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Asfalto bagnato impone più cautela (Cass.9832/21)

12 marzo 2021, Cassazione penale

L’eventuale fondo bagnato impone ancora maggiore prudenza al conducente, che deve tenere conto di essere in fase di immissione su di una strada provinciale, in prossimità di un incrocio e di un locale aperto al pubblico.

Rientra nella comune esperienza di ogni conducente di veicolo la circostanza secondo cui il fondo stradale asfaltato, se bagnato, riduce, sino addirittura ad annullare, la presa sull’asfalto del battistrada della ruota o l’attrito radente dello stesso e che in tema di incidente stradale lo stato scivoloso della carreggiata può costituire caso fortuito solo quando si presenti come fatto improvviso ed imprevedibile per il conducente.

 

Corte di Cassazione

sez. IV Penale, sentenza 20 gennaio - 12 marzo 2021 n. 9832
Presidente Piccialli - Relatore Cenci

Ritenuto in fatto

1.La Corte di appello di Ancona il 7 ottobre 2019 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall’imputato, con cui il G.u.p. del Tribunale di Ancona il 6 giugno 2018, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto G.F. responsabile del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina sulla circolazione stradale, fatto commesso il (omissis) , in conseguenza condannandolo, per quanto in questa sede rileva, con le attenuanti generiche ed operata la diminuzione per il rito, alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generica, a favore delle parti civili.

2.11 fatto, in estrema sintesi, come concordemente ricostruito dai giudici di merito.

2.1. Il (omissis) , alle ore 17.15, l’autovettura Jaguar condotta da G.F. , attraversando un piccolo centro abitato nell’entroterra marchigiano, in particolare immettendosi su di una strada provinciale che lambiva lo stesso, ha investito il pedone C.P. , il quale, uscito da un locale ove aveva mangiato un panino, stava attraversando la strada per raggiungere la sua automobile, una Fiat Panda che era parcheggiata sul lato opposto della carreggiata.
L’attraversamento della strada da parte del pedone è avvenuto da sinistra verso destra, se osservato dal punto di vista del conducente l’automobile (nonostante la descrizione che si legge nel capo di accusa, entrambe le sentenze di merito ricostruiscono infatti in tal modo l’accaduto).
L’auto condotta dall’investitore procedeva - si è ritenuto - a circa 40-50 km all’ora (comunque a non più di 55 km): si tratta di tratto di strada - si legge nelle sentenza di merito - privo di pubblica illuminazione, anche se esisteva l’illuminazione del locale dal quale era uscita la vittima.
L’impatto è avvenuto, circa al centro della strada (ad un metro dalla striscia di mezzeria sulla corsia della Jaguar), tra il paraurti dell’auto in prossimità del faro anteriore sinistro e la gamba destra di C.P. , il quale in quel momento era in posizione eretta: il pedone è stato sbalzato sul cofano dell’auto, ha sbattuto il capo e la spalla destra contro il parabrezza, il montante dello stesso il tergicristallo ed il supporto dello specchio retrovisore ed è rimbalzato a terra, perdendo la vita poco dopo a causa delle gravi conseguenze.
Dalle tracce di frenata rinvenute a terra si è desunto che l’auto ha frenato solo dopo l’urto o comunque - ma vanamente - proprio nell’imminenza dello stesso.

2.2.Accanto a colpa generica, individuata anche nel non avere G.F. scartato a destra per evitare l’impatto (ma non già per non avere tenuto la destra rigorosa durante la marcia, fatto ritenuto ontologicamente accertato ma privo di concreta efficacia causale), pur essendo ciò possibile, sono stati ritenuti sussistenti i seguenti profili di colpa specifica (pp. 13-15 della sentenza di primo grado; i medesimi parametri sono, sia pure in sintesi, richiamati alla p. 4 della sentenza impugnata; cfr. anche p. 7 della stessa):
violazione dell’art. 140 C.d.S., comma 1, per non avere l’imputato tenuto una condotta idonea ad evitare pericolo e a salvaguardare la sicurezza stradale;
violazione dell’art. 141 C.d.S., comma 2, per non avere guidato l’auto in maniera tale da poter sempre. garantire il compimento di tutte le manovre in condizioni di sicurezza e, comunque, di arrestare il veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità;
violazione dell’art. 141, comma 4, per non avere rallentato e per non essersi fermato, avendo il pedone tardato a scansarsi;
violazione dell’art. 191 C.d.S., comma 2, per non avere consentito al pedone, che aveva già iniziato l’attraversamento impegnando la carreggiata, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza.

3. Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali lamenta difetto motivazionale (entrambi), anche sotto il profilo della carenza della stessa (il secondo).

4. Con il primo motivo, in particolare, denuncia contraddittorietà ed illogicità della motivazione e travisamento della prova.

4.1.In primo luogo, il ricorrente lamenta la complessiva valutazione estremamente negativa svolta da parte della Corte di appello circa la consulenza tecnica della difesa del geom. B. .
Al riguardo, osserva avere la Corte di merito fatto "di tutt’erba un fascio" (p. 2 del ricorso), additando ad inesatte tutte le valutazioni contenute nella relazione di parte, svolgendo un ragionamento che si assume essere però doppiamente erroneo: sia perché trasla la critica da un punto dell’elaborato all’intero testo sia in quanto intende dimostrare la complessiva erroneità della consulenza sulla base di un presupposto che si stima erroneo, ossia il calcolo della distanza dello spazio alla destra dell’auto (nel senso in cui procedeva), ossia 110 centimetri anziché 290 centimetri. Sottolinea la erroneità di quanto si legge alla p. 5 della sentenza impugnata, ossia che la Jaguar aveva a destra uno spazio di 290 centimetri anziché, appunto, anziché 110 centimetri, come ritenuto dal geom. B. , avendo trascurato i decidenti che l’auto non è un punto ma che ha una sua consistenza larghezza, nel caso di specie di 180 centimetri, come si legge nell’elaborato dello stesso consulente del P.M., ing. P. .

4.2.Inoltre, la sentenza di secondo grado traviserebbe la prova su di un punto che la difesa dell’imputato stima essere decisivo ossia il posizionamento dell’automobile al momento dell’urto (alla p. 4 del ricorso si legge, per un mero lapsus calami, il "posizionamento della vettura al momento del veicolo").
Avere i giudici di merito attribuito (pp. 6-7 della decisione) rilevanza decisiva alla circostanza che la Jaguar nell’occasione non tenesse rigorosamente la destra sarebbe un passaggio vistosamente erroneo, che si basa sul rilievo del calcolo, gravemente inesatto, dell’ampio spazio che l’auto avrebbe avuto a destra, mentre, in realtà, esso era, come si è detto, circa un terzo di quanto erroneamente ritenuto (110 cm. in luogo di 290 cm.); inoltre, la banchina a destra della corsia percorsa dall’auto era occupata dalla Fiat Panda della vittima, che era parcheggiata in doppio divieto, di sosta e di fermata.

4.3. Altri due aspetti di centrale importanza, ad avviso della difesa, sarebbero illogici, contraddittori ed oggetto di ulteriore travisamento probatorio: le condizioni di luminosità al momento del fatto e lo stato psicofisico della vittima.
Alla p. 6 della sentenza impugnata, infatti, si legge che le condizioni di luce erano sufficienti sia perché si era al crepuscolo, essendo le 17.15 di un giorno invernale, non essendovi dunque buio totale, essendo il tramonto avvenuto mezz’ora prima, ossia alle ore 16.45, sia per la presenza dei fari delle vetture, sempre presenti in quel tratto di strada, mentre poco oltre si legge - in maniera che si giudica, però, estremamente contraddittoria - che quando il pedone iniziò ad attraversare la strada era libera e, dunque, non stavano giungendo auto che la potessero illuminare con i fari.
Ma, anche a prescindere dalla illuminazione artificiale, la stessa intensità della luce naturale è oggetto di valutazione illogica e contraddittoria, poiché la Corte di appello la ritiene sufficiente, mentre nella consulenza del P.M., che viene giudicata attendibile, si legge (alle pp. 5 ed 8) che "al momento dell’incidente, alle 17.15 la strada era asciutta, e per quanto riguarda la visibilità si era all’imbrunire, in quel periodo dell’anno il sole tramonta alle 16.45 e ove fosse stato nuvoloso, si può affermare che fosse buio" (così alle pp. 5-6 del ricorso).
La sentenza impugnata, dunque, ometterebbe sul tema della visibilità di "fornire alcuna spiegazione in merito al diverso approdo raggiunto rispetto alle conclusioni a cui era pervenuta la consulenza tecnica del p.m., pur prima ampiamente incensata" (così alla p. 6 del ricorso).

4.4. Ancora: il ragionamento della Corte di merito, nella parte in cui (alla p. 7) esclude che la vittima abbia attraversato la strada barcollante perché ubriaca, sarebbe smentito per tabulas da dati obiettivi versati in atti, ossia dall’esito dell’esame autoptico, avendo il medico Dott. Tombolini accertato la presenza di 1,52 grammi/litri di alcool nella urine e di 1,38 g/l nel sangue, valori giudicati compatibili con etilismo cronico, circostanza peraltro confermata dal medico di C.P. , che era stato interpellato dal medico legale.
La giustificazione offerta dalla sentenza impugnata, che attribuisce prevalenza alla divergente valutazione contenuta nell’esito delle analisi svolta dall’Ospedale di XXXXXXXX, trasmesso dai Carabinieri in uno alla notizia di reato, ma solo per quanto riguarda l’alcolemia - indicata come 0,69 g/l - essendo identico il valore dell’alcoluria, ad avviso della difesa trascura che, secondo le tabelle del Ministero della salute, già un tasso alcolemico superiore a 0,50 g/l determina rilevanti effetti, quali riduzione della capacità di giudizio, di individuare oggetti in movimento e della visione laterale, riflessi alterati, alterazione della capacità di reazione a stimoli sonori e luminosi: donde - si ritiene - un ulteriore "lampante travisamento della prova, anche in questo caso, incide(nte) su di un elemento assolutamente determinante del giudizio, quale quello della corretta valutazione delle condizioni psicofisiche di uno dei due soggetti coinvolti nel giudizio, con ogni evidente ricaduta sul corretto apprezzamento del comportamento da essa tenuto, con particolare riguardo alla prudenza, alla coerenza ed alla prevedibilità dei movimenti" (così alla p. 7 del ricorso) della vittima.

5. Mediante il secondo motivo il ricorrente lamenta carenza di motivazione, denunziata sia come vizio di motivazione sia come violazione degli artt. 125, 546 e 605 c.p.p..

La sentenza impugnata, inoltre, sulla premessa di una complessiva inaffidabilità della consulenza del gem. B. , avrebbe trascurato di esaminare plurime osservazioni critiche circa il contenuto della consulenza del P.M. in essa contenute, osservazioni critiche che erano state riportate nei motivi di appello a confutazione della ricostruzione operata dal Tribunale.

Ciò con particolare riferimento ai seguenti temi: calcolo delle velocità della vettura e della vittima; reciproche posizioni, in relazione alla possibilità di avvistamento reciproco, tenuto anche conto delle condizioni di luce ed alle caratteristiche della fanaleria dell’auto dell’imputato; andatura della vittima durante l’attraversamento; condizioni del manto stradale, indicato come umido dai Carabinieri - circostanza ignorata dal c.t. del P.M. e da entrambi i giudici di merito; dichiarazioni della teste V. , la quale era a bordo dell’automobile condotta dall’imputato (si fa richiamo alle pp. 2-6 dell’impugnazione di merito).

La Corte di appello, invece, ad avviso del ricorrente, si limiterebbe a prendere posizione solo su tre aspetti (stato di ubriachezza della vittima, posizionamento della vettura dell’imputato sulla corsia; ritenuta affidabilità delle dichiarazioni della teste oculare Anfuso, che guidava un’auto che seguiva quella dell’imputato nella stessa direzione di marcia), limitandosi a richiamare per relationem la decisione di primo grado senza fornire, tuttavia, risposta alle plurime censure difensive.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.

6. Con memoria pervenuta l’8 aprile 2020 la difesa delle parti civili C.A. e Co.Lo. , ha sostenuto l’inammissibilità del ricorso dell’imputato ed ha chiesto la rapida fissazione dell’udienza; con ulteriore memoria del 14 gennaio 2021 ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il rigetto dello stesso; con vittoria di spese.

7. Il P.G. della S.C. il 30 dicembre 2020 ha concluso per iscritto ex D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

8. Il 15 gennaio 2021 la difesa dell’imputato ha chiesto accogliersi il ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.

1.1. Va premesso che, essendosi in presenza di doppia. conforme, le due decisioni vanno lette congiuntamente, integrandosi a vicenda: infatti, secondo tradizionale insegnamento della S.C., da cui non vi è ragione alcuna di discostarsi, "Il giudice di legittimità, ai fin, della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile" (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti ed altri, Rv. 225671; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano ed altri, Rv. 224079; Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994, Scauri, Rv. 197497; più di recente, v. Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore e altro, Rv. 266617).

1.2. Ciò posto, entrambe le sentenza assumono (pp. 2 ed 11-12 di quella del Tribunale e pp. 5-6 di quella di appello) che già soltanto alla luce del contributo della testimone oculare dell’accaduto, sig.ra A.N. , potrebbe e dovrebbe affermarsi la penale responsabilità dell’imputato.

Infatti, la donna, la quale guidava un’auto che seguiva immediatamente quella dell’imputato nella medesima direzione, ha dichiarato di avere seguito l’intera azione, con piena visibilità, e di avere visto l’auto investire l’uomo, che attraversava la strada ad andatura del tutto normale, camminando da sinistra verso destra (nella prospettivà dei veicoli) e che al momento dell’impatto era arrivato circa a metà della strada; e di avere anche raccolto nell’immediato, subito dopo l’incidente, l’affermazione spontanea dell’imputato: "Non l’ho visto" (pp. 2-3 ed 11 della sentenza del G.u.p.; p. 6 di quella impugnata).

Entrambi i giudici di merito danno atto della attendibilità della riferita deposizione, proveniente da fonte disinteressata all’esito del processo (p. 5 della sentenza impugnata e p. 11 di quella di primo grado), sottolineando che la posizione dell’auto dalla stessa condotta, che procedeva alla stessa velocità e che era immediatamente dietro l’auto dell’imputato, conformemente a quanto affermato dal c.t. A. , consentiva alla conducente di avere la medesima visuale di G.F. (p. 6 della decisione impugnata), così disattendendosi motivatamente l’antitetica - ma meramente assertiva - opinióne del consulente tecnico della difesa, che si era riferita alla p. 5 dell’appello.

Peraltro il ricorso non si misura in alcun modo con la riferita deposizione della sig.ra A.N. , vera e propria "pietra portante" sulla quale si fonda come si è visto - l’affermazione di penale responsabilità; così come la relazione del consulente della difesa geom. B. ha trascurato qualsiasi confronto con tale fonte di conoscenza, che - si sottolinea criticamente nella sentenza impugnata (alla p. 5) - ha del tutto ignorato.

Sicché il contributo conoscitivo della donna trasportata nell’auto dell’imputato, sig.ra V. (peraltro genericamente richiamato alla p. 5 dell’appello), deve ritenersi essere stato - implicitamente - disatteso da parte dei decidenti.

Motivazione implicita che, come noto, è ammessa e che si ha quando i motivi della soluzione relativa ad una determinata questione siano contenuti, per implicito necessario, nelle considerazioni e nelle ragioni esposte per dare conto della soluzione adottata rispetto ad altra questione a determinate condizioni (Sez. 1, n. 9561 del 27/05/1975, Cristello, Rv. 131663-01; Sez. 4, n. 810 del 15/03/1971, Biadene, Rv. 118827-01; Sez. 3, n. 15980 del 16/04/2020, Rafanelli, Rv. 278944-01, in motivazione, sub n. 4 del "considerato in diritto", pp. 8-9; cfr. altresì, in vari sensi, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M. ed altri, Rv. 271227-01; Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, Motta Pelli s.r.l., Rv. 275114-01; Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019; D., Rv. 275635-02; Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, Dulan, Rv. 275057-01).

1.3.Passando ai vari temi - di fatto - affrontati nel ricorso, si osserva come non abbia concreto rilievo la circostanza se il fondo stradale nell’occasione fosse umido o asciutto, aspetto accennato alla p. 3 dell’appello e richiamato genericamente nel ricorso, poiché la prospettiva della difesa era nel senso di un’influenza sulla incisività ed efficacia della frenata: ma la frenata - hanno ritenuto i giudici di merito fu effettuata solo dopo l’urto, quando ormai era inutile, non prima (p. 12 della sentenza di primo grado) ovvero, al più, nell’immediatezza dell’impatto, quando ormai, però, era inutile (pp. 4 ed 8 della decisione di primo grado).

In ogni caso, l’eventuale fondo bagnato avrebbe imposto ancora maggiore prudenza al conducente, che già doveva tenere conto di essere in fase di immissione su di una strada provinciale, in prossimità di un incrocio e di un locale aperto al pubblico. È infatti affermazione della giurisprudenza di legittimità risalente ma sempre valida ed alla quale va data continuità quella per cui rientra nella comune esperienza di ogni conducente di veicolo la circostanza secondo cui il fondo stradale asfaltato, se bagnato, riduce, sino addirittura ad annullare, la presa sull’asfalto del battistrada della ruota o l’attrito radente dello stesso (Sez. 4, n. 11329 del 07/12/1981, Sperati, Rv. 151405-01) e che in tema di incidente stradale lo stato scivoloso della carreggiata può costituire caso fortuito solo quando si presenti come fatto improvviso ed imprevedibile per il conducente (Sez. 4, n. 4032 del 25/01/1972, Rotundo, Rv. 21287-01).

1.4. Il ricorso sul tema della visibilità in concreto non si confronta con l’effettivo contenuto della sentenza impugnata, che alla p. 6 dà atto di una triplice ragione per cui la visibilità era da ritenersi sufficiente:

a) la circostanza che si era al crepuscolo e non già ancora al buio totale (luce naturale);
b) la presenza dei fari della auto, che si dice essere "sempre presenti in quel tratto di strada" (con implicito riferimento alla trafficata strada provinciale cui si fa riferimento nella sentenza di primo grado - p. 6 -, strada sulla quale si affacciava il locale pubblico e si cui si stava immettendo l’auto guidata dall’imputato);
c) e le luci del locale ristoro "(OMISSIS) ", da cui era appena uscito C. , elemento quest’ultimo ignorato dalla difesa dell’imputato.

La sentenza di primo grado (p. 9), inoltre, fondandosi sulla consulenza del P.M., ha ritenuto che i fari di cui era munita l’auto Jaguar permettessero di vedere il pedone.
Inoltre, il riferimento ad opera del ricorrente (pp. 6-7) ad un passaggio della consulenze del P.M. trascura che il ragionamento svolto dall’ing. P. nell’occasione è meramente ipotetico (essendo l’ora del crepuscolo - si legge se fosse stato nuvoloso, allora sarebbe stato buio).

1.5. Entrambe le sentenza di merito, poi, affiancano alla fonte testimoniale richiamata (A.N. ) la fonte consulenziale, valorizzando le relazioni dei cc.tt. ing. P. e Dott. Az. , fondate anche - si sottolinea - su persuasive prove e simulazioni (p. 5 della sentenza impugnata; v. ampiamente pp. 4-12 della decisione del G.u.p.): alla stregua della consulenza del P.M., si è ritenuto, tra l’altro, che, quando il pedone ha iniziato l’attraversamento, l’auto dell’imputato non era ancora avvistabile e che il conducente della Jaguar avesse tutta la possibilità di vedere il pedone (pp. 5-9 della sentenza di primo grado) e che il pedone, il quale non aveva strisce pedonali in prossimità a distanza regolamentare, era, comunque, in posizione di precedenza (pp. 5-8 e 11-12 della sentenza di primo grado).

1.6. L’eventuale errore - sottolineato nel ricorso - da parte dei giudici di merito o del consulente del P.K. nel calcolare lo spazio libero alla destra dell’auto (su cui si incentra la prima parte del primo motivo di ricorso), anche ove in ipotesi esistente, non è - in realtà - determinante, non essendo stato ritenuto causativo della morte non avere tenuto da parte del conducente la Jaguar la destra rigorosa (v. punto n. 2.2. del "ritenuto in fatto"); parte dello spazio, inoltre, è risultato da attribuirsi alla banchina non transitabile (v. infatti pp. 1314 della decisione del G.u.p. e p. 7 di quella di appello).

1.7. Circa la condizione di cronica intossicazione da alcool della vittima, particolarmente sottolineata dalla difesa dell’imputato, hanno risposto i giudici di merito congruamente, valorizzando in maniera congiunta i seguenti elementi:
A) la condizione di cronica intossicazione non è idonea a dimostra, di per sé sola, che C.P. fosse ubriaco al momento dell’investimento;
B) la Corte di merito ha stimato maggiormente attendibili gli accertamenti svolti presso il laboratorio di analisi di Ospedale pubblico;
C) inoltre, ha ritenuto che gli accertamenti del medico legale sui punti di impatto hanno fatto emergere che al momento dell’incidente il pedone era in posizione eretta;
D) la testimone oculare A.N. ha notato che il pedone deambulava in modo normale (pp. 6-7 della sentenza impugnata e pp. 10-11 di quella di primo grado);
E) altri quattro testi (G.A. , G.E. , G.C. e B.E. ) hanno affermato di avere incontrato poco prima C.P. , che si presentava normale (pp. 10-11 della sentenza impugnata).

1.8 È privo di pregio il cenno che si rinviene nel ricorso (p. 4) all’essere la Panda della vittima parcheggiata in ritenuta violazione del codice della strada, in quanto i giudici di merito hanno verificato che l’utilitaria era interamente all’interno della banchina - non transitabile (p. 7 della sentenza impugnata).

2. In conclusione, deve ritenersi che, valutando congiuntamente le due sentenze di merito, si rinvenga risposta, per lo più espressa ed analitica e solo a tratti implicita, a tutte le questioni poste nel ricorso, compresa quella relativa al contenuto della consulenza svolta su incarico della difesa dal geom. B.

Non sussistono i denunziati travisamenti e l’impugnazione si rivela essere in buona parte aspecifica, comunque costruita in fatto e complessivamente protesa ad una ricostruzione alternativa delle emergenze già accertate e valutate, anche nelle reciproche implicazioni, da parte dei giudici di merito.

3. Discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite nel giudizio di legittimità, spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusiorie delle spese sostenute dalle parti civili costituite C.A. e Co.Lo. in questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 3000,00 ciascuna, oltre accessori di legge.