORE avrebbe .favorito analogo atteggiamento di apertura nei confronti del genitore da parte della stessa SORELLA MAGGIORE".

Tale condotta,  peraltro  non oggetto  di specifica contestazione  nel capo di imputazione, esula dall'attività di immutazione dello stato psicologico ed emotivo dellaparte civile e in ogni caso non consente di superare le obiezioni relative al fine ultimoseguito dall'imputato nel tenere la propria condotta. In altri termini, l'incontro sollecitato dall'imputato non supera le considerazioni sopra svolte circa le finalità sottese alla condotta dallo stesso tenuta, in relazione alle quali gli elementi acquisiti non risultano sufficienti ad affermare che fossero orientate a trarre in inganno l'Autorità Giudiziaria e il C.T.U.(peraltro non nominato).

Deve pertanto ribadirsi quanto affermato dal Giudice di primo grado, secondo cui pur potendosi attribuire alla conoscenza del procedimento civile da parte dell'imputato ealle modalità di somministrazione della terapia la natura di indizio, nel caso di specie non sussistono tuttavia ulteriori elementi dai quali ricavare con certezza l'intento ingannatorio nei confronti di Consulente e Giudice.                                 
Ne consegue pertanto che l'appello del Pubblico Ministero deve essere rigettato,con conferma della statuizione assolutoria adottata dal Giudice di primo grado in relazione al capo di imputazione sub n. 79).

P.Q.M.

visti gli artt. 530, comma 2 e 605 c.p.p.,

in riforma dell'impugnata sentenza emessa dal G.U.P. presso il Tribunale di Reggio Emilia in data 11.11.2021 appellata dal Pubblico Ministero e dall'imputato FC, assolve l'imputato dal capo n. 85) per non avere commesso il fatto e dal capo n. 103) perché il fatto non sussiste.

Revoca le statuizioni civili e conferma nel resto.
Visto l'art. 544 comma 3 c.p.p., fissa termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. Bologna, 06.06.2023