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Autore di un esposto disciplinare può accedere agli atti (Tar Lombardia, 602/15)

2 marzo 2015, Tar Lombardia

Quando è destintaria di una richiesta di accesso agli atti, l’Amministrazione non può effettuare una valutazione della adeguatezza della documentazione richiesta ai fini della tutela giudiziale.

L'autore di un esposto disciplinare ha diritto di accedere agli atti del procedimento.

Tar Lombardia, sez. III, sentenza 29 gennaio – 2 marzo 2015, n. 602

Presidente Leo – Estensore Spampinato

Fatto

Con ricorso spedito via posta il 15 ottobre 2013, notificato il 18 ottobre 2013 all’Ordine degli avvocati di Milano, e depositato il 29 ottobre 2013, parte ricorrente impugna il diniego di accesso in epigrafe.
Si sono costituiti sia l’Ordine degli avvocati di Milano, sia il controinteressato, spiegando difese in rito e nel merito.
In particolare, il controinteressato ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perché il diniego impugnato sarebbe meramente confermativo del silenzio rigetto formatosi su altra precedente istanza di analogo contenuto tacitamente rigettata e non impugnata, ed ha quindi controdedotto nel merito; ha inoltre chiesto la cancellazione dagli scritti difensivi di controparte di espressioni ritenute sconvenienti e offensive e la liquidazione in via equitativa ai sensi dell’art. 89 c.p.c. del conseguente danno.
L’Ordine resistente ha anch’esso eccepito l’inammissibilità del ricorso perché il diniego impugnato sarebbe meramente confermativo del silenzio rigetto formatosi su altra precedente istanza di analogo contenuto tacitamente rigettata e non impugnata; nel merito ha dedotto l’infondatezza del ricorso per la carenza di motivazione in punto di interesse nell’istanza rigettata con il provvedimento odiernamente impugnato.
Alla camera di consiglio del 29 gennaio 2015 la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione.

Diritto

Preliminarmente, le eccezioni di inammissibilità possono essere superate, richiamate le sentenze della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 20 aprile 2006, nn. 6 e 7, secondo cui, in caso di reiterazione di istanza di accesso, qualora non ricorrano elementi di novità e il cittadino si limiti a reiterare l’originaria istanza precedentemente respinta o, al più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni «…l’amministrazione ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa (…) la determinazione successivamente assunta dall’amministrazione, a meno che questa non proceda autonomamente a una nuova valutazione della situazione, assume carattere meramente confermativo del precedente diniego e non è perciò autonomamente impugnabile…».
Risulta agli atti che il ricorrente abbia depositato due diverse istanze, in relazione alla vicenda per cui è giudizio, una in data 12 luglio 2012 ed una in data 30 luglio 2013 (depositate dall’Ordine resistente in data 18 ottobre 2013, rispettivamente sub 2 e sub 5).
Premesso che la seconda istanza chiede – in parte – l’accesso a documenti che pacificamente non potevano essere oggetto della precedente (su ciò, infra), costituisce comunque elemento risolutivo sul punto la circostanza che l’Ordine resistente, nel caso di specie, non si è limitato a ribadire la propria precedente determinazione di rigetto, seppure tacitamente espressa, ma ha comunicato, con la nota impugnata (depositata da parte ricorrente in data 27 ottobre 2014 sub 1), che «…questo Consiglio nella seduta del 19/09/2013 ha deliberato quanto segue: “Si respinge la richiesta, permanendo la carenza di motivazione a sostegno delle richieste avanzate”…».
Si evince quindi da tale comunicazione che il Consiglio dell’Ordine ha esaminato la nuova istanza, ritenendola (come la precedente) priva di motivazione, e non limitandosi ad opporre che sulla questione si era già provveduto.
Peraltro, la nuova istanza chiede l’accesso a documenti che pacificamente non potevano essere oggetto della precedente, in quanto riferiti a fatti cronologicamente successivi al deposito della prima istanza, e segnatamente: «…l’eventuale atto di riapertura del procedimento a seguito dell’istanza del 12.7.2012, e comunque ogni atto e documento del procedimento successivo alla nota medesima…»; tale circostanza è ammessa anche dal controinteressato (memoria depositata il 31 ottobre 2014, pagg. 7-8), che tuttavia assume non essere intervenuta alcuna riapertura del procedimento disciplinare.
Sul punto, premesso che la richiesta di documentazione eventualmente formata successivamente alla prima istanza rende comunque ammissibile il ricorso per tale parte (potendo eventualmente condurre l’inesistenza di tale documentazione ad un rigetto nel merito), l’eventuale inesistenza di documentazione successiva alla prima istanza non risulta essere stata dedotta dall’Ordine resistente né nel provvedimento impugnato, né in giudizio.
Nel merito, il ricorso è fondato, richiamata la giurisprudenza, anche di questa Sezione III, secondo cui l’Amministrazione non possa effettuare una valutazione della adeguatezza della documentazione richiesta ai fini della tutela giudiziale (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1403; TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 16 luglio 2014, n. 1897), nonché quella secondo cui la qualità di autore di un esposto, che abbia dato luogo a un procedimento disciplinare, è circostanza idonea, unitamente ad altri elementi, a radicare nell’autore la titolarità di una situazione giuridicamente rilevante, così da costituire titolo idoneo ad accedere agli atti del procedimento (Cons. Stato, Sez. VI, 21 gennaio 2013, n. 316; TAR Lombardia – Milano, Sez. III, sentenze 16 luglio 2014, n. 1897, e 27 aprile 2011, n. 1063).
Né comunque, anche alla luce della giurisprudenza appena richiamata, appare sussistere l’asserito difetto di motivazione, atteso che nella seconda istanza si legge «…anche per valutare la legittimità della mancata riapertura del procedimento, nonché eventualmente al fine di integrare la documentazione già prodotta e di fornire ulteriori elementi istruttori - è altresì interesse dell’avv. -omissis- conoscere le motivazioni che hanno condotto all’archiviazione del procedimento disciplinare, e gli elementi istruttori presi in considerazione da codesto On.le Consiglio dell’Ordine, ivi compresi eventuali documenti e memorie difensive presentate dall’avv. -omissis- (…) l’avv. -omissis- intende, altresì, tutelare i propri interessi sia attivando un nuovo procedimento disciplinare avanti le sedi competenti, sia agendo nelle opportune sedi giurisdizionali civili, penali e amministrative…».
La domanda del controinteressato di cancellazione dagli scritti difensivi di controparte di espressioni ritenute sconvenienti e offensive, proposta con memoria non notificata depositata il 31 ottobre 2014, deve in parte essere accolta.
Con tale memoria parte ricorrente chiede la cancellazione, dal ricorso, delle espressioni mediante il quale parte ricorrente «…accusa in modo gratuito e con estrema leggerezza l’Avv. -omissis-: i) di aver commesso delle “scorrettezze” (cfr. avv ric., p. 3); ii) di “indebito incameramento di una considerevole somma” (cfr. avv. ric., p. 3); iii) di “indebita appropriazione” (cfr. avv. ric., p. 3); iv) di “indebita e inqualificabile appropriazione del compenso professionale” (cfr. avv. ric., p. 5); v) e, infine, di aver “furtivamente ottenuto dal cliente dell’Avv. -omissis- il pagamento di compensi spettanti a quest’ultimo” (cfr. avv ric., p. 7)…».
Tale domanda, seppure contenuta in memoria non notificata, è ammissibile perché – a differenza di quella risarcitoria (su cui infra) – costituisce mera sollecitazione di un potere ufficioso spettante al giudice(ex plurimis, Cass. civ., Sez. III, 20 ottobre 2009, n. 22186).
Pur ritenendo che tali espressioni presentino attinenza con l’oggetto della controversia, nella misura in cui, nel descrivere la vicenda fattuale sottesa al giudizio, si concretano in uno strumento per indirizzare la decisione del giudice (sul punto, Cass. civ. Sez. III, 22 giugno 2009, n. 14552), è opinione del Collegio che esse non siano necessarie rispetto alle esigenze difensive, nella parte in cui utilizzano aggettivi od avverbi che puntano a colorare la vicenda, risultando così consone ad altri ambienti, ma non a quello processuale od alla funzione difensiva, ai cui fini è sufficiente la mera descrizione del fatto, senza l’utilizzo di aggettivi od avverbi che, nel caso di specie, sono suscettibili di dare alle espressioni una connotazione oggettivamente sconveniente.
Conseguentemente, deve farsi applicazione del meccanismo riparatore di cui all’art. 89, secondo comma, cpc (in tema, Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2013, n. 4170), ed ordinarsi la cancellazione dal ricorso: a) dell’aggettivo “indebito” nella locuzione «…indebito incameramento di una considerevole somma…» (pag. 3); b) dell’aggettivo “indebita” nella locuzione «…indebita appropriazione…» (pag. 3); c) della locuzione “indebita e inqualificabile” nella locuzione «…indebita e inqualificabile appropriazione del compenso professionale…» (pag. 5); d) dell’avverbio “furtivamente” nella locuzione «…furtivamente ottenuto dal cliente dell’Avv. -omissis- il pagamento di compensi spettanti a quest’ultimo…» (pag. 7).
La domanda del controinteressato di risarcimento ai sensi dell’art. 89 cpc deve invece essere rigettata perché, in disparte la sua proposizione mediante memoria non notificata (sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5935), risulta sfornita di qualsiasi elemento probatorio a comprova della sussistenza del danno, prima ancora che della sua quantificazione (sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 282).
L’evoluzione complessiva della vicenda processuale, alla luce del parziale accoglimento della domanda di cancellazione delle espressioni sconvenienti, costituisce motivo, ai sensi degli artt. 26, comma 1, c.p.a., e 92 c.p.c., per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra tutte le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione III), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina all’Ordine resistente di consentire l’accesso ai documenti amministrativi chiesti dal ricorrente con l’istanza del 30 luglio 2013, entro trenta giorni dalla data di comunicazione o notifica della presente sentenza; accoglie in parte, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione, la domanda di cancellazione proposta dal controinteressato e per l’effetto ordina la cancellazione delle espressioni come in motivazione; rigetta la domanda risarcitoria proposta dal controinteressato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti; manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.