Non può verificarsi decadenza se l'imputato, nel termine per chiedere il giodizio immedaito, avanza una richiesta di rito abbreviato, e non rileva, a tal fine, se si tratti di una richiesta subordinata ad una integrazione probatoria o sia, invece, richiesta di abbreviato cd. secco o semplice. In entrambe le ipotesi, di decadenza non può più dirsi perchè quel che importa è che entro quel termine l'imputato abbia manifestato la volontà di accedere al rito speciale, quale che sia la forma indicata.
L'art. 438 c.p.p., comma 5-bis, a differenza dell'art. 458, comma 1, appena richiamato, si esprime nei termini di una mera facoltà per l'imputato e non pone, trattandosi appunto di una facoltà, oneri od obblighi di comportamento.
Non impone, a ben leggere la disposizione, la contestualità della proposizione delle domande, principali e subordinate, limitandosi ad autorizzare la proposizione di queste ultime una volta che sia stata presentata la richiesta di abbreviato condizionata all'accoglimento di una integrazione probatoria.
In tema di procedimento per giudizio immediato, qualora l'imputato abbia tempestivamente richiesto il giudizio abbreviato condizionato e l'istanza sia stata rigettata dal GIP, la successiva richiesta di giudizio abbreviato semplice formulata all'udienza fissata, ai sensi dell'art. 458 c.p.p., comma 2, non può considerarsi tardiva, in quanto il giudizio abbreviato condizionato e il giudizio abbreviato semplice sono espressioni che indicano non già due diversi riti alternativi, ma modalità differenziate del medesimo tipo di giudizio, che possono essere esplicitate nel corso della citata udienza.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
(ud. 03/04/2019) 16-05-2019, n. 21439
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IASILLO Adriano - Presidente -
Dott. SANDRINI Enrico G. - Consigliere -
Dott. SARACENO Rosa Anna - Consigliere -
Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere -
Dott. SANTALUCIA Giuseppe - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul conflitto di competenza sollevato da:
GIP DEL TRIBUNALE DI NAPOLI;
nei confronti di:
CORTE DI ASSISE DI NAPOLI;
con l'ordinanza del 08/02/2019 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA;
lette/sentite le conclusioni del PG, Dott.ssa DI NARDO MARILIA;
Il PG chiede che la Corte dichiari la competenza della Corte di Assise di Napoli;
udito il difensore;
E' presente l'avvocato EC del foro di NAPOLI in difesa di:
P.P., anche in sostituzione dell'avvocato MF del foro di Napoli in difesa di B.C., come da delega depositata in udienza, e per delega orale in sostituzione del codifensore avvocato AG del foro di Salerno; conclude chiedendo che la Corte dichiari la competenza del GIP Tribunale di Napoli.
Svolgimento del processo
1. La Corte di assise di Napoli ha dichiarato la nullità del provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari, in data 13 settembre 2018, ha dichiarato l'inammissibilità delle richieste di giudizio abbreviato cd. semplice avanzate dagli imputati P.P. e B.C. all'udienza in cui il giudice non ha accolto la richiesta di abbreviato condizionato che era stata avanzata nel termine di decadenza di quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato.
1.1. Il Giudice per le indagini preliminari ha affermato la tardività delle richieste di abbreviato cd. semplice alla luce del disposto dell'art. 438 c.p.p., comma 5-bis, introdotto dalla L. n. 103 del 2017, asserendo che avrebbero dovute essere proposte nel termine di quindici giorni di cui all'art. 458 c.p.p., comma 1.
1.2. La Corte di assise ha ritenuto che l'interpretazione dell'art. 438 c.p.p., comma 5-bis sia errata, perchè la disposizione codicistica prevede una mera facoltà di formulazione contestuale della richiesta subordinata di rito abbreviato cd. semplice, ferma restando la previsione di cui al menzionato articolo, comma 6, che consente la proposizione successiva fino al termine di cui al comma 2.
Ha quindi apprezzato l'illegittimità della decisione del Giudice per le indagini preliminari in ragione dell'errata valutazione del termine entro il quale deve essere avanzata richiesta di ammissione al rito abbreviato semplice a pena di inammissibilità.
1.3. L'errata valutazione circa l'asserita tardività della richiesta si risolve in una violazione del diritto di difesa e determina la nullità di ordine generale di cui all'art. 178 c.p.p. del decreto di giudizio immediato, conseguente alla inammissibilità della richiesta di rito abbreviato non condizionato ritenuta intempestiva.
La dichiarazione di nullità del decreto di giudizio determina la regressione del procedimento.
2. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli ha proposto conflitto negativo di competenza sul presupposto dell'abnormità della decisione della Corte di assise nella misura in cui, fondandosi su un'errata interpretazione dell'art. 438 c.p.p., comma 5-bis, ha determinato un regresso del procedimento al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
2.1. L'art. 438 c.p.p., comma 5-bis, come introdotto dalla L. n. 103 del 2017, impone un termine decadenziale per la richiesta subordinata di giudizio abbreviato secco per i casi di procedimenti nei quali, per determinazione legislativa, non si procede con udienza preliminare, come quando viene emesso decreto di giudizio immediato.
Detta richiesta deve essere fatta, pur quando proposta in via subordinata, nel termine decadenziale proprio del procedimento nel quale tale facoltà è riconosciuta, e quindi, per quel che ora interessa, nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato.
2.2. Non può più ritenersi che con la richiesta tempestiva di abbreviato condizionato sia esercitata la facoltà di scelta del generico rito abbreviato, e che quindi sia comprensiva anche della forma non condizionata all'acquisizione probatoria, data l'autonoma considerazione del rito abbreviato secco quale oggetto eventuale di una richiesta subordinata.
Motivi della decisione
1. Il conflitto affidato alla risoluzione di questa Corte sussiste in quanto due giudici contemporaneamente ricusano la cognizione del medesimo fatto loro deferito dando così luogo alla situazione prevista dall'art. 28 c.p.p.. Esso, ammissibile in rito, va risolto con la dichiarazione di competenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli.
2. La disposizione recentemente introdotta ad opera della L. n. 103 del 2017, che prevede la facoltà in capo all'imputato di proporre, subordinatamente al rigetto della richiesta di giudizio abbreviato cd. condizionato, la richiesta di giudizio abbreviato cd. secco o di patteggiamento, non può essere letta, sì come ha fatto il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, nel senso di un irrigidimento dei meccanismi di decadenza per l'accesso al giudizio abbreviato.
Il termine di decadenza per l'accesso al rito abbreviato è posto, per quel che ora interessa e cioè per l'ipotesi di richiesta successiva all'emissione del decreto di giudizio immediato, dall'art. 458 c.p.p., comma 1, ove si prescrive che "l'imputato, a pena di decadenza, può chiedere il giudizio abbreviato...entro quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato".
Non può dunque verificarsi decadenza se l'imputato, nel termine indicato, avanza una richiesta di rito abbreviato, e non rileva, a tal fine, se si tratti di una richiesta subordinata ad una integrazione probatoria o sia, invece, richiesta di abbreviato cd. secco o semplice. In entrambe le ipotesi, di decadenza non può più dirsi perchè quel che importa è che entro quel termine l'imputato abbia manifestato la volontà di accedere al rito speciale, quale che sia la forma indicata.
2.1. L'art. 438 c.p.p., comma 5-bis, a differenza dell'art. 458, comma 1, appena richiamato, si esprime nei termini di una mera facoltà per l'imputato e non pone, trattandosi appunto di una facoltà, oneri od obblighi di comportamento.
Non impone, a ben leggere la disposizione, la contestualità della proposizione delle domande, principali e subordinate, limitandosi ad autorizzare la proposizione di queste ultime una volta che sia stata presentata la richiesta di abbreviato condizionata all'accoglimento di una integrazione probatoria.
Non è poi da trascurare che la nuova disposizione è stata inserita nell'articolo che regola la proposizione della richiesta all'interno dell'udienza preliminare, fase per la quale il termine, a pena di decadenza, per la richiesta del rito abbreviato è quello più ampio possibile, coincidendo con il momento della formulazione delle conclusioni, alla luce peraltro delle precisazioni fatte dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui detto termine va individuato non con riguardo alla formulazione delle conclusioni da parte del pubblico ministero, ma in riferimento al momento in cui "il difensore dell'imputato formula le proprie conclusioni definitive" - Sez. U, n. 20214 del 27/03/2014, Frija, Rv. 259076 -.
3. La disposizione dell'art. 438 c.p.p., comma 5-bis, non è dunque d'ostacolo a che venga affermata la persistente validità dell'orientamento interpretativo che escludeva la tardività della richiesta di abbreviato c.d. semplice proposta dall'imputato oltre il termine di quindi giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato ma dopo il rigetto della richiesta di abbreviato condizionata all'integrazione probatoria avanzata tempestivamente. Si era infatti reiteratamente chiarito che il rito è unico, seppure conosca una duplicità di forme, e che dunque la domanda di esso nella forma di maggiore complessità non può che ricomprendere quella di svolgimento del rito con la modalità non connotata da alcuna integrazione istruttoria. Il fatto che la disposizione di legge abbia esplicitato la facoltà di una richiesta per il caso di rigetto della precedente, e quindi principale, domanda di rito con integrazione istruttoria, non può significare che abbia dato dignità e consistenza di rito autonomo alle due diverse modalità di svolgimento di un unico procedimento speciale.
3.1. In tal senso Sez. 3, n. 6784 del 18/11/2015, dep. 2016, P.G. in proc. D, Rv. 266271 si era statuito che "in tema di procedimento per giudizio immediato, qualora l'imputato abbia tempestivamente richiesto il giudizio abbreviato condizionato e l'istanza sia stata rigettata dal GIP, la successiva richiesta di giudizio abbreviato semplice formulata all'udienza fissata, ai sensi dell'art. 458 c.p.p., comma 2, non può considerarsi tardiva, in quanto il giudizio abbreviato condizionato e il giudizio abbreviato semplice sono espressioni che indicano non già due diversi riti alternativi, ma modalità differenziate del medesimo tipo di giudizio, che possono essere esplicitate nel corso della citata udienza".
Allo stesso modo aveva concluso Sez. 2, n. 29912 del 07/06/2016, D'Angelo e altro, Rv. 268019, secondo cui "in tema di procedimento per giudizio immediato, qualora l'imputato abbia tempestivamente richiesto il giudizio abbreviato condizionato e l'istanza sia stata rigettata dal GIP, è legittima la riproposizione della richiesta di rito speciale, a diverse o senza condizioni, formulata all'udienza camerale fissata ai sensi dell'art. 458 c.p.p., comma 2".
Lo stesso principio era stato espresso in riferimento ad ipotesi simile da Sez. 4, n. 34151 del 07/06/2012, Santini, Rv. 253517, che ha escluso la decadenza stabilendo che, in caso "di procedimento per decreto, qualora l'imputato abbia tempestivamente richiesto, con l'atto di opposizione a decreto penale di condanna, il giudizio abbreviato condizionato e l'istanza sia stata rigettata dal GIP, la richiesta di giudizio abbreviato semplice formulata all'udienza fissata, ai sensi dell'art. 464 c.p.p., comma 1, non può considerarsi tardiva, a nulla rilevando che nell'atto di opposizione essa non sia stata avanzata neanche in via subordinata, in quanto il giudizio abbreviato condizionato e il giudizio abbreviato semplice sono espressioni che indicano non già due diversi riti alternativi, ma modalità differenziate del medesimo tipo di giudizio, che possono essere esplicitate nel corso della citata udienza".
4. Si potrebbe a tal punto osservarsi che, nella ricostruzione qui operata, la disposizione di novella perde ogni efficacia innovativa rispetto al preesistente assetto.
Il rilievo, discutibile per quanto da qui a breve si dirà, non può comunque valere per legittimare interpretazioni della disciplina complessiva del rito che finiscono con l'andare in senso contrario all'obiettivo chiaro della disposizione in esame, che è quello dell'arricchimento delle facoltà e non già dell'aggravamento degli oneri difensivi.
4.1. Occorre poi considerare che il dato di comparazione per stabilire se una disposizione legislativa abbia o meno carica innovativa non può essere sempre costituito dagli approdi interpretativi della giurisprudenza perchè essi sono fisiologicamente interessati nel tempo da fluttuazioni che il legislatore potrebbe avere interesse ad evitare, stabilizzando con una norma un determinato risultato.
Non è peraltro dubbio che la complessiva riforma varata con la L. n. 103 del 2017 abbia avuto il dichiarato fine di recuperare efficienza al processo penale attraverso una contrazione dei tempi di definizione entro l'ambito della ragionevolezza di rango costituzionale. Sarebbe dunque contrario alla ratio delle plurime innovazioni concludere con una soluzione interpretativa che chiuda, senza un significato plausibile, gli spazi di accesso ai riti alternativi.
5. Si è già accennato alla necessità di un'attenta lettura della disposizione, perchè non è per nulla scontato che la formulazione letterale voglia significare che l'imputato abbia facoltà di proposizione della domanda subordinata solo se ciò avvenga contestualmente alla proposizione della domanda principale di accesso al giudizio abbreviato con integrazioni istruttorie.
La disposizione, nella parte iniziale in cui esordisce con l'inciso "con la richiesta presentata ai sensi del comma 5", può aver inteso porre non una relazione di contestualità ma una relazione di circostanza temporale meno rigida e dal significato latamente causale. Si può così affermare che la disposizione autorizza la richiesta subordinata non soltanto quando essa sia avanzata in unico atto con quella principale ma anche quando, proposta la principale, sia fatta successivamente a causa del rigetto di essa.
Se la disposizione viene così interpretata, da un lato, risulta confermata la premessa della sua estraneità ai meccanismi di decadenza per l'accesso al rito abbreviato quando è stato emesso decreto di giudizio immediato; e, dall'altro, ma il tema esula dall'oggetto ora in esame, potrebbe apprezzarsi il dato di novità in riferimento all'altro rito speciale, il patteggiamento, perchè la facoltà di farne richiesta anche successivamente, quando è rigettata la richiesta di abbreviato, consentirebbe di inibire, per il caso in cui via sia stata preliminarmente l'emissione del decreto di giudizio immediato, l'operatività del termine di decadenza dei quindici giorni dalla notifica di tale decreto.
6. Accertato che l'imputato non era decaduto dal diritto di accesso al giudizio abbreviato cd. secco occorre stabilire davanti a quale giudice quel giudizio debba essere svolto.
La Corte di assise di Napoli ha ritenuto che la non corretta valutazione del giudice per le indagini preliminari in punto di accesso al rito abbia determinato una nullità ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), del decreto di giudizio immediato. Ha quindi disposto la regressione del procedimento in conseguenza della accertata nullità dell'atto propulsivo.
6.1. La decisione in punto di nullità non appare immune da rilievi critici. Essi seguono non già all'osservazione che il decreto di giudizio immediato precede le decisioni del giudice sulla domanda di abbreviato e quindi non può essere colpito, per nullità derivata, dal compimento di un successivo atto nullo.
La collocazione cronologica degli atti non impedisce, infatti, di ritenere che il precedente sia contaminato della stessa patologia di cui è affetto il successivo e ciò perchè per diretto effetto di quest'ultimo il decreto di giudizio immediato, che la richiesta di rito speciale aveva reso temporaneamente inefficace, ha ripreso vigore e quindi forza propulsiva. L'antecedenza cronologica non coincide pertanto con la consecutività logico-giuridica nella progressione processuale.
6.2. La questione è piuttosto che, per ritenere la nullità di un atto propulsivo conseguente alla ingiustificata compressione dei diritti difensivi e in specie del diritto al giudizio abbreviato, occorre affermare, anche per dar conto della disposta regressione del procedimento, che l'ordinamento non appresta rimedio alcuno parimenti satisfattivo e capace di far sì che il diritto al rito possa essere altrimenti riconosciuto senza che il processo debba essere restituito alla fase precedente.
In questa prospettiva di lettura della disciplina processuale avrebbe meritato maggiore considerazione il principio di diritto fissato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, secondo cui un meccanismo di recupero dello sconto di pena, analogo a quello che la Corte costituzionale con la sentenza n. 169 del 2003 ha delineato per l'illegittimo diniego del giudizio abbreviato condizionato ad integrazioni istruttorie, possa valere per il caso dell'abbreviato puro; e ciò in forza dell'analogia "della situazione sostanziale che viene in rilievo e la minor complessità del vaglio di ammissibilità rimesso al giudice che riguarda solo la valutazione dei presupposti formali di legittimazione e tempestività della domanda". Da qui l'affermazione del diritto dell'imputato, che abbia vanamente rinnovato la richiesta del rito prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, di recuperare lo sconto sanzionatorio - Sez. U, n. 20214 del 27/03/2014, Frija, Rv. 259078 -.
6.3. L'esistenza di un rimedio ripristinatorio parimenti satisfattivo per le ragioni della difesa avrebbe dovuto far dubitare circa la riconducibilità nell'area delle nullità di un provvedimento, certo illegittimo, ma non tale da compromettere irreversibilmente i diritti dell'imputato.
E ciò per la preliminare considerazione della natura spiccatamente sussidiaria del rimedio repressivo-sanzionatorio capace di causare la regressione del procedimento e della sicura preferenza da accordare a quello pienamente ripristinatorio, che si fa carico di assicurare i diritti delle parti senza incidenza negativa sulla durata (ragionevole) del procedimento.
7. Quanto appena detto non giova però a risolvere il conflitto negativo con attribuzione della competenza a provvedere al giudice del dibattimento. Per una conclusione siffatta occorrerebbe non soltanto negare l'esistenza della nullità ma definire abnorme il provvedimento dichiarativo della nullità.
7.1. Va evidenziato che il conflitto, benchè insorto tra giudice del dibattimento e giudice per le indagini preliminari, è comunque regolato dalla disposizione di cui all'art. 28 c.p.p., comma 2, che, per il caso di contrasto tra giudice del dibattimento e giudice dell'udienza preliminare, fa prevalere la decisione del giudice dibattimentale. Sez. U, n. 22 del 06/12/1991, dep. 1992, confl. in proc. Di Stefano, Rv. 190249 ha infatti spiegato come detta disposizione si applichi quando il giudice per le indagini preliminari svolga una funzione pienamente sovrapponibile a quella propria del giudice dell'udienza preliminare, emettendo l'atto che consente al processo di progredire alla fase del giudizio.
La regola è allora che, in caso di conflitto con il giudice del dibattimento, soccombe la decisione "conclusiva della fase delle indagini preliminari, che nel procedimento ordinario viene presa nell'udienza preliminare". Ciò perchè, come è stato osservato, "non può ragionevolmente ritenersi, ad esempio, che di fronte ad un provvedimento del giudice del dibattimento che annulli il decreto di rinvio a giudizio ritenendo che avrebbe dovuto essere accolta la richiesta di giudizio abbreviato non possa sollevare conflitto il giudice dell'udienza preliminare, che ha ritenuto impossibile definire il processo allo stato degli atti, e lo possa invece sollevare il giudice che ha disposto il giudizio immediato" - Sez. U, n. 22 del 06/12/1991, dep. 1992, confl. in proc. Di Stefano, cit.
7.2. Il principio è allora che "la prevalenza del provvedimento del giudice del dibattimento su quello del giudice per le indagini preliminari che ha disposto il giudizio... trova applicazione anche nel caso in cui quest'ultimo provvedimento non sia stato emesso nell'udienza preliminare" - Sez. U, n. 22 del 06/12/1991, dep. 1992, confl. in proc. Di Stefano, cit.
7.3. La stessa sentenza delle Sezioni unite ha al contempo precisato che detto principio vale soltanto "per i provvedimenti che il codice riserva al giudice del dibattimento e non per quelli non previsti e non consentiti", ed ha escluso dall'area della prevalenza della decisione dibattimentale l'atto con cui il giudice del dibattimento aveva censurato il giudizio di non decidibilità allo stato degli atti con cui il giudice per le indagini preliminari, dopo l'emissione del decreto di giudizio immediato, aveva rigettato la domanda di abbreviato. Al giudice del dibattimento non spettava, infatti, il potere di sindacare il giudizio di non decidibilità allo stato degli atti, e il suo provvedimento sarebbe rimasto inefficace ove gli atti fossero stati restituiti al giudice per le indagini preliminari.
Allo stesso modo non può dirsi per l'atto con cui il giudice del dibattimento rileva un vizio non già di giudizio, quanto di applicazione delle regole procedurali incorso nella fase precedente e che sia causativo di una nullità del provvedimento conclusivo della fase. Il giudice dei dibattimento ben può quindi valutare quanto compiuto dal giudice per le indagini preliminari allorchè eventuali errori in procedendo in tema di domanda di rito speciale abbiano l'attitudine a trasferirsi sull'atto conclusivo della fase.
8. All'applicazione del principio della prevalenza della decisione del giudice del dibattimento il contrasto in esame potrebbe essere sottratto a condizione di ritenere quella decisione abnorme. Come chiarito in giurisprudenza l'abnormità è ragione di ammissibilità del conflitto, sì come sul piano dei rimedi impugnatori è fondamento di ammissibilità del ricorso per cassazione. In questi termini si è così stabilito che "la regola dettata dall'art. 28 c.p.p., comma 2, secondo cui, in caso di contrasto fra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo, non trova applicazione quando detta decisione si concretizzi in un provvedimento abnorme, giacchè provvedimenti di tal genere, esulando dal sistema processuale in quanto non consentiti e non previsti, legittimano le parti al ricorso per cassazione e non hanno mai modo d'imporsi al giudice dell'udienza preliminare." - Sez. 1, n. 43563 del 10/10/2013, confl. comp. in proc. Brognara, Rv. 257414 -.
Su tale premessa il Giudice per le indagini preliminari che ha sollevato conflitto ha rilevato l'abnormità della decisione con cui il giudice del dibattimento ha dichiarato la nullità del decreto di giudizio immediato.
9. Ma a tale qualificazione osta, oltre che la strutturale discutibilità giuridica della questione, la consolidata giurisprudenza di legittimità che nega che il provvedimento con cui il giudice rilevi una nullità, pur quando nullità non sussista, possa essere indicato come abnorme, perchè le valutazioni che il giudice compie in ordine alla conformità dell'atto processuale al tipo normativo sono espressione di un potere che gli è proprio, Può anche trattarsi di un provvedimento erroneo o illegittimo, ma non se ne può predicare l'abnormità.
In questo senso si sono da tempo pronunciate le Sezioni unite con l'affermazione che "non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento - rilevata l'invalidità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415 bis c.p.p., in realtà ritualmente eseguita - dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedimento che, lungi dall'essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo il P.M. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso" - Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590 -.
10. Il conflitto negativo deve pertanto essere risolto sulla base della regola della prevalenza delle decisioni del giudice del dibattimento. Gli atti devono essere restituiti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli per la prosecuzione del processo nelle forme del giudizio abbreviato.
Seguono le comunicazioni di cui all'art. 32 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara competente il G.I.P. del Tribunale di Napoli, al quale dispone trasmettersi gli atti.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2019