La vittima dei reati di maltrattamenti in famiglia, mutilazione di organi genitali femminili, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo e atti persecutori (stalking) è ammessa ex lege al patrocnio a spese dello stato, senza necessità di verifica del reddito: il giudice ha infatti il dovere di accogliere la domanda di fruizione del beneficio, posto che la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di quei reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 febbraio – 20 marzo 2017, n. 13497
Presidente Bianchi – Relatore Tanga
Ritenuto in fatto
1. In data 17 marzo 2016, M.E. presentava, al GUP del Tribunale di Bolzano, istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, specificando ed indicando nella domanda di essere persona offesa per i reati p. e p. dagli artt. 572, 582 e 612-bis c.p. nel procedimento penale n. 7936/2015 R.G.N.R. pendente dinanzi al Tribunale di Bolzano contro C.S. .
1.1. Con decreto del 25/05/2016, il Giudice adito "rilevato che difettano le necessarie indicazioni concernenti il reddito proprio e dell’eventuale nucleo familiare", rigettava l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio in quanto "inammissibile ai sensi dell’art. 79 lett. c) TU spese di Giustizia".
1.2. Con ricorso ex art. 99 D.P.R. n. 115/2002 depositato in data 27/06/2016, M.E. proponeva opposizione avverso il predetto provvedimento di rigetto, chiedendone l’annullamento.
1.3. Con l’ordinanza n. 4310/2016 del 14/09/2016, il Tribunale rigettava l’opposizione presentata da M.E. ritenendo che la domanda di ammissione mancasse del requisito previsto a pena di inammissibilità dall’art. 79, lett. c), cit. (dichiarazione sostitutiva di certificazione dei redditi prodotti dall’istante prevista dall’art. 46, comma 1, lettera o), DPR n. 445/2000), dichiarazione quest’ultima che, secondo giudicante, deve essere in ogni caso fornita dall’istante anche nell’ipotesi prevista dall’art. 76, comma 4-ter, DPR n. 115/2002, atteso che detta norma "nella formulazione attuale non prevede una ammissione ex lege al patrocinio della persona offesa dai reati di cui agli art. 572, 582 e 612-bis c.p., indipendentemente dal reddito dell’istante, ovvero che il giudice deve sempre ammettere la persona offesa al beneficio indipendentemente dal reddito", bensì prevede che il "giudice può ammettere al patrocinio a spese dello stato la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis..." e che, pertanto, "nell’esercizio di tale potere il giudice non potrà prescindere dalla valutazione degli elementi di fatto, in particolare dal del reddito della persona offesa".
2. Avverso tale ordinanza reiettiva, propone ricorso per cassazione M.E. , a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I) Violazione ai sensi degli artt. 99, comma 4, DPR 115/2002 e 360, n. 3), c.p.c. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 79 DPR 115/02: sulla erronea e non corretta applicazione della norma di cui dall’art. 79, lett. c), cit. in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione in ordine ai redditi prodotti dall’istante alla domanda di ammissione al beneficio. Deduce che il Tribunale di Bolzano quale giudice dell’opposizione, anziché dichiarare l’inammissibilità della domanda avrebbe dovuto acquisire la documentazione reddituale dalla quale desumere la sussistenza delle condizioni di reddito dell’istante ai fini dell’ammissione al beneficio richiesto unitamente agli atti della prima fase, ovvero, in ragione dei poteri integrativi riconosciutigli dalla legge, richiederne la produzione alla parte istante così come dettato dalla sentenza Sez. 4, n. 10730/2016 del 14 marzo 2016;
II) Violazione ai sensi degli artt. 99, comma 4, DPR n. 115/2002 e 360, n. 3), c.p.c. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 79 del DPR 115/02: sulla erronea applicazione dell’ipotesi derogatoria prevista dal comma 4-ter dell’art. 76. DPR. N. 115/2002. Deduce che l’art. 76 citato, nel determinare le condizioni di ammissione al beneficio in questione e con particolare riferimento al reddito complessivo valutabile, al comma 4-ter ha, tuttavia, introdotto una espressa deroga ai limiti di reddito previsti dal citato decreto quando, come nel caso di specie, l’istante sia parte lesa per uno dei reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis c.p.. Afferma che il giudice dell’opposizione si è limitato ad una lettura meramente formale del combinato disposto di cui agli artt. 76 e 79, lett. c), del D.P.R. n. 115 del 2002, senza tenere conto che è la stessa ratio della citata deroga normativa a rendere di fatto inoperante la condizione prevista dalla lett. c) dell’art. 79. Sostiene che la ratio della previsione introdotta dal citato comma 4-ter dell’art. 76 identifichi un’ipotesi derogatoria tout court, che abbandona il criterio obbiettivo/reddituale per spostare l’attenzione alla soggettività della vittima di determinati reati, giudicati dal legislatore meritevoli di accedere al beneficio in parola.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso.
4. Mette conto evidenziare che l’art. 76, comma 4-ter, T.U.S.G., dispone: "La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonchè, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quínquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto".
5. Non appare ultroneo considerare che il comma 4-ter è stato aggiunto dall’art. 4, comma 1, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e sostituito dall’art. 9, comma 1, L. 1° ottobre 2012, n. 172, e modificato dall’art. 2, comma 3, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
5.1. Orbene, la finalità della L. n. 38/2009 (e delle successive modificazioni), non può che essere quella di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio. Occorre rilevare che la legge in parola non fa cenno al danneggiato dal reato, che intenda costituirsi parte civile nel processo penale e che può non coincidere con la vittima del reato, ma solo alla persona offesa.
5.2. Ne deriva una prima considerazione: la persona danneggiata dal reato potrà ricorrere al patrocinio solo nel caso in cui il suo reddito non superi i limiti fissati dall’art. 76 comma 1, D.P.R. n. 115/2002, in linea con la previsione normativa generale.
5.3. Residua, quindi, un problema di natura interpretativa in riferimento alla dizione letterale della norma laddove si enuncia che la vittima "può" e non "deve" essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto. In altri termini sembrerebbe che il giudice abbia una mera facoltà e non un dovere di accogliere la domanda di fruizione del beneficio.
5.4. Ritiene il Collegio che il termine "può" debba essere inteso come dovere del giudice di accogliere l’istanza "se" presentata dalla "persona offesa" da "uno dei reati di cui alla norma" e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un "procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati".
5.5. Tale interpretazione si impone in prospettiva teleologica posto che la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di quei reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale.
5.6. Da tali premesse discende che l’istanza di ammissione al patrocino a spese dello Stato proposta dalla persona offesa da uno dei reati elencati dalla norma necessita solo dei requisiti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 79 T.U.S.G..
5.7. In vero, in mancanza di una espressa disposizione legislativa, il giudice non potrebbe negare l’ammissione al beneficio solo sulla base della mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, da parte dell’interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste dall’art. 76 cit., dato che la norma in parola (il ridetto comma 4-ter) non individua massimi reddituali idonei ad escludere il diritto in argomento; sicché la produzione di tale attestato s’appalesa del tutto superflua e, perciò, la sua mancanza è inidonea a fondare una pronuncia di rigetto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bolzano.
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Addendum:
Si riporta, a migliore comprensione,
- Decreto di rigetto n. cronol. 4310/2016 del 22/09/2016 RG n. 2370/2016 Trib. Bolzano (estratto)
- Ricorso in Cassazione presentato ex art. 99 comma IV DPR n. 115/2002 - 360 n. 3) C.P.C. e 111 comma VII Cost. (estratto)
Decreto di rigetto n. cronol. 4310/2016 del 22/09/2016 RG n. 2370/2016 Trib. Bolzano (estratto)
(..) ritenuto che il ricorso sia stato ritualmente presentato nei termini di legge e pertanto ammissibile; ritenuta la propria competenza; ritenuto ritualmente instaurato il contraddittorio e sussistente la legittimazione passiva in capo a parte convenuta, in forza del dettato normativo (art. 99 D.P.R. n. 115/2002) ed alla luce anche della sentenza della Suprema Corte di cassazione, S.U. 29/5/2012, n. 8516 ma altresì della sentenza Cass. n. 18071/2012;
il ricorso non merita accoglimento perché infondato per le ragioni sotto indicate.
La ricorrente ha presentato domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato quale persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 582, 612bis c.p., nel procedimento penale sopra indicato.
La menzionata istanza non contiene alcuna dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessata, ai sensi dell’art. 46, comma 1, lett. o) del DPR 28.12.2000 n. 445, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile ai fini dell’ammissione, determinato con le modalità di cui all’art. 76.
La detta dichiarazione è tuttavia prevista a pena di inammissibilità (art. 79 lett c) D.P.R. 115/2002).
Il comma 4ter dell’art. 76 D.P.R. cit., aggiunto dall’art. 4 del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, nella L. 23 aprile 2009, n. 38, così sostituito dall’art. 9 della legge n. 172/2012, nella formulazione attuale non prevede una ammissione ex lege al patrocinio della persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583bis, 612bis c.p., indipendentemente dal reddito dell’istante, ovvero che il giudice deve sempre ammettere la persona offesa al beneficio indipendentemente dal reddito, superiore ai limiti massimi stabiliti, bensì prevede che “la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583bis, 609bis, 609quater, 609 octies e 612bis, …., del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”, e dunque non che la persona offesa dai reati indicati “è ammessa”, anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal D.P.R. cit.
Ne consegue che il giudice può ammettere al patrocinio a spese dello Stato la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583bis, 609bis, 609quater, 609 octies e 612bis, …., del codice penale al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal D.P.R. 115/2002. Nell’esercizio di tale potere tuttavia, il giudice, in applicazione della norma citata, non potrà prescindere dalla valutazione degli elementi di fatto, in particolare del reddito della persona istante. Diversamente, il legislatore avrebbe previsto tout court che la persona offesa dai predetti reati è ammessa al patrocinio.
Nel caso in esame l’istante non ha fornito al giudice gli elementi ai fini della valutazione prevista.
È ben vero che l’odierna ricorrente, nell’istanza di ammissione aveva chiesto un termine “per produrre e/o integrare la documentazione ove ritenuta necessaria ai sensi di Legge”.
La possibilità di concedere un termine è tuttavia prevista con riferimento al patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario (art. 123 D.P.R. cit), e al fine specifico ivi previsto della presentazione o integrazione della documentazione richiesta ai sensi dell’art. 79 comma 3, D.P.R. cit.
L’istanza di ammissione, ai sensi delle disposizioni generali in tema di patrocinio a spese dello Stato, deve contenere ab initio, a pena di inammissibilità, la dichiarazione ai sensi dell’art. 79 lett c D.P.R. cit. Alla presentazione dell’istanza invero sono collegati determinati effetti, ai sensi delle disposizioni particolari previste relativamente al processo penale (art. 96 D.P.R. cit.).
Relativamente all’istanza di correzione di errore materiale del provvedimento, finalizzata ad ottenere una pronuncia diametralmente opposta, di ammissione al beneficio, è evidente come non ricorresse alcuna ipotesi di correzione di errore materiale che deve riguardare elemento insuscettibile di comportare una modificazione essenziale dell’atto.
Nulla ostava, invece, né osta alla presentazione di una nuova istanza di ammissione al patrocinio, dal contenuto prescritto a pena di inammissibilità dalle disposizioni generali sul patrocinio (art. 79 D.P.R. 115/2002).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ricorso in Cassazione presentato ex art. 99 comma IV DPR n. 115/2002 - 360 n. 3) C.P.C. e 111 comma VII Cost. (estratto)
1) Violazione ai sensi dell’art. 99 comma IV DPR n. 115/2002 e 360 n. 3) c.p.c. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 79 del DPR 115/02: sulla erronea applicazione dell’ipotesi derogatoria prevista dal comma 4 ter dell’art. 76. DPR. N. 115/2002.
Come si è detto, l’art. 79 lett. c) del TU spese giustizia prevede che l’istanza di ammissione al beneficio del gratuito patrocinio deve contenere a pena di inammissibilità “una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'articolo 76”.
L’art. 76 citato, nel determinare le condizioni di ammissione al beneficio in questione e con particolare riferimento al reddito complessivo valutabile, al comma 4 ter ha, tuttavia, introdotto una espressa deroga ai limiti di reddito previsti dal citato decreto quando, come nel caso di specie, l’istante sia parte lesa per uno dei reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis c.p.
La ricorrente M.E. ha, come si è visto, espressamente specificato ed indicato nella domanda di ammissione di essere persona offesa per i reati p. e p. dagli artt. 572, 582 e 612 bis c.p. nel procedimento penale sub n. */2015 R.G.N.R. - */15 RG GIP pendente dinanzi al Tribunale di BOLZANO contro C.S.
Orbene, il giudice dell’opposizione si invero è limitato ad un richiamo ed una lettura meramente formale del combinato disposto di cui agli artt. 76 e 79 lett. c) del D.P.R. n. 115 del 2002, senza tenere conto che è la stessa ratio della citata deroga normativa a rendere di fatto inoperante la condizione prevista dalla lett. c) dell’art. 79.
Seguendo il ragionamento del Tribunale, la possibilità per il giudice di ammettere l’istante che sia persona offesa/vittima delle ipotesi delittuose specificamente individuate dal comma 4 ter del citato articolo, non introdurrebbe ex lege alcuna deroga normativa ai limiti reddituali previsti per l’ammissione al gratuito patrocinio, ma consentirebbe esclusivamente al giudicante di estendere il proprio sindacato discrezionale in ordine alla concedibilità del predetto beneficio, nonostante l’eventuale superamento della soglia di reddito prefissata dal TU spese giustizia.
A sostegno di tale ragionamento il Tribunale riporta il dato letterale della norma in questione, che recita testualmente che il giudice “può ammettere” e non “ammette” tali soggetti anche in deroga i limiti di reddito previsti, con ciò tuttavia dimenticandosi che il legislatore non ha invero fissato alcun parametro per orientare e predeterminare tale potere discrezionale. Argomento quest’ultimo, non di poco conto se si sostiene - come ritiene questa difesa - che la ratio della previsione introdotta dal citato comma 4 ter dell’art. 76 identifichi un’ipotesi derogatoria tout court, che abbandona il criterio obbiettivo/reddituale per spostare l’attenzione alla soggettività della vittima di determinati reati, giudicati ex ante e per il sol fatto di trovarsi in una determinata condizione di “minorata difesa”, meritevoli di accedere al beneficio in parola.
Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice dell’opposizione, vi sono in realtà ampi spazi e fondate ragioni - in primis, quelle di natura politica che hanno orientato e determinato la scelta del legislatore nazionale alla formulazione ed introduzione del comma 4 ter citato - che portano a ritenere che l'ammissione al patrocinio sia "automatica", se richiesta, per titolo di reato, come nel caso di specie.
Anzitutto e come si è detto, la discrezionalità che pare essere attribuita al giudice nella valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della domanda dall’istante/persona offesa dei reati previsti dall’art. 76 comma 4 ter del DPR n. 115/2002, non ha invero indicazione alcuna sui parametri da utilizzare. In altre parole, se l’ammissione al beneficio nell’ipotesi derogatoria di cui si parla, non opera - come si ritiene - ope legis automaticamente ed a prescindere dal criterio reddituale, ma è comunque rimessa alla valutazione discrezionale del giudicante, allora non si comprende come il legislatore non abbia previsto criteri predeterminati per orientare l’apprezzamento soggettivo di chi è chiamato ad operare tale valutazione. Se l’ammissione al beneficio nelle ipotesi previste dal comma 4 ter cit. può avvenire anche in deroga ai limiti di reddito, ci si deve necessariamente chiedere quando il Giudice "può" ammettere; come deve procedere quest’ultimo in assenza di criteri normativi che stabiliscano obiettivamente ed in via generale la rilevanza del superamento del limite di reddito? Non è certo ipotizzabile che ogni giudice faccia da sé, stabilendo di volta in volta quando e come ammettere “in deroga” al reddito, né è possibile ritenere che la mancata previsione di criteri/parametri orientativi sia frutto di una dimenticanza del legislatore.
Al contrario, essa rappresenta una specifica scelta di politica legislativa e l’espressa volontà di adeguare la normativa interna a quella sovranazionale[1], la quale ha previsto ed imposto agli Stati membri o aderenti un accesso “agevolato” e facilitato al patrocinio a spese dello Stato per le vittime cd. "vulnerabili" e di violenza di genere, senza ed a prescindere da indicazioni reddituali specifiche. Basta leggere i lavori parlamentari che hanno preceduto l’attuazione della Convenzione di Istanbul, per rendersi conto che la volontà del legislatore sottesa all’introduzione del comma 4 ter dell’art. 76 del TU spese giustizia è quella di consentire sempre ed a prescindere dalla specifica situazione reddituale l’accesso al gratuito patrocinio alle persone offese di determinati reati (cfr. Camera dei Deputati XVII Legislatura, Documentazione e ricerche dal titolo “ La Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confrotni delle donne – L’ attuazione nell’ordinamento interno “ n. 50, III edizione del 18 settembre 2014).
Orbene, è indubbio che la funzione della dichiarazione sostitutiva di certificazione dei redditi propri dell’istante e dell’eventuale nucleo familiare sia quella di consentire una corretta e completa valutazione da parte del giudicante della sussistenza in capo al richiedente delle condizioni reddituali previste dalla legge ai fini della concessione del beneficio in parola.
D’altro canto, è altresì ragionevole ritenere che la produzione/allegazione di tale autocertificazione non svolga alcuna funzione e, quindi, non abbia ragion d’essere quando, come nel caso di specie, il superamento dei limiti di reddito non sia condizione ostativa alla concessione del beneficio.
Mutatis mutandis ed a sostegno di quanto sin qui sostenuto,si ricorda che la giurisprudenza ha affermato che “il compito del giudice di condurre accertamenti in merito alle condizioni economico-patrimoniali dell'istante….è escluso qualora il richiedente versi nella condizione prevista dall'art. 76, comma quarto bis, del medesimo d.P.R. e non abbia allegato concreti elementi di fatto, idonei a consentire il superamento della presunzione stabilita dal citato art. 76, comma quarto” (Cass. Pen, sez. IV, 17/06/2014, n. 30499).
In altre parole, il fatto che legislatore abbia previsto un’ipotesi di esclusione oggettiva - nel caso nel caso in cui richiedente sia un soggetto condannato per uno dei reati indicati nell’art. 76 comma 4 bis - sulla base dei reati oggetto della condanna medesima, significa che lo stesso ha, a priori, escluso l'accesso al patrocinio, presumendo - iuris et de iure - un reddito superiore alla soglia di non abbienza. Ma tale presunzione rende, conseguentemente, inoperante ogni accertamento in merito da parte del giudice, poiché sarebbe attività irrilevante e superflua. Del resto, anche nel caso in cui siano in causa diritti della personalità ovvero gli interessi del richiedente siano in conflitto con quelli degli altri eventuali componenti del nucleo familiare, vi è una espressa deroga normativa al criterio del “reddito complessivo” prodotto, sicché ai fini dell’ammissione al patrocinio risulta del tutto irrilevante una dichiarazione in tal senso da parte dell’istante.
Con questo si vuole solo evidenziare come esistano nel TU citato altre e specifiche ipotesi di deroghe al criterio reddituale che per ciò solo rendono inoperante e superfluo ogni accertamento/dichiarazione dell’istante in merito.
Ma se così è, poiché l’odierna istante si trova in una delle condizioni “in deroga” ex lege previste che consento l’accesso al Patrocinio a Spese dello Stato anche in ipotesi di superamento dei limiti reddituali previsti, la stessa andrà ammessa al beneficio richiesto, avendo assolto all’obbligo di autocertificazione previsto dall’art. 76 D.P.R. n. 115/02 con la dichiarazione relativa alla propria condizione di persona offesa/vittima di uno di reati previsti dal comma 4 ter dell’art. 76 cit.
(..)
[1] Si vedano: D.Lgs. 15 dicembre 2015 n. 212, pubblicato sulla G.U. n. 3 del 5 gennaio 2016, con il quale l’Italia dà attuazione alla direttiva 2012/29/UE in tema di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato; Legge n. 172/2012 di ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale; D.l. n. 93/2013 per la tutela delle vittime della violenza domestica e di genere)