Non può ritenersi preclusa l'impugnazione dell'ordinanza di rigetto dalla circostanza che l'imputato, dopo il rigetto della richiesta di sospensione per la messa alla prova, abbia ottenuto di essere ammesso al rito abbreviato.
Il sistema dei rimedi offerti all'imputato avverso le ordinanze che decidono sull'istanza di sospensione con messa alla prova risulta così strutturato: a) ricorso per cassazione in via autonoma ed immediata contro l'ordinanza di accoglimento; b) non impugnabilità del provvedimento negativo fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, in quanto è offerta all'imputato la possibilità di rinnovare la richiesta; c) impugnabilità del provvedimento di rigetto "predibattimentale", soltanto con la sentenza di primo grado, secondo la regola generale fissata dall'art. 586 c.p.p..
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Sent., (ud. 15/02/2018) 02-07-2018, n. 29622
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente -
Dott. DI STASI Antonella - Consigliere -
Dott. REYNAUD Gianni F. - Consigliere -
Dott. CIRIELLO Antonella - rel. Consigliere -
Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.A., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/06/2015 della CORTE APPELLO di ANCONA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANTONELLA CIRIELLO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. BALDI FULVIO che ha concluso per l'annullamento con rinvio.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 09.06.2015 la Corte d'appello di Ancona, per quanto qui rileva, ha confermato la sentenza del 12.06.2014 del Tribunale di Ancona, con la quale C.A. era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione, nonchè ad Euro 1.200,00 di multa, poichè riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 99 c.p., comma 2, n. 1, e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in quanto, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 della medesima legge, deteneva illecitamente, per successiva cessione a terzi, 4 involucri contenenti rispettivamente gr. 0,3, 0,3, 0,2, e 0,2 di eroina, che occultava all'interno del cavo orale.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, chiedendone l'annullamento.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 168 bis c.p., artt. 25 e 24 Cost., ed all'art. 586 c.p.p. e art. 125 c.p.p., comma 3, nonchè il vizio di motivazione, per avere la Corte d'appello illogicamente dichiarato inammissibile l'appello proposto dal ricorrente avverso l'ordinanza con la quale il Tribunale di Ancona aveva rigettato l'istanza di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari, nonchè l'istanza di messa alla prova, ritenendo che tale provvedimento fosse direttamente ricorribile in cassazione.
Si duole specificamente il ricorrente della erroneità di tale motivazione, in contrasto con i principi giurisprudenziali in materia, in base ai quali l'ordinanza di rigetto delle istanze di revoca delle misure cautelari, nonchè di messa alla prova, risulta appellabile se contestualmente viene proposto appello avverso la sentenza di merito emessa dal giudice di primo grado, con la quale vi sia stata una statuizione sulla responsabilità dell'imputato, circostanza che, nel caso di specie, si sarebbe appunto verificata.
2.2 Con il secondo motivo la difesa ha rilevato il vizio di violazione di legge, in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ed all'art. 533 c.p.p., comma 1 e art. 125 c.p.p., comma 3, nonchè il vizio di motivazione, in cui sarebbe incorsa la corte di merito affermando, conformemente al giudice di primo grado, la responsabilità dell'imputato senza procedere ad una effettiva analisi della offensività della condotta, omettendo una accurata indagine circa la "capacità drogante" della sostanza rinvenuta nel possesso del ricorrente e del principio attivo in essa contenuto, alla luce delle quali avrebbe dovuto, conformemente alle richieste, pervenire al proscioglimento dell'imputato, non potendosene affermare la responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio La Corte territoriale, inoltre, nonostante le specifiche censure sollevate in appello, avrebbe omesso qualsiasi indagine e motivazione in ordine alla effettiva destinazione di spaccio della sostanza sequestrata al C., non potendosene escludere l'uso personale solo perchè la sostanza era contenuta in quattro involucri separati, non considerando che l'imputato era l'epoca dei fatti tossicodipendente, che aveva dichiarato di aver acquistato i quattro involucri contenete l'eroina da un terzo soggetto (di cui aveva indicato le generalità e il contatto), poco prima di essere fermato dagli operanti, e che, al momento della perquisizione domiciliare, nessun oggetto strumentale al confezionamento di eventuali sostanze stupefacenti fosse stato rinvenuto nell'abitazione del C., sicchè il confezionamento di cui al capo di imputazione non poteva certamente essere stato effettuato dal medesimo.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole del vizio di violazione di legge (in relazione all'art. 25 Cost. e art. 131 bis c.p., e all'art. 125 c.p.p., comma 3), nonchè del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte di merito, non applicando la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in ragione della recidiva specifica contestata all'imputato, nonostante la norma escludesse l'applicabilità della causa di non punibilità per i soli imputati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
2.3 Con il quarto motivo la difesa ha rilevato il vizio di violazione di legge, in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 bis, e in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, nonchè il vizio di motivazione, in cui sarebbe incorsa la sentenza gravata che illogicamente non avrebbe concesso la sostituzione della pena con l'espletamento dei lavori di pubblica utilità, osservando come la prognosi negativa sulla personalità del reo dovesse indurre a ritenere che tale pena alternativa non sortisca i medesimi fini rieducativi di quella della reclusione ed omettendo così di considerare le allegazioni difensive (che avevano evidenziato il comportamento esemplare dell'imputato che si era assunto le proprie responsabilità, che aveva chiesto di essere ammesso ad una comunità terapeutica, ove aveva poi ottenuto pareri favorevoli e che era stato autorizzato dal giudice a svolgere attività lavorativa presso lo stabilimento balneare dei genitori, in attesa della individuazione di una comunità per il suo recupero).
Motivi della decisione
3.- Il ricorso è fondato limitatamente al primo motivo di ricorso e va, pertanto, accolto nei limiti che seguono, con conseguente annullamento e rinvio al giudice di merito e assorbimento degli ulteriori motivi.
Con tale prima fondata censura il ricorrente si duole della circostanza che la Corte territoriale abbia dichiarato inammissibile l'appello proposto dal ricorrente avverso l'ordinanza con la quale il Tribunale di Ancona aveva rigettato l'istanza di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari, nonchè l'istanza di messa alla prova, ritenendo che tale provvedimento fosse direttamente ricorribile in cassazione.
3.1- Tale aspetto è stato oggetto di un contrasto nella giurisprudenza, culminato nella sentenza n. 33216 del 31/03/2016 Cc. (dep. 29/07/2016), Rigacci, Rv. 267237, con la quale le sezioni unite di questa Corte hanno affermato che l'ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile con il ricorso per cassazione, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 586 c.p.p., in quanto l'art. 464 quater c.p.p., comma 7, nel prevedere il ricorso per cassazione, deve essere interpretato nel senso che si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell'imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova.
3.2. - Si è così superato l'orientamento, cui la sentenza impugnata si era evidentemente conformata, che sostiene che l'ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato emessa in dibattimento sia autonomamente e immediatamente impugnabile con ricorso per cassazione.
3.4. - Ne consegue che il sistema dei rimedi offerti all'imputato avverso le ordinanze che decidono sull'istanza di sospensione con messa alla prova risulta così strutturato: a) ricorso per cassazione in via autonoma ed immediata contro l'ordinanza di accoglimento; b) non impugnabilità del provvedimento negativo fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, in quanto è offerta all'imputato la possibilità di rinnovare la richiesta; c) impugnabilità del provvedimento di rigetto "predibattimentale", soltanto con la sentenza di primo grado, secondo la regola generale fissata dall'art. 586 c.p.p..
3.5. Ciò posto, è necessario inoltre evidenziare che non può ritenersi preclusa l'impugnazione dell'ordinanza di rigetto dalla circostanza che l'imputato, dopo il rigetto della richiesta di sospensione per la messa alla prova,abbia ottenuto di essere ammesso al rito abbreviato (come nel procedimento in esame).
Tale interpretazione, pure affermata da giurisprudenza di questa corte (Sez. 6, Sentenza n. 22545 del 28/03/2017 Ud. (dep. 09/05/2017) imp. Fawzi, rv. 269770 non appare condivisibile.
Ed infatti, ritenere che "pur in mancanza di una specifica disposizione di raccordo con il giudizio abbreviato, la connotazione di rito alternativo assegnata dal legislatore al nuovo istituto e la sostanziale analogia fra i termini finali di richiesta della sospensione con messa alla prova e quelli entro i quali può essere avanzata la richiesta di rito abbreviato precludono, in assenza di un'espressa previsione di convertibilità dell'un rito nell'altro, la possibilità di coltivare o ripercorrere altre strade di definizione alternativa del giudizio, secondo il principio "electa una via, non datur recursus ad alteram", già applicato dalla giurisprudenza al tema dei rapporti tra giudizio abbreviato e patteggiamento (Sez. 1, n. 15451 del 25/03/2010, Soldano, Rv. 246939; Sez. 3, n. 32234 del 11/07/2007, Lupo, Rv. 237023; Sez. 6, n. 1940 del 10/12/2009, Testa, Rv. 245705; da ultimo v. Sez. 3, n. 21456 del 29/01/2015, Dorre, Rv. 263747)" condurrebbe ad una compressione ingiustificata del diritto dell'imputato ad avvalersi dei riti alternativi, e, con esso del diritto di difesa costituzionalmente garantito (art. 24 Cost., cfr. C. Cost., sentenza n. 237 del 2012).
L'equiparazione, poi, della preclusione in questione a quella già formulata dalla giurisprudenza in relazione al tema dei rapporti tra giudizio abbreviato e patteggiamento, non appare consentita dalla funzione dell'istituto della sospensione per messa alla prova che, in quanto speciale causa di estinzione del reato, si pone come alternativa a ogni tipo di giudizio di merito, ivi compreso quello effettuato nelle forme del giudizio abbreviato e risultando pregiudicato, in assenza di una specifica previsione, tale diritto dall'affermazione della preclusione in discorso.
Sicchè il parallelismo posto dalla pronuncia suddetta che la preclusione includerebbe nel rapporto tra riti speciali, entrambi tesi a definire il giudizio di merito, appare non invocabile nella fattispecie in esame ove, anzi, la richiesta di sospensione del processo funzionale alla messa alla prova in vista dell'eventuale estinzione del reato assume valenza prioritaria, non suscettibile neppure di revoca implicita per effetto della richiesta di ammissione al rito abbreviato, da intendersi necessariamente effettuata con riserva.
5. La declaratoria di inammissibilità pronunciata dalla Corte d'appello, in contrasto il principio esposto, conduce, pertanto, all'annullamento della sentenza sul punto (con assorbimento dei residui motivi) con rinvio alla Corte d'appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Perugia.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2018